Dinanzi al marasma fatto di ingombranti immagini di anteprima e titoli roboanti che infestano le pagine degli store già a partire dalla home, il rischio di rimanere un filino disorientati quando si esplora il Play Store o l’App Store è reale.
In questa rassegna di manifesti ululanti che sembrano dire “ti prego, giocami!” quasi a tutti i costi, appaiono delle piccole etichette. Di solito, queste, hanno nomi come “Titoli più giocati” oppure “Consigliati per te“.
Ora va bene tutto, ma finire per dannarsi l’anima dopo aver scaricato l’ennesima app clone di quelle due o tre davvero in voga o incassare il fatto che dopotutto uno smartphone ti conosce sempre poco quando c’è da consigliare per il tuo bene, non è il sogno di ogni bambino nel cuore di ogni adulto.
Salpiamo dunque alla scoperta di 2 di giochi che se ne sono bellamente fregati dell’indicizzazione degli store, che rientrano in una o più categorie, ne sfiorano alcune, si allontanano da altre e soprattutto si tengono a galla in un mare di perché.
L’epopea di Tsuki, coniglietto di città, inizia come ogni simulazione di country-life dai tempi di Stardew Valley: con la notizia di un’eredità, una di quelle che piuttosto che appesantire, alleggeriscono.
Una lettera ci informa su quanto sia stato caritatevole lo zio di turno a lasciarci la sua fattoria di carote prima di salpare per altri lidi – con essa, la prospettiva di una quotidianità distante dal trambusto urbano; raccolto l’indispensabile, valigia alla mano traslocheremo in questo paradiso idle, che nella leggerezza, nel soffermarsi, trova il connotato essenziale della sua filosofia.
Soffermiamoci su un punto pure noi, già che ci siamo.
Vero è che per idle-game andiamo a definire i videogiochi dove la pazienza ha una parte importante ma è bene fare attenzione. Più spesso che non, i titoli di questo genere promettono una crescita costante, il continuo raggiungimento degli obbiettivi, l’ottenimento di premi e ricompense e permettono al giocatore di ripetere questi gameplay loop in maniera praticamente infinita. Ci sono anche meccaniche incentrate sull’agire e sul gestire le risorse in crescita o sistemi che invitano il giocatore ad effettuare accessi frequenti in modo da controllare l’andamento delle proprie risorse. Il risultato finale è si un’attesa continua, ma un’attesa dai tratti impazienti che vagamente può ricordare i tratti di un’ossessione.
L’avventura di Tsuki si discosta da questo modello, specie perché da fare di pratico non offre quasi nulla. Con l’interazione ridotta al minimo, non controlleremo direttamente le azioni del coniglietto ma sceglieremo soltanto una manciata di scenari in cui farlo muovere.
Le carote sono una risorsa importante nel gioco ed esse possono essere o acquisite a cadenza periodica, o essere ottenute guardando un (anche se, chiaramente, è possibile acquistarle con soldi veri); l’obbiettivo delle carote è quello di venire spese per acquistare oggetti che però alla fine non andranno utilizzati. A rendere la situazione ancora più confusionaria Gli npc solo di rado e con rara pigrizia cambieranno le frasi che hanno da dirci. Il villaggio dei Funghi sarà il luogo perfetto dove trascorrere il tempo, in placida attesa che niente di ché accada.
Un gioco dove non si fa quasi niente può essere ancora considerato tale?
Quella di Tsuki è una background-adventure con una grafica che pare disegnata a mano e che altro non chiede al giocatore se non di rasserenarsi, assaporare una musica o uno scenario.
Conoscere gli abitanti del villaggio? Sarà possibile ma in quantità limitate.
Come a ogni accesso potremo trovare Tsuki intento a fare qualcosa con gli oggetti di cui gli abbiamo riempito casa, oppure no. Potrebbe fare caldo o esserci la neve, potrebbe essere appena arrivato Babbo Natale. Che sia per qualche riga di flavour-text a capo di un item appena venuto fuori da uno sputapalline o tramite una pagina di diario ritrovata lì a fine giornata, Tsuki non mancherà di farci sentire la sua presenza.
Basterà avere la pazienza di andarlo a trovare.
L’Avventura di Tsuki è un Idle Game che a modo suo decostruisce i canoni del genere, per sottrazione, in maniera senza dubbio interessante e radicale. Disponibile in free-to-play, il sistema di advertising è ben integrato nello stile leggero della narrativa e del mondo di gioco.
Contrastare i mostri della Monster Corp sembra un’impresa sconsiderata se le città, una dopo l’altra, finiscono per inginocchiarsi senza scampo al loro dominio distruttore. L’impresa sembra impossibile ma, per il nostro protagonista in giacca, canotta e capelli rossi con rudimenti di arti marziali e due pulsanti, uno per sferrare pugni e uno per tirare calci, non lo è.
Pipikappapi, vero titolo del gioco, nonostante un nome particolarmente astruso non è altro che un buffo picchiaduro a turni fortemente ispirato all’estetica e al minimalismo delle console anni ’80.
Quello che conta in PPKP è svuotare quanto più velocemente possibile la barra vita dei mostri che ci si oppongono uno alla volta, alternando a dovere la pressione dei due grossi bottoni a favore di pollice disponibili durante le lotte; il tutto andrà fatto inscenando scariche di colpi rocambolesche a dir poco, finché i punti stamina non si esauriranno.
E se il cattivone dovesse sopravvivere a questo trattamento starà a noi decidere come gestire il turno di difesa: se parare l’attacco in arrivo intuendo si tratti di un calcio o un pugno e premendo di conseguenza il tasto corrispondente per arginare gli effetti o se affidarci ai riflessi, e indovinare il giusto tempismo dell’impatto per evitarne totalmente i danni con una contromossa. Ogni mostro sconfitto ci garantirà punti esperienza e monete sonanti.
Barra vita, punti stamina, punti esperienza: nominare in senso stretto questi elementi vuol dire in verità prenderci delle piccole licenze, dato che PPKP si esprime esclusivamente in maniera grafica ed è del tutto privo di parte testuale, al di fuori dei numeri che tengono conto di monete e gemme.
Anche nella sezione gestionale (sulla falsariga di un Punch Club per intenderci) dove ci troveremo in città la quale andrà progressivamente ricostruita, in modo da venir ricompensati con dei potenziamenti. In città ci sarà il maestro del dojo il cui compito sarà quello di insegnarci combo srotolando pergamene mentre la nostra salute sarà in mano dei ristoranti cittadini. Persino le statistiche del personaggio e le opzioni per regolare i volumi audio seguono questa norma comunicativa contribuendo la creazione di un’atmosfera scanzonata e piena d’umorismo.
Andando avanti il loop di gioco run di combattimenti/upgrade si stabilizzerà abbastanza in fretta, lasciando presto spazio allo sbilanciamento del grind che sarà progressivamente sempre più pesante, nel tentativo di convincerci a sganciare qualche soldo per le gemme. Lo scarso numero di indicazioni di testo potrebbero portare il giocatore che non viene accalappiato subito a perdersi piccole chicche di gameplay tipo gli stordimenti o, ancora meglio, le super combo aeree. Queste ultime, facciamo notare, diventano disponibili solo previo acquisto di un particolare oggetto, questo dedicato a boostare una statistica di cui (appunto) non ci viene descritta la funzione. E vabbè sì, a me mi (ehehe) ha appassionato abbastanza in fretta.
PPKP è un picchiaduro a misura di smartphone, che mescola avanguardia e nostalgia in una provetta esilarante. Disponibile gratis per il download, il sistema di grind si farà, da un certo punto in poi, un po’ tedioso e ricorrere agli acquisti in-app diventerà, quasi certamente, inderogabile.
This post was published on 28 Gennaio 2022 14:00
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