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Speciali

Manuale d’istruzioni per il perfetto gioco lovecraftiano

Arrivato agli onori della cronaca grazie alla serie che HBO ne ha tratto, Lovecraft Country di Matt Ruff è un romanzo che seppur indirettamente e in modo contraddittorio ha riportat HP Lovecraft sulla bocca di molti, anche estranei alla cultura pop.

Pur non trattando in maniera “ortodossa” la mitologia del solitario, Lovecraft Country ne ricostruisce alcuni elementi e atmosfere fondamentali e, soprattutto, fotografa bene uno degli elementi principali della letteratura del maestro dell’horror, ovvero il legame dell’autore con il suo New England, le sue montagne selvagge, foreste labirintiche e coste ricche di anfratti che celano misteri.

Uno scenario spettrale che, complici i ricordi di svariate sessioni gdr, altri splendidi volumi in commercio e la lettura di Lovecraft Country, una bella mattina di dicembre ha fatto sorgere nell’autore di quest’articolo una strana domanda: il videogioco ha fatto altrettanto?

Abbiamo sul mercato un videogioco davvero in grado di rendere giustizia a Lovecraft e alle sue idee narrative, o esso deve ancora arrivare?

Lovecraft e la potenza dei luoghi

So cosa state pensando, lo so bene: state pensando “Davvero stai chiedendo UN ALTRO gioco a tema Lovecraft dopo il bombardamento di giochi ispirati ai suoi scritti da almeno vent’anni“?

Vi darei ragione, davvero. Praticamente fin dagli albori del videogioco moderno Howard Philips Lovecraft è stato uno degli autori del fantastico internazionale più derubati dal mondo dell’intrattenimento, fra videogiochi, cinema, serie TV e, soprattutto, giochi da tavolo e di ruolo.

Per quel che riguarda il videogioco, la lista delle comparse dei Grandi Antichi e degli altri elementi dei Miti è sterminata, e solo negli ultimi due anni abbiamo avuto due buoni esempi di giochi “canonici”-Call of Cthulhu (2018) e The Sinking City (2019)-più un’infinità di prodotti minori, con riferimenti più o meno chiari (Moons of Madness, Conarium e chi più ne ha più ne metta).

Un dettaglio della copertina di Lovecaft Country di Matt Ruff

La lettura di Lovecraft Country, tuttavia, mi ha fatto riflettere su un elemento fondamentale della letteratura di Lovecraft, ben ripreso dal romanzo di Matt Ruff, ma che ha un potenziale a mio parere davvero ancora poco sfruttato nei videogiochi tratti da HPL: la tangibilità del contesto geografico fittizio immaginato da Lovecraft nel corso della sua attività, che costituisce un bellissimo universo narrativo tutto da esplorare.

Lovecraft non ha infatti solo immaginato un modo per raccontare l’orrore che ha rivoluzionato il genere (l’orrore cosmico), ma ha soprattutto creato una sorta di New England alternativo formato da città solo basate su luoghi reali e dotate di background da brividi. Parliamo di Arkham, parliamo di Innsmouth, Kingsport, Dunwich. La “terra di Lovecraft”, immaginata in tanti anni di scrittura, è una vera e propria mappa dell’orrore fatta di luoghi infestati, leggende che si attorcigliano l’una all’altra, creature fantascientifiche venute dal cielo che si mescolano a culti innominabili presenti in quei luoghi da centinaia di anni, ognuno con la sua storia e i suoi orrori.

Un concetto che Lovecraft Country di Ruff suggerisce al lettore/spettatore.

Call of Cthulhu (2018)

La storia del romanzo non è “lovecraftiana” al 101%, c’è un gruppo di personaggi afroamericani alla ricerca di segreti arcani negli U.S.A. della segregazione razziale fra magia, sense of wonder e critica sociale, ma se c’è una cosa che Ruff restituisce bene dell’autore di inizio ‘900 è proprio la magia di un’America fittizia che sotto la sua superficie placida nasconde una storia segreta.

Ed è qui che nasce la domanda: un viaggio in un’America del genere potrebbe darci un grande gioco open-world?

Lovecraft e il videogioco: affinità elettive e problemi di budget

La prima domanda da farsi è tuttavia un’altra: quali dei giochi lovecraftiani usciti finora è riuscito a farlo?

Senza dubbio, un buon gioco lovecraftiano è soprattutto un gioco in grado di creare l’atmosfera giusta, e questo non è mai mancato, tutto sommato. Dai tempi di Necronomicon, sconosciuto ma affascinante punta-e-clicca ambientato nella Providence di Lovecraft, per arrivare a Call of Cthulhu (2018), i programmatori non hanno mai rinunciato a plasmare giochi che fotografassero il fascino decadente e lugubre del New England di inizio XX secolo, un’operazione resa possibile anche grazie agli input dati ai creativi dagli splendidi manuali de Il Richiamo di Cthulhu, il gdr Chaosium anni ’80 che ha aiutato Lovecraft a imporsi come un autore di culto.

La copertina di Fuga da Innsmouth, forse uno dei più bei manuali de Il Richiamo di Cthulhu

Manuali bellissimi, che risistemavano e davano organicità ai racconti di HPL dando a ognuno di essi il corpo di una location da far visitare ai propri giocatori, o di un’avventura da giocare.

Da questo punto di vista, The Sinking City ha fatto un lavoro molto buono re immaginando la Innsmouth di Lovecraft (e in parte di Chaosium) in un’ottica semi-open-world, con tante locazioni che nascondono segreti, misteri e ovviamente quest.

Il problema di The Sinking City dal punto di vista narrativo (per tacere di una confezione non proprio all’acqua di rose) era però la sua avidità nel dare al giocatore/appassionato veri e abbondanti riferimenti ai Miti nel corso dell’avventura da un lato, dando l’idea di una versione solo vagamente “chiara” del mondo di Lovecraft (opinione personalissima).

E tutto sommato, per ragioni tecniche The Sinking City proponeva al giocatore un’idea come quella della città infestata che tuttavia era già stata portata su schermo-per esempio-da Call of Cthulhu-Dark Corners of the Earth, senza apportare grandi elementi di novità al genere.

Dunque, se a questo punto possiamo dire che no, probabilmente nessuna grande produzione videoludica negli ultimi anni ha mai raggiunto davvero l’obiettivo di fare quel che Lovecraft Country ha tentato, come giocatori non ci resta che fare uno dei giochi di invenzione più belli che possiamo: fare una bella lista della spesa con quello che potrebbe essere il gioco lovecraftiano definitivo, e che ancora non abbiamo.

Perché non un open world?

Cosa volere da un gioco lovecraftiano “definitivo”? Come catturare davvero l’essenza di un autore che ha scritto una delle migliori pagine della storia dell’orrore contemporanea attraverso la messa in scena di un intero mondo infestato?

A parte il fatto di dotare del progetto di un buon budget e della forza di volontà di crederci fino in fondo in modo da dargli uno standard qualitativo finalmente alto e all’altezza del 2020 (vero Frogwares? Vero Cyanide?), la cosa che più sento necessaria in un progetto del genere dopo aver letto un romanzo come Lovecraft Country (ma anche un’opera di rilettura post-moderna come Providence di Alan Moore e Jacen Burrows) è la creazione di un titolo che permetta di giocare un’esperienza lovecraftiana matura, genuinamente “critica” verso la mitologia di Lovecraft.

Un’esperienza che ci permetta magari di viaggiare di città in città, di incontrare gli orrori sepolti in esse, di svelare l’orrore sepolto dietro casupole fatiscenti, austeri edifici in stile georgiano e misteriosi siti indiani fra le colline, avendone una chiara “visione d’insieme”.

Al momento, una rilettura così radicale, perfetta e ispirata dell’universo lovecraftiano ancora non esiste.

Aspettiamo, fiduciosi.

This post was published on 24 Dicembre 2020 14:00

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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