Il mese di Dicembre si avvicina e, con esso, i tanto attesi Game Awards 2021. La “notte degli Oscar” del videogame assegnerà tutta una serie di premi ai titoli più acclamati di questo primo anno di next gen e, ovviamente, decretando il Game of the Year (GOTY, per gli amici), ovvero il videogioco che, più tutti gli altri, ha segnato gli scorsi 12 mesi, innalzando gli standard qualitativi della sua categoria e mettendo d’accordo pubblico e critica.
Come avrete sicuramente visto sui social, è stato diramato l’elenco dei sei candidati all’ambitissima onorificenza e, come era lecito supporre, si sono scatenate le discussioni più disparate. Molti si sono interrogati sulla presenza di determinati titoli, altrettanti hanno evidenziato il peso di alcuni “grandi assenti” di questa lista (e su questo punto è in lavorazione un articolo dedicato), ma tutti si pongono la stessa domanda: quale sarà il Game of the Year 2021?
Va da sé che noi non abbiamo la risposta al summenzionato quesito, ma abbiamo voluto passare in rassegna tutti i videogame in lizza per la palma di Gioco dell’Anno, sottolineandone pregi e difetti, ed elencando un motivo per cui ciascuno di essi dovrebbe aggiudicarsi il premio, ed almeno un altro per cui, invece, non ne avrebbero diritto.
Prima di procedere oltre, è bene ricordare che, al di là delle preferenze personali, ciascuno dei giochi presenti sia un “must play”, qualcosa che, gusti a parte, merita di essere giocato; in base a quanto ora scritto, allegheremo le nostre recensioni ad ognuno di essi, così da garantire un parere più ampio ed approfondito a chiunque lo desiderasse.
Sviluppatore: Arkane Studios
Publisher: Bethesda Softworks
Voto Player.it: 8.9 (leggi la recensione cliccando qui)
L’ultima fatica di Arkane Studios prima di “accasarsi” nella grande famiglia degli Xbox Game Studios è stata, manco a farlo apposta, un’esclusiva Playstation 5 (almeno a titolo temporaneo). Sin dal suo annuncio, Deathloop ha saputo risvegliare l’hype di tantissimi giocatori, affascinati anche dai precedenti lavori dello studio di sviluppo (Dishonored e Prey su tutti). Per farla breve, il vostro nome è Colt e, a seguito di una serie di eventi tutti da scoprire, vi trovate su un’isola intrappolata in vero e proprio loop temporale, in cui tutto è destinato a ripetersi in eterno. L’unico modo per cambiare questa legge immutabile sembra consistere nel porre fine alla vita di sette persone (ribattezzatisi col nome di “Visionari”) nell’arco di appena 24 ore. Come riuscire nell’impresa? Questo, signori miei, è compito vostro!
Siamo tutti d’accordo sul fatto che l’oggettività non esiste? Soprattutto nel giornalismo? Bene, perché i pareri che seguono saranno tutti rigorosamente soggettivi e, ovviamente, anche vi scrive ha una sua preferenza su quale dei videogame in lizza meriti il titolo di GOTY. Ma bando alle ciance e rispondiamo alla domanda in questione!
Deathloop meriterebbe di essere eletto Gioco dell’Anno perché, di fondo, è il tripudio del concetto di game design, nonché la dimostrazione che si possa fare tanto con “poco”. Le possibilità di approccio alla missione sono tante e tutte funzionali al vostro modo di giocare, sia stealth che “sparacchino”. Inoltre, l’ultima creatura di Arkane ha un’estetica sublime, immediatamente riconoscibile e che si fa amare sin da subito.
Se già avete consumato Prey e Dishonored, adorerete anche Deathloop, e non potrete non pensare che si meriti il premio più ambito del 2021.
Inoltre, assegnare il GOTY a Deathloop sarebbe sicuramente la scelta più “democristiana” possibile, in quanto si premierebbero sia Sony che Microsoft in un colpo solo; ma, per fortuna, siamo ai Game Awards e non a “Porta a Porta”.
Purtroppo il gioco in questione si porta dietro alcune delle lacune già presenti in altri lavori Arkane, uno su tutti: l’intelligenza artificiale. Nonostante il fatto che il nostro Colt possa e debba sempre muoversi con cautela (la morte, come l’onnipresente Julianna, è sempre in agguato), le azioni compiute dagli NPC nemici saranno quasi sempre poco ponderate, rendendo, sotto certi aspetti, prevedibili i loro movimenti e, quindi, facilitando le nostre contromisure. Ottenendo certi poteri, inoltre, diventeremo delle vere e proprie macchine da guerra, riuscendo anche a sfuggire ad interi stuoli di guardie armate in allerta, penalizzando non poco chiunque propenda per un approccio più cauto e ragionato.
Aggiungete a quanto ora detto una conclusione decisamente non all’altezza con il climax narrativo che il developer era riuscito a mettere in piedi ed avrete ottenuto almeno due punti a sfavore di questo candidato che, forse, comprometteranno la sua “campagna elettorale”.
Sviluppatore: Hazelight Studios
Publisher: Electronic Arts
Voto Player.it: 10 (per leggere la recensione clicca qui)
Chi di voi ha vissuto l’epoca d’oro dei giochi in coop locale non potrà non aver sentito parlare di Hazelight Studios e del suo vulcanico fondatore Josef Fares. Ebbene, It Takes Two è l’ultima fatica del suo studio di sviluppo, nonché uno dei titoli più interessanti prodotti da Electronic Arts negli ultimi anni.
Il gioco vi metterà nei panni di Cody e May, una giovane coppia in piena crisi matrimoniale. Nel bel mezzo dell’ennesimo dei loro litigi, la loro figlioletta Rose esprime un desiderio innocente: vuole che i suoi genitori facciano pace e ritornino uniti come e più di prima. La piccola ancora non lo sa, ma il suo grido disperato è stato ascoltato: Cody e May si risvegliano con le sembianze di due piccole bambole di lana e, sotto la sapiente guida del Dottor Hakim (un manuale d’amore tanto strambo quanto chiacchierone), vivranno un’avventura che li porterà a riscoprire se stessi ed a superare una serie di prove, da affrontare rigorosamente in coppia.
Vi ricordate quando prima vi ho parlato dell’oggettività che non esiste? Bene, era per prepararvi a quanto ora segue. Per chi vi scrive, It Takes Two è il videogame che, più di tutti gli altri, merita di ricevere il più ambito premio dell’industria di settore.
I motivi sono tanti: una storia dolce che più dolce non si può; degli stage tutti diversi e mai banali, concepiti alla grande e realizzati come meglio non si potrebbe; la necessità di una cooperazione tra i due giocatori che vivranno l’avventura e, per finire, tutta una serie di minigiochi che, da soli, farebbero la fortuna di qualsiasi videogame e che qui, invece, sono presenti nelle vesti di simpaticissime attività di contorno.
It Takes Two merita la palma di gioco dell’anno perché è il culmine del percorso di uno studio di sviluppo che, con il titolo in questione, raggiunge la sua maturità artistica e riesce lì dove molti tripla A falliscono: divertire e meravigliare il giocatore.
Se avete una persona per voi “speciale”, chiedetele di accompagnarvi in questa avventura, anche solo per riscoprire il piacere di giocare insieme sul divano di casa.
La perfezione, come molti sanno, non è di questo mondo e, quindi, anche un’opera come It Takes Two presenta dei punti meno levigati e rifiniti di altri. Quanto ora detto, ad esempio, si traduce in alcuni livelli meno ispirati ed “originali” di altri, in una conclusione magari non soddisfacente rispetto a quanto visto (e vissuto) fino alla cavalcata finale e, soprattutto, in una definizione dei modelli poligonali “umani” non paragonabili a quelli dei tanti NPC “fantastici”.
Quanto ora detto può essere visto, sotto certi aspetti, come la logica conseguenza di un budget non illimitato e che, forse, ha impedito una realizzazione più ambiziosa. Detto questo, niente di quanto ora elencato è un “peccato mortale”, ma potrebbe risultare di ostacolo per il gradino più alto del podio, soprattutto rispetto ad altre produzioni più vaste, blasonate e, va da sé, più ricche.
Sviluppatore: MercurySteam
Publisher: Nintendo
Voto Player.it: 9.5 (per leggere la recensione clicca qui)
C’è una cosa che accomuna tutti i fan della serie Metroid: l’attesa. Chiunque si possa definire appassionato della saga di Samus Aran ha imparato che nessuno, ma proprio nessuno, può prevedere con precisione quando si potrà mettere le mani sulla sua prossima avventura. Sotto certi aspetti, anche Nintendo sembra non saperlo, soprattutto dopo essersi trovata costretta ad azzerare tutti i lavori finora svolti su Metroid Prime 4, la cui uscita è tuttora avvolta dalle nebbie più fitte. Tuttavia, se un videogame è entrato nella nebbia, un altro ne é uscito: Metroid Dread.
Nessuno si aspettava un annuncio del genere, con una release che sarebbe giunta di lì a pochi mesi e, soprattutto, nessuno si aspettava un’avventura 2D in cui la nostra eroina sarebbe stata preda e non cacciatrice. Stavolta, ci toccherà andare ad esplorare il pianeta ZDR e vedercela con gli E.M.M.I., dei robot senzienti tanto letali quanto indistruttibili e, va da sé, con dei boss temibili ed impegnativi.
Come sempre, la vita del cacciatore di taglie intergalattico è piena di insidie.
Diciamocelo senza mezzi termini: il titolo in questione è una delle esclusive Nintendo più inattese e più riuscite di quest’anno. Se tutti i fan della saga Metroid, dopo una logorante attesa durata più di 19 anni, si erano rassegnati a dover pazientare ancora a lungo per poter anche solo sognare Metroid Prime 4, la grande N li ha sorpresi con un’avventura tanto inusuale quanto perfettamente realizzata.
Ma andiamo al sodo.
Allo stato attuale, Dread è uno dei capitoli meglio realizzati di tutto il franchise, riuscendo a realizzare il perfetto connubio tra il “vecchio” ed il “nuovo”. Se gli appassionati troveranno tutte le feature a cui erano affezionati, anche quelle aggiunte di recente riusciranno ad integrarsi alla perfezione.
Inoltre, Metroid Dread presenta un livello di sfida impegnativo ma mai veramente ostico, consentendo a praticamente chiunque di venire a capo dei tanti combattimenti che saremo chiamati ad affrontare. Aggiungete a quanto ora detto un gameplay fluido e completo come non mai, un level design ispirato e capirete quanto il titolo in questione abbia le carte in regola per salire sul gradino più alto del podio.
Chi mi conosce sa quanto il sottoscritto sia decisamente refrattario a parlare della mera grafica, e quanto lo stesso valuti questo parametro come il meno influente per giudicare la qualità di un videogame. Tuttavia, tra i vari candidati in lizza, probabilmente Metroid Dread è forse quello meno “appariscente” dal punto di vista tecnico. Spieghiamoci meglio: il frame rate è un blocco di granito, ed abbiamo già speso parole entusiastiche sul level design; quello che lascia un po’ a desiderare è la risoluzione su schermo (soprattutto in modalità docked), che mostra tutti i limiti di una console non esattamente next gen.
Detto questo, un altro elemento che potrebbe frenare l’ascesa dell’esclusiva Nintendo è proprio il suo livello di sfida: non impossibile, come già detto, ma neanche accomodante come quello di praticamente tutti gli altri sfidanti.
Aggiungeteci anche una durata tanto “giusta” quanto risicata (di sicuro il gioco più breve tra quelli qui presenti) ed avrete ottenuto tutti i malus di un’opera comunque imprescindibile per qualsiasi persona che sia in possesso di una Nintendo Switch.
Sviluppatore: Double Fine Productions
Publisher: Xbox Game Studios
Voto Player.it: 9 (se vuoi leggere la recensione clicca qui)
Tra tutti i game designer “di lungo corso”, Tim Schafer occupa un posto di particolare rilievo. Il creativo statunitense, nell’arco della sua più che trentennale carriera, ha apposto la sua firma su tante pietre miliari del medium, tra cui è doveroso citare The Secret of Monkey Island. Tra le tante opere realizzate, Psychonauts è sempre ricordato come un platform unico nel suo genere e perfettamente riconoscibile per estetica e temi trattati.
Ebbene, a circa 16 anni di distanza dal primo capitolo, Psychonauts 2 ha avuto il non semplice compito di riprendere il discorso lì dove si era interrotto, riproponendo ed attualizzando la formula che aveva reso celebre il suo predecessore. Il risultato? Uno dei migliori platform del 2021, probabilmente il migliore se, in questo stesso anno, non fosse uscito anche quel capolavoro di It Takes Two.
Ma scendiamo più nel dettaglio.
Psychonauts 2 prende tutto ciò che di buono fu realizzato nel precedente capitolo, ne colma le lacune e, ovviamente, ne espande la formula. Ciò che ci siamo trovati tra le mani è stato un platform in cui il level design tocca picchi creativi assoluti, forte di stage tutti diversi e perfettamente caratterizzati, pieni di collezionabili ed in cui si può interagire con pressoché qualsiasi elemento.
Il titolo vanta un’ottima trama, che si aggancia alla perfezione con quanto svelato nel primo Psychonauts, e riesce a trattare con grande delicatezza temi tutt’altro che semplici, come i disturbi mentali.
Inoltre, a differenza del suo “fratello maggiore”, in questo sequel è possibile esplorare gli stage in lungo e in largo, alla ricerca dei collezionabili più disparati, o anche solo per poter esplorare ogni anfratto di uno dei migliori mondi di gioco mai realizzati.
Vi sfido: provate ad addentrarvi nello stage del “Festival dei Sensi”, giocatelo fino alla fine e chiedetevi se avete mai visto qualcosa di più ispirato ed “allucinato” in un videogame.
Anche in questo caso, è veramente difficile trovare dei difetti a Psychonauts 2. Tuttavia, come detto in precedenza, la perfezione non esiste, o almeno non su opere realizzate da mani umane.
Psychonauts 2 paga qualche imperfezione tecnica di troppo, come dei comandi non sempre sugli scudi ed una telecamera non precisissima; queste caratteristiche, ovviamente, non incidono assolutamente sull’esperienza di gioco, che si attesta su livelli altissimi.
Gli altri ostacoli che potrebbero frapporsi tra l’ultima fatica di Schafer ed il GOTY hanno due nomi ben precisi: It Takes Two e Ratchet & Clank: Rift Apart. I tre titoli in questione rappresentano tre modi diversi di intendere il genere, con il gioco Hazelight incentrato sulla cooperazione e l’esclusiva PS5 che, invece, ha puntato molto sulla spettacolarità del comparto tecnico ed il divertimento.
A parere di chi scrive, il duello sarà tutto tra It Takes Two e Psychonauts 2, ma la presenza di questi due “ingombranti rivali” potrebbe non essere semplice da superare.
Sviluppatore: Insomniac Games
Publisher: Sony Interactive Entertainment
Voto Player.it: 9 (se vuoi leggere la recensione clicca qui)
Siate sinceri: nel corso della presentazione di PS5, qual è stato il titolo che, più di tutti gli altri, ha attirato la vostra attenzione? Qualche hipster (tra cui il sottoscritto) potrebbe rispondere Returnal, ma non possiamo prenderci in giro: il più grande attore in scena era targato Insomniac Games, e rispondeva al nome di Ratchet & Clank: Rift Apart. Il videogame in questione, più di tutti gli altri, faceva intravedere alcune delle potenzialità della nuova console Sony e, ovviamente, puntava sulle caratteristiche che hanno reso celebre il franchise.
È quasi superfluo sottolineare, quindi, che il gioco in questione fosse l’esclusiva Playstation più attesa del 2021.
Al suo sbarco ufficiale, la nuova avventura di questa strana coppia videoludica ha rispettato tutto ciò che ci si aspettava da essa, rappresentando il primo, vero “assaggio” di ciò che questa next gen sarà capace di fare.
Il nuovo Ratchet & Clank rappresenta la quintessenza del concetto di game design propugnato da Insomniac Games, che ben si sposa con il “nuovo corso” delle esclusive Sony, che spingono sempre di più nella direzione di un gameplay tanto immersivo quanto spettacolare.
La nuova esclusiva Sony riesce in tutti quelli che sono i suoi intenti: diverte tanto, è rigiocabile senza indugio e, soprattutto, è il primo “salto tecnologico” che la nuova generazione di console ha effettivamente offerto. I tempi di caricamento sono praticamente inesistenti, così come gli spostamenti da una dimensione all’altra sono pressoché istantanei. Infine, l’implementazione delle feature garantite dal DualSense riesce a rendere l’esperienza di gioco ancora più imperdibile.
I vari stage sono ben caratterizzati e con una giusta quantità di collezionabili opportunamente nascosti.
In parole povere, Ratchet & Clank: Rift Apart è, allo stato attuale, uno dei motivi per eccellenza che possano spingervi all’acquisto di una Playstation 5.
Avete presente quel famoso centesimo che manca per fare l’euro? Bene, perché è proprio di questo che stiamo per parlarvi. Ratchet & Clank: Rift Apart è tutto ciò che vi abbiamo descritto nel paragrafo precedente ma, a dispetto di quanto si è visto nei suoi mirabolanti trailer, non osa oltre un certo limite.
Ci spieghiamo meglio: i tanto acclamati “salti dimensionali” sono un esperimento riuscito, ma applicato soltanto in un piccolo numero di occasioni, così come le stesse sacche dimensionali, per quanto ben realizzate, sono un mezzo per raccogliere qualche collezionabile e poco altro.
Ciò che ha lasciato l’amaro in bocca, almeno in chi vi scrive, è proprio il fatto che il titolo Insomniac non ha compiuto quel passo in più che l’avrebbe indiscutibilmente consacrato come gioco dell’anno, o GOTY. Aggiungeteci anche una difficoltà molto permissiva ed una concorrenza spietata (che risponde al nome di It Takes Two e Psychonauts 2) ed eccovi gli ostacoli che separano Ratchet & Clank dal titolo più ambito dell’industria di settore.
Sviluppatore: Capcom
Publisher: Capcom
Voto Player.it: 8.7 (se vuoi leggere la recensione clicca qui)
Dopo aver rilanciato alla grande il suo franchise con un settimo capitolo da urlo (nel vero senso del termine), Capcom conclude l’epopea di Ethan Winters, con Resident Evil Village. In questo nuovo capitolo, il nostro improbabile eroe si ritroverà catapultato in uno sperduto villaggio della Romania; due cose saranno chiare sin da subito: i pericoli non sono ancora finiti, ed i mostri da incubo narrati da sua moglie non esistono solo nella sua fantasia.
L’ottava incarnazione di una delle saghe survival horror per eccellenza riesce a mettere su schermo un’ambientazione di tutto rispetto, addirittura colmando le (poche) lacune del suo predecessore. Basterà tutto questo per fargli aggiudicare il GOTY 2021?
Scopriamolo!
Resident Evil: Village, come abbiamo spiegato in un paio di articoli sull’argomento (disponibili qui e qui), affonda le proprie radici in molteplici storie dell’orrore, piegandole alla necessità di sviluppare una lore convincente interna alla saga, e ci riesce pienamente. Village, infatti, è in grado di persuadere il giocatore che lupi mannari, vampiri, non morti trasformati in soldati corazzati e vecchie megere maestre delle arti oscure facciano parte dello stesso universo, grazie all’espediente pseudo-scientifico dell’infezione da virus/parassita (il Cadou, in questo caso).
Dal punto di vista squisitamente orrorifico, Village appare inferiore al suo predecessore, quel Resident Evil 7 che ha riportato la serie sui binari giusti dopo svariati scivoloni; ciononostante, in quanto a proposta ludica, Village si dimostra più completo, meno ancorato a una singola idea dell’orrore e, nel complesso, più divertente da giocare, che è ciò che conta alla fine.
L’ottavo capitolo della serie Capcom, pertanto, può essere meritevole di GOTY perché migliora il suo status di videogioco, in quanto strumento d’intrattenimento, senza dimenticarsi di essere Resident Evil, creando così un capitolo ricco e appagante pad alla mano.
Resident Evil: Village è un titolo pienamente a fuoco, sa cosa vuole essere riuscendoci anche molto bene, ma per essere decretato miglior videogioco dell’anno avrebbe dovuto abbandonare la patina, che da anni lo ricopre, di opera lunatica, quasi schizofrenica. Village, infattti, è un gran bell’horror, ma è anche un gran bell’action, situazione che non gli permette di essere eccellente in almeno una delle sue incarnazioni.
Village vuole stare nel mezzo, non prende una posizione vera e propria, gli basta fare bene su più fronti, ma forse gli avrebbe giovato percorrere una strada univoca (preferibilmente quella che porta al genere horror, considerando la saga di appartenenza). I ritmi altalenanti, le evidenti forzature e le onnipresenti sequenze fin troppo sopra le righe, che gli fanno a volte perdere credibilità, non consentono a Village di essere considerato, a parere di chi scrive, il miglior titolo dell’anno.
This post was published on 26 Novembre 2021 14:11
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