È il 2012, e io mi sono appena laureato: relax, bagordi, divertimento e tanta voglia di nerdare.
Una sera, a chiamarmi è Federico, mio best friend nonché fumettaro di fiducia, che mi propone di vederci a cena e vedere una cosuccia: Berserk, o meglio… il primo film di una nuova trilogia, tratta da Berserk, che riassume alcune parti di quella serie di manga e anime.
Io di Berserk non so nulla, ho in programma di leggere il manga anche se so che è una di quelle serie che non finiscono mai (sic), ma accetto. In fondo, non può che essere una bella occasione per scoprire qualcosa di nuovo.
Guardo il film, L’Uovo del Re Dominatore.
Rimango estasiato. È la cosa più genuinamente dark fantasy e piu’ splendidamente fantastorica che abbia mai visto.
Il giorno dopo, o qualche giorno dopo, metto le mani su un nuovo gioco, Dragon’s Dogma, un action rpg Capcom forse non perfetto ma con personalità. E cosa ti trovo? Un design dei costumi particolari. Armature realistiche, spade a due mani minacciosissime, castelli dall’architettura fedelmente ricreata. E leggo da qualche parte che lo stile del setting è ispirato a quello di Kentaro Miura, il papà di Berserk, lo stesso brand che nel giro di qualche ora mi aveva regalato una nuova, bellissima fissa.
Una fissa che va oltre Berserk, e che comprende un intero modo di concepire il fantasy come più serio, meno stereotipato e piu’ adulto.
Un modo proprio di Kentaro Miura, che ci ha lasciati ieri.
Un modo che va celebrato degnamente, perché Miura è un padre nobile di molte cose.
Kentaro Miura, Berserk, il mito
Non vi racconterò per l’ennesima volta cos’è Berserk, di cosa racconti, di quanto sia stato un racconto in grado di far fare al manga un passetto di maturazione ulteriore: chi mastica cultura pop sa già queste cose.
Del resto, non serve la morte del suo autore per fare di Berserk qualcosa sulla bocca di tutti.
Fin dal 1989 Berserk è riuscito a proporre un manga in grado di rielaborare con assoluta maestria la miglior tradizione del dark fantasy all’occidentale all’interno della letteratura a disegni nipponica, e al contempo di portare in occidente un prodotto in grado di sposare alla perfezione i gusti del pubblico americano ed europeo.
A piu’ di trent’anni di distanza, Berserk è diventato semplicemente un mito post-moderno influenzando migliaia di autori in tutti i campi: letteratura, cinema, animazione, videogioco.
La lista degli ingredienti di una ricetta tanto azzeccata è lunga. C’è una storia estremamente matura, in cui bene e male sono divisi dalla solita esilissima linea quasi impossibile da distinguere, c’è un senso di ineluttabile orrore e depressione che shakera (anti)eroismo scritto con maestria, gore trattato con classe e intelligenza, influenze lovecraftiane e gonagaiane (Go Nagai è il papà di Mao Dante e Devilman, un altro maestro del manga fantastico) e un personaggio divino, un maledetto antieroe “barbaro” che sanguina, scuote, uccide il lettore con una storia che esce fuori dai canoni del genere.
Ora, nella storia del fantasy è difficile fare classifiche e tracciare dei chiari collegamenti o confronti fra autori illustri, eppure nella lunghissima storia di scrittori, fumettisti, registi o programmatori che hanno alimentato il genere Kentaro Miura e la sua creatura hanno dato un contributo spaventoso, popolarizzando tutti gli elementi di cui parlavamo sopra in maniera perfetta.
Sia chiaro, Miura non è stato il primo autore a dare al fantasy un’impronta così sporca e violenta (prima di lui dovremmo annoverare almeno Michael Moorcock con la saga di Elric e Glenn Cooper con The Black Company… e avremmo comunque fatto pochi esempi), ma è stato senza dubbio uno fra i più bravi a spettacolarizzarlo in un medium “grafico”.
Eredità (più o meno manifeste)
Cosa sprigiona, nel videogioco, una simile ricchezza di contenuti sia estetici che contenutistici?
Qualche dato scontato: abbiamo il fantasy forse un po’ più tenue nei caratteri ma comunque realistico del già citato Dragon’s Dogma, ma come dimenticare l’influenza nei giochi From Software, in cui il giocatore può assaltare orde di mostri con lame giganti pronte a falciare senza pietà?
Demon’s Souls e Dark Souls sono l’ABC del fantasy miurano, con PG stretti in armature pesanti dall’aspetto realistico e minaccioso e con le loro mosse di combattimento tanto letali quanto “pesanti”.
Addirittura, in Dark Souls 2 troviamo un’arma semplicemente identica all’Ammazzadraghi di Gatsu, in Dark Souls 3 un’armatura terribilmente simile a quella che Gatsu indossa prima di ottenere l’armatura del cavaliere nero e c’è un boss, Gael, che possiede le stesse movenze rabbiose del protagonista del manga (oltre ad avere anche lui una balestra a ripetizione, arma usata da Guts).
Per non parlare delle boss fight fuori scala, delle architetture medioevali decadenti e della lore a tinte cupe.
Tralasciamo poi Bloodborne, tour de force gothic horror: anche se il capolavoro del 2015 è ambientato in una simil-età moderna piuttosto che in un basso medioevo/rinascimento “canonico”, sfido a non mettere a confronto gli incubi di Yharnam con quelli che tormentano il buon Gatsu.
Al di fuori di questi “sintomi” lampanti, varie fonti vedono segni dell’influenze di Miura nel videogioco in svariate opere attraverso svariati dettagli. Persino la Buster Sword di Cloud di Final Fantasy VII sarebbe un tributo/omaggio al lavoro di Miura.
È un’ipotesi bellissima e interessante, che farebbe riflettere sull’impatto di Berserk, ma forse se influenza c’è stata si tratta di qualcosa di sotterraneo, come di un elemento pop che finisce quasi naturalmente per segnare un determinato ambiente e un particolare momento dell’intrattenimento pop videoludico. Differente è l’ipotesi che vorrebbe Sephiroth come una sorta di “calco” di Griffith, “villain” di Berserk: i modi aggraziati, il capello chiaro quasi in contrasto con i lati più cupi del personaggio e l’aura da leggendario combattente che troviamo in entrambi i personaggi sono indizi importanti.
Se però volessimo fare un’ipotesi azzardata, un piccolo segnale dell’influenza di Berserk potrebbe trovarsi in The Witcher.
Nella sua trasposizione dell’universo narrativo di Andrej Sapkowski, CD Projekt Red immagina i Regni Settentrionali non come “anonimi” regni medioevaleggianti, ma come una sorta di versione cinquecentesca dell’Europa orientale con tanto di armature, abiti e armamenti di quel periodo.
Vero è che storicamente il XVI secolo è un’età molto importante nella storia polacca, e che l’ispirazione di CD Projekt a quest’epoca sia dovuto a ciò, ma confrontando le due opere con attenzione è quasi impossibile non trovare una sorta di “ponte ideale” nelle scelte di design, voluto o meno.
Un tesoro immortale
Omaggi o meno, collaborazioni o meno, Berserk e il suo immaginario hanno accompagnato a loro modo una sorta di maturazione e di “peculiarizzazione” del design di alcuni filoni di videogiochi.
Miura ha portato il fantasy a un nuovo livello, più brutale, oscuro, quasi una rilettura in chiave fantastica della Storia volto a creare storie quasi capaci di far riflettere. Stanca degli immaginari tolkeniani, dell’high-fantasy pulitino seguito dai giochi di D&D, dei videogiochi tratti da esso, di Dragon Age o ancora The Elder Scrolls, parte dell’industria ha cominciato a cibarsi della produzione del maestro giapponese, a farla sua, ad assimilarla, a rielaborarla.
È questo, forse, il segno più profondo, vero e chiaro di un’influenza visiva. E, data l’importanza del fumetto e del manga nella società dell’intrattenimento visivo, si tratta di un’influenza che potrebbe dare ancora molti risultati nei prossimi anni.
A questo punto, possiamo fare solo una cosa: toglierci il cappello di fronte a sensei Miura, e sperare che qualcun altro, in futuro, regali un bagaglio di immagini così potente.