Aberystywth, Galles. 31 Ottobre 1898.
Koudelka Iasant è una bellissima ragazza dai poteri sovrannaturali, discendente da una comunità nomade di stanza in Galles. Alla vigilia della festa di Ognissanti, la giovane decide di avventurarsi nel monastero di Nemeton, alla ricerca di uno spirito da esorcizzare e condurre a sé. La ragazza ha poteri innati quali la pirocinesi e visioni del futuro. È proprio a causa di una visione, riguardante una donna che le chiede aiuto, che decide di recarsi nel monastero dove la donna le dice di andare e, sul posto, incontrerà altri due personaggi che andranno a formare un party davvero male assortito: un giovane ragazzo di buona famiglia, Edward Plunkett, biondino con un aspetto che vagamente ricorda Leon Kennedy ed il prete irlandese James O’Flaherty in “missione” nel vecchio monastero abbandonato per conto del Vaticano alla ricerca di un antico manoscritto.
I tre faranno conoscenza e stringeranno un patto di alleanza e cooperazione, insieme dovranno muoversi nelle lugubri e misteriose stanze del maestoso monastero gotico.
La location, davvero d’effetto, non è stata sempre un monastero, ma anche una prigione, una dimora di un santo ed infine un laboratorio di uno studioso di scienze occulte (guarda caso!): il risultato è un ambiente a dir poco infestato da demoni, spettri e creature simil-zombie. Queste creature demoniache sono lì presenti a seguito di una sorta di invocazione finita male di origine celtica, anche se la trama fa riferimento all’albero delle Sephirot della Cabala. Diciamo che l’ebraismo non è proprio in Irlanda ma… non facciamo domande.
La particolarità di un gioco come Koudelka è proprio la sua tetra atmosfera. La PS1 è stata un po’ la madre dei JRPG, ospitando vari capitoli che hanno fatto la storia del genere. Tuttavia, quando Persona e la serie Shin Megami Tensei erano ancora dei titoli un po’ relegati al mercato del Sol Levante, in Occidente apparivano timidi titoli come Koudelka o Parasite Eve della Squaresoft, fornendo ai videogiocatori qualcosa di diverso dai soliti canonici JRPG con ambientazioni fantasy e cartoonesche e lasciandosi ispirare dai grandi titoli survival horror di successo. Di fatti, Koudelka prende a piene mani da Resident Evil, soprattutto il primo, per le ambientazioni, i corridoi angusti e la gestione dell’inventario (molto limitato). Se Parasite Eve di Square ha sfumature fantascientifiche ed è ambientato in una moderna New York, Koudelka prende in prestito i gotici paesaggi gallesi per fare la differenza, l’atmosfera tetra e una grande villa da esplorare ricorda vagamente l’ottocentesca mansion di Alone in The Dark; A New Nightmare.
Koudelka fonde il tipico gameplay JRPG all’avventura esplorativa a tratti horror fatta di oggetti da recuperare ed enigmi da risolvere per poter andare avanti e sbloccare nuove aree di gioco. Il sistema di combattimento si basa sui turni, come la stragrande maggioranza dei JRPG dell’epoca, in cui è possibile muovere i personaggi su blocchi a scacchiera. Nel range di azioni ci sono l’attacco, il lancio di magie, l’uso di oggetti e l’opzione aspetta; le magie possono ovviamente essere lanciate da qualsiasi punto del campo, mentre per le azioni a distanza occorre avvicinarsi al nemico. La particolarità di Koudelka sta nel fatto che i nostri personaggi del party non hanno armi preimpostate; le armi vengono “droppate” dai nemici a fine scontro e hanno una durata limitata, una volta rotte dopo molti utilizzi vanno sostituite con alcune nuove. Koudelka, James e Edward possono combattere con pistole, tubi, asce, bombe o addirittura a mani nude.
Il risultato è senz’altro interessante e il design dei nemici è molto in linea con l’ambientazione del gioco, la grafica dei menù ricorda un po’ le pagine ingiallite dei vecchi libri e donano – nel complesso – un gusto retrò che non guasta. Tuttavia, le uniche note stonate e che spezzano l’atmosfera quasi onirica e lovecraftiana sono, prima di tutto, i movimenti dei personaggi, abbastanza legnosi e decisamente molto lenti, soprattutto nelle battaglie che sono tutt’altro che frenetiche e coinvolgenti, e poi la sensazione di ansia che ci regala l’ambiente lugubre e quasi claustrofobico dell’ex monastero viene completamente annullata a causa dei ripetitivi scontri casuali. Sarebbe stato bello combinare le fasi esplorative a là Resident Evil con un combat system ispirato a Parasite Eve perché in questo caso, purtroppo, un legnoso combattimento a turni davvero non ci sta.
Koudelka si sviluppa su ben quattro dischi ma allo stesso tempo non presenta una storia particolarmente longeva; si può completare in almeno 15 ore di campagna, decisamente breve rispetto ai soliti noti JRPG. Presenta tre finali: good, bad e true ma, malgrado la presenza di questi, ha davvero una scarsa rigiocabilità. Sbloccare il finale sbagliato significa praticamente perdere nello scontro con il boss finale; sbloccare il good vi basterà vincere. Il true ending è comunque molto semplice da ottenere: Koudelka, mentre entrerà di soppiatto nel monastero, perderà un ciondolo che apparteneva – da generazioni – alla sua famiglia d’origine; ritrovarlo fa parte della trama e l’unica cosa da fare, per sbloccare il true ending è tenerlo nell’inventario. È possibile buttare l’oggetto se non siete particolarmente attenti, tra il marasma di armi e altri accessori che dropperete dai nemici, l’unico consiglio in questo caso è: fate attenzione.
Koudelka è davvero un gioco perfetto per l’atmosfera autunnale, in particolar modo, è decisamente adatto per essere giocato alle porte del 31 Ottobre. Non per altro, tutta la storia della giovane gitana e del suo strambo party si svolge proprio nel corso della notte di Halloween.
Da dove nasce Koudelka? Koudelka prende il nome dal celebre fotografo di strada ceco Josef Koudelka, famoso per fotografare famiglie di zingari; non per nulla, Koudelka Iasant è una gitana born and raised.
L’ambizioso e particolare progetto nasce dalla mente di Hiroki Kikuta che di professione faceva il compositore per alcuni videogiochi in Squaresoft. La leggenda vuole che Kikuta, stanco di vedere JRPG con tematiche ed ambientazioni per la stragrande maggioranza tutti uguali (scenario fantasy e molto colorato, personaggi super-deformed e che dir si voglia) ebbe l’idea di progettare un JRPG dai contenuti maturi e con uno stile che fa riferimento ai classici di Lovecraft e, soprattutto, a Il Nome Della Rosa di Umberto Eco, da cui trae ispirazione. Sulle basi di queste idee, Kikuta e altri ex-dipendenti Square crearono Sacnoth, una software house che come obiettivo aveva quello di portare al grande pubblico dei JRPG così ricercati.
Kikuta si impegnò tanto a studiare il folklore gitano e britannico del XIX Secolo e visitò il Galles di persona, informandosi su gran parte della letteratura europea e scattando foto alle mastodontiche cattedrali gotiche. Lasciandosi ispirare dalle tetre atmosfere grigie e vittoriane, tornò in Giappone con un’idea ben chiara di Koudelka. Il gioco debutterà nel 2000 e vedrà Kikuta alla sceneggiatura, alla regia e anche alle musiche (la punta di diamante del titolo). Tuttavia, i difetti suddetti per quanto riguarda la legnosità, i personaggi che sono caratterizzati bene ma non così indimenticabili, e la carica ansiogena che viene soppiantata da estenuanti battaglie casuali, fanno sì che Koudelka non viene ricordato dalla maggioranza; oltre a questo, complice la scarsa presenza di Koudelka sul mercato occidentale, soprattutto europeo, ha contribuito alla breve popolarità del titolo.
L’immedesimazione da parte del giocatore nei tre personaggi è molto particolare poiché essi, per quanto strambi o eccentrici, risultano essere particolarmente credibili e reali in un contesto che racchiude al suo interno i temi tipici del racconto dell’orrore: paranormale, occultismo, riferimenti alla cultura celtica e alla religione, tutti elementi che creano un fascino particolare e fungono da catalizzatori per l’immersione nella storia ben raccontata e mai banale. I personaggi affrontano le vicende con maturità senza cadere nel cliché dell’impavido eroe che salva il mondo.
Koudelka nasce e finisce in una notte, così come la trama che termina con i titoli di coda, senza nulla da aggiungere, senza superfluo. Solo il necessario. Come un libro: tutto quello che ha da dire scorre tra le sue pagine, Koudelka è questo, un ottimo racconto dell’orrore.
Eppure una traccia di Koudelka c’è da qualche parte: Kikuta, a causa delle scarse vendite di Koudelka abbandona Sacnoth; senza la sua guida, lo studio prende nome di Nautilus e pubblica la trilogia di Shadow Hearts, uscito su PS2 e considerato, da molti, uno dei migliori JRPG sul monolite nero malgrado nell’immediato non conquistò il successo sperato. Come Koudelka, Shadow Hearts è ispirato a racconti dell’occulto e fenomeni paranormali, ambientato nell’Europa di inizio Novecento, seppe regalare allo stesso tempo una storia soddisfacente e matura; Koudelka Iasant inoltre fu protagonista di un piccolo cameo.
This post was published on 10 Ottobre 2020 10:30
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