Il videogioco, come la quasi totalità dei media presenti al giorno d’oggi, non è esente dalle mode e dai flussi creativi che queste generano. Vuoi per l’impronta ancora estremamente pop del videogioco stesso, vuoi per la necessità di un consistente ritorno economico, cogliere un grande numero di persone è sempre stato molto importante per dare vita a un prodotto di successo.
Nel corso della storia trentennale abbiamo visto generi su generi avvicendarsi sull’olimpo dei giochi di maggior successo; con la nascita delle modalità multigiocatore e la possibilità di creare delle community il fenomeno si è ampliato ed ha portato con se tanti piccoli figli, alcuni super legittimi e altri molto meno.
La storia ha visto avvicendarsi, in ordine cronologico, gli arena shooters, i MMORPG, gli sparatutto in prima persona a tema militare, i MOBA, i survival games e infine i battle royale.
In questo piccolo speciale diviso in due parti, osserviamo le basi fondanti del genere, i suoi più grandi esempi e cerchiamo di comprendere come abbia fatto ad avere il successo che ha.
Buona lettura!
Battle Royale vuol dire casino, una versione raffinata e visivamente divertente del caos.
Il termine indica una battaglia dove non ci sono schieramenti, un combattimento dove un numero elevato di avventori si affronta tra loro senza appoggiarsi a alleanze o inimicizie: si affronta chi al momento è strategicamente in svantaggio o chi si ha più comodamente davanti.
A livello culturale la parola Battle Royale è stata sdoganata dal fenomeno omonimo giapponese: Battle Royale è prima un romanzo, poi un manga di enorme successo ed infine una serie di film dove un gruppo di studenti giapponesi si affronta in una sanguinolenta e incredibile lotta per la sopravvivenza all’interno di un isola sempre meno percorribile a seconda del tempo che passa. Quest’isola viene disseminata di armi e oggetti utili alla sopravvivenza e all’offesa di chi ci si ritrova davanti come avversari.
Battle Royale presentava personaggi carismatici immersi in una situazione tanto disperata quanto incredibile; una storia di dolore e di critica sociale che funge da la per prodotti che ne scavalcheranno incredibilmente il successo.
L’anno del cambiamento e della popolarizzazione del battle royale è univocamente il 2012 con l’arrivo nei cinema di tutto il mondo del primo film ispirato ai romanzi young adult di Hunger Games. Quest’ultimo, proponendo una versione meno cruenta e spigolosa del suo predecessore giapponese, arriva nei cinema di tutto il mondo e nelle menti di moltissimi suoi avventori, andando a generare le prime contaminazioni.
Nel mondo dei videogiochi il concetto di sopravvivenza ad ogni costo è stato esplorato durante la fine degli anni novanta: moltissimi arena shooter includevano al loro interno una modalità denominata Last Man Standing che consegnava le chiavi della vittoria in mano all’ultimo sopravvissuto in un tutti contro tutti senza però modificare radicalmente le dinamiche da sparatutto.
Nel corso degli anni non ci sono palesi tentativi di ampliare questa modalità per trasformarla in quello che poi diventerà la base del neonato genere videoludico, vuoi per limitazioni tecniche, vuoi per differenti correnti di pensiero in ambito creativo.
Prima dell’arrivo dei MOBA il mondo online era da considerarsi persistente ed incredibilmente restio al reset.
Il punto di svolta fù l’incredibile successo di Minecraft, un titolo talmente vasto e potenziabile da diventare vera e propria fucina di idee per mille videogiochi futuri.
Il battle royale come genere videoludico nasce da una mod di Minecraft stesso, dichiaratamente ispirata alla trilogia di Hunger Games.
La mod, molto banalmente chiamata Hunger Games, presenta un sistema di gioco dove un branco di giocatori vengono lasciati all’interno di una mappa di gioco progressivamente sempre più piccola.
L’obbiettivo dei giocatori è rimanere ultimi in vita al restringersi dello spazio vitale, con ogni mezzo e artificio possibile. Si comincia in cerchio, si corre verso un punto centrale per ottenere risorse e poi si tenta in ogni modo di sopravvivere e sopraffare gli avversari.
Ovviamente le meccaniche di gioco sono limitate dall’essenza stessa di Minecraft, poco avvezzo a fisiche realistiche e alle ispirazioni di un comparto grafico all’avanguardia in grado di mostrare ambientazioni realistiche in cui potersi immergere andando a distorcere l’esperienza pura di questo genere di battaglie.
Nel 2012 il primo vagito di quello che poi sarebbe diventato un vero e proprio stilema di gioco mostrava al mondo i suoi artigli.
Le interpretazioni dell’idea di Hunger Games sono proseguite nell’anno successivo con una mod di Arma II (la serie è stata importantissima per lo sviluppo del genere) chiamata Day Z Battle Royale presentava uno scontro tutti contro tutti in scala molto ridotta, sia per numero di giocatori che per percorso disponibile.
La mod, sviluppata da un ragazzo svedese chiamato Brendan Greene (che comparirà molto spesso da adesso in poi) propone un gameplay direttamente ispirato alle idee di Hunger games e ancora debitore delle strutture messe su dalla mod di Minecraft sopracitata.
Tale mod è stato soltanto l’inizio del successo di tale modalità: l’anno successiva arriva la mod Battle Royale per Arma III, sviluppata ancora una volta da Brendan Greene.
Questa mod è il punto di partenza da cui poi svilupperanno due titoli in grado di cambiare profondamente il mondo dei battle royale.
Arma III Battle Royale Mod porta al successo una mappa gigantesca che pian piano diminuisce in dimensioni, l’importanza della tattica e dell’avere una buona mira a discapito delle meccaniche proprie di sopravvivenza dei survival games. Il motore di Arma 3 a far girare tale gameplay non perdona il giocatore medio che si ritrova investito da una delle più complicate simulazioni belliche ad aver mai cavalcato il mondo dei videogiochi.
Qui nasce lo studio dell’ambientazione e della mappa attraverso il lancio col paracadute, diventato poi emblema del genere nelle sue iterazioni più popolari. Arma III Battle Royale Mod finisce per essere una pre-alpha di un titolo diventato uno dei più grandi successi videoludici dalla storia: PlayerUnknown’s Battlegrounds
Il successo di questa mod e del suo gameplay inizia a fare proseliti negli altri videogiochi che piano piano tentano di inserire e fare proprie le idee di gameplay proposte attraverso smussature e ripensamenti: videogiochi come Ark: Survival Of The Fittest o The Culling continuano a mischiare in maniera diversa il mondo dei survival games a quello nascente del battle royale. Le mappe di gioco si fanno ostili piuttosto che meri scenari, i luoghi da esplorare diventano pericolosi senza prima aver ottenuto un buon equipaggiamento. Tali scelte
Il gameplay tatticamente importante del Battle Royale, con la sua mappa sconfinata e l’improvvisazione a fare da capo, rende controproducente la presenza di una componente di crafting all’interno dell’ecosistema del gioco. La sopravvivenza del giocatore, più che affidarsi su ciò che esso riesce a procacciarsi, deve basarsi su quanto bene sa scegliere e improvvisare nelle situazioni di pericolo.
Ad accontentare il pubblico arriverà, nel corso del 2016, dopo un inizio da survival game come tanti H1Z1 King Of The Hill: una modalità alternativa alla normale apocalisse zombie che teletrasporta tutti i videogiocatori in un’ isola destinata a diventare il campo di battaglia.
H1Z1 King Of The Hill sceglie di rimanere in equilibrio tra il survival game ed lo spratutto in terza persona, offrendo elementi presi da entrambe le fazioni senza eccellere da nessuna parte. Diventato free to play nel corso del 2018 nel tentativo di tenersi stretta la sua fetta di mercato per sopravvivere contro lo strapotere delle kiler application del genere.
Il secondo episodio di questo speciale uscirà prossimamente, rimanete sintonizzati su Player.it per scoprire come PUBG, Fortnite e compagnia bella stiano definendo il nuovo panorama videoludico in modo deciso e incredibile.
This post was published on 29 Aprile 2018 12:53
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