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Speciali

La mia prima Xbox: le impressioni di un sonaro incallito

Ricordo come se fosse ieri la volta che assaggiai la mia prima birra.
Avevo 12 anni e, in un pomeriggio passato da solo a casa, decisi di voler provare quella bevanda che aveva conquistato tutti i miei amici più grandi. Il primo impatto, però, non fu devi migliori: il tempo di dare una sorsata e subito mi chiesi come mai un liquido così amaro potesse avere una presa così forte su praticamente chiunque io conoscessi.

Passò quasi un anno prima che decidessi di dare una seconda possibilità alla birra, ma da quella volta si suggellò un amore che dura ancora oggi, tanto da spingermi a provare ogni marca che mi sia capitata a tiro e da farmi iscrivere ad un corso di sommelier per saperne di più.

Per anni mi sono chiesto come mai quella “prima conoscenza” fu così brutta, quasi traumatica: ero troppo piccolo? Troppo sprovveduto? Troppo inesperto?

La risposta che mi sono dato è stata una: il mio metro di paragone.
A quell’età bevevo litri di Coca-Cola e finivo, più o meno inconsciamente, per confrontare qualsiasi cosa bevessi con quella bibita che, agli occhi dello sbarbatello che ero, risultava insuperabile.

Inutile dire che, col tempo, le cose si sono letteralmente ribaltate: sono anni che non bevo più un goccio di Coca, mentre invece la birra è oramai un compagno inseparabile di serate in compagnia degli amici di sempre, e di concerti memorabili (a proposito: maledetto COVID-19!).

A voi che state leggendo queste righe, non preoccupatevi: siete sempre su Player.it e si, parliamo sempre di videogiochi. Questo piccolo “preambolo alcolico” era necessario per introdurvi alle mie impressioni su quello che, fino a poco tempo fa, era un oggetto tanto desiderato quanto misterioso: Xbox Series X, la mia prima console Microsoft.

Il mondo al di fuori di Sony

E passiamo alla domanda più importante: da che lato si inserisce il disco di gioco?

Una piccola presentazione per chi non mi conoscesse: mi chiamo Claudio, ho 33 anni e, sin dalla più tenera età, la mia conoscenza dell’ars videoludica è passata quasi sempre attraverso le console Sony. A parte qualche sporadica comparsata su SEGA Master System II, Game Boy e PC (quasi sempre accompagnate da problemi tecnici di ogni genere), Playstation ha accompagnato ogni mio passo nel mondo dei videogiochi, guidandomi alla scoperta di mondi nuovi, raccontandomi storie incredibili e legandomi a doppio filo a tante delle sue IP. In pratica, ero esattamente come quel bambino assetato di Coca-Cola descritto all’inizio: non vedevo alternative di livello, e forse non volevo vederle.

Tuttavia, crescendo, la curiosità per le piattaforme rivali si è fatta sempre maggiore, con il portafogli come unico vero argine allo shopping compulsivo.

Il 2020, come tutti sapete, è stato un anno strano: ci siamo trovati chiusi in casa per tanto tempo, con poche certezze su quando saremmo potuti uscire di nuovo all’aria aperta. La stranezza si è estesa alla next gen, con Playstation 5 diventata più introvabile del Sacro Graal e le due nuove Xbox che appaiono e scompaiono dagli scaffali, come il miraggio di un’oasi nel deserto.

Il sottoscritto è ancora in attesa della sua PS5 (prenotata oramai ben 5 mesi fa), ma ne ha approfittato per fare la conoscenza di Xbox Series X. Il mio acquisto è stato spinto da due fattori: dalla summenzionata curiosità e dal fascino che avvolge questa console, che incarna al 100% la filosofia Microsoft e la sua “redenzione” dopo il buco nell’acqua rappresentato da Xbox One.

Alla scoperta del monolite nero di Redmond

Uno sguardo più approfondito alla nuovo console Microsoft.

Se il primo sguardo è sempre il più importante, quello avuto con Xbox Series X è stato senza dubbio singolare. Il suo design essenziale e “squadrato” cattura l’occhio e consente alla console di potersi inserire in praticamente qualsiasi contesto, integrandosi alla perfezione con qualsiasi altro hardware presente nel vostro salone e potendo addirittura camuffarsi come vero e proprio pezzo di arredamento. Se Playstation 5 ha scelto un look tanto affascinante quanto eccentrico, Xbox Series X ha optato per il uno “smoking nero”, un classico senza tempo che fa sempre la sua figura.

Il tempo di iniziare a configurare l’ammiraglia Microsoft e già si palesa chiaramente uno dei concetti che ha contraddistinto il nuovo corso dell’azienda di Redmond: l’ecosistema.

Se con Sony sono sempre stato abituato al più classico degli avvicendamenti generazionali, avendo sempre a che fare con sistema chiuso, con Xbox la sensazione è diametralmente opposta: la console è solo una delle porte di ingresso in un universo ludico sempre più inclusivo, che sta man mano espandendosi anche al territorio mobile grazie ad xCloud e Game Pass (di cui vi parlerò in seguito).

La configurazione della console è piuttosto rapida e finisce con l’abbracciare alcuni dei software della grande M, tra cui OneDrive, che rivestirà un ruolo chiave nell’immagazzinamento di screenshot e catture di gioco.

Iperboli a parte: la soluzione di Microsoft per l’ampliamento della memoria SSD è decisamente più comoda.

Ed a proposito di immagazzinamento: la possibilità di espandere la memoria interna con un SSD (facilmente inseribile nell’apposita porta sul retro della console) mi ha fatto subito venire in mente il video in cui veniva mostrato come fare l’equivalente su PS5.

La domanda che mi è sorta spontanea è stata: perché?
Perché bisogna smontare un’intera console e sostituire l’hard disk quando è possibile una soluzione così comoda? Misteri della fede…

Volendo finire di analizzare il settore hardware, anche l’impatto con il pad è stato meno traumatico del previsto. La diversa mappatura dei tasti è stata ovviamente di ostacolo in quanto profano, ma i tanto temuti stick analogici asimmetrici mi sono risultati addirittura… comodi!

Le mie perplessità sull’utilizzo delle batterie stilo rimangono intatte, ma i bassissimi consumi (ho avuto bisogno di un nuovo paio di pile dopo oltre 20 ore di gioco) e la possibilità di utilizzarlo anche su PC (con una configurazione semplicissima), me lo ha fatto amare.

In attesa di provare il tanto decantato Dualsense ed il suo sensore aptico, posso dire che non sempre avere un led tamarrissimo è soluzione migliore, soprattutto se questo riduce l’autonomia del pad ad una manciata di ore.

Interfaccia e companion app

Il fine ultimo di Microsoft è quello di farti giocare… ovunque!

Dopo aver analizzato l’hardware e l’estetica di Xbox Series X, è arrivato il momento di accedere al cuore della macchina Microsoft. Anche in questo caso, ho avuto un assaggio di next gen: l’accesso alla home page è praticamente immediato, grazie a dei caricamenti letteralmente inesistenti.

Volendo fare un raffronto con la old gen è possibile dire che, mentre su PS4 Pro attendevo almeno 30/35 secondi dall’accensione, con Series X l’accesso alla schermata iniziale è praticamente istantaneo, con dei tempi di caricamento quasi nulli.

L’interfaccia utente è stato forse il momento più disorientante della mia esperienza con la mia prima Xbox. Abituato alla homepage semplice e lineare di Playstation 4, è stato per me stranissimo trovarmene di fronte una piena di voci e totalmente personalizzabile. La schermata iniziale di Xbox Series X somiglia ad un grande bazar, pieno di voci ed icone interessanti, ma di cui spesso neanche comprendi bene il funzionamento, e che ti rendono difficile capire dove si trovi ciò che stai cercando.

Da “cacciatore di trofei”, ho notato quanto gli Obbiettivi siano un’esperienza molto meno centrale rispetto a quanto visto su Playstation, che invece riserva loro una voce appositamente dedicata.

Ad esempio, è stato per me difficile trovare subito la sezione relativa ai giochi in mio possesso, con le opportune differenziazioni tra i videogame di proprietà e quelli ottenuti con il Live Gold.
Sotto questo aspetto, ci sarebbe da lavorare per rendere più immediata l’esperienza utente.

La fase di configurazione della console è passata anche attraverso la nuova companion app, ed addentrandomi nelle impostazioni ho iniziato a comprendere quanto essa sia rilevante. Sincronizzando l’applicazione con la vostra Xbox, avrete accesso ad un vero e proprio “comando da remoto”, con cui poter addirittura avviare i download dei giochi da voi desiderati. Volete giocare a Cyberpunk 2077 ma vi scoccia l’idea di aspettare tutti quei giga che si scaricano? Avviate il download da remoto, così che l’unica cosa che dovrete fare, una volta a casa, sarà imbracciare il pad e divertirvi.

Performance silenziose e dissipazione del calore

Nonostante il sistema di raffreddamento di Xbox Series X sia incredibile: DON’T TRY THIS AT HOME!

Quali sono i criteri con cui si stabilisce il ciclo vitale di una piattaforma di gioco? Quand’è il momento esatto in cui si capisce che c’è bisogno di un “ricambio generazionale”? Il nostro Daniele, da buon “master race”, ci direbbe che quando si scende al di sotto dei 120 fps in 4K c’è bisogno di dare una svecchiata all’hardware.

Io, da semplice console paesant, posso dire aver identificato quel momento con la comparsa del cosiddetto “Effetto Boeing“: quel piacevole rumore a metà strada tra un aereo in fase di atterraggio ed una falciatrice inceppata, direttamente proveniente dalle ventole della nostra console.

Se avete giocato The Last of Us Parte II, Death Stranding o anche Dark Souls III sulla vostra PS4 (magari anche modello fat), conoscete benissimo ciò di cui sto parlando.

Ebbene, sotto questo aspetto, Xbox Series X non emette alcun tipo di rumore, al di fuori del “bip” di accensione. È vero che questo requisito è (o dovrebbe essere) uno standard delle console current gen, e che i giochi capaci di spremere a dovere l’hardware devono ancora arrivare, ma la sensazione di silenzio che questa macchina è capace di regalare è a dir poco soddisfacente.

Lo stesso discorso si può fare per la dissipazione di calore.
Nonostante siano i pochi i titoli capaci di sollecitare eccessivamente l’hardware dell’ammiraglia di Redmond (l’unica eccezione è stata Bright Memory), quest’ultima è capace di ritornare a temperature nella norma in pochi istanti, grazie ad un ottimo sistema di raffreddamento che è già diventato “virale” grazie ad alcuni meme.

Tanti videogame tra passato, presente e futuro

Basterà una sola vita per spolpare tutto il catalogo di Xbox Game Pass?

Arriviamo al punto che tutti voi stavate aspettando: è vero che la nuova Xbox non ha giochi? Ovviamente no, soprattutto se Series X | S è la vostra prima console Microsoft. Inutile dire che parlare di videogame, nel caso dell’azienda di Redmond, significa parlare più o meno direttamente dei servizi della “grande M”, Game Pass su tutti.

L’Xbox Game Pass, meglio noto come il “Netflix dei videogiochi“, è un acquisto praticamente obbligato per qualunque possessore di Xbox e non solo. Ad un costo moderato mensile, è possibile avere accesso ad una libreria in costante aggiornamento di oltre 100 titoli tra cui scegliere, tra cui tutte le esclusive Microsoft (presenti, passate e future) e, con una piccola spesa aggiuntivi, è possibile acquistare il Game Pass Ultimate, con cui usufruire anche dei bonus garantiti dal Live Gold.

Non ve lo nasconderò: ho trascorso gli ultimi “mesi videoludici” sfruttando quasi unicamente questo servizio, limitando a zero o quasi i videogame acquistati. Sotto questo aspetto, la legacy di Microsoft è enorme, ed ampiamente sufficiente a riempire il tempo che ci separa dalle prossime esclusive Xbox che, lo ricordo, sono incluse nel servizio.

Aggiungete inoltre una vera e propria caterva di giochi Electronic Arts, provenienti dalla partnership tra Microsoft ed EA Play, e vi renderete conto della portata dell’investimento fatto dal colosso statunitense.

Volendo cercare il pelo nell’uovo, l’unico aspetto negativo del Game Pass consiste nei tempi di permanenza in libreria di alcuni titoli.
D’altra parte, non essendo più un giovincello, il tempo per il gaming diminuisce sempre di più e, così come avviene per Netflix, è letteralmente impossibile spolpare a dovere tutto il catalogo del Game Pass; la conseguenza di quanto ora detto consiste nel ricordarsi dell’esistenza di determinati titoli praticamente il giorno prima della loro rimozione, ma è un “rischio” che chiunque sarebbe disposto correre, dinnanzi a questa cornucopia dell’abbondanza in versione digitale.

Cosa c’è e cosa manca

Master Chief, torna: ‘sta casa aspetta a te!

Non avrei mai sognato di dire una cosa del genere, ma devo dirla: Xbox Series X non mi ha fatto percepire l’assenza di Playstation 5.

Il mancato arrivo della console Sony mi ha dato indirettamente la possibilità di approfondire un mondo a me sconosciuto, iniziando a recuperare saghe di cui avevo solo sentito parlare, e che valgono ogni centesimo speso.
Tutto questo, ancora una volta, soprattutto grazie al Game Pass.

L’acquisto del servizio è il modo ideale per tuffarsi a capofitto nell’ecosistema Microsoft, ma sappiate che vi servirà veramente tanto tanto tempo per capire quanto è profonda la tana del Bianconiglio.
Inoltre, Play Anywhere ed xCloud vanno ad arricchire un carnet di servizi già di primissimo livello e difficilmente eguagliabile dai competitor sulla piazza.

Volendo analizzare il rapporto costi/benefici, probabilmente Xbox Series X (e ancor più la “sorella minore” Series S) rappresenta la miglior soluzione disponibile; di fatto, dovrete aprire il portafogli solo per i multipiattaforma e per i (pochi) titoli non inclusi nel Game Pass.

C’è però qualche piccola nota stonata da registrare.
Se vi ho già parlato dell’interfaccia un po’ disorientante e dispersiva, ciò che veramente di cui veramente si sente la mancanza è di almeno un gioco che possa mettere in mostra i muscoli dell’ammiraglia Microsoft.

L’azienda di Redmond ha palesato quanto i suoi piani siano stati compromessi dalla pandemia, ma mentre Sony si è presentata al tavolo con tutta una serie di titoli con cui conquistare nuovamente la propria utenza, Xbox non ha potuto vantare alcuna nuova esclusiva fino al prossimo 28 Gennaio, giorno dell’uscita di The Medium.

Detto chiaro, non pretendevo assolutamente Halo: Infinite al lancio, ma sarebbe stato bello vedere di quali meraviglie è capace la console più potente al mondo. Fortunatamente, come detto in precedenza, il catalogo Game Pass è talmente ampio da consentirmi un’attesa senza troppe ansie.

Infine, c’è un’altra piccola carenza che ho avuto modo di notare, un peccatuccio veniale di cui però si sente la mancanza. La farò breve: sei la console più potente al mondo, ti sei accaparrata alcuni dei migliori developer sulla piazza ed hai quella figata immane del Game Pass… dove sono le pubblicità?

Allo stato attuale, nonostante il reparto marketing abbia fatto passi da gigante, la distanza con Sony è ancora sensibile: Playstation 5 è praticamente ovunque, mentre le nuove Xbox sembrano relegate in secondo, secondissimo piano.
È possibile che la situazione descritta sia più accentuata nel nostro paese rispetto al resto del mondo, ma non guasterebbe vedere nuove partnership, banner negli eventi sportivi di grido e, magari, qualche spot bello, tamarro al punto giusto e pieno di quelle smargiassate tipicamente americane che tanto mi (ci) piacciono.

Il lato verde del gaming

Ed è subito “2020: Odissea nello Spazio”!

Come è stato impattare col mondo Xbox?
Beh, diciamo che mi sono sentito come si sente uno “straniero in una terra strana”: vuoi esplorare, ma non sai da dove cominciare; vuoi comprendere tutto ciò che ti circonda, ma sai che ci vorranno tempo e pazienza. Nonostante tutto, non ho potuto non notare l’enorme potenziale della mia prima console Microsoft, che ha tutte le carte in regola per imporsi in questa generazione.

Se la scorsa gen si è aperta sin da subito in favore di Playstation 4, in questa vivremo una sfida molto più equilibrata e, come sempre, la spunterà chi potrà contare sui migliori creativi.

Per quanto invece riguarda me, nonostante un po’ di titubanza iniziale, ho superato lo scoglio degli stick asimmetrici ed ho iniziato a riconoscere i tasti del pad in maniera sorprendentemente rapida; insomma, è andata molto ma molto meglio di quanto mi aspettassi.

Tuttavia, la vera lezione che questa esperienza mi ha ricordato è che non c’è cosa più bella di poter estendere la propria conoscenza del videogame, affiancando una console all’altra, piuttosto che contrapporle.

Affrontare i Flood con Master Chief e, il minuto dopo, recarmi nelle gelide terre norrene nei panni di Kratos, avendo la possibilità di approfondire e colmare tutte le lacune del mio passato di giocatore: cosa c’è di più bello?

D’altra parte, è risaputo che il gaming non è mai stato per la “monogamia”.

This post was published on 3 Febbraio 2021 17:00

Claudio Albero

Nasce a Torre del Greco, una piccola metropoli alle falde del Vesuvio, nei favolosi anni ’80, che già però non avevano più niente di favoloso. Provano ad educarlo con Beatles e musica classica sin dalla più tenera età, ma lui, di tutta risposta, si appassiona all’ heavy metal ed ai videogame , spendendo un piccolo patrimonio in sala giochi, quando queste due parole erano ancora slegate dalle slot machine. Dopo aver mosso i primi passi su Sega Master System II con Alex Kidd, il Super Mario con le orecchie a sventola, si innamora dei platform, degli action/adventure e degli RPG, con particolare attenzione alla saga di Final Fantasy. Inguaribile sognatore con le radici saldamente ancorate nel passato, scopre la sua passione per la scrittura quasi per caso, in uno dei tanti pomeriggi passati tra i corridoi della Facoltà di Giurisprudenza di Napoli, dove si laureerà giusto qualche anno dopo, con una tesi in Diritto d’Autore basata sull’opera multimediale. Dopo aver scritto di attualità e musica su Lacooltura.it , Road TV Italia e Federico TV , approda sui lidi di Player.it , in cui comincia sin da subito ad apprendere e fare domande, guadagnandosi rapidamente il titolo di “ redattore rompiscatole del mese ”. Nonostante sia legatissimo alla grande famiglia di Player, non sono rare alcune sue incursioni su portali come Gameplay Café e Spazio Rock . Musica, videogame, concerti, boardgame, modellismo, fumetti, cinema e serie tv: tanti hobby diversi tra loro, ma collegati da un fil rouge che li unisce tutti: il divertimento . È proprio questo che cerca in un videogame, è proprio questo sentimento che muove le sue dita, ed è sempre il divertimento la sensazione che cerca di infondere nei suoi articoli. Al di fuori del mondo del gaming, indossa giacca e cravatta per mimetizzarsi nel mondo degli avvocati, esercitando la professione forense, con lo scopo di conoscere a fondo le “ regole del gioco ”, nonché di minacciare di far causa a chiunque al minimo pretesto.

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