Lupin è un prodotto curioso: mezzo francese e mezzo giapponese, con una grande passione per i tesori perduti e l’Italia. Naturalmente non sto ancora parlando del Lupin di Omar Sy, ma di quello che da sempre siamo abituati ad amare. Quello con la giacca colorata creato nel lontano 1967 da Kazuhiko Kato (in arte Monkey Punch) e divenuto un successo planetario. Nel nostro paese la passione per l’incorreggibile ladro e i suoi compagni è talmente grande da aver oscurato, forse troppo, il personaggio che l’ha ispirato: il ladro gentiluomo Arsène Lupin, nato all’inizio del ‘900 dalla penna di Maurice Leblanc.
Il Lupin di Netflix è una riscrittura in chiave moderna del personaggio di Leblanc, ma che inevitabilmente sarà trascinato dal successo del nipote giapponese. Per gustare al meglio la serie TV però – in uscita l’8 gennaio – è bene mettere da parte la versione nipponica e guardare questo Lupin con occhi nuovi.
Cosa hanno in comune un furto milionario al Louvre, un gruppo di rider in un parco e uno scambio di detenuti in prigione? La storia iniziata nell’infanzia di Assane Diop (Omar Sy) è il filo conduttore che unisce gli eventi della serie Netflix Lupin. Una storia di un bambino cresciuto dai libri di Leblanc che vuole scoprire la verità su un furto commesso dal padre ben 25 anni prima. Per farlo dovrà indossare le vesti del ladro gentiluomo più famoso di Francia e imparare tutti i trucchi del mestiere.
A fargli da antagonista un uomo senza scrupoli, Pellegrini, che tira i fili della città ed è pronto a tutto per fare in modo che la verità non venga a galla, anche prendersela con la famiglia di Assane.
Sono solo 5 le puntate di questa prima parte della serie – che porta il sottotitolo Dans l’ombre d’Arsène – eppure bastano per creare una storia interessante che si divide in due grandi filoni narrativi: quello verticale, strutturato sul “colpo” di ogni episodio e quello orizzontale che segue le vicende del passato di Assane (a cui si aggiungono anche dei brevi flashback nell’infanzia del protagonista). Mentre la trama verticale stupisce, regalando sempre dei guizzi di genio e dei colpi di scena brillanti in linea con il personaggio di Leblanc, la trama orizzontale appesantisce un po’ il protagonista legandolo ad un rapporto famigliare che, seppur costruito in maniera per niente scontata, rallenta troppo l’azione.
Nonostante ciò la serie rimane godibilissima e ogni episodio lascia lo spettatore davanti a mini cliffhangers irresistibili che invogliano a mettere play all’episodio successivo.
La cosa più riuscita della serie TV è il Lupin di Omar Sy, un uomo dalle mille risorse con la battuta sempre pronta e con più di un asso nella manica. Sy è calato perfettamente nel ruolo, si diverte ad interpretare Lupin e fa divertire anche chi lo guarda.
Essendo una riscrittura moderna di quello di Leblanc, il Lupin di Netflix riprende dall’originale alcuni dei suoi trucchi, riproponendo anche dei celebri colpi che sembrano una vera lettera d’amore ai fan dei libri. Anche il vestiario viene ripreso e aggiornato, il monocolo viene abbandonato e il cilindro sostituito da un basco con visiera, mentre il completo elegante del ladro gentiluomo è trasformato in un lungo giaccone molto meno appariscente. Rimangono le grandi abilità nel travestimento, nella fuga e la grande maestria nell’inganno. Questa, più di una volta, verrà usata anche con lo spettatore che fino all’ultimo crederà che il ladro sia ormai alle strette. Abbondano anche le abilità tecnologiche, senza mai stonare e che verranno usate per far girare in tondo la polizia.
Se avevate paura di trovarvi di fronte ad un’imitazione di Lupin potete tirare un sospiro di sollievo. Il Lupin di Netflix è originale al 100% così come lo è sia quello di Leblanc che quello di Monkey Punch. È una nuova versione di un celebre grande personaggio che Netflix e Gaumont Télévision accompagnano nelle nostre case dandogli così l’opportunità di rubarci il cuore.
Come accaduto per Sherlock, trasportato magistralmente ai giorni nostri da Steven Moffat e Mark Gatiss, Lupin ha tutte le carte in regola per diventare un piccolo capolavoro, grazie anche ad una grande potenza visiva gestita dai registi Louis Leterrier (Now You See Me) e Marcela Said (Narcos Mexico) e alla scrittura dinamica del duo George Kay (Killing Eve) e François Uzan (Family Business).
Dategli una chance, potrebbe piacervi anche se non siete fan del ladro gentiluomo.
This post was published on 4 Gennaio 2021 9:01
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