Non è un mistero che negli ultimi anni i videogiochi tratti da importanti saghe letterarie o ispirati a romanzi della letteratura pop si siano moltiplicati a dismisura grazie: da CD Projekt Red a 4A Games (Metro), tanti sono i team creativi che hanno deciso di basare le proprie opere su romanzi di successo (meglio ancora se “pop”) saldando un legame molto forte fra letteratura e videogioco.
A riprova di ciò, oggi abbiamo deciso di raccontarvi un po’ di più di questi progetti attraverso un elenco speciale, l’elenco di sette grandi videogiochi tratti o ispirati da altrettanti importanti romanzi e racconti della letteratura di ogni tempo, ma la cui origine letteraria non è sempre nota.
Pronti?
Iniziamo!
Fra i romanzi “nerd” per eccellenza, Guida Galattica per Autostoppisti (edito in Gran Bretagna nel 1979 e in Italia un anno più tardi, presto seguito da altri quattro episodi della stessa serie) non poteva non essere destinato a diventare un videogioco.
Uscita nel 1984, l’avventura testuale tratta da esso è degna di essere ricordata nella nostra lista per la partecipazione alla sua creazione dello stesso Douglas Adams, autore della serie e figura da sempre entusiasta di scrivere per altri mass media (curò per esempio anche la trasposizione radiofonica e televisiva del romanzo, sempre in quegli anni).
Il team di sviluppo di Guida Galattica fu la britannica Infocom, che riuscì nell’impresa registrando lo straordinario traguardo delle 350.000 copie vendute.
Grazie a un’interfaccia psichedelica e a situazioni ricalcate su quelle dei libri di Adams (nonché ai puzzle, a detta di molti particolarmente difficili), Guida Galattica riusciva a calare i giocatori all’interno delle assurde atmosfere della serie di romanzi della serie sci-fi, permettendo loro persino di consultare la Guida stessa.
Una piccola perla del passato, senza dubbio di nicchia, ma che meritava una citazione.
Rimaniamo nel solco della letteratura britannica, ma cambiando completamente genere.
Spec Ops: The Line (2012) è il reboot di una delle migliori serie di giochi d’azione a sfondo bellico, che nonostante la sua natura commerciale ha avuto il coraggio di adottare un approccio narrativo critico verso la guerra mettendo in scena una storia psicologicamente devastante.
Il capitano Walker, inviato a Dubai con i suoi uomini durante una tempesta di sabbia di proporzioni epiche, si ritrova a dover rintracciare un eroe di guerra forse impazzito e soprattutto a confrontarsi con gli orrori della guerra e con gli effetti del disordine post-traumatico. La sua sarà una vera e propria discesa nelle tenebre, fra visioni di civili uccisi senza pietà, pianti disperati di soldati feriti e altro ancora.
In questa possente rappresentazione della violenza del conflitto, il riferimento dei programmatori è stato uno dei romanzi più importanti della letteratura in lingua inglese di fine ‘800 e la sua più famosa trasposizione cinematografica: Cuore di Tenebra di Joseph Conrad e Apocalypse Now di Francis Ford Coppola (1979).
Come Spec Ops: The Line, infatti, le sua due immortali opere ispiratrici sono strutturate sulla ricerca di un “eroe” (un agente coloniale disperso in Congo nel romanzo e un colonnello dell’esercito U.S.A. in Vietnam nel film) che col passare del tempo si rivela essere nient’altro che un mostro generato da una follia generata da avidità, corsa al potere e da una bestiale sete di sangue.
La potenza narrativa di Spec Ops: The Line e le sue complesse tematiche hanno fatto sì che venisse ricordato come uno dei più bei giochi sul tema del disagio psichico (ne parlavamo in questa story).
Joe Deaver’s Lone Wolf, originariamente progettato per device mobile e in seguito portato anche su console, è la più recente e interessante trasposizione videoludica della saga di Lupo Solitario, celeberrima serie di librigame fantasy portata avanti dall’autore Joe Deaver fra gli anni ’80 e i 2000. Nella sua ultima incarnazione, Lupo Solitario è uno splendido libro-gioco interattivo, strutturato in una serie di pagine virtuali suddivise in paragrafi collegati fra loro attraverso un sistema di intuitivi link.
Se però ciò non bastasse, Joe Dever’s Lone Wolf è nel suo piccolo memorabile per una confezione tecnico-artistica estremamente pregevole, con una serie di piacevoli animazioni che accompagnano la lettura e, ovviamente, vari splendide illustrazioni.
Per non parlare delle sezioni di combattimento, nelle quali il gameplay diventa quello di un gioco di combattimento a turni in tre dimensioni, che è davvero una gioia per gli occhi.
Se amate il genere, si tratta di un gioco da provare assolutamente.
H. P. Lovecraft e il suo immaginario sono tutt’ora le principali fonti d’ispirazione per il novanta percento dei videogiochi dell’orrore, ma c’è un titolo, uscito nel lontano 2002 e senza riferimenti palesi ai racconti, che forse è riuscito a cogliere uno degli elementi fondamentali degli scritti del Solitario di Providence: Eternal Darkness: Sanity’s Requiem del team Silicon Knights, uscito per Nintendo GameCube.
Cos’ha di speciale un Eternal Darkness rispetto a un Call of Cthulhu o un The Sinking City?
La capacità di costruire una storia epica che va oltre il tempo, raccontando di una linea di sangue maledetta che tramanda il suo male di generazione in generazione portando figure appartenenti a epiche diverse a confrontarsi con lo stesso indicibile orrore.
Tuttavia, a essere precisi più che di Lovecraft Eternal Darkness sembra essere figlio di uno dei suoi eredi più famosi ma sottovalutati, Clive Barker, autore di Hellraiser, saga horror che come Eternal Darkness è costruita sul rapporto fra una famiglia maledetta e un elemento malvagio che attraversa le epoche (in questo caso, un inquietante artefatto-il Cubo di Lemarchand).
Ispirazioni letterarie di alto livello per un videogioco che ha fatto scuola, e di cui molti ancor oggi reclamano un sequel.
Può uno dei più importanti FPS tattici della storia del gaming, soprattutto in ambiente online, avere un’origine letteraria?
Ma certo!
La saga di Tom Clancy’s Rainbow Six, i cui episodi mettono i giocatori al comando di un team antiterrorismo impegnato ad affrontare una serie di situazioni ad alto rischio in tutto il mondo, è stata la prima serie di Ubisoft tratta da un romanzo dell’autore di techno-thriller Tom Clancy.
Nel Rainbow Six letterario, fra i primi romanzi di Clancy, John Clark, ufficiale dei SEAL americani, forma un team internazionale di teste di cuoio con l’obiettivo di combattere un’organizzazione terroristica che mira a diffondere un nuovo tipo di virus letale, ritrovandosi però al centro di una storia torbida e ricca di colpi di scena.
Quello della squadra speciale sarà un lungo viaggio attraverso il globo, difficile e a ricco di adrenalina.
Una storia da perfetto best-seller, che assieme ai romanzi di Jack Ryan ha portato Clancy sulla cresta dell’onda. Soprattutto però, un plot letterario perfetto per costruire una serie di giochi tattici destinata a fare storia per più di vent’anni dal suo primo capitolo (1998).
Se Batman: Arkham Asylum, primo episodio della fortunatissima serie action di Rocksteady, fosse tratto da un qualsiasi altro fumetto di Batman, probabilmente non avrebbe meritato un posto in questa classifica, ma il videogioco del 2009 è ha il pregio di essere basato su una delle più belle graphic novel di ogni tempo.
Pubblicata nel 1987, Batman-Arkam Asylum di Grant Morrison e Dave McKean è una strepitosa storia autoconclusiva nella quale i più pericolosi criminali di Gotham City prendono il controllo del manicomio di Arkham, plot ereditato dal videogioco.
A differenza di quest’ultimo, tuttavia, la graphic novel di Morrison e McKean è un thriller psicologico ammantato di elementi esoterici che esplora i retroscena “psicanalitici” della figura di Batman, tracciandone un ritratto mai così umano, struggente e conturbante. Elementi certo ripresi anche dagli sceneggiatori di Rocksteady, che tuttavia scelgono comprensibilmente di narrare una versione della storia molto più soft e mainstream.
Una semplificazione necessaria data la natura commerciale del progetto, ma che non elimina del tutto gli elementi più belli e affascinanti della controparte cartacea, come abbiamo ricordato in questo speciale per il decimo anniversario del gioco.
Eh già, anche se sembra strano anche Assassin’s Creed rientra in questa lista, in maniera roambolesca: Jane Raymond, autrice del soggetto originale del videogioco Ubisoft del 2007, prese infatti spunto da un romanzo d’avventura del 1938, Alamut, di Vladimir Bartol.
In esso l’autore sloveno mette in scena la storia della fantomatica Confraternita degli Assassini (organizzazione realmente esistita) che, fra XI e XII secolo, lotta per imporsi come potenza politica.
In particolare, Alamut narra la storia di Halima e Tahir, due giovani che arrivano alla fortezza per unirsi alla setta e farsi strada in essa. Seguendone l’addestramento entriamo a conoscenza di un misterioso piano della Setta per cambiare le sorti dell’umanità e seguiamo la sua lotta per la propria sopravvivenza.
Un po’ romanzo d’avventura, un po’ storia imbevuta di sana fascinazione per l’oriente e per le sue filosofie, Alamut contiene in sé alcuni elementi centrali della storia di Assassin’s Creed, a cominciare alla massima “niente è reale, tutto è lecito” (resa però nel romanzo con “Nulla è reale, ogni cosa è permessa”), ovviamente rielaborati nella trasposizione videoludica.
Sorpresi?
Tanti, tantissimi sono i videogiochi tratti da romanzi o racconti più o meno famosi comparsi sulla scena negli ultimi quarant’anni di storia del videogioco, fra tripla A, piccoli indie od onesti progetti di fascia media che hanno attinto dalla letteratura per costruire storie memorabili.
Queste sono le nostre sette scelte di oggi, che includono anche pezzi grossi del mercato, ma siamo certi di esserci dimenticati qualcosa: cos’altro ci consigliereste? C’è qualche gioco tratto dalla narrativa che abbiamo dimenticato per strada?
Diteci la vostra nei commenti, vi aspettiamo per una bella chiacchierata.
This post was published on 23 Dicembre 2020 13:00
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