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Speciali

L’arte di Naughty Dog, cinque motivi di un successo meritato

Naughty Dog è azienda veterana dell’industria videoludica, la sua fondazione risale al 1984, quando rispondeva al nome di JAM Software. Ha pubblicato alcuni giochi su home computer antidiluviani come l’Apple II e su console con un bel po’ di anni sulle spalle, Sega Mega Drive e il 3DO Interactive, ma è su PlayStation che è diventata ciò che è ora, un punto di riferimento dell’intrattenimento.

Oggi, il nome di Naughty Dog è legato quasi a doppio filo a quello di Sony (sebbene le esclusive passate e future siano ormai destinate anche al pubblico PC), ma soprattutto è sinonimo di qualità altissima che le ha permesso di conquistare milioni di fan, un credito smisurato e, di conseguenza, tantissimi premi assegnati ai suoi giochi.

In questo articolo, vogliamo brevemente spiegare, in cinque punti, perché Naughty Dog è uno studio di sviluppo eccezionale (sperando che non porti sfortuna).

Da Crash a Joel: l’arte di sapersi reinventare

Mostrate questa immagine a una persona che non sa nulla, ma proprio nulla, di videogiochi

Ora, a questa stessa persona, fate vedere quest’altro screen

Adesso, chiedetele se ritiene possibile che questi due videogiochi siano stati creati dalla stessa azienda. Molto probabilmente vi risponderà che non c’entrano nulla l’uno con l’altro, e ne avrà ben donde, perché il trasformismo dimostrato da Naughty Dog in tutti questi anni ha dell’incredibile.

La Naughty Dog di oggi non è la stessa di quella di 10-20 anni fa, e ciò non riguarda solo il lato economico e le idee messe in campo, ma anche le risorse umane; gli staff si rinnovano, anche i vertici cambiano, dunque è normale modificare anche il proprio know how, l’approccio a ciò che si fa. Il rinnovamento di ND, però, è davvero uno dei casi più eccezionali, perché ha saputo diventare punto di riferimento in epoche diversissime con giochi agli antipodi tra di loro.

Crash Bandicoot e Jak & Daxter sono stati modelli per il genere platform (e non sono certo simili tra di loro), mentre con Uncharted e The Last of Us, ND è tornata alla grande in un periodo in cui il platform si stava estinguendo.

Videogioco e cinema che si abbracciano

Il videogioco e il cinema si sono avvicinati tantissimo tanto da fondersi, Naughty Dog è tra gli studi di sviluppo che maggiormente ha saputo esaltare questo felice matrimonio. L’incontro tra le due arti è stato favorito da personaggi che hanno avuto il merito di nobilitare il videogioco, rendendolo, agli occhi anche dei profani, uno straordinario strumento di comunicazione delle emozioni, quest’ultime non legate semplicemente alla soddisfazione per aver concluso uno stage, ma riproduzioni digitali della sfera emotiva dell’utente.

L’apertura al cinema da parte del medium videoludico non è certo iniziata oggi, neanche cinque anni fa, è da tempo che la fusione è in atto, ma è nelle ultime due generazioni che questa ha raggiunto il punto di non ritorno. Naughty Dog è in prima fila quando si tratta di raccontare una storia, grazie alla capacità di creare contesti dal realismo estremo e personaggi dall’impatto emotivo unico (tanto da provocare odio e amore vero dei giocatori nei loro confronti).

Nei giochi Naughty Dog, la storia non è un semplice collante, non è un pretesto per convincere il giocatore ad agire, è un motore di una potenza incalcolabile che una volta avviato investe il giocatore rischiando di stramazzarlo al suolo.

Trasformare l’odio in grandi storie

Il successo di Naughty Dog è dovuto anche al coraggio che il team ha avuto nel portare nelle case di milioni di giocatori storie e personaggi facilmente bersagliabili, perché tutti ci ricordiamo l’accoglienza che ha avuto il meraviglioso personaggio di Abby, meraviglioso per scrittura, ma facile bersaglio di chi non ha saputo entrare in empatia con lei, di chi non è riuscito a esplorare nel dettaglio la sua caratterizzazione.

Il giocatore medio si aspetta sempre di vivere storie, seppur cruente, in una sorta di comfort zone, dove controlla i personaggi belli e buoni e spara a quelli sporchi e cattivi. In Uncharted, tutto sommato, questa visione rimane ancora intatta, invece in The Last of Us il giocatore ha dovuto fare i conti con una situazione che lo ha spiazzato, lo ha fatto uscire da quella comfort zone.

Il giocatore pensava di conoscere i buoni della storia, in realtà, dalla comfort zone si è ritrovato in una zona grigia, in cui riconoscere buoni e cattivi si è fatto difficilissimo. Alcuni hanno reagito con l’odio, quello vero, e questo significa una cosa sola: Naughty Dog ha fatto dannatamente bene il suo lavoro, perché se odi o ami un personaggio, se senti del vero disagio a compiere un’azione, allora chi ha pensato a quelle circostanze ha fatto centro.

In un articolo molto interessante su Spaziogames, viene spiegato che le storie non ci devono personaggi piacevoli. Concordiamo in pieno.

Un’impronta su tutte le generazioni

L’impronta che Naughty Dog ha impresso sulle generazioni non è marginale, non è sbiadita, al contrario, è ben marcata e traccia un percorso che guarda sia avanti sia indietro. Ciò che stupisce del suo lavoro è che non si fa trascinare dagli altri, non attinge senza lasciare nulla di proprio, visto che spesso e volentieri è lei a creare standard che diventano esempi da seguire.

Ci sono aziende in diritto di riconoscersi il merito di aver lasciato un’eredità, una di queste è Rockstar (la GTA Trilogy è un incidente di percorso che vogliamo credere non si ripeterà), infatti, pensateci bene, per ogni generazione vi verrà sempre in mente un titolo Rockstar tra i migliori dell’epoca; lo stesso vale per Naughty Dog, le cui opere hanno segnato l’era corrispondente spostando l’asticella sempre più in alto anche per gli altri.

Solo dal punto di vista tecnico, qualcuno che voglia creare un videogioco con una qualità visiva di prim’ordine avrà come cima da conquistare The Last of Us: Parte II (e Red Dead Redemption II).

Poche parole, tanta ciccia

Naughty Dog non è esente da critiche su come ha gestito alcune situazioni interne ai propri studi. Il crunch è presente anche lì, TLOU: Parte II fu rinviato, quindi, non possiamo affermare che i loro giochi escano sempre nella data stabilita, purtroppo queste cose accadono e accadranno sempre; ci permettiamo di dire, però, che se c’è un’azienda che fa poco fumo e tanto arrosto è proprio lei.

Non è una polemica contro chicchessia, sviluppare un videogioco non è uno scherzo, gli intoppi sono dietro l’angolo e stiamo pur sempre parlando di esseri umani, tuttavia va riconosciuto un merito a Naughty Dog: prima del rilascio di un suo titolo di punta, non bombarda i fan con troppe informazioni, dice ciò che conta, mostra ciò che è giusto mostrare in quella fase di sviluppo, non mette sul tavolo tutte le carte, lascia che sia il giocatore a scoprirle.

Un’azienda DEVE pubblicizzare il suo gioco, perché i videogiochi sono prodotti commerciali che rispondono a un’esigenza ben precisa: vendere per generare introiti. C’è però modo e modo di fare ciò, e Naughty Dog non tende mai ad esagerare, evitando eventuali brutte figure.


Leggi anche: Tanti videogiochi (di qualità) non saranno mai un problema

This post was published on 25 Novembre 2021 11:50

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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