Per capire l’importanza del mercato del gaming nell’economia dell’intrattenimento digitale, sarebbe sufficiente tenere d’occhio i numeri che, sempre più spesso, ci vengono presentati da società specializzate in analisi di mercato. Si tratta di dati disponibili spesso in modo gratuito, e costantemente aggiornati sulla base dei report di vendita il cui trend è ormai in crescita costante. La società Newzoo, in particolare, ha pubblicato il suo aggiornamento quadrimestrale circa i ricavi del mercato gaming su scala globale, dal cui studio consegue un ritocco al rialzo circa le stime di incremento dei guadagni dell’industria, quantificate nell’incredibile grandezza del 19,6% in più rispetto all’anno precedente, per un incasso totale nel 2020 prospettato di 175 miliardi di dollari!
Per renderci conto del valore di questo dato, basti pensare che nel 2018 il fatturato globale delle industrie cinematografiche e musicali ammontava a 78 miliardi (42 cinema + 36 musica). Insomma è ormai un fatto assodato che il gaming sia il settore più redditizio del mercato dell’intrattenimento digitale, e il divario rispetto agli altri settori si allarga sempre più di anno in anno. Il report di Newzoo ha superato le stime di crescita degli stessi analisti, con un eccedenza di ben 15 miliardi rispetto alle previsioni effettuate a inizio pandemia. È evidente insomma che il dilagare del COVID in tutto il mondo abbia favorito enormemente la crescita del mercato dei videogiochi, che andava già bene di suo. Vale dunque la pena di entrare nel merito di questi numeri per analizzare le tendenze di questo pazzo 2020.
Basta dare un’occhiata veloce al grafico qui sopra per rendersi conto della floridità del mercato in questione: i tassi di crescita Year-on-Year (quindi rispetto le 2019) si registrano positivi in tutto il mondo, e a doppia cifra! Sono in particolare due i numeri più impressionanti: + 30,2% di crescita del mercato mediorientale ed africano (un incremento davvero abnorme, sebbene in termini assoluti la zona geografica in questione rappresenti una fetta minoritaria della totalità dei ricavi; ma con una crescita del genere, nei prossimi anni possiamo aspettarci che ricoprirà quote sempre più rilevanti) e quel 48% ad indicare che quasi la metà di tutti i ricavi dell’industria proviene dal mercato asiatico: ciò si deve in buona parte al sempre maggior protagonismo della Cina, che genera da sola 44 miliardi di dollari di fatturato, grazie alla sempre più prorompente apertura del suo mercato interno, composto da miliardi di potenziali videogiocatori, nonché da conglomerati di aziende sviluppatrici ed editrici in continua espansione. Qualche esempio? L’acquisto di Riot Games da parte di Tencent, che diviene quindi proprietaria dell’IP League of Legends; il possesso, sempre da parte di Tencent, del 40% di Epic Games e di quote di minoranza di altri colossi occidentali quali Activision-Blizzard, Paradox e Ubisoft; il recente successo mondiale di Genshin Impact, che ha dimostrato il valore della software house MiHoYo, in grado di sviluppare un titolo che possiede appeal per un pubblico globale.
Si diceva sopra che la pandemia ha avuto effetti positivi sul mercato del gaming: è senz’altro vero che, in tempi di lockdown e distanziamento sociale, giocare online con i propri amici sia stato un sollievo psicologico notevole per molte persone, ed abbia contribuito alla crescita del pubblico di ogni parte del mondo. Precedenti ricerche statistiche di Newzoo hanno evidenziato come la socializzazione figuri al secondo posto delle principali motivazioni che hanno spinto l’utenza a spendere il proprio tempo videogiocando: in questo caso la parte del leone l’hanno ovviamente avuta i videogiochi online, si spiega così il successo di titoli come Fall Guys o Among Us, andati al di là di ogni più rosea previsione degli sviluppatori. Non è il caso di entrare nella disamina di singoli titoli, ma per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno, basti dire che ad agosto di quest’anno le dirette Twitch dedicate a Fall Guys hanno raggiunto picchi di 40 milioni di ore di visualizzazione da parte del pubblico: più di Fortnite, CoD e Minecraft!
Non solo si gioca sempre di più in tutto il mondo; anche il “dove e come” si gioca registra valori incrementali su qualunque piattaforma presa in esame: mobile, PC e console, come mostra il grafico sottostante. Da questo si coglie la sempre maggiore importanza del gioco in mobilità, che genera quasi la metà dei ricavi totali dell’industria, con buona pace degli odiatori del casual gaming.
Il mobile gaming non è solo il settore più redditizio, ma anche quello in maggior crescita, e il perché è presto detto: quasi tutti, ormai, hanno uno smartphone, e di conseguenza dispongono delle risorse hardware per eseguire un gioco in mobilità. Questa è senz’altro la principale ragione che ha incentivato l’ingresso nel mercato gaming di una fascia di utenti che difficilmente sarebbe stata disposta ad investire del denaro nell’acquisto di dispositivi ad hoc per videogiocare, a causa di gusto personale, pregiudizio, scarso interesse o mancanza di tempo. Viceversa, perché negarsi un livello di Candy Crush tra un viaggio in metro e l’altro? E il (video)gioco è fatto.
Ottimo risultato anche per le console: un +21% non era affatto scontato, dato che negli anni di cambio generazionale si è soliti osservare una flessione delle vendite hardware. Anche in questo caso il virus ci ha messo lo zampino, contribuendo a tenere alte le vendite. Per quanto riguarda il mercato PC, le flessione dei ricavi generati da browser games è stata quasi totalmente equilibrata da un aumento della vendita retail e e-store; sebbene la crescita Y-o-Y sia dunque più modesta rispetto alle altre piattaforme (+6,2%), si tratta comunque di un bilancio altamente positivo.
Si possono in definitiva trarre delle conclusioni entusiasmanti: se i tassi di crescita dovessero mantenersi costanti, nel 2023 l’industria del gaming arriverebbe a generare ricavi per l’astronomica cifra di 217,9 miliardi di dollari! Si tratterebbe, nel quinquennio 2018-2023, di un aumento di valore del mercato globale del gaming del 9,4%.
Ovviamente nessuno può prevedere il futuro prossimo, in particolare riguardo all’evoluzione della pandemia da Coronavirus: se le misure restrittive (necessarie, sia chiaro!) dovessero perdurare ancora a lungo, la contrazione risultante potrebbe risultare in una fase depressiva dell’economia, con conseguenti riduzioni delle spese per beni non di prima necessità, videogiochi compresi. Solo il tempo potrà darci risposte precise in tal senso, intanto possiamo rallegrarci di questi numeri, sintomo di un’industria quantomai fiorente e destinata ad entrare sempre più nelle scelte di intrattenimento della popolazione di tutto il mondo.
È utile, in conclusione, guardare al nostro paese: a settembre è stato pubblicato il rapporto IIDEA 2020, secondo cui l’Italia vanta una base di 17 milioni di videogiocatori, che nel 2019 ha generato ricavi per 1,78 miliardi di euro (+1,7% su base annua).
Numeri che segnano un andamento in crescita, in accordo dunque alle tendenze globali. Certamente si tratta di un settore economico modesto se rapportato ad altri paesi europei (si arriva a 4 miliardi in paesi come Francia, Germania e Regno Unito), ma in costante sviluppo. Il merito è anche del sempre maggior successo degli eSports, il cui aumento di pubblico e ricavi è stato monitorato sempre da IIDEA: potete conoscere i dettagli del Rapporto eSports 2020 tramite la nostra sintesi. Quello che ancora manca è una maggiore propensione agli investimenti, oltre che maggiori forme di sostegno statale, per ora molto timide, per quanto utili. Il problema è, in ultima analisi, strettamente culturale; questa infatti è l’idea del presidente di IIDEA Marco Saletta sulla questione:
In un momento storico in cui la transizione dell’industria manifatturiera dal lavoro umano a quello automatizzato sta mettendo in crisi le fondamenta del welfare di mezzo mondo, uno Stato che non punta sul futuro investendo su un settore come il nostro commette un errore di prospettiva macroscopico.
Sintetizza efficacemente Valerio Di Donato, CEO di 34BigThings:
Culturalmente siamo molto legati alla concezione fisica e pesante di industria: produrre bulloni è un lavoro serio, fare giocattoli o videogiochi chiaramente no.
Non tutto è perduto – le condizioni economiche del mercato di riferimento sono rosee ed il pubblico potenziale è in costante aumento in tutto il mondo – ma serve coraggio da parte delle imprese e delle istituzioni per non sprecare il momento favorevole alla nascita di una industria videoludica italiana finalmente matura e compiuta, che possa giocare un ruolo di primo piano sullo scenario internazionale.
Del resto, il mondo inizia a guardare all’Italia e alle sue software house più promettenti: sapevate che proprio 34BigThing è stata appena acquisita da THQ Nordic?
This post was published on 18 Novembre 2020 19:22
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