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Speciali

I videogiochi possono essere i nostri libri di testo?

Tante sono le suggestioni legate all’utilizzo del videogioco. Una in particolare ha attraversato buona parte della sua storia fin dagli albori, ovvero la sua applicazione al mondo della divulgazione in ambiente scolastico.

La questione è tornata a essere affrontata-anche se parzialmente-in un’intervista del Times allo dello storico e podcaster Bob Whitaker del Times del 27 agosto scorso, nel quale il professore ha elencato quelli che secondo lui sono i migliori videogiochi ispirati alla seconda guerra mondiale, in grado di trasmettere anche solo un barlume di conoscenza.

Una classifica interessante che ha elencato titoli tripla A come Call of Duty WWII accanto a coraggiosi esperimenti video ludici come Antentat 1942.

Scorrendola, e soffermandomi su alcuni titoli in particolare, una domanda mi è balzata in testa: arriverà il giorno in cui potremo davvero utilizzare questo genere di giochi durante un corso scolastico come se fossero libri di storia?

Parola allo storico

Whitaker, fondatore del podcast/blog History Respawned, elenca come detto cinque titoli abbastanza diversi fra loro, con l’unica caratteristica comune di essere ambientati o durante la Seconda Guerra Mondiale o di far riferimento alle sue dinamiche storiche:

  • Call of Duty WWII;
  • Through the Darkest of Times (sulla resistenza antinazista tedesca negli anni della guerra);
  • Attentat 1942 (creato da un ricercatore dell’università di Praga e basato sulla resistenza cecoslovacca);
  • Lo strategico/gestionale Hearts of Iron IV, che ci permette di giocare gli eventi che portarono al secondo conflitto mondiale;
  • Ultimo ma non certo interessante, il distopico e “dickiano” Wolfenstein: The New Order.
Nel finale di CoD WWII riusciamo a toccare con mano l’orrore della Shoah

Scorrendo i singoli punti, le motivazioni delle scelte sono varie. Nel caso di Hearts of Iron IV Whitaker parla dell’interessante feature di poter modificare la storia europea attraverso un complesso strategico col quale possiamo modificare le dinamiche politiche ed economiche dell’Europa pre-bellica, mentre in quello di Call of Duty WWII è la sequenza finale del gioco, nel quale veniamo portati a seguire l’ingresso di una squadra americana dentro un campo di concentramento tedesco, che a secondo Whitaker potrebbe dare un proprio apporto all’apprendimento.

Le scelte più interessanti sono quelle relative a giochi “piccoli” come Through the Darkest of Times e Antentat 1942, così come quelle di uno strategico storicamente molto complesso, mentre per quel che riguarda Call of Duty a colpire è il fatto che sia un gioco “grande” che per la prima volta ha “osato” toccare un argomento davvero scottante come le politiche genocide di Hitler.

Ed è a questo punto che arrivano le suggestioni più interessanti.

Through the Darkest of Times ci porta dritti nell’incubo della Germania nazista

Edutainment storico e tripla A: concetti inconciliabili?

Edutainment è un termine che abbiamo già trattato varie volte su Player.it (in particolare in questo speciale): si tratta del concetto secondo il quale il gioco e in particolare il videogioco possano servire come strumenti di apprendimento nelle scuole e in altri luoghi deputati. In particolare, l’ultima volta che abbiamo parlato del concetto era stato a proposito di Minecraft, che nel corso degli anni è stato utilizzato per far apprendere agli alunni concetti fondamentali utilizzando gli strumenti dati dal gioco di Mojang.

Attentat 1942 è stato sviluppato dall’università di Praga per fornire uno strumento di studio “interattivo” della Cecoslovacchia durante la Seconda Guerra Mondiale

Sotto questo profilo nulla da eccepire, ma che succede se proviamo a calare questa tecnica nel campo del videogioco “di massa” ad ambientazione storica (che quindi esclude esperimenti come Attentat 1942 e Through the Darkest of Times)?

Whitaker nella sua disanima elogia WWII per il suo ultimo livello, nel quale i giocatori sono costretti, dopo aver attraversato l’Europa occidentale in fiamme, a sbattere il grugno contro l’orrore della Shoah, seppur marginalmente. il campo rappresentato nel gioco è quello di Berga, un campo-satellite di Buchenwald (vero e proprio lager di sterminio) nel quale vennero rinchiusi per lo più prigionieri di guerra in condizioni che portarono alla morte per malnutrizione di molti prigionieri americani.

Ve lo riportiamo, ma occhio agli spoiler in caso vogliate giocare il titolo del 2017:

E’ senza dubbio un interessante sconfinamento di un tema “tabù” come quello del sistema di lager dei nazisti all’interno di una cornice ludica mainstream, ma rimane un caso pressoché unico e difficilmente ripetibile con facilità. È inoltre logico pensare, nonché da un certo di vista condivisibile, che non molti altri videogiochi d’azione sulla lotta alleata contro il nazifascismo si spingeranno più in là in questo genere di rappresentazioni.

Nell’universo alternativo di Wolfenstein: The New Order i tedeschi sono sbarcati in America e gli ebrei non esistono più

Questo principalmente per un fatto: è pacifico che il compito di una multinazionale non è quello di sensibilizzare verso gli orrori della Storia, non come potrebbe fare un film (il cui pubblico non combacia spesso con dei ragazzi in cerca di intrattenimento, ma con un variegato pubblico di persone in cerca di “cultura”).

La risposta della nostra domanda iniziale è quindi un secco no? Insegnare la storia con i blockbuster videoludici appare troppo difficoltoso?

Cambiamo prospettiva

Se al momento nell’industria non sembra possibile né ragionevole trovare giochi come CoD del tutto in grado di avere una “vita secondaria” come veri e propri strumento didattico, proviamo a spostare l’attenzione sul contesto.

Partiamo dal “basso”, dai lati “istruttivi” che potrebbe avere giocare la campagna di CoD WWII.

Anzitutto, lo studente/giocatore sarebbe immerso rapidamente all’interno della ricostruzione virtuale di campi di battaglia come Omaha Beach o Stalingrado. Certo, si tratterà di una ricostruzione artistica, con delle chiare semplificazioni e spettacolarizzazioni, tuttavia avremmo davanti una discreta possibilità di comprendere come fossero quei luoghi, o come dovesse essere (più o meno) la divisa di un fante al fronte, dandoci quindi degli strumenti per entrare nel mood dell’epoca.

A quel punto, finita la sessione, entrerebbe in gioco il docente. Tanti sono gli approfondimenti da fare dopo aver giocato il folgorante inizio di WWII a Omaha Beach. Si potrebbe partire dalla classica lezione sul D-Day, ma perché non risalire la china fino ad arrivare a indagare i motivi macrostorici per cui un’azione suicida come quella dello sbarco si rese possibile, magari avendo ancora davanti agli occhi la crudezza della messa in scena di CoD?

Certo l’utilizzo di giochi di guerra-così come di avventure punta-e-clicca o di un Assassin’s Creed-necessiterebbe di docenti con grande esperienza e conoscenza tanto nella loro materia quanto nella cultura ludica a 360°, nonché di una certa spiccata capacità di interdisciplinarità e versatilità, caratteristica non sempre reperibile.

E neanche la stessa programmazione delle lezioni ne uscirebbe indenne, poiché di fatto i vari moduli di studio dovrebbero includere dei momenti caratterizzati da partite collettive e commentate, per non parlare di una certa riorganizzazione di spazi deputati come aule e aule multimediali.

È possibile? Al momento, sembra di no.

Sarebbe bene provarci?

Sì, anche a partire da domani.

This post was published on 5 Settembre 2020 9:00

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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