Visto il relativo successo del nostro primo speciale a tema, anche oggi riproponiamo un’altra simpaticissima selezione di brutti ceffi videoludici da affrontare in combattimenti all’ultimo sangue.
Anche stavolta evitiamo i videogiochi From Software per evitare di cadere sul banale ma vi promettiamo un prossimo speciale completamente a tema Soulslike per tutti quelli che ben conoscono il significato di morire ancora ed ancora.
Anche qui vi ricordiamo che esistono gli spoiler, pertanto segnatevi nelle retine il blocco che trovate qui sotto e non lamentatevi con noi se adesso sapete un pochino in più della storia del videogioco in questione rispetto a prima.
Il dottore, per gli amici arcidemone Adramahlihk, è un nemico che è possibile affrontare in una delle missioni secondarie dell’ultimo capitolo di Divinity Original Sin 2. È, con grande probabilità, lo scontro più difficile che si possa affrontare all’interno di Divinity Original Sin 2 grazie per una pletora di motivi diversi.
In condizioni normali Adramahlihk è un bestione di livello venti. Esso ha settemila punti vita, 11 punti di armatura fisica e 13mila punti di armatura magica; se è stato indebolito attraverso il completamento dell’apposita missione secondaria questi parametri andranno dimezzati, trasformando la sfida in una più abbordabile battaglia di dimensioni notevoli.
Indebolire Adramahlihk ci permetterà anche di evitare di complicare ulteriormente lo scontro. L’arcidemone, se non indebolito, ci metterà contro anche quattro demoni minori che lo aiuteranno.
La struttura particolarmente aperta di Divinity Original Sin 2 ci permetterà di semplificare in maniera importante lo scontro in diversi modi. In primis è possibile affrontare il dottore non soltanto presso la sua casa ad Arx ma anche dopo lo scontro finale, in base alla scelta che si fanno nel primo dialogo con lui. Accordandosi con il demone per ascendere insieme sarà infatti possibile sbloccare un finale specifico, sacrificando anche il resto del party.
Per suggellare il patto tra il giocatore ed l’arcidemone quest’ultimo ci estrarrà una boccetta di sangue: se riusciamo a rubargliela potremo evitare di venir uccisi in maniera instantanea se decidiamo di ribellarci durante il combattimento se abbiamo scelto di aderire al suo patto.
Perché è un nemico dotato di incredibile capacità magica che, se non indebolito, si farà aiutare da quattro nemici di elevatissima potenza. Anche in solitaria le elevatissime difese dell’avversario rappresentano un serio problema per il giocatore medio e, come se non bastasse, se si ha Lohse in party si corre il rischio che il dottore ammali quest’ultima diventando ancora più potente. Non ci stupiamo che per molti sia stato necessario rompere le meccaniche del gioco con delle combo broken per abbattere questo avversario
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Il combattimento finale di Doom Eternal è una delle boss fight più caotiche e incasinate della storia dei videogiochi. L’icona del peccato ritorna dritta dritta da Doom 2 in una forma nuova: stavolta deambula ed è terribilmente arrabbiata con tutto quello che incontra, slayer compreso.
Il combattimento con l’icona del peccato è una specie di pogo infernale in mezzo ad un concerto brutal death metal a 300BPM con solo demoni partecipanti. L’arena su cui si svolge lo scontro è piuttosto semplice, con due o tre piani in elevazione e giusto qualche riparo per evitare gli attacchi dell’icona del peccato. La caratteristica principale di questo boss è la sua refrattarietà alla solitudine, infatti lo scontro (complice anche il sistema di munizioni di Doom Eternal) sarà farcito di nemici secondari di ogni forma e tipo che ci spareranno da tutte le parti.
Anche a difficoltà media lo scontro con l’icona del peccato è una centrifuga di bestemmie e proiettili, con un caos a schermo difficilmente replicabile. A complicare ancora una volta la situazione arriva la colonna sonora che, in questo caso, è disorientante nel senso buono del termine. Con un paio di cuffie di buona qualità lo scontro con l’icona del peccato è davvero soverchiante dal punto di vista sensoriale, tra proiettili fisici a schermo e sonori nei timpani.
Perché la quantità di oggetti a schermo è impressionante, tra nemici, proiettili e colpi provenienti direttamente dal boss. Lo scontro chiede al giocatore di mettere in pratica tutte le nozioni apprese precedentemente, tra combinazioni di armi per i mob minori e controllo dell’uso dei proiettili per avere sempre qualcosa con cui fare fuoco al nostro titano metallico. Inoltre è molto importante sapere come dare priorità ai bersagli che si vedono a schermo, per evitare di trovarsi schiacciati tra l’incudine ed il martello.
Doom Eternal è disponibile su PS4, Xbox One, Nintendo Switch e PC
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La trial mode è una delle aggiunte presenti nella versione international di Final Fantasy XII. Con la release di Final Fantasy XII: The Zodiac Age anche noi europei abbiamo avuto l’onore di interfacciarci con questa incredibile serie di sfide progressivamente sempre più complicate e, alla fine di questa modalità, c’è uno degli scontri più imponenti dell’intero brand Final Fantasy.
Parliamo dello scontro con i cinque giudici: Gabranth, Ghis, Bergan, Drace, Zargabaath.
Tutti questi avversari vanno affrontati in contemporanea e tutti quanti sono incredibilmente complicati da abbattere. I requisiti minimi per poter affrontare questa sfida sono il livello massimo su tutti i personaggi, equipaggiamenti di massimo grado e gambit in grado di far fronte a status alterati, danni magici enormi e attacchi continui.
Perché si arriva a questo combattimento dopo aver affrontato i due precedenti superboss del gioco, perché sono cinque avversari con statistiche al massimo, perché richiedono decine di ore di preparazione, perché Ghis è incredibilmente frustrante come avversario… potremmo continuare per ore volendo.
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Alma Awakaned in Ninja Gaiden Sigma (o lo stesso boss nella versione originale di Ninja Gaiden del 2004) è uno dei nemici più maledettamente difficili della storia videoludica. Molto prima di Dark Souls, soulslike, From Software e seguiti di Ghost And Goblins se si cercava un videogioco difficile quello che bisognava fare era andare a giocare ai Ninja Gaiden tridimensionali.
Questo perché, generalmente, la saga di Ninja Gaiden richiedeva timing e riflessi d’acciaio, oltre ad una notevolissima capacità di improvvisazione. Per questo motivo molti dei boss di questo titolo potrebbero tranquillamente foraggiare diverse liste come questa, tanto era elevato il livello di difficoltà a cui aspirava Team Ninja.
Ma se c’era qualcuno che tra gli altri sicuramente spiccava, questi non èaltro che la versione awakened di Alma.
Perché Team Ninja ha messo come settimo boss un avversario in cui non c’è una strategia universalmente utile. Se proviamo ad affrontarlo dalla distanza verremo massacrati da proiettili a ricerca, se ci avviciniamo finiremo per rincorrerla mentre utilizzerà diverse abilità per alzarci da terra e successivamente punirci. La cosa migliore che come giocatori si può fare è cercare di fishare determinati suoi attacchi, sfruttando le successive finestre per infliggere qualche danno e ripetere questo procedimento ancora ed ancora. Solo per palati forti.
Ninja Gaiden Sigma è disponibile soltanto per PS3 e PsVita ma non temete, fra qualche mese uscirà anche per le console attuali in una versione rimasterizzata.
Ora parliamo di un boss un po’ anomalo per quelli che consideriamo solitamente videogiochi. Si, perché se precedentemente abbiamo chiamato in ballo unicamente titoli in cui bisogna prendere a bastonate qualcuno, stavolta parliamo di un videogioco in cui è necessario azzeccare note suonando su di una chitarrina di plastica.
Through The Fire And The Flames dei Dragonforce è la canzone segreta conclusiva di Guitar Hero 3, videogioco un po’ vecchiotto che qualcuno di attempatino e barbuto magari ricorda ancora. La canzone è un viaggio di otto minuti tra il mondo del power metal e quello dello shred, tra pattern chitarristici che si attorcigliano in maniera vicendevole e sezioni di plettrata alternata incredibilmente veloci.
La parte più divertente è rappresentata senza dubbio dall’introduzione: venti secondi di furioso tapping che difficilmente possono venir affrontati con semplicità da un giocatore che ha portato a termine la modalità storia con difficoltà expert. Il pezzo, per molto tempo, ha fatto da spartiacque tra chi a Guitar Hero ci sapeva giocare e chi no.
Through the fire and the flames costringeva il giocatore a mescolare tutte le tecniche precedentemente apprese per superare diverse sezioni in cui strumming, pattern ascendenti/discendenti e note stoppate si incontrava quasi senza soluzione di continuità. Inoltre il requisito di ingresso era una lunga sezione in tapping particolarmente veloce, il tutto all’interno di un gioco che ancora non integrava l’idea degli hammer on / pull of senza plettrata come invece avrebbero fatto i successivi.
Guitar Hero 3, come purtroppo tutto il brand di Neversoft dorme nel paradiso dei videogiochi musicali. Se volete un’ esperienza simile ma aggiornata quello che possiamo farvi è consigliare Beat Saber, la killer application totale per Oculus Quest 2
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This post was published on 20 Marzo 2021 16:00
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