Viviamo in un periodo strano, in cui rilasciare giochi completi al day 1 sembra quasi uno sbaglio. Proprio l’altro giorno è stato pubblicato il changelog della patch 1.2 di Cyberpunk 2077, un muro di testo lungo centinaia di righe che dimostra, come se ce ne fosse ulteriore bisogno, come il gioco al day 1 fosse, senza tanti giri di parole, incompleto.
Ma Cyberpunk non è che l’ultimo di una lunga serie di titoli passati alla storia per il loro rilascio turbolento (come dimenticare l’epocale disastro di No Man’s Sky, tanto per citare un titolo), e non sarà sicuramente l’ultimo.
Il vero problema di questi lanci disastrosi non è tanto il gioco in completo, che fa arrabbiare principalmente chi compra i giochi a scatola chiusa coi preordini, ma che spesso se ne perde traccia, senza sapere cosa diventino nel tempo. Le impressioni che si formano alla prima run del gioco pochi minuti dopo l’uscita diventano spesso definitive e rimangono ad imperitura memoria, ignorando tutto ciò che ne segue.
Oggi ho deciso di prendere il problema un poco di petto, tornando su uno di quei titoli che sono riusciti a dilapidare in maniera spettacolarmente triste un patrimonio di hype e sogni durato quasi vent’anni e che forse mi ha fatto più male, un titolo che doveva in teoria soddisfare tutti i miei più grandi sogni da adolescente brufoloso e che si è trasformato in un incubo: Fallout 76.
La sua uscita disastrosa ha causato una sommossa popolare, con i giocatori inferociti per un gioco vuoto, noioso, monotono e soprattutto incompleto. Il nostro IlCirox nella sua recensione si è persino rifiutato di dargli un voto, per questo motivo.
Citando una recente intervista di Todd Howard, c’erano davvero poche cose che non erano andate male all’uscita del gioco.
A distanza di oltre due anni dalla sua uscita ho deciso di dare a Fallout 76 la chance che non gli avevo dato a suo tempo, ignorando completamente lo sviluppo del titolo negli anni e facendo finta che il gioco fosse uscito oggi.
Curioso di capire se Bethesda davvero avesse imparato dai suoi errori, mi sono buttato tra i monti dell’Appalachia con un numero nuovo sulla tuta: Il 76.
Un inizio shock, ma solo per il giocatore
Negli ultimi anni Bethesda ci ha messo davanti ad aperture straordinarie: dall’iconico carretto di Skyrim all’attacco atomico di Fallout 4.
Sono rimasto quindi stupito dalla calma piatta con cui il giocatore viene introdotto in Fallout 76.
La prima cosa che si scopre è la provenienza del protagonista, una delle menti migliori d’America, preservata ai fini di ricostruire la nazione 25 anni dopo la guerra atomica.
L’unica cosa che ci viene detta prima di uscire dal vault è che la direttrice (overseer nella versione inglese) in realtà ha delle ulteriori responsabilità, e che sarà il nostro compito trovarla.
Nonostante l’apertura del vault sia stata un evento, con la struttura ancora piena di vassoi e palloncini, nessuno dei nostri colleghi si trova in vista, e l’overseer è l’unica persona di cui si hanno notizie. Non ho trovato questo approccio particolarmente coinvolgente, e ci ho messo qualche ora prima d’iniziarmi a sentire parte della lore del gioco.
Man mano che le ore passavano, mi sono appassionato alla storia, e ho cominciato a giocarlo come avrei fatto con qualsiasi altro Fallout.
Purtroppo, nonostante l’esperienza migliori, la storia di Fallout 76 mi è sembrata costruita seguendo un manuale piuttosto che una idea, cercando a tutti i costi una ricetta sicura che avrebbe fatto felice i fan finendo per ottenere l’effetto contrario.
La quest principale inizia subito con la rincorsa di un personaggio, l’overseer, di cui abbiamo letto solo una nota ancora prima di uscire dal vault. Non c’è coinvolgimento emotivo, seguiamo una sconosciuta che il nostro personaggio conosce, ma di cui noi giocatori non sappiamo niente e di cui niente vogliamo sapere a quel punto della storia.
L’antefatto è debole nella sua presentazione, e nonostante stimoli la curiosità dei giocatori in quanto evento sconosciuto e quest principale, non ha una vera presa, soprattutto nelle prime ore di gioco. Passando oltre al fatto che una delle primissime missioni è una gun-for-hire, un qualcosa che scandalizzerebbe una persona appena uscita da 25 anni di reclusione e che aveva lasciato un mondo diverso fuori (in guerra si, ma mica tra americani), che si può dire dei super-mutanti? Se nella lore di Fallout sono conosciuti e riconosciuti, come si giustifica che una persona appena uscita dal vault sia così indifferente alla loro presenza?
Immaginate la situazione: uscite dal vault, un luogo chiuso in cui non avete avuto aggiornamenti dal mondo esterno per anni. Non solo il mondo inizia a spararvi a vista come se fosse una cosa normale. No, ad un certo punto vi trovate questi enormi bestioni armati di martelli che vi attaccano. Penso che i più composti di noi urlerebbero come dei matti scappando e strappandosi i capelli. Invece no, è tutto normale, uno esce dal vault e ci sono degli enormi mostri verdi. Noi gli spariamo, loro muoiono, e si va avanti così, tranquillamente, come se fosse normale. Chiaramente ci sono dei tentativi di spiegare il mondo circostante, come il primo incontro con un Ghoul, ma Fallout 76 fallisce completamente nel far immedesimare il giocatore con la storia, dando tanto, troppo, per scontato.
Da soli in compagnia
Prima di mettere le mani sul gioco mi aspettavo una forte esperienza multigiocatore, un qualcosa che forzasse i giocatori a vivere insieme e a cooperare.
Con mia sorpresa, e ammetto con un poco di sollievo, il gioco lascia invece molto liberi di esplorare il mondo circostante, con un PvP non obbligatorio e che può essere attivato in un apposito pannello. L’esperienza è quella classica di un Fallout, basata su una storia ben definita che porta il giocatore a esplorare la mappa in lungo e in largo.
Ci sono ovviamente molti modi in cui il gioco cerca d’invogliare a giocare in gruppo, ma sono operazioni per nulla necessarie. Si può dire tranquillamente che Fallout 76 è una opera story-based in cui più giocatori esplorano in maniera asincrona con scambi sporadici e incontri casuali. Purtroppo o per fortuna nessuno dei miei contatti stretti possiede una copia del gioco e non ho potuto provare l’esplorazione multi-giocatore, ma ciò non ha inficiato in nessuna maniera l’esperienza, anzi, forse l’ha solo resa più autentica.
Il vero cruccio di questa gestione server-side di Fallout sta nell’implementazione delle IA, e nel modo in cui vengono gestite. Dalla quantità infinita di glitch, animazioni sballate e salti a destra e a manca appare chiaro che i mob siano interamente gestiti lato server. Se da un lato la scelta è difendibile in termini di co-operazione tra giocatori, rende spesso e volentieri impossibile sparare o fare del corpo a corpo.
Per dovere di cronaca, devo però segnalare un grosso limite imposto da Bethesda: in risposta alle richieste avanzate da parte di molti giocatori di poter aver dei server privati, Bethesda ha realizzato un servizio, ovviamente a pagamento, denominato Fallout 1st.
Tra i vari benefit (molti cosmetici, ovviamente), c’è la possibilità di avere un proprio server privato dove poter giocare con fino a 7 amici. Aver nascosto una feature così importante dietro un paywall ha fatto arrabbiare tanta gente, e a ragion veduta.
In un titolo così incostante e criticato, si doveva cercare forse di fare meno moneta e di far sentire i giocatori un poco più “coccolati”.
Tecnica e design
Bethesda non si smentisce mai, e anche Fallout 76 è il classico saliscendi di cose fatte davvero bene e di cose fatte davvero male. Partendo dai pregi, sono rimasto stupito dalla qualità grafica del gioco, superiore di una spanna a quella di Fallout 4. I colori sgargianti e un poco fumettosi sono stati ridotti, col gioco che si presenta sempre con una grafica realistica e non più sullo stile post-apolcalittico dei precedenti titoli, ma che non esagera più con gli eccessi.
Il risultato è visivamente molto appagante, con una vegetazione realistica, i tratti di strada che sembrano veri e le abitazioni che danno l’idea assoluta di vita spezzata. Ci sono ancora alcuni elementi che sembrano una accozzaglia di pixel (tipo certe moto), ma sono pochi e non inficiano di certo la resa visiva.
Uno dei modi migliori per gioire della grafica di Fallout 76 è probabilmente la modalità foto, molto curata e con tantissimi filtri e pose (sbloccabili) per il nostro personaggio. Se amate la fotografia e morire perché vi attaccano mentre fate foto, avrete di che divertirvi.
Con una grafica così curata, non è un caso se l’ambientazione sia uno spettacolo, non solo visivo ma anche emotivo. Il mondo di Fallout 76 da delle sensazioni più cupe, fredde, fa davvero paura (anche grazie ai nemici che spawnano in ritardo e attaccano da dietro). La colonna sonora insieme agli effetti audio tengono il giocatore sul filo del rasoio per tutto il tempo, costringendo a stare sugli attenti per tutta la durata di una sessione. L’ansia che una volta si provava solo esplorando i vault bui ora si ripete anche fuori, nel mondo aperto.
Se la resa visiva è quella che merita di più la spunta verde, ci sono un paio di elementi che invece sono proprio da matita rossa. Tra tutti, la cosa più odiosa è che gli NPC salgano di pari passo di livello con il giocatore. Non è accettabile in single player, figuriamoci in un open world online. Si, lo so, sta diventando una prassi comune, ma continuerò a sottolinearlo fino a quando non torneremo indietro. A mio parere una cosa del genere disintegra completamente l’esperienza di gioco ed il senso di progresso, appiattendo il mondo dall’inizio alla fine. Anche la gestione degli accampamenti è rivedibile: quella che era stata forse la feature più criticata di Fallout 4 viene riproposta e rafforzata, con un sistema di costruzione del campo molto avanzato. Grazie Bethesda, ma se volevo fare il mio campo da far attaccare agli amici, giocavo a Rust.
Conclusioni
Se da un lato Fallout 76 mi ha fatto ritrovare la voglia di giocare agli open world, non è riuscito a convincermi ad essere il titolo per farlo. Ci sono tante, tantissime novità rispetto ai giochi precedenti, molte delle quali non vedo l’ora che vengano riproposte in single player. Purtroppo però, il contesto in cui vengono presentate è scadente, e non è degno della saga post-apocalittica più conosciuta di sempre.
Fallout 76 ha il merito di avermi fatto capire che ciò che volevo da bambino non era un mondo pieno di giocatori, ma un mondo in cui altre persone potevano al massimo diventare parte della mia storia.
Voglio davvero un altro capitolo, con nuove ambientazioni, nuove storie, nuove armi e nuovi personaggi, ma non così, non con altre persone che mi ronzano intorno per completare una storia abbozzata e per nulla convincente. Preferisco 100 bug in un gioco ispirato e profondo che una esperienza tutto sommato coerente, ma che non è neanche lontanamente in grado di emozionare.