Ormai non è così raro vivere in una famiglia in cui non si rappresenta la prima generazione di gamers: i videogiochi hanno una certa età, e molti giocatori della prima ora sono ormai persone adulte, magari sposate e con figli.
Io personalmente ho passato i trenta e ho diversi amici gamers già sposati, che tramanderanno questa loro passione alla propria prole. Allo stesso modo, sebbene mio padre non sia mai stato un videogiocatore assiduo, qualche partita assieme a Guitar Hero ce la siamo fatta e, complice qualche occasionale backseating, anche lui ha una conoscenza sommaria di generi e franchise famosi.
Ovviamente ogni generazione ha i suoi gusti, le sue abitudini e i suoi rituali: ciò vale per qualsiasi forma di prodotto dell’industria culturale e i videogiochi non fanno eccezione. Il medium è cambiato profondamente nell’ultimo mezzo secolo, e il videogioco approcciato per la prima volta dai Baby Boomers è molto diverso da quello che intrattiene la Generazione Z.
La società di analisi dati Newzoo, cui dobbiamo un’esaustiva panoramica sull’andamento del mercato del gaming nel 2021, ha analizzato le abitudini di fruizione videoludica su un campione rappresentativo di 4 generazioni di gamers: i Baby Boomers (56-65enni), i Gen X (41-55enni), i Millennials (25-40enni, in cui ricade il sottoscritto) e Gen Z (10-24enni). Ecco cos’è stato scoperto.
Non c’è dubbio: i videogiochi sono la principale fonte di intrattenimento per le nuove generazioni.
La penetrazione del medium nell’ingranaggio dell’industria culturale è stata lenta ma costante, e se per decenni il videogioco è stato etichettato con epiteti di ogni sorta, anche poco lusinghieri, fino ad essere tacciato di corruzione dei giovani (insomma la solita solfa che si ripresenta ogniqualvolta un nuovo medium si affacci sul mercato) oggigiorno nessuno più si stupisce che un ragazzo o una ragazza faccia del gaming un appuntamento fisso. Ciò che forse è meno scontato è la pervasività che il videogioco ha raggiunto nelle abitudini di intrattenimento, tanto da rappresentare la più importante attività ricreativa per la Generazione Z.
Si nota innanzitutto come dei media “tradizionali”, solo l’ascolto di musica si sia mantenuto stazionario tra una generazione e l’altra, mentre lettura e televisione si siano ridotte notevolmente. Del resto il mercato musicale è forse quello che più velocemente degli altri ha saputo adattarsi ai tempi, dopo il momentaneo spaesamento dei primi anni Duemila (ricordate il putiferio del caso Napster? Archeologia, pensandoci oggi!).
Lo stesso non vale per la tv, i cui palinsesti non sembrano in grado di intercettare i gusti dei più giovani, che preferiscono crearsi il proprio calendario di visioni tramite le piattaforme on demand.
Gen Z e Millenials sono anche i più usi ai social network, che tanta importanza ricoprono ormai nelle vite di molti di noi, soprattutto perché, almeno nel caso dei Millenials, spesso li si usa per lavoro oltre che per svago (qui parlo per esperienza personale e potrei sbagliare a generalizzare, ma è un’opinione basata su quanto vedo accadere attorno a me: sono molti i miei coetanei che ormai utilizzano i gruppi Facebook come bacheche per annunci lavorativi).
Non solo la Gen Z spende molto del proprio tempo libero a videogiocare, ma sono anche in tantissimi a farlo, ben 8 su 10!
E sono in buona compagnia a giudicare dal prossimo grafico.
Personalmente mi ha stupito constatare che anche la maggior parte dei Millennials e della Gen X gioca abitualmente, e con una media di poco inferiore all’ora al giorno! Più ampia è la forbice nel caso dei Baby Boomers, assestandosi comunque su un ragguardevole 42%.
Dalle cifre qui esposte saremmo tentati di concludere che la maggior parte delle persone tra i 10 e i 65 anni sia videogiocante, ma non cadiamo in questo errore: i campioni intervistati per queste analisi non sono uniformi dal punto di vista quantitativo, le generazioni più giovani constano di un campione sensibilmente più grande di Gen X e Baby Boomers. Vi rimando al report completo qualora voleste approfondire questi aspetti numerici. In ogni caso, se vostro figlio non vi risponde al telefono, non preoccupatevi troppo, è probabile che stia giocando: la Gen Z spende più di un’ora al giorno di media in compagnia dei videogiochi.
Ed è probabile che lo stia facendo sgranocchiando snack salati!
Sì, Newzoo ha anche analizzato le abitudini alimentari dei gamers durante le session di gioco. Il salato vince sul dolce, e le bibite analcoliche la fanno da padrone come accompagnamento, sebbene in America Latina la birra vada fortissimo. Su questi aspetti non mi dilungo, ma era un dato troppo divertente per non riportarlo!
Se vi interessa approfondire questi aspetti alimentari, vi rimando al report dedicato.
Relax. Evasione. Pausa.
Il videogioco è, per la maggior parte degli utenti, un’oasi di pace nel tran tran della routine quotidiana. Ancor prima della volontà di competizione, o di immersione in un mondo altro, la prima ragione indicata da qualsiasi generazione di gamer per indugiare in questo hobby è il prendersi un attimo di puro intrattenimento, staccando la spina a stress ed incombenze di tutti i giorni.
Come si vede, non mancano motivazioni ulteriori che spingano la gente a videogiocare, tra cui spiccano, tra Gen Z e Millennials, la soddisfazione per il raggiungimento degli obbiettivi e lo spirito competitivo. Il che spiega tra l’altro perché il gaming multiplayer sia tanto diffuso tra i più giovani. Gen X e Baby Boomers invece sono meno inclini a giocare per altre motivazioni che non siano l’evasione pura, ed in generale sono una minoranza i videogiocatori che cercano nel medium un catalizzatore per esprimere la propria creatività (minoranza comunque rumorosa, a giudicare dal successo strepitoso di Minecraft e dei sandbox in generale).
Connesso all’azione di videogiocare in sé e per sé, ci sono altre attività correlate alla videoludica, ad esempio fruire di contenuti online, per esempio live streaming o siti a tema. Che tipo di contenuto viene cercato, e da quali fasce di pubblico? Ci viene in aiuto il seguente grafico.
Da questi dati emerge chiaramente come il videogiocatore moderno tenda ad utilizzare i contenuti video come fonte primaria di informazione sui giochi: lo stuolo di contenuti che si possono scandagliare sulle piattaforme di live streaming a tema videoludico è soverchiante, quasi di ogni titolo si possono trovare gameplay commentati, recensioni o anche video goliardici di intrattenimento.
Che sia per osservare il più recente record di speedrun o dare un’occhiata all’ultima novità sul mercato, i video di puro gameplay sono il contenuto più cercato da Gen Z e Millennials, ancor prima del seguire i propri content creators prediletti o delle compilation di epic fail – con annesse bestemmie – nel soulslike di turno.
Discorso differente per i Gen X che, sebbene guardino gameplay assiduamente, lo fanno in misura minore e ad essi aggiungono una maggior consultazione di walkthrough, sintomo di una volontà di padroneggiare il titolo di turno: forse questo indica il fatto che essi tendono a concentrarsi su meno giochi per volta, con un’attitudine maggiormente orientata al completismo?
Possibile.
Da segnalare anche l’approccio molto prudente da parte dei Baby Boomers, che prediligono i video più analitici e di recensione, probabilmente perché figli di un’epoca in cui la rivista cartacea, con le sue redazioni e i contenuti di impostazione più prettamente giornalistici, rappresentavano la principale fonte di informazione e analisi critica sul medium. E questo è anche per noi redattori un’occasione di riflessione.
Le ultime generazioni di gamers hanno conosciuto una videoludica “espansa”, in cui il medium si è ibridato con altri, dando origine ad esperimenti variegati che a volte sono maldestramente falliti, come i tentativi di creare mondi virtuali di PlayStation Home e Second Life; altri tentativi sono stati coronati dal successo, come la partnership tra Square-Enix e LuisVitton per l’utilizzo di Lightning (protagonista di Final Fantasy XIII) come e-model per le collezioni dello stilista, o i concerti di Ariana Grande e Travis Scott all’interno di Fortnite. Queste commistioni accadono sempre più di frequente, tanto che molti giocatori, specie i più giovani, si dichiarano pronti a vivere esperienze collettive all’interno di un ecosistema videoludico anche senza giocare il titolo!
Interessante notare come quest’ultima indagine non abbia preso in considerazione i Baby Boomers: forse gli analisti di Newzoo hanno ritenuto di non dover porre un quesito ad una categoria di giocatori che, per questioni anagrafiche, avrebbe a stento capito la domanda? Sia come sia, il metaverso sembra davvero una fruizione del gaming di esclusiva competenze delle generazioni più giovani, anche se nemmeno troppo: perfino il 52% della Gen X si dichiara disposto a provare tale tipo di esperienza in futuro. Sintomo, se non altro, di un’utenza sempre aperta mentalmente e curiosa di sperimentare le nuove frontiere del gaming, un mercato in evoluzione costante in grado di mettere d’accordo ben 4 generazioni di appassionati.
Fonte immagine copertina: freepik
This post was published on 19 Settembre 2021 16:00
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