È natale e tutto tace, c’è qualcosa sulla brace.
Non è pollo ne tacchino ma è proprio la redazione di Player.it che nonostante stia assemblando con fatica il nuovo piano editoriale, riesce a non dimenticarsi, ogni tanto, di quanto sia bello videogiocare per passione.
Eh si, perché come abbiamo già detto nel primo episodio di questa bislacca rubrica, per quanto si venga pagati per videogiocare è impossibile togliere via il tarlo canterino che ci dice di provare solo per un po’ questo titolo qua.
Quindi eccoci qui, alle porte del natale, con una luuunga lista di videogiochi giocati dalla redazione. Abbiate pietà dei titoli mainstream citati qui dentro, stiamo cercando di migliorare anche per quanto riguarda i gusti videoludici :'(
Sono fresco di trasloco e sono in una casa senza una connessione ad internet stabile, motivo per cui ho dovuto tristemente salutare il magico mondo dei videogiochi multigiocatore per potermi approcciare in maniera seriosa all’imponente backlog che anni di accumulazione seriale mi hanno portato a generare.
Per questo motivo, invece di avere un singolo titolo di cui parlare, posso stavolta citare diverse cose: nello specifico Serious Sam 1: The First Encounter HD, Resident Evil Village, Call Of Juarez: Gunslinger e Rogue Galaxy.
Partiamo con ordine però.
Serious Sam 1: The First Encounter HD è il noto sparatutto di Croteam ed è all’interno di questa lista perché fa parte di un progetto a più ampio respiro: ovvero arrivare a giocare Serious Sam 4 per avere le armi dialettiche per poter definire il migliore FPS degli ultimi anni, con buona pace di Riccardo Galdieri che invece me lo pubblicizza come addirittura superiore a Doom Eternal. SS1 è un gioco che sente in maniera particolare il peso degli anni che porta ma che include un particolare gusto in termini di gameplay, offrendo una lettura molto interessante ed affascinante del concetto di shooter ad arene che nel 2001 sicuramente ha fatto innamorare più di un giocatore. Da denuncia penale il posizionamento dei nemici, figli di un level design non esattamente in grado di superare il passare degli anni.
Resident Evil Village invece, contro ogni probabilità, mi è piaciuto e anche parecchio. Probabilmente sarà vittima di un qualche tipo di articolo da parte mia nei prossimi giorni ma, giusto per riassumere, al netto di un sistema di controllo funzionale allo scopo del gioco ma troppo melassoso l’ultima fatica di Capcom è divertente, è variegata al punto giusto e possiede un respiro meraviglioso, proponendosi come piccolo vademecum di cos’è horror ai giorni nostri. Poteva fare indubbiamente più paura ma il mio cuoricino malato ha ringraziato l’assenza di jumpscare, altrimenti oggi stavamo parlando del mio funerale.
Call Of Juarez: Gunslinger invece è un gioco frutto degli sconti pazzi di Steam o di un qualche anniversario di cui non ricordo molto. L’ho potuto riscattare gratuitamente su Steam e come farsi scappare quest’occasione, considerando che l’originale Call Of Juarez è uno dei giochi che più ho macinato all’uscita su un vecchio PC scassone?
Da quanto ho potuto provare finora (sarò forse a metà gioco) Gunslinger è tremendamente divertente complice un approccio arcadey e caciarone alla materia degli sparatutto, offrendo poche meccaniche ma ben bilanciate in termini di divertimento. Sicuramente non apprezzerò granché il fatto che il gioco stia per finire dopo nemmeno tre ore ma sono un po’ venuto a patti con la scarsa longevità dei videogiochi, quindi non sarà un fattore singolo a stroncare la visione complessiva del titolo.
Dulcis in fundo una breve storia triste: Rogue Galaxy.
È la quarta volta che PROVO a giocare a Rogue Galaxy, le tre precedenti sono terminate nell’oblio a causa di problemi tecnici delle console/computer su cui giocavo sempre nello stesso punto. Ho perso 3 salvataggi SEMPRE mentre tentavo di completare la fabbrica di Zerard, vuoi per fulmini bastardi, vuoi per hard disk rotti, vuoi per console vecchie di 10 anni che tirano le cuoia una volta per tutte. Chissà se riuscirò a superare tale scoglio, stavolta.
Approfittando del Black Friday mi sono portato a casa una bellissima televisione 50″. Quando ho notato che tra le app consigliate c’era anche quella di Steam, mi sono fatto prendere dalla curiosità e ho collegato il PC alla tv tramite l’app. Risultato? Sono rimasto sopresissimo dalla qualità e dalla velocità di trasmissione, le immagini sono stabilissime il 99% del tempo e si gioca con una fluidità pazzesca. C’è però un solo problema: la mia libreria di steam contiene quasi solamente manageriali, strategici, VR o giochi di guida, nessuno dei quali si prestava ad essere giocato davanti la televisione con un minimo di lag (che nonostante la qualità altissima del servizio, è pur sempre presente. Per evitare di regalare soldi a pioggia a giochi che neanche sapevo se avrrei apprezzato, mi sono finalmente iscritto al green pas… ehm, al PC Game Pass, per trovare nuovi titoli. Purtroppo l’esperimento è fallito, in quanto senza una app specifica (non presente per TV Samsung) I giochi non steam laggando incredibilmente, ma visto che ormai il pass l’ho pagato, tanto vale usufruirne.
Il primo gioco su cui ho messo le mani, in colpevole ritardo rispetto alla data d’uscita è stato Doom Eternal. C’è una piccola faida interna tra me e Daniele Di Egidio su questo titolo: dopo averlo provato insieme alla GamesCom 2019, lui se ne è innamorato follemente, quando io, seppur apprezzandolo, ne sono rimasto piuttosto indifferente. Per me, invece, il miglior FPS degli ultimi 5-6 anni è stato Serious Sam 4, come Graziano potrà confermare tra qualche settimana. Premesso che non ho finito ancora Eternal, ci ho fatto solo qualche ora, a me pare chiarissimo che la differenza stia tutta nel budget. Eternal è un AAAAAAA che ha miliardi di dollari dietro e una brand identity fortissima, gli basta innovare poco, avere una grafica state of the art, e i 10 piovono. Sia chiaro è più skill based di SS ed è un bellissimo gioco, ma alla fine il 95% sono grafica e animazioni, non c’è sta gran cosa dietro. Serious Sam dal canto suo con il 4 ha innovato parecchio rispetto ai precedenti capitoli, aggiungendo miliardi di cose che prima non aveva, hanno spremuto davvero al massimo tutto ciò che potevano, e secondo me alla fine della fiera è un gioco molto più divertente, nel senso stretto del termine. Mi fa divertire di più, rido, piango, mi da emozioni. Ci sono buone possibilità che non finisca Doom prima che mi scada il pass.
Un gioco che non mi sarei aspettato di apprezzare così tanto, e che sono contento di aver provato col pass, è invece Art Of Rally. In un periodo in cui “content is king”, in cui c’è una gara a chi ha più feature, mappe, personaggi e dialoghi, AoR mi ha rimesso in pace col mondo. Grafica semplice e con post processing come se piovesse, buon feeling col controller, e gare procedurali. Si sale in macchina e si fa un giretto, pazienza se poi tocca restartare perché si fa cagare. Una piccola chicca che avevo sottovalutato e che invece mi sta dando tantissime soddisfazioni in quella oretta serale tra la fine della giornata lavorativa e la cena.
Tolti i giochi di cui sopra, il mio essere estremamente abitudinario mi porta comunque sempre verso i miei soliti comfort games, non posso quindi lasciare fuori dall’elenco Assetto Corsa Competizione e Football Manager 2015. Il primo è la mia vera droga, ogni 2-3 sere mi siedo sul simulatore e mi faccio una gara da un’ora, consapevole di essere duro ma non abbastanza da finire sempre fuori pista. Il secondo invece è più un pallino che qualcosa che mi diverte: sono ad 83% con gli achievement, e ho deciso che non comprerò nessun altro FM fino a quando non arriverò al 100%. Come potete immaginare non è questione di skill ma più di costanza, al momento mi sto concentrando sul giocare per 30 stagioni di fila, e diventa tutto estremamente monotono e ripetitivo sul lungo periodo. Riuscirò a farcela senza mollare stavolta? Siamo a 22 stagioni, preghiamo.
Eh già, non posso che esordire così: questo dicembre 2021 ha rappresentato per me il balzo nella next-gen con una Xbox Series S nuova fiammante. Cosa vuol dire ciò? Ma è chiaro: sono per la prima volta alle prese con quello scrigno di meraviglie chiamato Game Pass. Inutile raccontare come il mio tasso di produttività sia sceso in maniera considerevole, e quanto mi sia letteralmente “infognato” fra giochi di tutte le epoche.
Da cosa ho iniziato?
Beh, non avendo mai avuto una console di casa Microsoft mi sto dedicando alle esclusive. Dovendo scegliere di fatto fra due brand storici come Gears of War e Halo, ho optato per l’Anniversary Edition della saga di Master Chief, e non me ne sono pentito. Come un coraggioso archeologo sono ritornato indietro nel tempo fino all’anno 2011, data di pubblicazione di questa remastered del classico dell’FPS 2001. E’ stato (quasi) amore a prima vista: mood da military sci-fi d’un’altra epoca (qualcuno ha parlato di Starship Troopers o Aliens?), simpatiche intelligente artificiali, colonna sonora anni 2000 e un protagonista tostissimo sono per me ingredienti perfetti per un gioco con cui affrontare il periodo più di stanca dell’anno.
Perché allora “quasi” amore? Per il gameplay arcaico (oh parliamo di roba precedente al primo CoD e all’introduzione della modalità “mirino”, parliamone…)? NO: per i livelli finali del gioco, assemblati attraverso un terrificante copia-incolla di location e schemi di livello senza soluzione di continuità, roba da darti la nausea e farti entrare in un deja-vù degno de Il Giorno della Marmotta.
Ma Halo è talmente e splendidamente old-style e nostalgico da farmi pensare che non poteva esserci un inizio migliore fra me e Game Pass (e sì, ora non vedo l’ora di giocarli tutti fino a Infinite).
Ora scusate, ho un attacco di dipendenza, torno a tuffarmi nelle tenebre del servizio Microsoft.
Buone feste!
Queste ultime settimane mi hanno portato un po’ via dalla redazione e in generale dai videogiochi, ma giuro che tornerò alla carica. Ho appena reinstallato The Witcher 3: Wild Hunt dopo aver finito la seconda stagione su Netflix e credo mi ci chiuderò sopra durante le feste perché, lo confesso, ancora non l’ho mai finito. E ho recentemente acquistato due espansioni di The Sims 4 per realizzare un articolo top secret per Player.it ma non spoilero ancora nulla…
Tuttavia, nonostante il poco tempo e il poco spazio che ho potuto dedicare ai videogiochi ultimamente, sono riuscito qualche volta a regalarmi una mezzoretta di serotonina. Da buon fan dei mostriciattoli tascabili ho preso Pokémon Diamante Lucente, il remake di quarta generazione realizzato in salsa chibi, che sto giocando molto molto lentamente (sono ancora alla terza medaglia!).
Qui non c’è solo il problema del poco tempo a disposizione, ma anche la poca voglia: con la mia mente sono già a Leggende Pokémon Arceus, attesissimo capitolo spin-off e gioco (finalmente… e probabilmente) innovativo di Game Freak, e non riesco a trovare proprio la motivazione giusta per portare a termine un remake del genere, fatto a mio parere troppo a immagine e somiglianza del vecchio gioco, e per questo con un gameplay che trovo davvero vecchio e stantio.
Un titolo per cui invece riesco a divertirmi ogni tanto (quando non perdo male) è Magic: The Gathering – Arena, che ormai ho installato su ogni mio device. Ormai ci gioco ovunque nei momenti di pausa: quella mezzora di riposo in accademia, 10 minuti a letto dal cellulare prima di andare a dormire, o la sera quando, dopo aver lavorato ad articoli e progetti, non ho voglia di pensare. Non sono mai stato un gran giocatore di Magic, ma quando il mazzo che hai costruito inizia a girare e a funzionare dona una sensazione di onnipotenza incredibile.
Spero che il 2022 mi porti più tempo a disposizione, ma i miei occhi vedono già che per i primi mesi di questo anno ci sarà da divertirsi… Tanti videogiochi di cui ho parlato anche qui in passato sono pronti a passare sotto le mie mani e mi costringerò anche a far nottate pur di ritagliarmi il tempo necessario per provarli e divertirmi. Buone feste a tutti!
“Ma una volta giocavi col pallone, con pupazzetti un po’ più bellini, mo’ perché questi…” borbotta mio padre rivolto allo schermo mentre valuto se fondere o meno Kelpie, un cavallo verde dagli occhi rossi tranciato da metà busto in poi, con qualche sfilaccio di budella ancora appeso, ma comunque a proprio agio così.
Hai ragione, papà, mi spiace darti questo dispiacere, ho però capito che Shin Megami Tensei V è il Pokémon che ho sempre desiderato. Il Megaten ai tempi degli open world mi fa volare verso Godopoli già dal senso di libertà di far sfrecciare il Nahobino tra le macerie di una Tokyo meravigliosamente a pezzi.
Tutto è al posto giusto. Le nuove fusioni dal compendio -un lusso di comodità-, la colonna sonora, i mostri su mappa finalmente evitabili ma sempre pronti a mozzarti il cranio se prendi sotto gamba il più random degli encounter. La trama, così vaga che, in fondo, perchè preoccuparsi di seguirla? Sono tutti elementi complementari a permettermi di fare ciò che meglio mi ispira: il nerd, il dottor Frankenstein, a armeggiare con le statistiche, a trovare i processi più cervellotici per ottenere le combinazione di abilità che mi servono e infine creare il demone definitivo. Un giorno lo capiranno che il vero mostro sono io.
A Natale puoi… piangere e riflettere sul significato della vita e della morte. O almeno questo è ciò che sto facendo giocando all’ultimo aggiornamento di Spiritfarer, titolo indie di Thunder Lotus Games dalla profondità unica. Uscito nell’estate 2020, questo gioco ha toccato le corde più profonde del mio cuore con le commoventi storie dei suoi personaggi, defunti ora intrappolati nel limbo in attesa di “passare oltre”. La protagonista Stella è la sostituta del vecchio Caronte e sarà compito suo risolvere le questioni in sospeso delle anime perdute traghettandole sulla sua barca e accompagnandole verso l’eterno riposo.
Ogni anima, rappresentata nel limbo da un animale antropomorfo che ne riflette il carattere, ha un vissuto strappalacrime in qualche modo collegato a quello della protagonista e prolissi discorsi filosofici pronti per essere ascoltati. Nel recente aggiornamento, per esempio, è stata introdotta Daria, un riservato pipistrello depresso e autolesionista, ma con una grande passione per la musica, che ci aprirà gli occhi sulla propria visione della vita, sulle contraddizioni e il valore nascosto di questo curioso dono.
Spiritfarer, con il suo gameplay che mescola l’avventura a elementi gestionali e platform, unito alle splendide animazioni e alla struggente trama, si conferma ancora dopo oltre un anno uno dei titoli indipendenti più belli che abbia mai giocato.
8 anni: tanti sono passati dall’ultimo remake della storia Pokémon e tanti sono passati dalla prima volta che i fan della saga hanno iniziato a urlare a gran voce: “vogliamo i remake di quarta!”.
Alla fine sono arrivati, il 19 novembre 2021, su Nintendo Switch con il nome di “Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente”.
Le meccaniche e il modo di concepire il mondo Pokémon sono diverse rispetto a 8 anni fa, ma la formula presentata da ILCA è fin troppo legata al passato: una riproposizione 1:1 di tutto ciò che avevamo già visto nel lontano 2006.
I remake Pokémon mi avevano abituato all’aggiunta di nuovi elementi di gameplay che arricchissero l’esperienza originale, con questi giochi invece non c’è stato nulla di nuovo, si poteva sicuramente osare di più per giustificare l’acquisto anche per chi mastica Pokémon da 25 anni.
I Grandi Sotterranei sono sicuramente la parte migliore del titolo, che sono anche il motivo delle mie oltre 50 ore di gioco: non a caso riprendono meccaniche moderne che ormai sono imprescindibili per come sono stati presentati i giochi Pokémon negli ultimi anni, come i modelli visibili nell’overworld e il multiplayer.
Al di là di uno stile “chibi” che si fa fatica a digerire, la pulizia grafica e gli ambienti sono sicuramente un punto a favore di questi giochi.
Rigiocare ad un’avventura grafica, una volta finito il gioco e risolti tutti gli enigmi, è paragonabile a quando rileggi un libro che ti è piaciuto.
Conosci già la storia, sai già come si sviluppa la trama, i colpi di scena non ti sorprendono più come la prima volta e, cosa importante, conosci già il finale.
E allora perché rigiocarci?
Molto semplice: le emozioni.
I dialoghi e gli scambi di battute tra i personaggi, l’evolversi delle vicende, i suoni e le musiche di sottofondo e, soprattutto, i meravigliosi paesaggi all’acquerello disegnati dal rimpianto Benoît Sokal sono capaci di riempire di emozioni anche il giocatore più austero.
La storia di Kate Walker non è nuova per il genere, anzi la si può definire “classica”. Sono tanti quei protagonisti che mollano tutto, lasciando la loro vecchia vita alle spalle, per vivere un’avventura meravigliosa.
Ma l’insieme di elementi presenti nel gioco, costellati da un costante alone steampunk che non stanca mai, la rende decisamente unica.
E la cosa che più di tutte mi ha emozionato (e mi emoziona ogni volta) è vedere come, passo dopo passo, indizio dopo indizio, l’amicizia tra la protagonista ed Hans Voralberg (geniale inventore al quale, alla pari di Kate, è legata l’intera saga) si sviluppi fino a diventare indissolubile.
Non è soltanto la dedizione alla causa, che spinge Kate a seguire ed inseguire Hans, ma è anche la meraviglia che vede in ogni cosa che l’inventore si lascia alle spalle, nella speranza di realizzare il suo sogno di bambino.
Ed ogni tanto è bello soffermarsi a pensare a quei sogni.
Volevo recuperarlo sin dal suo lancio, nell’ormai lontano 2018, ma all’epoca non avevo un PC da gaming e dovetti rassegnarmi a guardare video di gameplay. Mi ci sono divertito parecchio, anche perché ho sempre praticato poco il genere strategico, o almeno meno di quanto mi sarebbe piaciuto fare, sempre per il fatto di essere stato un console gamer per la maggior parte della mia vita.
Dotato di un umorismo caustico e di un’ambientazione distopica tanto semplice quanto efficace, è un gioco in grado di intrattenere con un buon livello di sfida ed una longevità non troppo elevata, che permette di non stancarsi della sua formula che rimane molto semplice pur nella sua estrema godibilità. Inoltre interpretare un papero ed un facocero antropomorfo che fanno fuori orde di nemici con fucili laser ed altre amenità è un’esperienza molto gratificante!
Occhio però che la difficoltà è ondivaga, con delle impennate occasionali che mi hanno messo ogni tanto a dura prova, probabilmente perché sono un novellino negli strategici!
Lo consiglio a tutti gli amanti del genere, tanto più che è facile trovarlo a prezzo di saldo.
Non è un segreto praticamente per nessuno che mi conosca che io sia un grande e sfegatato fan della travagliata serie di Metroid. Ad ormai oltre due mesi dall’uscita questo ultimo capitolo riesce ancora a tenermi incollato allo schermo ed al controller ed ormai ho perso il conto di quanti playthrough sono trascorsi dal primo.
Attraversata la fase euforica di avere tra le mani e poter giocare un nuovo Metroid “classico” dopo quasi 20 anni, la mia parte più pragmatica è riuscita ad emergere ed a vedere con estrema chiarezza e lucidità la situazione.
Ho studiato ed approfondito il complesso level design di Dread, uno degli elementi più criticati nei primi giorni di uscita. Il worldbuilding si è rivelato incredibilmente preciso nell’indirizzarmi più volte verso la giusta direzione, ma senza alcuna forzatura, nonostante io abbia intrapreso strade differenti ogni volta.
Non sono certamente mancate le “tryhardate” contro alcuni boss mettendo in pratica alcune “tecniche da speedrunner” e le run in cerca di ogni extra per completare il gioco al 100%.
Il lunghissimo tempo di sviluppo e costante rielaborazione che Metroid Dread ha attraversato -e di cui non sapremo mai l’esatta verità- lo ha reso uno dei metroidvania più longevi e rigiocabili che esistano, in grado di attirare a sé nuovi giocatori.
Inutile dire che tutti i premi ricevuti sono ben meritati da questo rinascimento della saga.
Quando mi è stato detto di parlare del gioco che sto giocando durante questo Natale 2021 il mio primo pensiero è stato Dota 2. Ed è infatti il gioco sui cui sto passando più ore, e mannaggia a zio Gaben, io casco sempre come un pero quando partono i battlepass.
Ma il posto di gioco del Natale 2021 per me lo vince Hades, che nel via vai del Natale e con gli impegni della vita sempre più frequenti, mi rilassa con le sue brevi ma intense run.
Insieme alla passione per i roguelike e la mitologia greca, questo Natale Hades mi ha fatto scoprire anche la passione per le speedrun e da qualche giorno cerco di fare tempi sempre più veloci e riesco ogni giorno a guadagnare 20-30 secondi arrivando anche a 13 minuti. Peccato che le speedrun sono attorno ai 5 minuti.
Ecco forse in questo Hades e Dota 2 hanno qualcosa in comune: la mia totale scarsità.
Ok sì, sto giocando Halo Infinite, niente di sorprendente considerando che siamo a ridosso del suo lancio. Ma due paroline voglio spenderle.
Parto dicendovi che Halo Infinite, per quanto imperfetto, è un gran bel gioco. Divertente e interessante al contempo; nonché una giusta commistione fra gameplay e intreccio narrativo. Quando venne presentato non fui entusiasta della sua declinazione open world, tuttavia ammetto che, nonostante abbia fatto bene a mantenere basso l’entusiasmo, la formula non impoverisce fatalmente la forma ludica del franchise, anzi, a suo modo l’arricchisce.
Zeta Halo inoltre è magnifico, a tratti un po’ ridondante e sterile, ma senz’altro interessante. Sì, c’è una certa abbondanza di rocce tutte uguali (più o meno). A mio avviso ottimo anche il gunplay, non super dinamico, ma comunque incalzante e spesso sbalorditivo, in particolare quando ti ritrovi in un carnaio: si cambia arma frequentemente, buttandosi spesso nel corpo a corpo e lanciando granate sulla qualunque. Gli Esiliati – i nostri avversari – sono simpatici, nel senso che ho trovato divertente rivedere gli stessi moveset dei fasti, compresa quella routine di dialoghi dal sentore un po’ cringe.
C’è persino quel mezzo canto gregoriano che tanto ci piace di Halo, lo stesso che sentiamo riarrangiato in ogni capitolo. Per quanto riguarda la storia penso che ci scriverò un articolo a sé, perché così su due piedi è difficile.
Songbird Symphony è il racconto del viaggio di Birb, un piccolo uccellino di una specie indefinita, alla ricerca della sua famiglia e di una casa a cui appartenere e in cui riconoscersi.
Schernito e bullizzato dagli altri uccelli viaggerà in un mondo dominato da svariate forme di volatili, risolvendo problemi e risanando dissidi tra specie diverse, al fine di ricercare delle speciali note musicali, fondamentali per raggiungere del suo obiettivo.
Parlo di Note musicali perché Songbird Symphony è formalmente, in tutto e per tutto, un musical.
In un mondo di gioco il cui avanzamento è strutturato sugli schemi di un Metroidvania, ma con l’assoluta assenza di uccisioni o morti, Birb per aiutare gli uccelli e conoscere le note segrete, a fine sezione dovrà intraprendere una frase totalmente musicata.
In Termini ludici ciò consisterà in una classica sessione di rhythm game, intervallata da un testo, purtroppo non cantato, ma sempre davvero ben scritto.
La verosimiglianza narrativa verrà sospesa, quindi, a favore di una racconto che abbraccia la spettacolarità del canto e della musica, come appunto succede sempre in qualsiasi musical, da Grease fino a La La Land.
Tra articoli di approfondimento, live e revisioni di due romanzi, nelle sere di dicembre ho trovato anche il tempo di recuperare qualche titolo che mi ha dato grande soddisfazione, anche perché devo dire che raramente vado a toccare titoli da cui mi aspetto un’enorme delusione.
Il primo è stato Warhammer 40.000: Dakka Squadron. Ok, in realtà questo l’ho giocato in live e non ha fatto propriamente parte del mio svago serale, ma mi ha davvero stupito troppo per non parlarvene. Si tratta di una sorta di simulatore di volo totalmente folle, ambientato nell’universo di Warhammer 40.000 e con un Pilota Orko come protagonista. Le sue origini su dispositivi mobili mi hanno subito messo all’erta, non mi aspettavo chissà che dalla sua Flyboyz Edition, ossia la versione PC, ma mi sono davvero dovuto ricredere. C’è varietà di scelta per i vostri aerei e ognuno di essi ha le proprie specialità particolari, inoltre la personalizzazione dell’equipaggiamento è davvero grande e, siccome gli Orki credono che i colori influenzino il funzionamento del oggetti, modificare l’estetica degli aerei ha davvero conseguenze nel gameplay.
Nel complesso si tratta di un gioco semplice, tant’è che le missioni non sono estremamente variegate, ma gli sviluppatori hanno inserito mappe suggestive e una caratterizzazione dei personaggi dannatamente esilarante. Non dei semplici Orki di Warhammer 40.000 stereotipati che fanno ridere solo perché si comportano da idioti, ma dei veri e propri personaggi variegati tra loro e una quantità davvero abbondante di dialoghi nel corso della storia. Pur trovando i propri difetti in una localizzazione italiana non esattamente perfetta e in un HUD che soffre le proprie “origini mobile”, mi ha davvero sorpreso regalandomi una manciata d’ore di grande divertimento, anche grazie a una trama e a dei protagonisti con più spessore di molti altri che ho potuto vedere in alcuni videogiochi di Warhammer concepiti fin da subito per PC e console. Se gli sviluppatori di Phosphor Game Studios riuscissero ad avere più budget, vorrei davvero vedere un altro gioco simile da parte loro.
Un altro titolo che ho avuto grande piacere di giocare è stato Halo Infinite, ma credo che siate anche un po’ stanchi di leggere tutto ‘sto Halo in questo articolo, quindi vi dirò solo d’essere stato davvero felice di tornare a divertirmi dopo una grande delusione inflittami da Halo 5. Voglio quindi dirvi d’aver recentemente potuto rimettere le mani su Yakuza Kiwami 2.
Sono ancora al Capitolo 4, quindi non sono nemmeno arrivato al vivo della storia, ma mio dio, quanto è bello vestire i panni di Kazuma Kyriu. Il vero gigachad, l’enorme uomo statuario che mette in seria difficoltà la mia eterosessualità, l’elegante Drago di Dojima che picchia fortissimo tutto, colui che sa anteporre una partita in sala giochi ad ogni possibile priorità mondiale. In 27 anni di vita, mi pento di non aver scoperto prima la saga di Yakuza perché la sto adorando e non vedo l’ora di arrivare a Like a Dragon, poiché vederlo definito come il “Dragon Quest di Yakuza” non fa che gonfiare tantissimo il mio interesse.
Quando guardi troppo a lungo dentro il backlog, il backlog ti guarda dentro.
Devo iniziare a riempire questo spazio a me dedicato dandovi un piccola, grande delusione: a differenza di quanto detto dai miei illustri colleghi, in questi ultimi tempi, non ho avuto modo di giocare a praticamente… NIENTE!
Vi è mai capitato di ascoltare la storiella del professore che, davanti ai suoi studenti increduli, riempie un barattolo di palline da ping pong, poi di granelli di sabbia e, per finire, con dell’acqua? Bene, quel barattolo è stata la mia vita dell’ultimo mesetto: nonostante sembrasse non entrarci null’altro, ci veniva schiaffata sempre più roba. Che si trattasse di lavoro, di preparazione di concorsi pubblici, dell’esame di abilitazione che incombe minaccioso, o del semplice cercare di raccogliere i pezzi della propria esistenza, tutte queste attività hanno richiesto (e richiedono ancora adesso) un enorme tributo in termini di tempo.
Tuttavia, come spesso (mi) accade in situazioni simili, quasi come fosse un rigurgito di libertà, inizio a provare il desiderio di comprare qualsiasi videogame e boardgame che mi capiti sotto gli occhi, specialmente se è in offerta.
Ebbene, ora che le vacanze natalizie sono ufficialmente iniziate, mi si pone un angosciante quesito: a che cosa giocare? Può sembrare una quisquilia, ma il problema è decisamente serio. Un guardaroba troppo fornito può dare gli stessi identici problemi di uno che non lo è per niente.
Cosa fare? Da quale piattaforma partire? Scaricherò uno dei titoli del PS Plus? O dovrei invece virare sulle allettanti luci del Game Pass, con quell’Halo Infinite che sembra promettere così bene? Ma cosa dico! Devo assolutamente completare la mia prima run di Demon’s Souls… anche se forse ho dimenticato i comandi…
Insomma, sono costretto ad invocare l’aiuto del pubblico, ovvero il vostro. Di questo passo, i pochi giorni di quiete natalizia a mia disposizione li trascorrerò ad arrovellarmi su cosa scegliere e, una volta che avrò deciso, mi infrangerò sulla dura e ruvida parete della “vita quotidiana”. Ragion per cui, aiutate quest’anima in pena, e rispondete a questo mio appello:
DA DOVE INIZIO LA MIA SCALATA AL BACKLOG?
Rispondete senza indugio, ed affrettatevi: perché da qui al 7 Gennaio 2022 è un attimo!
Da circa un anno a questa parte sono più o meno impegnato in questo incredibile gioco IRL in cui l’obiettivo è portarsi a casa una PS5. In pratica la storia del gioco è più o meno questa (è anche abbastanza scontata): un virus mortale invade la terra e il mondo viene messo in ginocchio costringendo la popolazione terrestre a rintanarsi in casa. Per sopravvivere ai lunghi periodi di reclusione l’umanità cerca ogni scampolo di intrattenimento finendo in balia di serie TV spagnole, mortali giochi a premi coreani e Salvo Sottile. In barba alla situazione di crisi, le aziende dell’intrattenimento videoludico mondiale decidono di lanciare le loro nuove e attese console, convinte di aiutare i giocatori di tutto il mondo ad uscire dal baratro del virus. La scarsità di chip però porta Sony a non riuscire in alcun modo a soddisfare la richiesta degli utenti scatenando quella che verrà ricordata come “La guerra delle PS5”.
Ci sono diverse modalità di gioco: la prima, chiamata Deathloop, perchè praticamente è un circolo vizioso senza uscita. Prevede di partecipare a queste “file digitali” (come se quelle fisiche alla posta già non bastassero) dove il giocatore deve attendere un orario prestabilito – e annunciato all’ultimo secondo – per gettarsi, come un tonno in una tonnara, all’interno di un’anticamera virtuale. Qui, insieme ad altri tonni, deve attendere il suo destino deciso da una giuria di mistici quali il Mago Otelma, Dodò, Iva Zanicchi e Batman che gli forniranno il numero della fila per poter accedere all’acquisto. Si tratta di una modalità molto difficile e se si ottiene un punteggio in classifica tra i primi 10.000 partecipanti è già un ottimo risultato. Naturalmente, stile Fall Guys, a questa modalità partecipano migliaia di persone contro le poche centinaia di console disponibili. Alcuni mi hanno raccontato che il loro omino (eh si perchè avrete anche un piccolo avatar per giocare) è corso subito in cima aggiudicandosi l’ambito premio. Il mio solitamente è seduto, manco in piedi, in fondo alla barra di caricamento e si chiede spesso cosa ha fatto di male per essere il mio omino.
La seconda modalità si chiama invece Returnal ed è molto semplice da giocare anche se pure qui vincere è complesso. In pratica basta entrare in un negozio che millanta la vendita di PS5 è chiedere:
“Avete PS5?”
“No, ma puoi sempre Returnal domani”
E niente, fine modalità, si può giocare pure telefonicamente e cambia solo il filmato del commesso che appare in comunicazione radio stile Metal Gear. Naturalmente, questo per quanto riguarda la PS5 e basta, se invece insieme ad essa volete acquistare anche le cuffie, i giochi, il controller extra, i lucida grilletti, la poltrona per la nonna, un frigobar a forma di frigobar, 22 KG di tagliata Black Angus argentina, uno spazzolino elettrico usato, uno spazzolino elettrico nuovo, un pony grasso e l’assicurazione furto/incendio annuale su una mietitrebbia (che dovete però comprare a parte) potete avere PS5 SUBITO in pack con tutto l’ambaradan alla modica cifra di 7000 euro, scontata a 6899.
La terza e ultima modalità si chiama invece Demon’s Souls e qui dovete semplicemente sporcarvi l’anima e acquistare PS5 da uno dei tanti scammers online che vende la console al doppio o triplo del prezzo di base. In questa modalità potete anche ottenere un bad ending in cui, ottenuta PS5, voi diventate degli scammers e rivendete la console ad altri poveri utenti.
La Christmas Deluxe Edition di tutta questa bellezza include canzoni di natale in portoricano e tutte le bestemmie inventate dagli utenti che hanno visto il proprio ordine PS5 cancellato su Amazon.
This post was published on 24 Dicembre 2021 13:00
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