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Speciali

Storia di un genere videoludico: Battle Royale (seconda parte)

Potrete trovare la prima parte dell’articolo a questo indirizzo.

Lo speciale sul genere videoludico del Battle Royale continua in un secondo episodio che tratterà in modo più ravvicinato i due titoli che più hanno avuto significato all’interno del genere nel corso degli ultimi anni per poi guardare al futuro di tale genere, ancora misterioso e poco chiaro.

L’arrivo dei titani del Battle Royale.

Brendan Greene, già autore delle sopracitate mod Battle Royale per la saga di Arma, nel corso degli anni è riuscito a costruirsi una carriera da game designer lavorando come consulente: prima per Sony ed il suo H1Z1, poi per una neonata compagnia coreana il cui obbiettivo era generare un videogioco battle royale in grado di diventare l’acquisto obbligato per tutti gli amanti del genere. Hanno vinto proprio questi ultimi.

Brendan, armato di uno studio di sviluppo composto da 70 persone, inizia a lavorare sul suo opus magnum PlayerUnknown’s Battlegrounds o PUBG che dir si voglia. Il titolo, ispirato dal nickname in gioco di Greene stesso, inizia una lenta scalata verso l’olimpo dei videogiochi di successo cercando di mescolare il lato più immediato e arcade di H1Z1 alla simulazione realistica propria di Arma III, il tutto attraverso l’utilizzo di Unreal Engine 4.

PUBG  basa il suo successo su intuizioni intelligenti ma condivide la partenza con l’ultimo lavoro non originale del suo game designer: si entra in gioco paracadutandosi in parti della mappa proprio come in quella mod per Arma III di qualche paragrafo sopra. A Febbraio 2018 Gabe Newell dichiara che PlayerUnknown’s Battlegrounds è il terzo videogioco più venduto di sempre sulla sua piattaforma, scavalcando titoli con valori produttivi estremamente superiori senza batter ciglio.

Le ragioni del successo di PUBG sono da ricercarsi in alcuni fattori non completamente compresi precedentemente da chi era nel mercato: il gameplay, specie quando il titolo viene fruito in compagnia di amici, raggiunge picchi di intensità emotiva memorabili, trasformando ogni partita in una storia a sè; tale gameplay è anche streaming friendly e l’assenza di grossi bug e di grosse beghe nella struttura di gioco lo ha reso estremamente popolare sulle principali piattaforme di condivisione trasformandolo in un piccolo fenomeno di costume.

Il suo gunplay simulativo ha fatto le gioie di chi ha conosciuto il genere giocando alle mod per arma mentre lo spirito di adattamento necessario alla vittoria ha conquistato i più curiosi. PUBG finisce per essere un titolo adatto sia a sessioni durature che a gameplay da una botta e via; una pietra miliare di quello che un videogioco riesce a diventare se fagocita un’ intera nicchia di pubblico rimasta orfana di prodotti di qualità.
Non che PUBG sia la qualità assoluta ovviamente.

A sfidare il prodotto di Bluehole arriva, nel Settembre 2017, Epic Games con una diramazione (una storia già visto qualche paragrafo sopra) di un suo titolo di origine survival: Fortnite Battle Royale.

L’anima cartoon e un sistema di crafting in grado di trasformare ogni mappa in una sfida alla creazione del fortino definitivo caratterizzano il gameplay più arcade ma non meno divertente del suo blasonato sfidante. La natura scanzonata del titolo lo rende appetibile anche per i più piccoli e le minori risorse grafiche lo deputano come titolo adatto praticamente a qualsiasi piattaforme e qualsiasi computer. La ciliegina sulla torta viene offerta dal prezzo aggressivo del titolo, dove per aggressivo si intende free to play.

Così Fortnite arriva e inizia a macinare cifre ragguardevoli di followers sui vari social media mirando a segnare nuovi record su twitch. La chiusura del cerchio arriva in modo imprevisto: durante il mese di marzo sia PUBG che Fortnite arrivano nel mercato mobile generando veri e propri casi mediatici. L’arrivo di tali titoli sul mercato mobile, con una formula economica di tipo free to play, va a scalzare definitivamente titoli copicome Rules Of Survival.
Il futuro del genere è ancora tutto da scrivere.

Cosa possiamo aspettarci dal futuro dei Battle Royale?

I battle royale, come la maggioranza delle correnti multiplayer, non sono destinati a durare in eterno. PUBG stesso ha subito flessioni importanti nel numero di giocatori dopo il boom di Fortnite; le pulsioni esportive dei titoli potrebbero non avverarsi mai a causa di videogiochi creati appositamente per tale scopo come Darwin Project.

Tale Darwin Project (a cui recentemente è stata aggiunta una nuova modalità) suona come una versione ridotta all’osso del battle royale creata per dare i natali ad una scena esport vitale a cui servono ancora tempo e giocatori. Nello sviluppo del titolo è stata data enfasi alla connessione con le piattaforme di streaming permettendo una reale interazione tra i follower ed i giocatori, un gameplay basato sulla sopravvivenza (come se fosse un ritorno alle origini del genere) e sulla caccia all’avversario; caccia nel senso letterale del termine, con possibilità di appostarsi, piazzare trappole e così via. Sicuramente da tenere d’occhio, sopratutto ora che è diventato free to play.

Dalla cina c’è una minaccia firmata Tencent Games che promette di portare il gameplay tipico di PUBG in scenari ancora più vasti e interattivi: tale Europa è un Battle Royale al momento in beta che porta la battaglia su campi ancora più grandi con scenari degradabili a colpi di proiettili. Il titolo sembra far uso di tecnologie simili a quelle implementate dal Frostbite Engine per offrire livelli di interazione con lo scenario che vanno oltre alla permeabilità dei rifugi rispetto ai proiettili.
Al momento il poco materiale a disposizione è condensato in un trailer.

Oppure spetterà al neonato Radical Heights di Boss Key Productions prendere lo scettro di chi prende il comando? Animato da un estetica anni ottanta e da un gameplay che include valute di gioco mantenibili tra un game e l’altro per potenziamenti e bonus, ha bisogno di tempo per mostrare al mondo il suo potenziale. Sempre che poi non faccia la fine di Lawbreakers, s’intende…

Altra nome interessante è quello di Maverick: Proving Grounds, un battle royale ancora nelle prime fasi dello sviluppo che dichiara di poter portare il numero di giocatori contemporanei su schermo verso le quattro cifre con cicli atmosferici e cicli giorni notte in grado di variare il gameplay in modo sostanziale. Basteranno mille nemici da affrontare per accontentare i giocatori e sfondare sul mercato?

Perché i battle royale hanno tutto questo successo?

La domanda che molti si sono posti nel corso del ciclo di vita dei Battle Royale è ovviamente legata al successo. Il genere sta lentamente modificando il panorama videoludico: addirittura un’ azienda non di primo piglio come Activision Blizzard ha citato l’importanza del genere battle royale all’interno di un loro Q&A.

Ecco una lista dei motivi per cui il genere è così popolare al giorno d’oggi:

  • Streaming friendly: esattamente come negli Hunger Games originali, guardare qualcuno lottare per la propria sopravvivenza è divertente e nell’epoca di Twitch questo ha trasformato il genere in un vero e proprio fenomeno visivo.
  • Semplicità: il videogioco battle royale è di base uno sparatutto, uno di quelli dove il nemico è letteralmente il resto del mondo. Basta avere una buona mira e il 70% del lavoro nei confronti del gioco è fatto.
  • Casualità: Alle volte, a prescindere dalle proprie abilità, basta avere un po’ di fortuna per assicurarsi un vantaggio sui propri avversari. Un arma trovata dove si è spawnati/atterati, vedere di sfuggita un’ avversario in fin di vita, lanciare per sbaglio una granata in una casa e tirarci fuori una double kill.
  • Emotività: I Battle Royale, nelle loro fasi finali, hanno a disposizione un’arma infallibile con cui conquistare il giocatore. Quest’arma è la scarica di adrenalina e emozioni che si prova quando si rimane ultimi sul campo di battaglia e si conquista la vittoria con un mix di abilità e fortuna. Emozioni che rimangono valide anche per le modalità a squadre dove il fardello si dimezza e il senso di fratellanza si accentua.

Partendo da radici lontane il Battle Royale sopravvive e muta forma, fagocitando mille altri concetti di gameplay e arrivando pure a prendere ispirazione dalla cultura non videoludica. Il futuro del genere, per quanto ancora non definito, deve prima sopravvivere alla sua stessa popolarità; le meccaniche con così tanti titoli a utilizzarle rischiano di inflazionarsi e di collassare sotto il peso della loro eredità e del loro vedersi ripetute.

Sarà lui a sopravvivere nel mondo delle mode videoludiche o uno dei mille a soccombere?

This post was published on 27 Maggio 2018 12:29

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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