I personaggi dei videogiochi, spesso e volentieri, si mostrano senza paura, temerari, pronti ad affrontare ogni situazione con sprezzo del pericolo per raggiungere il proprio scopo; noi da spettatori/giocatori li vediamo/controlliamo mentre affrontano le avversità con forza fisica e forza interiore, ma non è raro che nei videogiochi ci sia spazio anche per l’introspezione e che il contesto narrativo/ludico ci dia ragguagli sui loro tratti psicologici.
Questi possono essere importanti per la storia o solo un contorno, per rendere tutto più realistico, in ogni caso anche i personaggi dei videogiochi mostrano paure, ansie e difficoltà. In questo articolo ne vediamo brevemente alcuni.
Il protagonista di Death Stranding ha un compito che può cambiare le sorti dell’umanità, troppo grande forse per un singolo uomo: collegare le persone, nello specifico fare in modo che le UCA, unici insediamenti rimasti dopo la “grande esplosione”, rimangano connessi tra di loro, tramite rete chirale. Tutta l’opera di Kojima si basa su concetti come connessione, legami, rapporti interpersonali, relazioni, pertanto la fobia di Sam è molto significativa dal punto di vista narrativo e filosofico, infatti, Sam è affetto da aptofobia, la paura irrazionale del contatto fisico. Il corriere più zelante della storia non tollera di essere toccato, si ritrae quando chicchessia provi a farlo, anche persone a lui molto care. Con il tempo riuscirà a superare questo suo “limite”? Giocate Death Stranding per scoprirlo, perché è un’esperienza da fare assolutamente. Se non lo avete fatto prima, potete approfittare della Director’s Cut.
Questa è una curiosità per chi ascolta attentamente i dialoghi anche durante fasi di gioco concitate come sparatorie e fasi platform impegnative. Non tutti lo sanno, ma Nathan Drake ha la coulrofobia, cioè ha paura dei clown. Questa informazione ci viene fornita in Uncharted 4, mentre siamo intenti a superare una fase esplorativa piena di salti su sporgenze e strutture pericolanti insieme a un altro personaggio (che non vi diciamo per non fare spoiler). Non è raro che in Uncharted avvengano dialoghi più o meno importanti durante il vero e proprio gameplay, questo può causare la perdita di alcune informazioni, nonostante il doppiaggio italiano. Nathan ha paura dei clown, proprio così, una fobia molto più diffusa di quanto si creda. Non ha alcun valore dal punto di vista ludico o narrativo, ma delinea un po’ la psicologia del cacciatore di tesori.
La co-protagonista di The Last of Us: Parte II, meglio conosciuta come Abby, è “forte come un toro”, ha un fisico che le permette di essere agile, veloce e potente allo stesso tempo, una vera macchina da guerra in un mondo in cui per difendersi bisogna avere qualità fisiche e mentali importanti. Abby le ha, ma è un essere umano, è molto più fragile di quanto si pensi, ha dovuto vivere molti anni con il peso sulle spalle della morte del padre, morte avvenuta in modo violento, avvenimento che l’ha portata a inseguire la vendetta come un leone caccia la preda. Abby ha paura come tutti del mondo, del futuro, ma ancor più nello specifico ha una delle fobie più diffuse e classiche, l’acrofobia, insomma, ha le vertigini. Mentre passeggia con Owen in cerca di risposte in uno scenario innevato, ha paura di mettere un piede in fallo mentre oltrepassa una sporgenza che dà su un dirupo, e in missione con Lev si dimostra terrorizzata all’idea di attraversare una piattaforma sospesa su un altissimo grattacielo, mentre è alla ricerca dell’ospedale di Seattle.
Torniamo indietro nel tempo perché le fobie non vengono raccontate solo nei videogiochi più moderni. La protagonista di Silent Hill 3 avrebbe già ben donde di essere terrorizzata dal mondo che le si para davanti una volta uscita dalla finestra della toilette per sfuggire al detective che la incalza insistentemente con mille domande. Ma si sa, Silent Hill si nutre delle paure e delle colpe dei suoi visitatori per mostrare loro il lato più cupo e nascosto dell’animo umano, sotto svariate forme. Heather ha una fobia molto particolare, l’eisoptrofobia, cioè ha paura del proprio riflesso in uno specchio. Nell’iconica scena della “stanza dello specchio”, la ragazza cadrà a terrà esanime se non distoglieremo lo sguardo dall’enorme vetrata che impedisce il passaggio, dandoci un fatale game over.
Carla Valenti e Tyler Miles sono i due investigatori che danno la caccia all’assassino di Fahrenheit, uno dei titoli più acclamati di Quantic Dream. La donna però ha una fobia che spesso cozza con il suo lavoro, fatto anche di situazioni in cui ci si trova con le spalle al muro. Carla ha la claustrofobia, una delle più diffuse in assoluto, cioè la paura degli spazi chiusi o troppo angusti. L’informazione ci viene data da lei stessa prima di entrare in un archivio buio e dall’aria opprimente alla ricerca di importanti documenti. In questa scena il giocatore deve affrontare un minigioco per impedire che alla poliziotta venga un attacco di panico, cosa che causerebbe il game over.
La paura più illogica che possa esistere. Il pirata più temuto dei mari, più o meno, ha paura della porcellana. Abbiamo cercato sul web una definizione esatta, ma pare non esistere, quella che si avvicina di più è la pediofobia, cioè la paura delle bambole. Infatti, spesso le bambole che incutono maggior timore in chi è affetto da questo disturbo sono fatte di porcellana. Conosciamo la paura di Guybrush grazie a un episodio del primo capitolo di Monkey Island, ossia il combattimento contro lo sceriffo Fester Shinetop. Durante lo scontro, un vaso di porcellana si frantuma rivelando la fobia del personaggio. Non ha alcuno scopo narrativo, semplicemente rende ancora più folle e divertente la figura di Guybrush.
This post was published on 10 Luglio 2021 12:53
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