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Speciali

Fortnite rimosso dagli store di Apple e Google, cosa sta succedendo?

È tempo di guerra tra colossi della tecnologia. La mela della discordia è il metodo di pagamento del videogioco Fortnite sugli store di Apple e di Google, che andrebbe contro le linee guida delle due aziende. È per questo motivo che il videogioco è stato rimosso dai negozi digitali di iOS e Android.

Una battaglia che sta dando spettacolo sui social media tra hashtag e video, ma che si combatterà soprattutto in tribunale dato che Epic Games ha fatto causa ad Apple e Google. In questo articolo ricostruiamo la vicenda dall’inizio e proviamo a ipotizzarne gli scenari futuri sulla base di quanto già sappiamo.

L’antefatto

Gli store di Google e di Apple hanno le loro regole da rispettare. Tra queste, gli acquisti in-app dei diversi software nel mercato mobile di Android e iOS, devono essere gestiti proprio dallo store. Per questo motivo, i due esercenti trattengono una commissione del 30% dei ricavi, lasciando il restante 70% ai guadagni degli sviluppatori.

È da diversi anni che piccoli e grandi developer hanno opinioni abbastanza eterogenee a riguardo: c’è chi ritiene che questa percentuale sia molto alta, chi vantaggiosa, chi crede che si tratti addirittura di un’estorsione e chi invece non ha problemi con una commissione del genere. Queste opinioni dipendono un po’ da diversi fattori, come ad esempio la grandezza dei proprietari dell’app, le loro mire economiche o anche il fatto di non essere in grado di poter gestire da soli un servizio di pagamento, sia in termini di infrastrutture e codice, sia di questioni legali (permessi, privacy, ecc…).

Un piccolo developer solitario, in teoria, non dovrebbe avere problemi con questo metodo di ripartizione dei guadagni, in quanto impossibilitato a creare un proprio store. E invece un grande attore del mercato videoludico come Epic Games? L’azienda è proprietaria di Fortnite, dell’Unreal Engine, e dell’Epic Games Store che è in rapida ascesa, e probabilmente vede quel 30% sottratto da Apple e Google come un ostacolo alla sua crescita economica.

C’è anche chi nella polemica non è tanto turbato dalle ripartizioni percentuali, quanto più da una questione di principio: non è giusto limitare le possibilità di acquisto a un solo metodo, consentire alle app di avere tipi di pagamento non vincolati allo store di riferimento permette anche agli utenti di avere libertà di scelta.

Casus belli

Ormai un giorno fa, Fortnite ha lanciato uno sconto permanente sui V-Bucks, la valuta interna di gioco: un taglio del 20% del prezzo su tutte le console, inclusi dispositivi iOS e Android. Finora niente di strano, ma il problema per Apple e Google è sorto quando Epic Games ha incluso un metodo di pagamento diretto, che non passa attraverso gli store dei dispositivi.

Neanche il tempo di sparare un colpo, ed è arrivato subito il controfuoco avversario: Apple ha immediatamente bandito l’app di Fortnite dal suo store. Da Epic Games si devono essere preparati in anticipo, perché la loro risposta è stata immediata e, soprattutto, creativa: in alto potete ammirare il video in cui la software house accusa Apple di esercitare un monopolio. Assieme ad esso è stato diffuso un comunicato in inglese dove viene lanciata una campagna social con l’hashtag #FreeFortnite, e dove viene ufficialmente inviata una denuncia nei confronti dell’azienda di Cupertino.

Apple ha bandito Fortnite dall’App Store, togliendo a tutti la possibilità di installare e aggiornare il gioco sui dispositivi iOS, mentre impone a Epic di “rimuovere la funzione dell’ “pagamento diretto a Epic”. Apple sta mantenendo alti i suoi prezzi in modo da poter incassare il 30% dei vostri pagamenti, e sta bloccando Fortnite per evitare che Epic trasferisca a voi i risparmi derivanti dai pagamenti diretti! Unisciti alla lotta contro @AppStore sui social media con #FreeFortnite.

Epic ha intrapreso un’azione legale per porre fine alle restrizioni anti-concorrenziali di Apple sui mercati dei dispositivi mobili. I documenti sono disponibili qui.

Il video pubblicato è, tra l’altro, una sagace parodia della famosa pubblicità di presentazione del Macintosh di Apple, visibile in basso, pubblicata durante il Superbowl del 1984 negli USA e girata da Ridley Scott con un occhio di riguardo all’immaginario distopico del romanzo 1984 di George Orwell.

Qualche ora dopo è arrivato anche il ban di Fortnite dallo store di Google, per le stesse ragioni relative ai pagamenti diretti. Anche in questo caso Epic Games ha sporto denuncia, ma stavolta senza proclami social né video creativi. Forse non si aspettava una risposta del genere anche da Google? Probabilmente i dissidi con Apple hanno radici un po’ più profonde, e proveremo ad accennarli nel prossimo paragrafo.

Possibili evoluzioni del conflitto

Da quanto emerge dal comunicato e dai documenti legali, Epic Games starebbe cercando di portare in evidenza nel dibattito pubblico il problema delle alte commissioni di Apple e Google; se tali commissioni venissero ridotte, o se semplicemente si consentisse alle app di appoggiarsi anche a metodi di pagamento diretti, Epic sicuramente ne trarrebbe un vantaggio economico, ma questa guerra potrebbe avere un tornaconto anche per gli altri sviluppatori e, soprattutto, per gli utenti.

Epic Games non sta cercando un risarcimento economico da questa Corte per i danni subiti, né un trattamento di favore per sé stessa, ma un provvedimento ingiuntivo che consenta una concorrenza leale in questi due mercati chiave che interessano direttamente centinaia di milioni di consumatori e decine di migliaia, se non più, di sviluppatori di app di terze parti.

Lo scenario Apple

La prima dichiarazione della mela morsicata è stata un’accusa di violazione intenzionale delle linee guida dell’App Store.

Epic ha accettato i termini e le linee guida dell’App Store liberamente e siamo felici che abbiano costruito un business di così grande successo sull’App Store. Il fatto che i loro interessi commerciali li portino ora a spingere per un accordo speciale non cambia il fatto che queste linee guida creano condizioni di parità per tutti gli sviluppatori e rendono il negozio sicuro per tutti gli utenti.

In passato tuttavia, Apple è già scesa a patti con Amazon per l’app di Prime Video esentandola dalle commissioni per l’acquisto o il noleggio di show e film. L’esenzione dalle commissioni è prevista in casi speciali da Apple, ma sembra che con Epic voglia mantenere una linea dura, così come ha bandito dalle sue piattaforme xCloud di Xbox e Stadia di Google. Lo stesso è accaduto anche con Steam Link nel 2018, e una settimana fa con Facebook Gaming.

È il momento di tirare dentro un altro attore che non abbiamo ancora considerato: Apple Arcade, un servizio di gaming in abbonamento per iOS. È possibile che Apple non voglia dare posizioni di vantaggio sui propri sistemi operativi ai suoi principali concorrenti nel campo del gaming, la più proficua industria dell’intrattenimento. Se anche quanto detto da Epic si rivelasse vero, e cioè che non cerca un accordo speciale, il dover ritrattare le proprie politiche sulle commissioni potrebbe essere percepito da Apple come controproducente per lo store in generale, ma anche per la crescita di Apple Arcade.

Nel frattempo, tra le FAQ del comunicato rilasciato da Epic, si evince che i giocatori possono ancora continuare a giocare a Fortnite sui dispositivi iOS se l’applicazione è già installata. Tuttavia non potranno accedere al nuovo evento stagionale, in arrivo il 27 agosto, in quanto non saranno in grado di aggiornare l’app.

È difficile ipotizzare in che modo si evolverà questo conflitto, prepariamoci a molti botta e risposta e, magari, a qualche colpo di scena.

Sul fronte Google

A differenza di iOS, Android è un sistema un po’ più aperto, e la stessa Google tendenzialmente lascia più libertà di movimento a sviluppatori e utenti. Il ban dal Google Play Store era atteso, siccome anche qui Fortnite ha violato le linee guida, ma non ha destato lo stesso clamore di Apple. Né ci sono video di Fortnite contro l’azienda della Silicon Valley.

Il motivo principale per cui non c’è stato un attacco duro di Epic nei confronti di Google è da ricercare nel fatto che anche senza presenza sul Play Store, Fortnite si possa comunque ottenere da altri negozi digitali ospitati da Android, o dallo stesso launcher di Epic accessibile via browser.

L’ecosistema aperto di Android permette agli sviluppatori di distribuire le app tramite diversi app store. Per gli sviluppatori di giochi che scelgono di usare il Play Store abbiamo politiche coerenti che sono giuste per gli sviluppatori e mantengono il negozio sicuro per gli utenti. Sebbene Fortnite rimanga su Android, non possiamo più renderlo disponibile su Play Store perché viola le nostre norme. Tuttavia, accogliamo con favore l’opportunità di continuare le nostre discussioni con Epic e riportare Fortnite su Google Play.

Il ban di Google sembra piuttosto una decisione preventiva, che prepara magari Google Play a un cambio delle politiche delle commissioni o che semplicemente cerca un compromesso con Epic.

Sebbene come già detto Epic non stia cercando risarcimenti o condizioni favorevoli, qui lo scenario più probabile è che Fortnite torni su Google Play ma senza condizioni di pagamento dirette, mentre sugli altri store la funzione resti disponibile. Sempre che Google non modifichi davvero le percentuali di guadagno sulle commissioni.


Vi terremo aggiornati sulle evoluzioni di questo braccio di ferro a tre, sperando che nel lungo termine questa battaglia vada a favorire più persone possibili, dagli sviluppatori agli utenti.

This post was published on 14 Agosto 2020 19:05

Alessandro Colantonio

Game designer in erba e chitarrista a tempo perso. Nasce all'ombra del Vesuvio nel 1991, muove i suoi primi passi nel mondo dei videogiochi su un Windows 95 all'età di 5 anni, e diventa presto un Allenatore di Pokémon. Bazzica tra radio web e band durante i suoi studi universitari tra Napoli, Roma e Milano, si parcheggia nella fan-community di Pokémon Milennium dove instaura il suo regime dittatoriale da caporedattore, costruendo una macchina da recensioni e contatti e diventando inconsapevolmente PR. Oggi, oltre a prestare le sue dita a Player.it per articoli, recensioni e approfondimenti, figura anche come streamer di Twtich, content creator di TikTok e PR abusivo. I suoi generi preferiti sono i gestionali, gli strategici, i tattici e i GDR. Ma essendo un accumulatore seriale di videogiochi, cerca sempre di giocare ogni titolo che gli capita sotto mano. Ha una perversione per le pratiche fandom, i cani e la birra artigianale. Adora D&D, va in ira e carica.

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