Il 2020 non è esattamente quello che potremmo definire un anno tranquillo e rilassato, tra pandemie, crisi economiche, crisi climatiche e generici problemi personali con cui magari saremo dovuti venire alle mani tra una partita e l’altra ad un videogioco.
Il dualismo tra videogiochi e ansia è qualcosa che solitamente è stato trattato con dovizia di particolari da parte di differenti fonti. C’è chi è approcciato alla questione attraverso punti di vista molto rigidi e scientifici, consigliando prodotti che sono stati craftati appositamente per abbattere tale stato d’animo e chi invece prende la cosa più dall’interno, attraverso videogiochi che trattano tematiche vicine al mondo dell’ansia.
Oggi invece vediamo alcuni dei metodi videoludici non convenzionali che chi scrive utilizza per trattare gli stati d’animo ansiosi.
Niente menate ultrariflessive o prodotti in bilico tra il new age ed il videoludico. Oggi parliamo di videogiochi al massimo stramboidi che hanno il potere di attaccare l’ansia e smolecolarla, per un motivo o l’altro.
Partiamo subito con il motivo per cui all’improvviso mi è venuta voglia di scrivere questo articolo (che, ripeto, ha carattere personale). La saga di Katamari Damacy è una saga videoludica nata durante l’epoca Playstation 2 che è arrivata ai giorni nostri con un remake del primissimo capitolo tutto sommato molto divertente, perdendo per strada il suo folle creatore Keita Takahashi per divergenze di visione con il publisher Namco.
Definire Katamari Damacy inusuale è quantomeno riduttivo.
Il titolo di Takahashi ha dalla sua un gameplay completamente avulso da qualsiasi altra produzione venuta prima (e dopo) di lui, mettendo al centro di tutto una palla magica capace di accalappiare gli oggetti che tocca, rendendoli adesivi. Il giocatore, nei panni del principe delle stelle, avrà il compito di creare katamari sempre più grandi, seguendo direttive specifiche, appiccicando qualsiasi tipo di oggetto al suo artefatto rotolandoci sopra.
Molto spesso il metodo casalingo più semplice che abbiamo per affrontare uno stato d’animo ansioso è quello di riordinare la stanza in cui ci si trova.
Questo perché il processo di riordine funge quasi da tramite: riordinando la nostra stanza è come se virtualmente mettessimo in ordine la nostra mente, incapace di reagire agli stimoli classici.
In Katamari Damacy e nei suoi epigoni successivi far ingrandire il katamari assorbendo oggetti dona una sensazione molto simile.
A questo va aggiunto il mood in cui il gioco è immerso.
I colori pastello, le musiche completamente atipiche dal concetto di pathos ma deliziate da un totale gusto pop, i personaggi assolutamente e continuamente fuori da ogni grazia di dio per quanto sono fuori le righe sono gli ingredienti perfetti per staccare il cervello dal grigiore del quotidiano. Grazie Keita Takahashi per farci vivere con un po’ di ansia in meno ogni giorno di Katamari di più.
Questa potrebbe già far ridere per chi conosce il gioco in questione ma f i d a t e v i.
Non c’è nulla di meno ansiogeno di un videogioco che si prende il 100% delle tue capacità intellettive e ti mostra davanti ancora il peggio dell’umanità, in modo indefesso, ancora e ancora.
Dota 2 ha l’incredibile pregio di essere un pozzo senza fondo che odora di sterco di Grande Antico. Le meccaniche una volta masterate nascondono sempre utilizzi diversi, i personaggi possono variare in modo importante nel giro di due patch a causa di nuove build o di nuovi bilanciamenti, gli overhaul alla mappa di gioco aprono le porte a nuovi modi di concepire delle posizioni o di giocare determinate strategie. Una volta che si inizia a giocare, se si supera l’impossibile scoglio di difficoltà iniziale, difficilmente si riesce a tornare indietro.
Dota 2 è di conseguenza il chiodo perfetto per, almeno temporaneamente, schiacciare il chiodo ansioso che pulsa nel nostro cervello. Il titolo, specie se giocato senza velleità competitive con i propri amici, è una fabbrica di meme e permette sempre di trovare un contraltare alla propria miseria, sia esso il giocatore cirillofono sotto il chiaro effetto di sostanze di dubbia natura o il bersaglio delle vostre prossime maledizioni che tutt’ora si diverte a giocare personaggio X con oggetto Y.
Se si ha modo di approcciarsi al titolo con il giusto gruppo di persone non c’è ansia che tenga, vista anche la necessità del vostro cervello di concentrarsi su ciò che si sta facendo per evitare terribili figure di sterco.
Un buon metodo per far fronte agli stati d’animo ansiogeni per me è sempre stato il filtro della nostalgia, legato al retrogaming nel mondo dei videogiochi. Ci sono poche cose che funzionano come aprire il proprio MAME di fiducia e passare lì ad esplorare l’ennesimo SHMUP nipponico o un qualche arcade misconosciuto, con le musichine cheesy e la grafica blocchettosa.
Quanti termini idioti direte voi e “avete ragione” vi rispondo io. È piuttosto complicato poter definire a parole un certo tipo di retrogaming, specie quando il mondo dei videogiochi era molto meno sui binari di quanto non lo sia oggi.
Non ci sono generi precisi che incapsulano titoli come Bubble Bobble o Pengo, mentre non ci sono ancora gli aggettivi giusti per evocare correttamente i sentori che i videogiochi dell’epoca PS2 fanno risorgere nel cuore di chi li gioca.
Se da una parte abbiamo la giungla arcade dall’altra invece abbiamo gli incroci della sesta generazione. Crocevia con delle strade ben definite e qualche outcast; da una parte abbiamo gli sparatutto, dall’altra i platform, dall’altra le avventure action, ancora di là troviamo i giochi di ruolo nipponici e così via. Tutte queste strade, queste direzioni, odorano di tempi migliori, di sicurezze dovute alla giovinezza, sanno di comfy.
Se da qualche parte c’è una ragazza che studia ascoltando lo fi hip hop da qualche altra ci sarà una versione digitalizzata di me che gioca con la Playstation 2 in un salotto buio.
C’è qualcosa di losco e malato all’interno di Minecraft, così come c’è all’interno di Factorio e come invece è possibile trovarlo anche all’interno di videogiochi dall’atmosfera più bucolica come Stardew Valley.
Minecraft offre al giocatore la possibilità di modificare continuamente la realtà, Factorio quella di ottimizzarne la struttura al fine di raggiungere un obbiettivo, Stardew Valley restringe questi concetti alla campagna e alle relazioni sociali, così come Rollercoaster Tycoon lo fa con i parchi giochi o Theme Hospital con gli ospedali.
Questi videogiochi, a volte sandbox puri, a volte simulazioni, chiedono continuamente al cervello di riordinare concetti disordinati al fine di ottenere un risultato. Questa associazione fa il paio con la sopracitata analogia tra il riordinare una stanza ed il sistemare il proprio stato d’animo; ottimizzare processi a schermo funge quasi da tramite per l’ottimizzazione dei pensieri e della direzione di questi ultimi.
Vorrei far notare un distinguo che credo importante: non si tratta di lasciare che la creatività vinca sul resto, si tratta di permettere al cervello di impegnare le proprie risorse in un processo ordinato che quasi inconsciamente ispira il proprio mood a fare di meglio.
Difficile spiegare a parole i processi interni di una mente, me ne rendo perfettamente conto.
Ok questa potrebbe far triggerare i pro player ma così funziona.
Anzi, facciamola a mo’ di tutorial.
Aprite la versione versione preferita di Age Of Empires 2, iniziate una schermaglia singola contro una qualsiasi civiltà scegliendo la vostra civiltà preferita. La preferenza chiaramente dovrà essere fatta sulla base di quale architettura si preferisce, i powerplayer non hanno psicologicamente la capacità di provare ansia (si scherza).
Iniziate la schermaglia impostando una difficoltà sotto a medio, partite con risorse standard dall’alto medioevo e andate avanti, in modo indefinito. Arrivate ad ottenere tutte le tecnologie possibili e immaginabili, magari rushando economicamente per ottenere dello slancio sul vostro avversario.
Fortificatevi in maniera importante, costruite una meraviglia e lasciate che il tempo scada. Nel mentre create quartieri, case, chiese, università a iosa nel modo che preferite secondo le fogge che preferite.
Se avete seguito il tutorial vi ritroverete a vincere la partita in modo assolutamente pacifico, evitando inutili scontri fisici e dedicandovi ad Age Of Empires 2 con lo stesso stile con cui i monaci buddhisti si dedicano alla cura dei giardini zen.
Trasformate la vostra edizione preferita di AoE 2 nel vostro giardino zen ed impedite agli arieti avversari di avere l’effetto dei monsoni.
Funzionamento non garantito ma poco importa.
E questo e quanto.
Chi scrive non ha ansia diagnosticata da una figura ne sopratutto soffre particolarmente di ansia; l’articolo è stato scritto in seguito ad una mattinata un po’ triste risollevata da una mezz’ora su quella gioia di We Love Katamari.
Questo per dire che questo articolo non è un presidio medico chirurgico stile bugiardino medicinale ma è più un racconto di quali sono le tecniche che ho sviluppato nel corso della mia esperienza da videogiocatore per affrontare un certo tipo di tristezza spicciola e immotivata.
Magari anche voi ne avete uno o più, se si fateceli sapere nei commenti di questo articolo!
This post was published on 3 Ottobre 2020 18:23
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