Qualche giorno fa si sono svolti i The Game Awards, premi che – alla fine di ogni anno – vengono assegnati agli ultimi videogiochi usciti sul mercato. É stato un anno abbastanza proficuo per i titoli usciti sulla generazione di console appena finita. The Last of Us Part II è stato il titolo più premiato, portandosi a casa ben sette statuette.
A seguire, nella categoria Games of Impact, ha vinto uno degli ultimi titoli prodotti da Dontnod Entertainment, casa madre che ha dato alla luce titoli quali Life is Strange e il recente Twin Mirror (trovate la recensione qui).
Il riconoscimento di questi due titoli sono fondamentali per l’industria videoludica tripla A e la comunità LGBTQ perché hanno al loro interno personaggi transgender.
Seppur alcuni personaggi avessero già fatto la loro, timida, comparsa nell’industria videoludica anni fa, mai come adesso i personaggi transgender vengono rappresentati in titoli di successo come personaggi a tutto tondo, con un background chiaro e definito.
In passato, personaggi LGBTQ venivano rappresentati in chiave comica e ridicolizzante puntando più sul gioco dell’ambiguità, lasciando da parte un approccio più psicologico e maturo alla questione.
Di fatti, i personaggi con queste caratteristiche erano secondari, non molto rilevanti per la trama, di contorno, come Lala Escargot in Persona 5, ad esempio, o definiti genericamente come intersex, nel caso della Strega Adele in Final Fantasy VIII.
Perché è importante parlare di ruolo di rilievo?
Rappresentare personaggi transgender secondo le caratteristiche suddette, strappando risatine ed ilarità generale non fa altro che rafforzare uno stereotipo sbagliato e una rappresentazione erronea della comunità. È invece importante che anche le persone transgender possano avere qualcuno in cui identificarsi, rielaborando il loro vissuto di pari passo con quello del fictional character di riferimento (a maggior ragione se è il principale), sentendosi parte di quel mondo.
Non a caso, dopo l’uscita di The Last of Us Part II, molte persone hanno avuto il coraggio di fare coming out nella propria famiglia o nella loro cerchia di amici, perché si sono identificate con l’amore e il dolore di Ellie, Dina o Lev.
Naughty Dog è riuscita a rappresentare egregiamente un personaggio transgender come Lev (conosciuta prima come Lily) infatti, durante la storia, noi videogiocatori quasi non mettiamo in discussione la sua identità sessuale. Non stiamo lì a chiederci come è giusto chiamarlo, quali sono i pronomi corretti da usare, se è giusto o sbagliato ciò che sta facendo. É la sua storia personale e noi la accettiamo con tranquillità: funziona come un monito per farci capire che, fondamentalmente, non ce ne frega nulla di come si chiamava prima Lev e che tutte le discussioni, l’indignazione che sfocia sui forum di Internet non valgono a nulla. Lev è un personaggio che funziona perché è estremamente realistico e genuino, è il risultato di tanto dolore tenuto dentro e sfociato in ribellione, nella rottura di schemi rigidi e nella ricerca del proprio sé.
Invece, Tell Me Why è un videogioco che funge un po’ da vera e propria chiave di svolta per la comunità transgender: per la prima volta in un videogioco mainstream, viene rappresentato il protagonista come transgender, non un personaggio di contorno, o addirittura un cameo.
L’identità sessuale di Tyler, protagonista del gioco, però non è il fulcro del plot.
Tell Me Why è una storia di legami, si basa sul rapporto di due gemelli, sulla loro famiglia, sull’amore e sulla perdita. Senza dubbio Tyler è un personaggio che – nel suo sviluppo – ha provato sofferenza per poi arrivare alla liberatoria rinascita.
Come dice Dani Cross, in The Digital Fix, l’accettazione delle persone trans è ancora un percorso in salita ma qualcosa sta, pian piano, cambiando. Media come il cinema, le serie TV e i videogiochi stanno dando una grande mano in questo percorso faticoso, e sono dei mezzi davvero molto influenti soprattutto sulle nuove generazioni di nativi digitali, ed efficaci quando si tratta di descrivere un determinato gruppo di individui. Non più personaggi da sitcom, ribadisce Cross, ma personaggi di storie significative, che valgono la pena di essere raccontate, storie narrate per aiutare e per essere una “luce” per persone smarrite e che cercano conforto in sé stesse, o utili per fare chiarezza e far avvicinare le persone ad un tema a loro sconosciuto.
In inglese c’è un termine che rende molto l’idea di cosa significa raccontare una storia come quella di Tell Me Why o The Last of Us Part II: push the boundaries.
Spostare i confini, superare i limiti, allargare gli orizzonti. Ogni racconto è conoscenza, è un mezzo per viaggiare e scoprire. In questo periodo storico di incertezza e di totale sedentarietà, in cui non ci è permesso viaggiare, abbiamo un grande vantaggio, noi videogiocatori (e non solo): scoprire e conoscere storie diverse dal nostro quotidiano, comprendere tutte le sfumature degli esseri umani ed esserne consapevoli che esistono altre realtà diverse dal nostro piccolo guscio, che ci sono persone che vivono e cercano – con difficoltà – il proprio posto nel mondo, dopo mille porte chiuse e un’ignoranza di fondo difficile da scalfire.
C’è un caso nel mondo dei videogiochi davvero emblematico riguardo al tema che coinvolge l’indie Celeste. Celeste è un platform sviluppato, come prototipo, durante una game jam. Il gioco, successivamente, è stato ampliato ed arricchito, debuttando sulle principali piattaforme videoludiche nel corso del 2018. La storia parla di Madeleine, una ragazza affetta da depressione che decide di scalare un’alta montagna (si può pensare che la montagna è un’allegoria) per superare le sue ansie. Si fa forza e inizia a scalarla, nel suo lungo cammino troverà un giovane fotografo (oltre a personaggi secondari) di cui si innamorerà.
Nel corso del 2019, esce un DLC di Celeste intitolato Farewell, in cui vengono mostrate, sotto forma di cameo, due bandierine nella camera di Madeleine: una arcobaleno, l’altra con i colori identificativi dell’orgoglio transessuale. Su internet si sono riversati gli utenti in decine di forum: speculazioni, curiosità, riguardo la presunta transessualità di Madeleine.
Per “zittire” la community, la producer di Celeste ha detto la sua riguardo la sessualità di Madeleine, identificandola come transgender.
Durante le fasi di sviluppo, il background di Madeleine era molto diverso, era una ragazza depressa che andava contro un percorso introspettivo molto complicato. Inconsapevolmente, i dissidi interiori della ragazzina erano gli stessi che viveva Maddy Thompson, producer del gioco, che lentamente stava scoprendo la sua identità. Adesso, Maddy si identifica come non-binary cambiando il suo precedente nome di battesimo (cosiddetto, deadname). Celeste ha quindi avuto una doppia valenza: essere una linea guida per qualsiasi persona fragile (non solo per coloro alla ricerca della propria identità sessuale) ma anche un monito e una celata intenzione da parte di Maddy, fino ad allora ignara del suo destino.