Quando giochiamo un titolo horror, e siamo abbastanza sicuri di volerlo fare (magari anche perché appassionati del genere), la nostra mente di giocatori entra in una modalità particolare, in cui stringiamo un patto col gioco e con le nostre paure: sappiamo che avremo timore, sappiamo che potremmo trovare location e creature spaventose che potrebbero farci passare brutti quarti d’ora.
Tuttavia, non so se a voi è mai accaduto, ma chi scrive a volte si è ritrovato di fronte ad alcuni livelli o aree che, pur non appartenendo a un gioco “dell’orrore”, erano talmente ben caratterizzati in modo sinistro da catturarlo con il sadico gusto della paura, tanto da affascinarlo e dargli bei ricordi.
Eccone alcuni.
La quest di The Elder Scrolls 4: Oblivon “Dove abitano gli spiriti” è il classico caso di “missione a tema” che punta a variare le atmosfere di un gioco per un piccolo segmento di tempo, più o meno come fanno le care e vecchie puntate di Halloween de I Simpson o qualche puntata a tema del Doctor Who.
In questo caso, a un certo punto della campagna il nostro PG si ritrovava a dover acquistare una grande e lussuosa magione nella città di Anvil, ma era destinato ad avere un piccolo problema: spiriti in cantina, che lo costringevano a dover intraprendere un lungo viaggio per rintracciare il responsabile della maledizione, liberare la casa e poter finalmente prendere possesso della proprietà.
Trattandosi di Oblivion, “Dove abitano gli spiriti” non era ovviamente una missione “spaventosa”, quanto un mix di generi diversi e confinanti, ma l’idea di passare dalla lotta con orchi o demoni interplanari a quella contro spettri incontrollabili che infestavano la dimora in cui dormivamo rendeva il gioco un po’ meno scontato e monotono, immergendoci per qualche ora in atmosfere degne di un romanzo gotico.
Difficile è trovare una location non ispirata all’interno della saga di Red Dead Redemption, ma Tumbletweed, cittadina al centro della landa desertica di Gaptooth Ridge, merita davvero un posto d’onore.
Se nel secondo episodio, ambientato nel 1899, Tubletweed è una sporca e corrotta ma ancora abitata città di frontiera, nel 1911 di Red Dead Redemption essa è ridotta alla classica dead city da western-horror: spopolata, al centro di un deserto di polvere, spazzata dal vento, composta da case diroccate e cadenti, Tumbletweed si presenta a John Marston come un luogo minaccioso e ricco di segreti. Un’impressione confermata dalla visita alla magione che sovrasta il centro abitato, fatta di ambienti lugubri e spettrali e all’interno della quale alcuni giocatori sostengono di aver visto fantasmi.
Ovviamente si tratta della solita leggenda metropolitana da forum e in dieci anni di Red Dead Redemption nessuno ha mai trovato conferme di attività “paranormali” ma, se Rockstar ha voluto inserire un tocco gotico nel suo capolavoro western, la missione sembra essere stata davvero un successo.
Parlando degli open-world rockstar, la palma d’oro di “luogo più infestato (o forse infestato)” va a The Panopticon, una ormai leggendaria location posta all’estremità nord-occidentale dell’isola di Los Santos in GTA San Andreas.
Si tratta di uno dei luoghi più famosi della storia del fandom di GTA, e anche dei tormentoni assoluti di San Andreas a causa delle voci che lo volevano terreno di caccia di un misterioso “killer della motosega” ispirato a Non aprite quella porta di Tobe Hooper.
Vale la pena soffermarci un sulla cosa, perché all’epoca la leggenda metropolitana viaggiò un bel po’ su siti specializzati e forum. The Panopticon era una location caratterizzata da basse baracche e qualche serra, circondata da boschi e dal mare. Secondo la leggenda, andandoci la notte avremmo potuto sentire una motosega in lontananza, e forse incontrare un misterioso e mortale assassino modellato sulla base di Leatherface, l’iconico assassino di Non aprite quella porta.
Ora, tutti sappiamo che si trattava di una baggianata, ma dite la verità: anche voi avete passato ORE a setacciare The Papnopticon in cerca dell’assassino.
Se dite di no, o mentite, o non vi siete divertiti abbastanza con GTA: San Andreas.
Inserire in questa lista la torre sull’isola di Fyke di The Witcher 3: Wild Hunt è una necessità data non da leggende metropolitane nate attorno a essa, né si tratta di una missione particolarmente “terrificante”.
Tuttavia, la missione merita una citazione per un dato affatto scontato: giocandola ci si rende conto di avere davanti una storia horror/fantasy perfetta nella scrittura, nella caratterizzazione e nell’atmosfera.
Posta al centro del lago di Wyndamer, nel Velen, la torre di Fyke è un’imponente e inquietante struttura d’avvistamento che potremo esplorare piano per piano alla ricerca dei suoi segreti. Facendolo scopriremo che è infestata dallo spirito errante di una giovane, che metterà a dura prova il buon Geralt. Indagando sullo spettro scopriremo poi che si tratta della povera figlia del signore del posto, rimasta vittima della furia dei popolani durante una rivolta, e di alcuni oscuri esperimenti sui topi.
Si tratta di una vicenda gotica esemplare, nella quale troviamo ingredienti come malattie mortali, scienziati pazzi, luoghi terribili, ma soprattutto una storia d’amore tragica-quella fra Annabelle e il suo amato-che fanno di questa missione una più affascinanti di tutto il gioco.
Infine, scopriamo qualche altarino personale: c’è una missione di Medal of Honor: Allied Assault che da “piccolo” non mi fece dormire la notte.
Eh, già: strano che MoH mi abbia spaventato, ma in tutta onestà è proprio così.
Si tratta della tredicesima missione del gioco, “Dietro le linee nemiche-Parte 3”, che in teoria non è altro che un’operazione di infiltrazione e combattimento in solitaria contro orde di nazisti, ambientata all’interno di un castello nelle campagne della Normandia.
Un compito facile facile, da mezz’oretta di gioco e via… non fosse per un dettaglio disturbante: l’intera missione, ambientata di notte, aveva come sottofondo una pressante e inquietante colonna sonora a suon di cori cantati e toni lugubri che sarebbe stata perfetta per un horror indie. A questo aggiungiamo i lugubri ambienti del castello, che di sicuro non aiutavano a prendere coraggio.
Il risultato? Ho impiegato tre giorni a terminarla (abbiate pietà, avevo 14 anni ed ero fifone!).
Il gusto dei creativi per lo sporcare di “nero” le loro opera è cosa antica e molto diffusa, e siamo certi che di missioni a tema in giochi che horror non sono potremmo trovarne a iosa.
Avete mai incontrato casi del genere? E avete già giocato a quelli segnalati?
This post was published on 30 Luglio 2021 15:00
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