Nati inizialmente come dei semplici platform avventurosi i videogiochi metroidvania hanno, nel corso degli anni, subito una violenta evoluzione, si sono ramificati in diversi generi e sottogeneri ed alcuni di essi vengono ricordati ancora dopo molti anni come dei veri e propri capolavori.
Detto ciò una serie di domande vengono alla mente “ma quali sono le caratteristiche peculiari di un metroidvania?” e “esiste una formula che permetta di realizzare il metroidvania perfetto?”
Prima di capire quale sia la perfetta miscela di elementi in grado di essere definita “il metroidvania perfetto” è necessario analizzare quali siano i punti cardine che permettano ad un titolo di essere categorizzato come tale.
Un videogioco metroidvania è un sottogenere dei platform in cui spicca la componente action e d’avventura; sono per lo più bidimensionali ad al loro interno il giocatore viaggia attraverso una mappa per raccogliere oggetti e ottenere nuove abilità; queste componenti fondamentali hanno la capacità di aprire progressivamente il mondo a ulteriori e più approfondite esplorazioni. Alcuni di essi combinano i suddetti elementi con caratteristiche e trame più vicine a quelle dei giochi di ruolo.
Parte del fascino dei giochi metroidvania è la loro rigiocabilità. A differenza di tradizionali sidescroller o giochi story-driven, che hanno notoriamente una tendenza molto lineare, o al più con qualche diramazione, ma che porta sempre sul cammino principale, il mondo aperto di un metroidvania può essere percorso in modi differenti in ogni playthrough.
Dal momento che molti degli oggetti e delle abilità sono nascosti, essi richiedono inevitabilmente una buona dose di backtracking per potersi addentrare nel mondo di gioco gioco e trovare nuove aree; queste, percorse in ordine differente ogni volta che si riassapora il titolo, danno un feeling differente al proprio giocato, rendendo l’esperienza sempre unica.
Infine il termine “metroidvania” è generato dall’unione dei titoli delle due saghe videoludiche che ne hanno definito il genere: Metroid e Castlevania; Il primo Metroid e Castlevania 2: Simon’s Quest due titoli usciti per Nintendo Entertainment System ad un anno di distanza l’uno dall’altro sono state due vere rivoluzioni nel panorama videoludico di fine anni ’80, con un gameplay unico, che voleva inseguire l’idea di esplorazione libera e di potenziamento progressivo inventata qualche tempo prima da The Legend of Zelda.
Benchè questi due titoli siano “capostipiti” di due saghe longeve qualche decennio i due titoli “cult” che hanno contribuito saldamente a renderle epocali e delle vere e proprie pietre miliari sono stati Super Metroid e Castlevania: Sinfony of the Night. Perseguendo obiettivi differenti, quello di offrire un’esperienza migliorata e raffinata del primo capitolo nel caso di Metroid e quello di combinare un mondo aperto ed esplorabile liberamente con i numeri e le statistiche tipiche di un titolo gdr nel caso di Castlevania, restano ancora oggi due titoli che rappresentano un “must have” nella carriera videoludica di ogni amante del genere.
Qual è quindi la differenza tra il mondo di un metroidvania ed quello di un platform a livelli?
Nei platform tradizionali, si prendano per esempio i classici Mario, sia 2D che 3D (escludendo quindi Galaxy, Odissey, Sunshine e 64, ma includendo i due 3D Land e 3D World) il giocatore è inesorabilmente vincolato nella sua esplorazione dalla presenza del timer, che lo porta a superare i vari livelli senza prestare particolare attenzione ai dintorni, concentrandosi in un movimento principalmente orizzontale che va dall’inizio del livello al suo traguardo, in modo lineare, fluido e con ostacoli e nemici che possono essere superati semplicemente mediante un salto. È quindi predominante una dimensione sull’altra, con un’azione che va a svilupparsi in modo quasi monodimensionale.
In un metroidvania invece il giocatore è invogliato ed anzi é spinto dal design ad intraprendere il proprio viaggio in tutta tranquillità, prendendosi il tempo di familiarizzare con le varie meccaniche e con l’ambientazione (Sebbene proprio questi ultimi siano il covo di una smisurata quantità di speedrunner, giocatori dalle elevatissime abilità e competenze che sono in grado di terminare questi titoli in una manciata di minuti).
A differenza dei platform che hanno un inizio ad un capo ed un traguardo da raggiungere al capo opposto del livello, il mondo dei metroidvania si sviluppa e si ramifica quanto più il giocatore lo va ad esplorare, svelando nuove aree, segreti, oggetti, abilità, potenziamenti e non per ultimi temibili boss.
Le mappe di gioco si aprono quindi col tempo e vanno percorse avanti ed indietro in modo da poter sfruttare i vari poteri od oggetti ottenuti nel corso delle esplorazioni per aprire una porta precedentemente bloccata, sfondare una parete, raggiungere un posto elevato o spiccare un lungo salto.
L’esplorazione non segue quindi un andamento fluido e lineare ma richiede al giocatore di fermarsi per poter ragionare sulla successiva direzione da intraprendere, facendo mente locale di ostacoli invalicabili incontrati in precedenza (o anche facendo uso della ormai onnipresente mappa del mondo); il movimento in questo caso si sviluppa quindi su due dimensioni in egual modo, con un’ampiezza verticale equivalente a quella orizzontale.
Componente che caratterizza e distingue ciascun metroidvania da un altro è indubbiamente lo sconfinato numero di poteri, abilità, oggetti, insomma tutti i cosiddetti “power-ups” che il giocatore protagonista è in grado di raccogliere durante la propria avventura, sono proprio questi ultimi a decretare il ritmo del gioco ed anche il suo stile.
Si pensi per esempio ad un Metroid in cui le abilità sono tutte relative a potenziamenti della tutta della protagonista Samus, con un arsenale che spazia da missili, bombe, e raggi laser a visori a raggi-x, stivali che permettono di fluttuare in aria e booster per muoversi a supervelocità, tutte abilità che permettono di superare gli ambienti ostici e fantascientifici che si vanno ad esplorare nei suddetti titoli. Questa, ovviamente, non è una regola assoluta: in titoli come come Ori and the Blind Forest o Hollow Knight le abilità sono organiche e intrinsecamente legate al personaggio o all’ecosistema tra ali per fluttuare, bolle per immergersi in acque torbide o artigli per scalare le pareti rocciose.
Man mano che nelle varie esplorazioni raccogliamo potenziamenti e diventiamo più forti quello che si va ad ottenere è un duplice vantaggio; le abilità sono fatte in modo da fornire vantaggi sia dal punto di vista esplorativo che combattivo, ecco quindi che uno scatto aereo ci permette di superare un ampio dirupo ma anche di schivare gli attacchi dei boss, che un rampino ci permette di dondolarci appendendoci al soffitto ma anche di strappare pezzi della corazza del nemico; solamente in casi molto rari un’abilità ha un solo tipo di utilizzo e in questo caso potremmo addirittura parlare di cattivo game design.
Questa polivalenza delle abilità, che sono utili sia nelle fasi di combattimento che in quelle esplorative è peculiare ed unica dei metroidvania e di pochissimi altri titoli, mentre per esempio in un action rpg a-la Dark Souls è molto più distinta la differenza tra oggetti da combattimento (armi, armature ed incantesimi) ed oggetti esplorativi, che si riducono ad una moltitudine di oggetti chiave che vanno a sbloccare varie aree, dalle semplici porte ai domini dei boss più temibili del titolo.
Tutto l’insieme di potenziamenti raccolti dal giocatore va poi ad intrecciarsi con quelli che sono i veri e propri nemici che pullulano l’ecosistema di gioco. Non manca mai in ogni buon metroidvania una buona dose di fastidiosi esserini che si aggirano per le varie stanze del mondo di gioco, rendendolo vivo, facendoci immergere in quello che non è semplicemente un mondo in due dimensioni, ma una realtà che gli sviluppatori ci vogliono raccontare.
Ecco quindi che delle caverne arboree o delle foreste si riempiono di insetti, delle grotte magmatiche di vermi infernali e degli ambienti subacquei di mostruosità abissali.
Non è poi cosa strana vedere un’evoluzione dei nemici nel progredire dell’avventura, le nostre azioni, le nostre scelte faranno sì (quasi sempre inevitabilmente e legate strettamente alla trama) che i nemici si modifichino diventando più ostici, in modo (oltre che a narrare una storia) da mantenere un livello di sfida elevato anche durante le fasi di backtracking.
I boss sono infine un caposaldo del genere, spesso giganteschi rispetto al nostro protagonista saranno a loro volta dei puzzle da sviscerare per scoprirne dapprima i punti deboli e successivamente fare uso delle nostre sudatamente ottenute abilità per andare a colpire proprio quel punto debole, uno spiraglio, un’apertura nella corazza, un occhio o una bocca spalancata e fare piazza pulita del nemico, quasi sempre i nostri sforzi saranno ripagati da una nuova e potente abilità.
Particolare aspetto dei metroidvania, che hanno in comune, anche se in modo molto minore, con i giochi di ruolo è la centralità del giocatore nei confronti dell’insieme di eventi che si verificano.
La storia e il level design lavorano insieme. Poiché ogni gioco metroidvania è come un enorme puzzle da risolvere, una storia coesa è necessaria per invogliare il giocatore a continuare. Questo rende l’esperienza più coinvolgente di un tradizionale side-scroller, ma chiaramente non tanto quanto un gioco open world o un RPG classico.
Mentre in un classico platform il contributo del personaggio giocante all’interno del mondo è pressoché nullo ed esso agisce in modo indipendente dal livello, in modo passivo, all’interno di un metroidvania il personaggio interagisce in modo attivo col mondo e con i personaggi presenti all’interno di esso, in uno storytelling “muto” in cui un giocatore arguto può cogliere numerosissimi piccoli dettagli che raccontano una storia senza far utilizzo di una singola parola.
Beh si e no. È indubbio che tra un vastissimo mare di titoli strepitosi, oltre ai grandi classici, negli ultimi anni, anche grazie a talentuosi team di sviluppo (specialmente indie tra l’altro), sono riuscite ad emergere “piccole” perle come Hollow Knight, Blasphemous, Guacamelee, Bloodstained Ritual of the Night, e Ori and the Will of the Wisp (e questi sono solo alcuni esempi, ma l’elenco potrebbe essere talmente lungo da provocare inevitabili mal di testa). Ognuno di questi titoli racchiude al suo interno tutti i nuclei fondamentali del genere, ma li espande, li modifica, li riarrangia come meglio credere per creare opere che purché appartenenti allo stesso genere sono totalmente differenti l’una dall’altra.
La decisione finale sta quindi sempre al giocatore ed al proprio gusto personale, al modo in cui decide di vivere la propria avventura. Non esiste il metroidvania perfetto, ma forse non ne abbiamo neanche bisogno
Ogni metroidvania ha le sue sfaccettature, le sue peculiarità, i suoi punti di forza, ma anche le sue pecche.
Un buon Metroidvania sta tutto, oltre che nei suoi pregi tecnici, nelle infinite sensazioni e nelle emozioni che è in grado di suscitare nel giocatore, e questo è innegabile.
This post was published on 3 Febbraio 2022 14:00
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