Il 24 Marzo 2015, Bloodborne veniva rilasciato su Playstation 4. Nessuno poteva ancora saperlo, ma quel giorno Sony aveva appena lanciato una delle sue esclusive di maggior peso, che avrebbe definito l’identità della sua console, trainandone le vendite come pochi altri titoli. Il gioco avrebbe superato i due milioni di copie vendute nel solo 2015.
Tuttavia, ridurre l’opera di FromSoftware a meri dati statistici sarebbe quantomeno offensivo: Bloodborne non è “solo” uno dei migliori videogame della passata generazione di console, ma la più affascinante incarnazione della serie Souls che la mente di Hidetaka Miyazaki potesse concepire.
Oggi, in data 24 Marzo 2021, a ben sei anni di distanza da quella gloriosa release, non ci limiteremo a festeggiare il sesto anniversario del gioco, ma tenteremo di comprendere meglio il lascito e la portata di una delle opere più criptiche, ermetiche, contorte e abbacinanti che siano mai approdate su una piattaforma di gioco.
Una storia di sangue, bestie e… sogni!
Siete convinti che il buon giorno si veda dal mattino? Bene, allora provate ad immaginare un risveglio su una barella, un misterioso individuo che vi parla di un contratto da firmare, una trasfusione di sangue che, di lì a breve, inizierà a causarvi delle visioni che sembrano provenire dal peggiore degli incubi. Questi elementi potrebbero già essere il preludio di una pessima giornata ma, una volta in piedi, scoprirete che sono solo l’anticamera di un viaggio lungo, pieno di pericoli e di misteri da svelare.
Tutto ciò che vi è dato sapere è che vi trovate a Yharnam, una città decadente che sembra afflitta da uno strano male: quasi tutti i suoi abitanti sembrano aver perso il lume della ragione, e chi invece è ancora in bilico tra sanità mentale e follia si ritrova a dover affrontare schiere di creature mostruose assetate di sangue.
Nel corso del nostro girovagare, incontreremo pochi volti amici, che ci renderanno edotti del nostro ruolo di Cacciatore, ovvero l’unico baluardo contro le schiere sempre più numerose di bestie che affollano la città, con lo scopo di cercare la fonte di questa piaga e di purgare senza pietà i suoi mostruosi frutti.
Sin dai primi minuti di gioco, ricaveremo tre consapevolezze: i giorni di Yharnam come meta turistica per famiglie sono finiti da un pezzo; le terribili minacce che saremo chiamati ad affrontare celano dei segreti ancor più terribili e, tornando al quesito di inizio paragrafo, quella che è schiarita è decisamente una giornata che non dimenticheremo tanto facilmente.
Un viaggio a metà strana tra realtà e follia
Avete presente quei giochi in cui ci sono tanti bei filmati altamente esplicativi, o delle belle biblioteche piene di libri che, come un Papà Castoro digitale, spiegano per filo e per segno tutto ciò che sta vi sta accadendo intorno?
Beh, sappiate che in Bloodborne non c’è niente di tutto questo.
Le cutscene saranno poche e brevi, le uniche parole scritte saranno riportate sulle descrizioni degli oggetti che troverete e dalle frasi, apparentemente prive di qualsivoglia senso logico, pronunciate dagli abitanti di Yharnam che ancora conservano un briciolo di umanità.
Non fatevi ingannare: Bloodborne ha una trama stupenda, ma solo i più attenti riusciranno a carpirne l’essenza. Come avvenuto anche con la saga dei Souls, Miyazaki ha disseminato tutta una serie di frammenti che andranno a comporre un mosaico di rara bellezza, andando a rafforzare il concetto di lore che FromSoftware ha portato alla gloria.
Nonostante neanche in questo modo si possa raggiungere una visione completa e accurata di tutte le vicende che riguardato Yharnam ed i suoi abitanti, sono tantissimi i fan che, nel corso degli anni, hanno affollato i social ed i forum specializzati con le loro personali ricostruzioni, contribuendo a creare quell’aura di sacralità che avvolge tutte le opere create da FromSoftware. Se ancora oggi è possibile assistere a discussioni sui segreti di Bloodborne, il merito è di un team di sviluppo che ha saputo solleticare i palati della fanbase più appassionata ed esigente che sia mai esistita.
Il coraggio di recidere un ingombrante cordone ombelicale
In principio c’erano tenebre e silenzio.
Poi, all’improvviso, scoccò una scintilla di nome Demon’s Souls, facendo divampare un maestoso incendio, di quelli che mai l’occhio umano aveva conosciuto; a tutti fu subito chiaro che niente sarebbe più stato come prima.
La trilogia di Dark Souls (che sei anni fa era giunta soltanto al suo secondo capitolo) è il cuore pulsante del summenzionato incendio, capace di dare vita ad un nuovo modo di concepire i videogame e di assurgere a punto di riferimento per tutti coloro che erano alla ricerca di un’esperienza di gioco diversa.
Come ha fatto Bloodborne ad affrancarsi da cotanta perfezione?
Come è stato possibile per FromSoftware raggiungere questi nuovi picchi creativi?
Con un’azione tanto semplice quanto brutale: tagliando il cordone ombelicale con l’opera che l’ha resa celebre.
Se Dark Souls era un’avventura immersa in terre in cui si alternavano luce e ombra, Bloodborne è una continua discesa nelle tenebre più cupe ed opprimenti.
Se Dark Souls ci calava in ambientazioni di chiaro stampo medievale (con castelli, vallate, paludi, draghi e cavalieri), Bloodborne ha un taglio più gotico, con chiese sconsacrate, università abbandonate e guglie imbrattate di sangue.
Se Dark Souls era la storia del viaggio di un prescelto, Bloodborne è un incubo senza fine, destinato ad un’infinita ciclicità, in cui il confine tra ragione e follia è tanto sottile quanto labile e, soprattutto, parlare di “realtà” è quantomeno arduo.
L’opera più oscura di Hidetaka Miyazaki si distingue per mettere a dura prova le capacità di comprensione del giocatore, affascinandolo e disorientandolo al tempo stesso, e traendo ispirazione dalle opere di H.P. Lovecraft, la cui influenza autoriale è chiaramente percepibile, soprattutto nel DLC The Old Hunters (alzi la mano chi non ha avvertito l’influenza de La Maschera di Innsmouth una volta arrivato al villaggio dei pescatori).
Una sterzata action
Le divergenze stilistiche tra Bloodborne e la trilogia dei Souls, però, non si fermano all’estetica.
FromSoftware ha avuto il coraggio di modificare quello che era l’ingranaggio cardine della sua opera principale: il gameplay. Se prima potevamo contare su un approccio più tattico e ragionato, avvalendoci di scudi, archi, balestre e magie di vario genere, Bloodborne ci chiederà di affrontare i nemici quasi sempre in corpo a corpo, imparando l’importanza di una schivata al momento giusto e dell’uso delle armi da fuoco.
La pistola del cacciatore è infatti l’unico modo che avremo per aprire le difese nemiche in maniera significativa, consentendoci di infliggere i danni più elevati, a patto però di padroneggiare il tempismo richiesto.
Ci si rende immediatamente conto di quanto il gioco sia molto più veloce dei suoi illustri predecessori spirituali, alzando vertiginosamente l’asticella dell’azione e richiedendo nervi ancora più saldi a chiunque desideri cimentarsi nell’impresa di sfidare uno dei temibili e magnifici boss.
Ma badate bene: la progressione e la profondità che hanno sempre contraddistinto i lavori dello sviluppatore nipponico sono rimaste intatte; tuttavia, con Bloodborne si era generata una nuova scintilla, che andrà a rinvigorire il fuoco di Dark Souls (incidendo non poco sul gameplay del capitolo finale della saga) e che sublimerà con quella gemma di Sekiro: Shadow Die Twice.
Aggiungete a tutto questo la feature dei Chalice Dungeon, dei labirinti procedurali da affrontare da soli o in co-op, e vi renderete facilmente conto di quanto il developer abbia voluto allargare i propri orizzonti.
Sei anni dopo il Sogno del Cacciatore
C’è qualcosa che non sia già stato detto di Bloodborne?
A sei anni di distanza dalla sua release, qual è stata l’influenza del titolo sul mondo dei videogame?
Come sottolineato in poc’anzi, il titolo ha avuto il merito di dare una scossa ad una saga che rischiava (?) di adagiarsi sugli allori, tanto sperticate (e meritate) erano le lodi di pubblico e critica.
Bloodborne ha dimostrato che è possibile innovare una formula già perfettamente funzionante, rendendola “diversa” senza intaccarne però la qualità.
Nonostante non sia dato sapere quante copie abbia venduto il gioco, è possibile affermare che, ancora oggi, Bloodborne è una delle ragioni principali che ha spinto milioni di persone all’acquisto di una Playstation 4, riuscendo a toccare vette di eccellenza che solo in pochissimi sono riusciti a raggiungere.
Non è quindi un caso che ogni rumor su un suo eventuale approdo su PC, o di un suo altrettanto eventuale secondo capitolo, causi ancora tanto clamore, superato solo dalla delusione in merito alla sua totale infondatezza.
Se ancora oggi si assiste ad accese discussioni sulla lore di gioco, e si vedono cosplayer con sgargianti abiti da Cacciatore, possiamo dire con certezza che il titolo ha fatto in maniera egregia il suo lavoro.
E allora tanti auguri, caro Bloodborne, e grazie per aver infestato le nostre console con gli incubi più inquietanti che la mente umana potesse concepire. Ti chiediamo solo un piacere: mentre spegni le candeline, ricorda di lasciarne una accesa per noi.
Perché la notte è sempre buia e piena di pericoli, anche per il più impavido dei Cacciatori.