Con God of War: dove tutto è iniziato continua la nostra rubrica settimanale #venerdìnostalgia dedicata al retrogaming. Ecco il nostro racconto di un gioco che ha dato vita ad una saga in grado di competere con grandi capolavori di fantascienza.
Se vi siete persi gli articoli precedenti dedicati al retrogaming potrete ritrovarli comodamente tutti a questo link. Troverete Final Fantasy, Resident Evil, Silent Hill, Winning Eleven e molte altre chicche raccolte solo per voi!
“Cantami, o Diva, del pelide Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco generose travolse alme d’eroi, e di cani e d’augelli orrido pasto lor salme abbandonò (così di Giove l’alto consiglio s’adempìa), da quando primamente disgiunse aspra contesa il re de’ prodi Atride e il divo Achille”. Inizia così l’Iliade, poema epico di Omero, primo vero assaggio di mitologia greca per molti di noi. La verità però, è che il primo amore con questi miti non è avvenuto tra i banchi di scuola.
Per una buona fetta di nati negli anni ’80 il primo vero contatto con la mitologia greca è avvenuto molti anni prima, con il cartone animato dei Cavalieri dello Zodiaco. Scontri epici, armature bellissime, peccato che all’epoca ancora mancasse qualcosa, ovvero la possibilità di vivere in prima persona certi scontri epici. Ecco dunque uscire, nel 2005, un gioco che ci avrebbe permesso di recuperare tutte le nostre lacune e di misurarci contro lo smisurato potere degli dei. Parlo ovviamente di God of War e delle gesta di Kratos, destinate a diventare leggenda.
Antica Grecia. Siamo su una delle vette più alte in assoluto. Un guerriero solitario sta per lanciarsi nel vuoto. Inizia così una delle storie più belle e coinvolgenti mai scritte per un videogioco, in grado di dare vita ad una saga tra le più amate, il cui quarto capitolo è da poco uscito sugli scaffali di tutto il mondo. Quel guerriero si chiama Kratos, ha un iconico tatuaggio rosso sangue, a ricordargli la sete di vendetta che lo anima, e due spade legate con delle possenti catene alle sue braccia, simbolo di un patto fatto direttamente con gli dei.
Mentre ci accingiamo a saltare nel vuoto inizia il racconto di Gaia e delle tre settimane che ci hanno portato in cima a quella montagna. Veniamo proiettati direttamente nel Mar Egeo, dove la nostra nave è stata attaccata dalla mostruosa Idra. Dopo un eccezionale duello, sconfitto il mostro, la dea Atena ci chiederà di fermare Ares, il dio della guerra, che ha attaccato Atene con un esercito di non-morti. In cambio del nostro aiuto i nostri peccati ci sarebbero stati perdonati.
Il nostro Kratos infatti è un ex generale spartano, combattente sanguinario e abilissimo in grado di mietere vittime e condurre i suoi eserciti alla vittoria su ogni campo di battaglia. Come nel gladiatore di Ridley Scott, Kratos è anche un marito devoto e un padre amorevole, quando non si ricopre di gloria sui campi di battaglia. Proprio durante una di queste battaglie, contro un esercito di barbari, per la prima volta si trova a soccombere. Messo con le spalle al muro Kratos sta per fare il suo più grande errore, chiedere l’aiuto al dio della guerra.
In cambio della sua anima e della fedeltà più cieca, Ares aiuta Kratos donandogli una forza degna di una semi-divinità e due spade leggendarie, incatenate per sempre alle sue braccia in memoria del patto stretto tra i due. Con i suoi nuovi poteri Kratos riesce a salvarsi la vita e negli anni a venire diventa l’esecutore della volontà di Ares. Innumerevoli città cadono, il sangue di molti greci viene sparso, ma Ares non è contento, sente che Kratos può divenire un’arma ancor più perfetta se riuscirà a spogliarlo della sua unica debolezza.
Ares, con un subdolo stratagemma, fa compiere a Kratos il delitto più orribile, facendogli trucidare la sua stessa famiglia, convinto che questo possa trasformarlo in una furia senza eguali. Ed è esattamente ciò che avviene, ma non nei modi sperati dal dio della guerra. Kratos infatti infrange il patto stretto con la divinità, dichiarando guerra a lui e all’Olimpo intero. Senza più affetti, senza radici e senza alcun onore, con le ceneri dei suoi cari per sempre sulla pelle, il fantasma di Sparta era ufficialmente nato.
Da questo momento in poi sarà solo la sete di vendetta a muovere ogni nostro passo. sconfiggeremo orde di non-morti ad Atene, recupereremo il Tridente di Poseidone per poter domare i mari, uccideremo Medusa, e avremo modo di conoscere i Titani sconfitti da Zeus. Recupereremo il Vaso di Pandora, finendo addirittura per finire e fuggire dall’Ade, il regno della morte, grazie all’aiuto di un becchino che si rivelerà essere ben altra persona. Supereremo prove e battaglie per giungere fino alla resa dei conti con colui che ci ha privato di tutto.
Ogni nostra battaglia, ogni nostra mossa è stata compiuta per permetterci di confrontarci contro Ares in una battaglia epica. Liberato il potere del vaso diventeremo grandi quanto la divinità, affrontandolo in un duello all’ultimo sangue dal quale usciremo trionfanti. Solo a questo punto gli dei ci diranno che i nostri peccati sono stati perdonati, ma che non verremmo liberati dai ricordi del nostro passato. Delusi, distrutti, eccoci dunque di nuovo al prologo, pronti a saltare giù dalla montagna.
Pronti a saltare nel vuoto per dimenticare il male che abbiamo fatto, saremo salvati ancora una volta da Atena, non disposta a lasciar morire chi è riuscito a sconfiggere una divinità. Il trono di Ares adesso è vuoto e nell’Olimpo c’è bisogno di un nuovo dio della guerra. Saremo noi a sedere sul trono, ad assurgere a nuova divinità della guerra. Da questo momento in poi gli umani si sarebbero rivolti a noi per ottenere i nostri favori nelle fragorose battaglie. Kratos era diventato un dio.
Durante le nostre battaglie farmo uso di varie armi e di magie, donateci dalle varie divinità dell’Olimpo. Le spade del Caos ci vengono donate da Ares, e sono armi a lunga distanza molto veloci, perfette per gli scontri contro nemici multipli. La spada di Artemide è estremamente più potente delle spade del Caos, fu usata per uccidere un Titano, ma è anche molto più lenta da usare. La spada degli Dei è l’ultima arma, quella con la quale trafiggeremo Ares. Una spada enorme, usata come ponte durante le prime fasi del duello.
Per quanto riguarda le magie, riusciremo a padroneggiare l’Ira di Poseidone, una scarica di energia in grado di circondarci, lo sguardo di Medusa che pietrifica i nemici per qualche istante, la furia di Zeus, una saetta di enorme potere, l’esercito di Ade che ci permetterà di attaccare con tre anime al nostro fianco in grado di aumentare a dismisura le nostre combo e l‘ira degli dei, una modalità in cui saremo praticamente delle divinità, e potremo fare strage di nemici senza subire alcun danno.
In un primo momento, mentre gli sceneggiatori stavano lavorando alla stesura della trama, avevano previsto una storia in cui Kratos avrebbe dovuto uccidere tutti gli dei, ponendo fine alla mitologia classica per preparare l’avvento del monoteismo. Questa idea fu scartata quasi subito perché ovviamente non avrebbe permesso di realizzare dei sequel del gioco. Nei primi disegni di Kratos, l’iconico tatuaggio rosso dipinto sul copro era di colore blu scuro. Venne cambiato perché probabilmente non ispirava uguale furia omicida.
In un primo momento si era pensato di far accompagnare Kratos da un famiglio, ovvero una piccola fatina, omaggio alla serie di The Legend of Zelda: Ocarina of Time. Kratos però si sarebbe stancato ben preso della compagnia, uccidendola dopo un paio di capitoli, tanto per rendere chiaro il suo ruolo di antieroe. Finendo il gioco a difficoltà god, otterermo un messaggio degli sviluppatori che si congratuleranno per l’impresa. Stesso messaggio ci arriverà se ci impegneremo a distruggere tutte le statue di Ares nell’ultimo livello.
This post was published on 27 Aprile 2018 12:00
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