Dopo aver giocato tutti e tre i giochi sviluppati da CD Projekt RED, dopo aver visto (più volte) le due stagioni di Netflix ed aver raggiunto le battute finali della saga dei libri, posso affermare che The Witcher è un’opera fantasy viva.
I suoi personaggi e il suo mondo trascendono il singolo medium e trovano forma in storie diverse, che a loro modo però completano il cerchio iniziato dalla saga scritta da Sapkowski.
In questo articolo mi cimenterò nell’impresa titanica di analizzare le tre versioni a confronto, e cercherò di mostrarvi e spiegarvi, con gli occhi di chi ormai conosce bene Il Continente e la sua storia, come queste tre opere sono in realtà tre facce della stessa storia.
Postilla prima di iniziare: Questo articolo contiene spoiler minori per i libri, i giochi e la serie TV (le prime due stagioni).
L’ha detto anche Sapkowski in una conferenza stampa: i diversi medium non possono convergere fedelmente.
La trama di un gioco richiede elementi diversi dalla trama di un libro per funzionare e lo stesso ragionamento vale per gli adattamenti cinematografici.
Lo dice anche Brandon Sanderson, altro scrittore fantasy molto famoso negli USA e associate producer della serie tv della Ruota del Tempo (nonché scrittore dei capitoli finali della saga).
Per BS gli adattamenti cinematografici (e a mio parere anche videoludici) si schierano su una retta che va da: “Fedeltà pedissequa alla fonte” al “Reinventare la storia per farla funzionare, rievocando le stesse emozioni”.
Il giochi sono molto più schierati da quest’ultima mentre la serie TV pare essere indecisa, e il discorso si fa più specifico caso per caso.
La prima parte che va analizzata dei tre adattamenti è il mondo di The Witcher, dal worldbuilding a come sono intesi i luoghi.
I libri fanno un lavoro egregio nel mostrare la brutalità e la rusticità dei posti.
I villaggi si distinguono nettamente dalle città e la cultura grazie anche alle usanze dei vari luoghi esplorati trasuda limpida dalle pagine. Ciò è forse quello che Sapkowski sa fare meglio: ritrarre con le parole una mondo straziato dalla guerra, dalla povertà, dalle malattie e dall’ignoranza.
È un mondo in cui la stragrande maggioranza delle persone nasce e muore nel fango, caratteristica che l’autore non ha paura di lasciar trasudare alla sua storia.
In diversi punti della saga di libri la politica tra nazioni diventa centrale e (diventa) il motore della storia in cui i protagonisti sono travolti, con o contro la loro volontà.
Nei libri i mostri smettono di essere il vero nemico a partire dal terzo libro: il vero mostro si rivela essere l’uomo.
La saga di giochi, invece, vive un percorso differente.
Il primo capitolo è un’introduzione al personaggio e al mondo in tutto e per tutto.
I temi più presenti nel libro sono introdotti: alchimia (e droghe), guerra razzial e mostri; è un gioco invecchiato male, ma se siete fan della saga ve lo consiglio ugualmente.
Il secondo capitolo prova un approccio più politico, cercando di imitare la sensazione che i capitoli centrali della saga di libri riescono a dare. TW2: Assassin Of Kings ci riesce ma non risulta un capolavoro nel farlo; questo è tale perché; per realmente apprezzare il livello di intrighi ed il dramma che il secondo capitolo offre, è necessario avere una conoscenza maggiormente approfondita del Continente.
Il terzo capitolo della saga, quel The Witcher 3: Wild Hunt di cui tutti parlano, è dove l’adattamento di CD Projekt RED ha realmente brillato.
Avendo capito che non possono affrontare i temi politici, decidono di fare centrale il tema dei mostri. Il risultato finale è un toccasana e una ventata nuova di lore e sangue per chi ha letto i libri, dato che leggendoli ogni tanto si ha la sensazione che Sapkowski si sia dimenticato dell’esistenza dei mostri. A suo modo reinventa la saga e il finale, dandogli un ottimo gusto interativo e, in tutta onestà, non posso consigliarvelo abbastanza.
Da questo punto di vista la serie TV invece, finisce un po’ per fallire.
Rispetto agli altri due media la produzione di Netflix non riesce ad aggiungere molto di nuovo e unico al continente e anzi, a volte, sembra soffrire di un effetto ultime stagioni del trono di spade, dove i protagonisti sembrano viaggiare da punto a punto tramite wormhole. Da quando Cintra è così vicina a Kaer Morhen?
Totale annullamento degli spazi e del viaggio a parte (che però sono un punto centrale dei libri), le ambientazioni della serie risultano un po’ troppo normali, come ripulite dallo strato di sporco che invece permea giochi e libri.
Nonostante tutto la serie TV ha i suoi alti: Aretuza, Kaer Morhen e anche il colle di Sodden
sono ambientazioni che riescono a catturare a livello visivo l’atmosfera che libri e giochi danno, dalla maestosità di Aretuza alla brutalità del colle di Sodden.
Se si vuole provare ad analizzare le trame dei tre media, il discorso si fa un po’ più complicato.
Le tre storie, in breve, sono così diverse che è difficile tracciare paragoni.
L’unica cosa che grosso modo tutti e tre i media mantengono sono le dinamiche tra personaggi.
Ma, mettendo ciò sotto la giusta lente d’ingrandimento, è chiaro capire perché le tre storie sono differenti e perché dovevano esserlo:
Sapkowski ha scritto un’opera enorme e magnifica, ma ammettere che le trame dei suoi libri fossero lineari e ben strutturate sarebbe un’ingiustizia, perché a dir la verità non lo sono.
Specialmente i primi libri sono un constante inseguire o cercare qualcuno e girare per il mondo di conseguenza, incontrando cinquanta sfumature di ostacoli e guerre.
In diversi punti della lettura mi sono ritrovato a chiedere “Ma doveva accadere per forza tutto ciò?”. Alla fine mi rispondevo sempre di sì, perché era più tempo per i personaggi che tanto sono il punto forte di questa saga.
CD Projekt RED, capendo che la struttura della trama nei libri per i giochi non era che carta straccia, ha deciso di dare un taglio netto e diverso alla storia nel loro adattamento: Geralt è entrato in coma e ha subito una perdita di memoria. Ergo i suoi primi passi sono un viaggiare nel mondo insieme al giocatore e, a livello videoludico, funziona alla grande. Inoltre probabilmente dovevano rimpicciolire la grandezza del gioco vista la natura indie del primo e la perdita di memoria è stato il cliché perfetto. Alla fine a quanto pare Sapkowski ha approvato questa scelta dunque va bene così..
La serie TV invece su questo dipartimento soffre un po’ di indecisione cronica, dopo una prima stagione quasi pari pari al libro, con qualche ovvio taglio, nella seconda tutto cambia: la serie si discosta completamente dal libro e cerca un’identità propria trovandola non tanto nella trama principale di Geralt e Ciri ma in quella politica di sfondo.
Infatti la seconda stagione riesce, a mio parere, a rievocare le emozioni della politica tagliagola che caratterizza i libri. Diciamo che più che una storia diversa, la serie TV sembra essere un universo parallelo dove alcune cose sono andate diversamente, e perciò risulta anche nel comparto narrativo interessante da vedere.
Finalmente raggiungiamo la parte più interessante di tutte.
Vi introduco la questione con un aneddoto.
Quando mi sono preso l’incarico, da estremo fan della serie, di scrivere questo articolo ho deciso di guardare la seconda stagione con un occhio più attento. Ecco, mentre riflettevo se realmente mi piacesse o no la totale diversità rispetto al libro e al gioco ho realizzato perché tutti e tre a loro modo trovano successo: I personaggi.
I personaggi di The Witcher infatti sono il motore più forte del successo della saga in ogni sua iterazione. Anche se presentano archi e caratteri di poco differenti, i personaggi e le loro premesse sono tutte sempre molto interessanti e riescono a vincere sempre l’attenzione del pubblico.
Nei libri Geralt è un personaggio dai mille difetti: è cocciuto, è testardo e alle volte mostra i tratti dello stereotipo dellə tsundere. Rifiuta l’aiuto dei compagni con una veemenza che a volte fa venire voglia di insultarlo, e gli altri personaggi lo fanno spesso.
Nei videogiochi Geralt è adattato per essere un protagonista di un videogioco, ergo è privato di molto del suo carattere, ma CD Projekt RED riesce comunque a dare un tocco unico ai dialoghi (e monologhi interni). Il risultato è un Geralt molto più maturo di quello dei libri, perfettamente in linea con la natura videoludica.
La serie TV prende molto spunto dal gioco. Non avendo la numerosità dei punti di vista che i libri offrono hanno bisogno necessariamente che Geralt risulti un personaggio bello da vedere ed eroico. Il risultato è forse migliore di quanto mi sarei aspettato. Henry Cavill riesce nel suo intento. Tutto sommato Geralt è forse il personaggio meglio trasposto considerando tutte e tre le versioni assieme.
Ciri, almeno per il momento, risulta essere il personaggio più controverso di tutti nell’adattamento videoludico e cinematografico.
Nei libri Ciri è un personaggio che le vive di tutti i colori. Essere il sangue antico è forse la più grande sciagura che le sia mai capitata, ma è anche uno dei personaggi più interessanti per questa esatta ragione. Il suo arco è molto gratificante e già da metà saga per me aveva superato Geralt.
Nei videogiochi Ciri riempie il ruolo che la trama dei videogiochi ha bisogno: Il ruolo di figlia da proteggere. Da questo punto di vista CD Projekt RED ci forza nella prospettiva di Geralt, impedendo realmente di apprezzare il carattere forte e indipendente della (quasi) striga. La cicatrice che porta in volto indica che gli eventi accaduti a Ciri sono gli stessi tra videogioco e libro, e di fatti le differenze sono sottili e quasi tutte dovute al non protagonismo di Ciri nei giochi. La differenza principale che io ho trovato è che la Ciri di The Witcher 3 è più dolce e pacata della Ciri dei libri.
La Ciri della serie TV è invece abbastanza fedele a quella dei primi libri: una bambina nostalgica che ha tutta la voglia di dimostrare al mondo che non è solo una principessa. Dove la serie si avventura in terreno inesplorato, e fa storcere un po’ il naso, è con l’arco narrativo che percorre nella seconda stagione. Nei libri, Ciri inizia il suo addestramento e viene educata e plasmata da Yennefer e Nenneke per settimane. È una delle parti più importanti per la caratterizzazione di Ciri e del suo carattere e nella serie TV è completamente tagliata. Un peccato, ma ancora una volta una scelta dovuta all’adattamento.
Per ora la Ciri della serie TV non dà né di carne né di pesce.
Nei libri Yennefer è uno dei personaggi più divertenti da leggere: È proattiva, è determianta ed è furba come una volpe. Tra i vari punti di vista che i libri esplorano, Yennefer è uno di quelli più interessanti poiché i suoi capitoli aggiungono sempre nuove informazioni e non c’è un dialogo dove Yennefer non trasudi intelligenza e sicurezza di sé. Tra le mie citazioni preferite dai libri, circa la metà sono insulti e maleparole che la maga lancia alle sue colleghe
Nei giochi, Yennefer mantiene questo ruolo quasi di guida per Geralt. Dove c’è da essere intelligenti e da conoscere fatti, Yennefer è presente. Yenner è infatti il personaggio a mio parere dei videogiochi più fedele ai libri, nonostante il ruolo diverso da non protagonista.
La serie TV con Yennefer fallisce un po’ a mio parere. Il personaggio risulta troppo sentimentale e debole. L’arco narrativo nella seconda stagione poi non fa altro che rendere Yennefer un personaggio fastidioso invece che interessante. In realtà così come per il resto delle scelte discutibili, è coerente con l’universo parallelo della serie TV, e tutto sommato il suo arco risulta organico e ben calibrato agli occhi di chi è nuovo al personaggio.
Tenendo in considerazione questo elemento, secondo me Yennefer meritava di meglio.
In breve, menzionerò gli altri personaggi, perché questo articolo è già lungo abbastanza:
Giudizi a parte, poter esplorare il continente e le diverse interpretazioni e media è un privilegio di cui sono contento e per quanto io sia stato severo, tutte e tre le versioni mi piacciono più o meno ugualmente. Il mondo forgiato da Sapkowski rimarrà sempre un mondo interessante a cui tornerò volentieri qualora ci fossero altri adattamenti.
Rinnovo l’invito, se non l’avete già fatto, ad esplorare il continente in una delle sue tre forme, credetemi ne vale la pena.
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This post was published on 3 Marzo 2022 14:00
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