Finalmente, dopo anni di attesa, è arrivato sul mercato Cyberpunk 2077, uno dei videogiochi più bramati, chiacchierati e sui quali più si è speculato di un decennio che ha visto l’action-rpg raggiungere picchi di maturità straordinari e che oggi attende l’ultimo gioco CD Projekt Red come il messia di una nuova era per il genere.
Ma Cyberpunk 2077 non è solo il tentativo dei programmatori polacchi di varcare un nuovo limite e di portare il loro genere prediletto a un nuovo livello di complessità. CB 2077 si propone anche come la somma espressione e l’omaggio definitivo a un tema centrale nella storia della cultura pop (e non solo) fin dagli anni ’80.
Per prepararci spiritualmente a questa grande avventura, oggi vi presentiamo ben otto opere d’intrattenimento (più una playlist musicale curata dal nostro responsabile Daniele e da Graziano Salini) per entrare nel giusto “mood da Night City”.
Avete messo “play“?
Bene, iniziamo!
Come altre voghe della narrativa fantastica, anche il cyberpunk ha una sua opera iniziatrice, un romanzo che ha dettato le coordinate per l’intero genere per quel che riguarda tematiche, stile, atmosfere tipiche.
Il libro è ovviamente Neuromante, di William Gibson, pubblicato nel 1984.
In un futuro dominato dall’alta finanza, da complesse reti di computer e dalla malavita, Case, hacker esperto in grado di intrufolarsi nel cyberpazio, si mette contro le persone sbagliate, un’organizzazione criminale che per vendetta per uno sgarbo brucia le sue sinapsi e gli rende impossibile fare il suo lavoro.
Tutto sembra perduto, fino a quando Case non si ritrova di fronte l’ambiguo Armitage, uomo potente che, in cambio di una cura, una propone a una pericolosa missione per recuperare informazioni molto importanti.
Inutile dire che sarà una dura impresa.
In Neuromante-romanzo dalla scrittura complessa, profonda, ricca, e dalle atmosfere conturbanti-troviamo tutto quel che sarà presente nell’immaginario cyberpunk dei trent’anni successivi: dall’influsso della psichedelia anni ’60 e ’70 all’ambientazione dominata da agglomerati urbani sporchi e degradati, per arrivare agli innesti artificiali e al tema della realtà virtuale.
Il futuro immaginato da Gibson si discosta del tutto da quello degli scrittori della golden e silver age della fantascienza, come Asimov. Al posto di un mondo (fin troppo) perfetto, dominato da leggi armonizzate e da una robotica tutto sommato positiva, troviamo un incubo fatto di inquinamento, decadenza, utilizzo della tecnologia per scopi poco chiari ma, soprattutto, senza speranza.
Riprendendo in parte un altro capolavoro, Ma gli Androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick, Gibson ha messo sul piatto una fantascienza sporca, ambigua, impegnata e critica verso il futuro, da utilizzare anche come strumento di riflessione su una fine di secolo che all’epoca appariva sempre più simbolo di incertezze e di mutamenti pericolosi.
Cosa altrettanto importante, Gibson aveva dato il la per una rivoluzione artistica di cui Cyberpunk (gdr o videogioco che sia) è figlio diretto.
Per quanto nato due anni prima di Neuromante e basato su un altro romanzo, il già citato Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Dick, Blade Runner (1982) è un film che porta sullo schermo tantissimi elementi cyberpunk, pur discostandosi dal genere per alcuni aspetti.
In questo capolavoro assoluto del cinema di ogni tempo (tanto famoso da spingerci a non perdere tempo a raccontarne la trama), la caccia di Deckard ai temuti replicanti avviene in una Los Angeles che sembra la perfetta copia della Night City di Neuromante e Cyberpunk 2077, un agglomerato di sprawl dalle forti influenze nipponiche in cui a dominare sono l’ossessione per la perfezione, un’attrazione quasi patologica per l’esotico, una depressione cronica basata sulla speranza di una fuga in lontane colonie extra-mondo.
In Blade Runner, tuttavia, la speranza in un “mondo migliore” non è perduta: i suoi protagonisti sperano ancora di poter costruire qualcos’altro, di poter riportare una tecnologia all’apparenza ormai fuori controllo a una dimensione più umana, di vivere una vita “normale”. Di fatto, Blade Runner è quasi un film di confine in cui i moti “rivoluzionari” della fantascienza proto-cyberpunk convivono con un cinema dallo spirito hollywoodiano fortemente classico, fatto di influenze del noir e del film romantico.
Tuttavia, anche se il pessimismo di fondo è solo più ammorbidito rispetto ad altre opere, il nostro miglior suggerimento per cominciare ad assaporare un po’ di Cyberpunk 2077 prima di gettarvi di fronte al monitor non può che essere una bella serata in compagnia di questo classico (rigorosamente nella sua versione originale, nel terribile caso che non l’abbiate mai visto).
Uscito nel 1982, Akira di Katsuhiro è un manga che porta sulle sue pagine tantissimi elementi del genere, in modo miracoloso: uscito in contemporanea con Blade Runner e tre anni prima che Neuromante arrivasse in Giappone, è riuscito a inserire nella letteratura a disegni giapponese moltissime delle loro suggestioni.
C’è la città futuristica e decadente (Neo-Tokyo), c’è la tecnologia imperante, ci sono masse di poveri che vivono al margine della società, il rapporto oppressivo fra il potere (assoluto) e individuo, un fondamentalismo religioso strisciante, ma soprattutto c’è uno spirito politico comune.
Come il Cyberpunk era per autori statunitensi delle origini del genere come Gibson un modo per parlare di un’America ormai corrotta e malata, per Otomo immaginare Neo Tokyo è il modo migliore per raccontare qualcosa del Giappone post-bellico, vittima degli ultimi effetti della sconfitta da parte degli U.S.A. e del loro colonialismo culturale, così come della precarietà sociale che questa situazione ha generato in alcuni ceti.
Mentre il Giappone entrava in un decennio che ne avrebbe decretato l’ascesa definitiva come potenza tecnologia mondiale e la cultura digitale diventava il cavallo di battaglia di questo processo, Otomo immaginava un futuro oscuro e senza speranza, le cui basi erano state gettate dai peccati del passato (l’imperialismo nipponico, la seconda guerra mondiale e tutti i loro frutti).
Ogni grande narrazione cyberpunk struttura il suo immaginario alternativo su una tecnologia o un’innovazione fittizia e sulle sue ripercussioni sociali, ed è esattamente su questo che ti basa Altered Carbon, serie tv Netflix del 2018 purtroppo stoppata nel corso di quest’anno.
Anno 2384: una tecnologia straordinaria permette di immagazzinare la propria personalità (o dovremmo parlare di anima?) all’interno di una “pila corticale”, un supporto digitale impiantato nella colonna vertebrale. L’effetto di ciò è evidente: di fatto, l’uomo ha raggiunto una strana immortalità, che permette a ricordi, esperienze e identità di ogni persona di sopravvivere alla morte del corpo fisico attraverso il trapianto della “pila” in un nuovo “contenitore in pelle e ossa”.
Gli effetti sociali sono incredibili, l’opinione pubblica si spacca sulla giustezza o meno della nuova tecnologia e i più fortunati possono scegliere in quale corpo potranno “reincarnarsi” nella prossima vita.
Nella serie, tratta da un romanzo di Richard K. Morgan, seguiamo le vicende di Takeshi Kovacs, un militare incaricato di indagare sulla morte del ricco Laurens Bancroft (ovviamente reincarnato in un altro corpo dopo il suo omicidio), oltre che le complesse implicazioni sociali di questo evento.
Anche in questo caso, per quanto le tematiche tipiche del cyberpunk puro siano tenute sotto controllo da uno spirito più mainstream e meno impegnato filosoficamente o politicamente, Altered Carbon è un ottimo modo per fare una bella scorpacciata di architettura fantascientifica decadente, complessi dilemmi a base di tecnologia e bioetica e di belle scene d’azione dal retrogusto pulp. L’ideale per staccare un po’ da Cyberpunk 2077, pur rimanendo nel giusto mood.
Come Altered Carbon, anche il setting dell’anime thriller-sci-fi Psycho-Pass si basa su una tecnologia imperante che finisce inevitabilmente per cambiare la vita di miliardi di persone e, in questo caso, il mondo della caccia al crimine.
In un mondo in cui la tecnologia permette di sottoporre a controllo lo stato mentale delle persone, le autorità possono tenere a bada la loro attitudine al crimine.
Se il cosiddetto “coefficiente di criminalità” di una persona passa la soglia di allarme, scatta la caccia all’uomo, ritenuto un pericolo per la società.
È in questa cornice che Akane Tsunemori, ispettore della polizia, si unisce agli esecutori, corpo speciale formato da criminali latenti che sfruttano la loro devianza per mettersi sulle tracce dei “loro simili”.
Il risultato è uno shock per la ragazza: il coefficiente di criminalità è infatti un parametro tanto arbitrario quanto ineluttabile, e per la polizia anche solo aiutare uno squilibrato che ci ha presi in ostaggio potrebbe generare una devianza e condurci all’arresto o all’eliminazione fisica.
Nella miglior tradizione cyberpunk, Psycho-Pass è un anime che analizza una distopia fantascientifica brutale e violenta, in cui la società ha controllo assoluto sull’individuo e quest’ultimo si ritrova a non essere altro che un ingranaggio infinitesimale che potrebbe essere spazzato via in ogni momento.
Cyberpunk 2077 non è certo il primo videogioco a trattare atmosfere futuristiche e malate, anzi la lista è lunghissima.
In particolare, potrete facilmente scoprire dieci grandi videogiochi che in passato ci hanno già permesso di inoltrarci nel genere cyberpunk grazie a questo bello speciale della nostra Pia, ma io ho deciso di raccontarvi di un gioco più di nicchia che prende le mosse da atmosfere deliziosamente cyberpunk per virare poi verso l’horror psicologico e il thriller: Observer, di Bloober Team.
Uscito nel 2017, Observer ci porta in una Cracovia iper-tecnologica, sporca e decadente nei panni di Daniel Lazarski, un Osservatore, ovvero un detective in grado di hackerare le menti dei sospetti ed entrare in esse in modo da carpire loro informazioni.
In un’atmosfera cupa e oppressiva, Daniel dovrà farsi largo in un incubo a occhi aperti in cui il cyberpunk più distopico e senza speranza si somma a un perfetto racconto nero.
Certo Observer non è stato il primo gioco ad aver avuto l’interessante idea di unire i due generi: già nel 1996, il punta-e-clicca Ripper di Take Two Interactive aveva immaginato cosa sarebbe accaduto se una cupa vicenda à-la Jack-lo-squartatore fosse stata inserita nello stesso contesto di un film come Blade Runner.
Il risultato?
Un tripudio di violenza efferata, affascinanti viaggi nella realtà virtuale e una colonna sonora da brividi sulla quale spicca Don’t Fear the Reaper dei Blue Oyster Cult.
Cosa curiosa, sia Observer che Ripper hanno nei loro cast di “prestavolto digitali” due giganti del cinema americano anni ’70-’80: Rutger Hauer (nostro alter-ego in Observer, oltre che volto iconico di Blade Runner) e Christopher Walken (poliziotto rude e spietato in Ripper).
In un mondo dominato dall’Alta Finanza come quello di Cyberpunk 2077, a farla da padrone sono principalmente le spietate Corporazioni, conglomerati di aziende multinazionali che hanno sostituito le nazioni tradizionali instaurando delle vere e proprie oclocrazie finanziarie. Mentre le popolazioni degli sprawl vivono sulla soglia della povertà, i giganti dell’industria controllano la società dai loro palazzi dorati come re, amministrando miliardi di persone e gestendo patrimoni straordinari.
Android Netrunner, gioco di carte di Richard Garfield e Lukas Litzinger, basa il suo setting e la sua meccanica proprio sul confronto fra le feroci Corporazioni (quattro: Haas-Biodrid, Jinteki, NBN e Weyland) e un manipolo di hacker che mira a distruggere il loro strapotere.
Dotato di una struttura orgogliosamente asimmetrica (con due mazzi di diverso tipo, uno per i Runner-gli hacker, attaccanti-e una per le Corporazioni), Android Netrunner ci cala in uno scontro cybernetico sul filo del rasoio, mettendo in scena una delle tematiche ricorrenti del genere Cyberpunk, visto in storie come Neuromante o Johnny Mnemonic.
Uno scontro all’ultimo byte, nel quale in gioco c’è il destino della società.
Infine, ultima grande opera che vi consigliamo per accompagnare la vostra immersione nel nuovo videogioco CD Projekt Red non può che essere il gioco di ruolo dal quale tutto è iniziato: Cyberpunk 2020, pubblicato per la prima volta nel 1988, uno dei gdr pen-&-paper più importanti nella storia del medium.
Basato su un sistema regolistico in grado di mettere nelle nostre mani un personaggio di un mondo in cui le modificazioni del corpo e i potenziamenti sono all’ordine del giorno, Cyberpunk non è adatto solo per coloro che da oggi in poi potrebbero venire risucchiati nel gorgo della sua controparte digitale, ma anche a persone amanti di un gioco di ruolo incentrato sulla simulazione di un contesto sociale complesso, esotico, in grado di dare molti spunti di riflessione.
Che il nostro obiettivo sia infiltrarci in uno shuttle extra-orbitale o semplicemente quello di indagare su un omicidio nello sprawl cittadino, Cyberpunk 2020 permette di giocare di ruolo con una fantascienza rude, sporca, violenta, in cui persino hackerare un computer può comportare un rischio per noi stessi.
Volete immergervi in questo mondo? Allora vi consigliamo di cominciare a farlo con la nostra guida introduttiva al setting e al regolamento, completa di versione PDF scaricabile, redatta da Antonio Micolucci.
Poche altre invenzioni narrative hanno saputo condizionare l’immaginario collettivo come le creature di Gibson, Otomo o di Ridley Scott, creando un nuovo gusto, nuove storie e nuove icone pop.
Cyberpunk 2077 promette di far tornare sulla bocca di tutti questo setting e, in caso presto non sapeste come placare la vostra fame di innesti, città futuristiche e realtà virtuale, non avete che l’imbarazzo della scelta.
E ora andiamo: abbiamo una città da bruciare.
This post was published on 10 Dicembre 2020 13:00
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