“Invincibili guerrieri Valenti condottieri
Votati anima e corpo a Lady Isabel
Per diventare santi Per esser cavalieri
Han sostenuto prove di rara crudeltà
Ma ormai è giunto il momento Chi vincerà l’armatura d’oro…” [I Cavalieri dello Zodiaco – Massimo Dorati – Odeon Boys]
Fin da piccolo, quando restavo incollato alla TV ogni volta che davano I Cavalieri dello Zodiaco su qualche rete locale spesso introvabile o mal sintonizzata (beati voi, giovini, figli di Mediaset e Netflix, che non avete subìto questi traumi), desideravo ardentemente che qualche anima pia potesse trasporre dentro qualche videogame quest’opera fantastica.
Ma più scorrevano gli anni, e più notavo con sommo rammarico che nessuno, ma proprio nessuno, era capace di convertire in maniera decente l’opera di Kurumada. Ci sono stati dei titoli interessanti, ma si fermavano a questo, all’essere soltanto interessanti e niente più.
Ci sono stati dei titoli, anche recenti (sebbene 6 anni fa non so quanto possa considerarsi “recente”), che si son buttati su un fanservice pesante, cercando di acchiappare soprattutto l’interesse dei vecchi fan come il sottoscritto, ma tralasciando ahimè la parte più importante: il gioco stesso. Ne abbiamo parlato anche qui, in un articolo che ha tirato le somme in maniera esaustiva.
Orbene (e qui mi trasformo in un vecchio boomer) sarebbe ora che qualche casa produttrice si degnasse di buttare fuori un’opera che non sia soltanto un tributo commemorativo di Saint Seiya, ma che possa incollare ai gamepad anche quella branca di giocatori che non hanno la più pallida idea di chi siano Seiya, Ikki, Shiryu, Hyoga e Shun.
E se non sapete chi siano, googlate ed informatevi! Stolti!
Ok, ora dismetto i panni del boomer e torno normale (si fa per dire)…
Una saga ultratrentennale
Tutto cominciò nel lontano 1985 (e dire lontano, per uno nato nel 1984, è un colpo al cuore), quando Masami Kurumada pubblicò sull’ormai leggendario Shōnen Jump il primo capitolo di una saga che, ad oggi, vanta numerosi adattamenti, sequel e prequel, sia ufficiali che realizzati dai fan.
Pensate che solo per quanto riguarda il manga, dove la storia originale era stata raccolta e pubblicata in 28 tankōbon (mentre in italia era uscita suddivisa in 42 volumi), sono state realizzate altre 5 serie, di cui una scritta e disegnata direttamente da Kurumada stesso, Saint Seiya: Next Dimension, che riprende dal finale della serie principale, ed è tutt’oggi ancora in lavorazione. I protagonisti sono i medesimi della serie classica, che si troveranno a che fare con una guerra tra dèi e con viaggi nel tempo (che ormai è diventato un clichè presente in molte opere, purtroppo…).
Le altre serie manga, invece, vedono come protagonisti personaggi “secondari” della serie classica (anche se mi sembra di bestemmiare, nel chiamare secondari i cavalieri d’oro!), oppure personaggi completamente inediti. Le opere, sebbene non siano state seguite direttamente da Kurumada, non hanno deluso i fan della serie, anzi riscuotendo un successo non indifferente.
Se volete un consiglio, recuperate la serie Saint Seiya: The Lost Canvas (del quale hanno fatto pure una trasposizione anime purtroppo mai completata, mannaggia a loro!). La serie è ambientata durante la Guerra Santa precedente a quella della serie classica, e vede come protagonista Tenma di Pegasus. Ma a differenza della serie classica, dove erano i Cavalieri di Bronzo i protagonisti (quasi) indiscussi, in The Lost Canvas pure i 12 Cavalieri d’Oro fanno la loro ENORME parte, compiendo imprese straordinarie senza le quali la vittoria non sarebbe stata possibile.
E piangerete. Oh, se piangerete.
Il successo sul piccolo schermo
Cavalcando l’onda del successo del manga, l’anno successivo la Toei Animation produsse la trasposizione animata della serie, pubblicando tra il 1986 ed il 1989 ben 114 episodi, suddivisi principalmente in 3 capitoli: il capitolo Sanctuary, dove vengono narrate le origini dei protagonisti fino alla scalata alle 12 case, il capitolo Asgard, inedito nel manga, dove i nostri eroi affrontano i Guerrieri devoti al dio Odino, ed il capitolo Poseidon, dove Poseidone ed i suoi seguaci affrontano Athena ed i Cavalieri per il dominio sulla Terra.
L’ultima parte della serie, che vede affrontare i Cavalieri di Athena agli Specter di Hades, venne trasmessa diversi anni più tardi, nel 2002, e venne suddivisa a sua volta in 3 capitoli: Sanctuary, Meikai ed Elysion. I vari capitoli vennero trasmessi a distanza di alcuni anni tra loro, facendo terminare la serie ufficialmente nel 2008.
31 episodi spalmati in 6 anni. Un trauma.
Ma ne è valsa la pena, davvero.
In Italia la serie venne trasmessa nel 1990, dove venne fatto un lavoro splendido per quanto riguarda il doppiaggio. Sebbene l’adattamento in italiano presentò numerosi adattamenti rispetto alla serie giapponese, per eliminare qualsiasi riferimento a luoghi o religioni (basti pensare come, ad esempio, Shaka di Virgo divenne “l’uomo più vicino ad Athena”, e non “l’uomo più vicino a Dio”, con numerosissimi riferimenti al Buddismo), tutti i dialoghi della serie vennero riscritti in chiave “aulica”, rendendo gli scontri non solo una serie inaudita di schiaffi, ma riproponendo una chiave di lettura cavalleresca.
Questo avvenne grazie al direttore del doppiaggio dell’epoca, il compianto Enrico Carabelli, doppiatore tra l’altro di alcuni personaggi della serie tra i quali Dohko di Libra e Milo di Scorpio, che spinto dalla sua passione per la poesia, ed approfittando anche del fatto di ricevere dialoghi spesso incompleti dal Giappone, lo hanno spinto a trasformare dialoghi spesso sboccati (si tratta comunque di teenager poco avvezzi al galateo, ricordiamolo) in qualcosa di più “alto”. Citare Dante Alighieri o Ugo Foscolo in una serie animata, e rendere il tutto più che consono alla situazione, è stato un capolavoro di adattamento.
Unica pecca, anche se imputabile più ad un discorso di merchandising imposto da Giochi Preziosi che ad una mancanza di originalità, è stata la conversione dei nomi dei protagonisti (salvo qualcuno) nei nomi delle rispettive costellazioni. E così, invece di avere Seiya di Pegasus, Ikki di Fenice e Shun di Andromeda, abbiamo avuto Pegasus di Pegasus, Phoenix di Fenice ed Andromeda di Andromeda. Solo Crystal del Cigno (in origine Hyoga) e Sirio del Dragone (in origine Shiryu) hanno ricevuto un “nome”, rendendo insensate e paradossali parecchie situazioni.
Chissà chi vincerà lo scontro tra Cassios e Pegasus, per ottenere l’armatura di Pegasus?
E pensate allo SCONVOLGIMENTO avvenuto durante lo smistamento iniziale, quando Phoenix decise di andare sull’Isola della Regina nera al posto del fratello Andromeda, mandando quest’ultimo sull’isola di Andromeda…
Tale manga, tale anime (quasi)
Al pari del manga, anche la trasposizione anime ha visto realizzate diverse opere, oltre a quella rappresentante la serie classica. Oltre al già citato (ed incompiuto…) The Lost Canvas, sono state prodotte altre serie, tutte sequel o midquel, che vedono come protagonisti personaggi già visti, come i Cavalieri d’oro della serie classica in Soul of Gold, oppure personaggi del tutto inediti, come in Saint Seiya Ω (Omega), dove i protagonisti sono i Cavalieri di Bronzo appartenenti alla generazione successiva di quella di Seiya & Co.
C’è da dire che, a differenza del manga, non tutti gli anime sono stati completamente apprezzati, soprattutto dai fan. La sopra citata serie Omega, infatti, aveva al suo interno molti fattori che hanno fatto storcere il naso fortissimo anche ai fan più sfegatati (me compreso, lo ammetto…). L’inserimento del cosmo “elementale”, che ha richiamato nella mente di molti Naruto, non è stata una scelta azzeccatissima, tant’è che la cosa venne man mano ignorata fino a dimenticarsene completamente nella seconda parte della serie.
Inoltre anche l’aspetto grafico delle armature era stato completamente stravolto. Mentre in tutte le altre serie vengono rappresentate come vere e proprie corazze, più o meno “pesanti” a seconda del grado dell’armatura (basti notare come le armature di Bronzo lascino parecchie parti del corpo esposte, rispetto a quelle d’Oro che sono paragonabili alle full-plate di D&Dniana memoria), le “armature” di Omega sembrano più degli abiti bizzarri. Come per il fattore elementale dei cosmi, anche questo aspetto è stato corretto nella seconda parte del manga, rendendo le armature più simili a quelle della serie classica.
Va bene che le armature vengono chiamate “Cloth”, ma prendersi a legnate in cardigan mi sembra poco consono.
Ci sarebbe poi anche una serie in CGI, trasmessa in esclusiva su Netflix. Ma su quella, non me la sento di esprimermi. Perlomeno Omega, con i suoi difetti, ha avuto il coraggio di proporre qualcosa di nuovo. Il remake in 3D, invece, non dà alcun valore aggiunto alla saga, anzi ha fatto cambiamenti che in molti non hanno apprezzato.
E sul grande schermo, niente?
Ebbene, la saga di Saint Seiya ha visto trasmessi anche diversi lungometraggi animati, ognuno dei quali aveva, come concept, quello di veder affrontare i Cavalieri di Athena contro un avversario divino e la sua rispettiva corte.
Si susseguirono, tra il 1987 ed il 1989, quattro lungometraggi, che hanno avuto come villain rispettivamente Eris, la dea della discordia, Odino (scelta che venne quasi totalmente riciclata negli episodi filler della serie animata), Abel Phoebos, un autocelebratosi dio del sole (evidente freebooter di Apollo), e Lucifero.
Sì, proprio QUEL Lucifero, l’angelo caduto.
Venne proposto anche un quinto lungometraggio animato, che sarebbe dovuto essere il primo di una trilogia che avrebbe visto la battaglia finale (forse) contro il resto dell’Olimpo, ma a causa sia dell’insuccesso del film in sé sia degli screzi tra Kurumada ed il regista Shigeyasu Yamauchi, l’opera si concluse con un nulla di fatto.
Vi fu anche una ENNESIMA trasposizione in CGI (aridaje col 3D spinto), realizzata nel 2014, che narra in chiave rivista la scalata alle 12 case contro i Cavalieri d’Oro. Ora, capirete la frustrazione di molti (me compreso) nel vedere la descrizione e l’approfondimento di 16 personaggi concentrati in un’ora e mezza (Saori aka Lady Isabel, i 5 Cavalieri di Bronzo ed i 12 Cavalieri d’Oro). Ovviamente non c’è stata né una descrizione decente né tantomeno un approfondimento dei personaggi, nemmeno dei 5 “bronzini”.
E no! Deathmask di Cancer canterino non si può vedere! NO!
Come era prevedibile, quest’ultima scelta non ha portato il successo sperato. A fronte di costi di produzione elevati ed “incerti” (nel senso che alcune fonti citano un budget di 100 milioni di dollari, altre invece un più “modesto” budget di 23 milioni), il film ha incassato circa 17 milioni di dollari in tutto il mondo. In Italia, il film ha incassato poco più di 700’000 dollari, riflesso evidente di un film approssimativo che non ha catturato né vecchi fan né nuovi possibili appassionati.
Per il 2022 è previsto un live action. Anche se mi tremano un po’ i baffi (che non ho) al pensiero, voglio essere fiducioso sul fatto che verrà realizzato un prodotto decente, originale e che, soprattutto, non sia superficiale o ridicolo. Ci aggiorniamo tra un anno.
Ci voglio credere.
Ma… quindi? Questi giochi, dove sono?
Bella domanda.
Nel corso degli anni, dal 1986 ad oggi, sono stati prodotti e distribuiti numerosi videogiochi appartenenti alla saga, non solo su console o PC, ma anche per dispositivi portatili e smartphone.
Il “problema” alla base di tutti questi giochi è il concept che li accompagna. Molti di essi, infatti, sono picchiaduro ad incontri che vanno a ripercorrere la saga originale, molto spesso nemmeno per intero (alcuni si fermavano a Poseidone, altri si limitavano alle 12 case).
Certo, così come per altre saghe in cui i combattimenti sono al centro della trama, è difficile fare giochi che si discostino dall’essere dei picchiaduro. E’ facile, infatti, pensare alle saghe videoludiche apparse negli ultimi anni tratte da manga famosi, come ad esempio Naruto Shippuden: Ultimate Ninja oppure Dragon Ball: Budokai, che hanno sempre puntato su frenetici picchiaduro che ripercorrono le rispettive trame.
Però, anche se questi videogiochi spesso non raggiungevano critiche molto entusiaste, complice anche il fatto di essere stati pubblicati durante la trasmissione dell’anime, indubbiamente hanno avuto impatti e seguiti decisamente più alti rispetto a quelli dedicati a Saint Seiya, cosa confermata dalle ottime vendite sia per Dragon Ball che per Naruto.
Inoltre, pur mantenendo una modalità picchiaduro, stanno cercando di inserire elementi di altri generi in modo da “variare il menù”. Dragon Ball: Xenoverse, ad esempio, ha al suo interno diversi elementi RPG, ed ha consentito di poter creare il proprio avatar all’interno dell’universo di Goku & Friends. Piccoli passi, ma che hanno indubbiamente dato un punto di svolta a questo tipo di giochi.
E probabilmente la via potrebbe (dovrebbe) essere questa.
Rielaborarsi, riadattarsi, riproporsi in una chiave differente, in modo da non attirare solo i vecchi fan ma anche la nuova generazione di videogiocatori. Per assurdo, non bisognerebbe nemmeno cercare troppo al di fuori del proprio operato: difatti, il primissimo titolo videoludico della saga, Saint Seiya: Ougon Densetsu, proponeva al suo interno sia elementi di picchiaduro a scorrimento (dove si pestavano a sangue i soldati semplici) che elementi in stile J-RPG durante lo scontro con i vari boss.
Semplice, ma efficace. Consiglio vivamente di recuperare il titolo (anche se in giapponese, ma son dettagli…).
Oltretutto (e questa cosa mi sta tenendo parecchio sulle spine) potrebbe anche esserci la SERIA possibilità che una nuova serie anime dedicata ai Cavalieri dello Zodiaco possa essere prodotta, riprendendo la storia da dove era stata interrotta (per la precisione, da dopo l’ultimo lungometraggio animato, di cui abbiamo parlato precedentemente), e portando avanti la tanto attesa Saga di Zeus. Lo studio d’animazione Hakuren ha realizzato diversi teaser trailer in merito, e le speranze che la saga possa effettivamente essere realizzata, a giudicare dagli aggiornamenti che appaiono sul loro canale Twitter, sono davvero tante.
E se fosse.
Se DAVVERO fosse.
Ecco. QUELLA sarebbe l’occasione di cogliere la palla al balzo. Approfittare di una nuova saga, di una nuova storia, per poter ripercorrere in chiave videoludica l’intero universo di Saint Seiya. E perchè no, magari potendo creare il proprio cavaliere, con la propria storia e la propria armatura. Se contate che, per i Cavalieri di Bronzo, esistono ben 52 armature, direi che ci sarebbe davvero l’imbarazzo della scelta. Senza contare le 24 d’Argento e le 12 d’Oro per eventuali upgrade.
Dai! Sì scrive da solo, ‘sto benedetto gioco!
Per tanto, troppo tempo, abbiamo aspettato qualcosa che potesse rendere merito a questa favolosa ed epica saga.
Un videogioco che riuscisse ad esprimere l’epicità e le emozioni che questa serie ci ha regalato in tutti questi anni.
Ce lo meritiamo.