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Speciali

Medal of Honor, Call of Duty e gli altri: il D-Day nei videogiochi

Pochi sono gli eventi storici che, grazie al loro potenziale iconico, sono riusciti a essere messi in scena nei videogiochi quanto lo sbarco in Normandia, la straordinaria e cruda operazione di invasione militare attuata dagli Alleati a partire il 6 giugno 1944,raccontata da vari titoli di successo a sfondo bellico negli ultimi anni.

Un successo enorme, che ha portato varie generazioni di gamers ad appassionarsi a quell’immaginario storico e narrativo, ma ha fatto ragionare i più critici sull’opportunità di mettere in scena quella che è stata una delle battaglie più brutali della guerra.

Oggi, 6 giugno, vi invitiamo a seguirci in questo speciale pop sulle tracce dei migliori titoli che hanno reso omaggio al D-Day, fra FPS, action/adventures e strategico.

Con un bel pizzico di cultura cinefila, che non guasta mai.

Ehi, Call of Duty WWII non è stato certo il primo gioco a trattare il D-Day, anzi!

Una battaglia iconica

Partiamo da una domanda di semplice risposta: perché quest’attenzione per il D-Day?

Semplice, per due motivi, uno storico e uno narrativo. Per quel che riguarda il primo, si tratta di un evento al quale gli statunitensi sono particolarmente legati. Di fatto il D-Day rappresenta per la retorica stelle-e-strisce l’inizio della fine del nazifascismo e il primo passo verso la vittoria degli Alleati, in quanto le operazioni di sbarco avvenute all’alba di quel 6 giugno aprirono le porte a un assalto finale di americani, inglesi, canadesi ed eserciti coloniali o rifugiati al il cuore dell’Asse.

Una fotografia di Omaha Beach dopo lo sbarco del 6 giugno

Non è un caso che il film che ha dato vita alla “moda” del D-Day, Salvate il Soldato Ryan di Steven Spielberg, sia anche un gigantesco omaggio ai caduti statunitensi, con tutta la retorica che ne consegue.

A questo punto non è difficile capire quindi come il secondo motivo dell’interesse per il D-Day sia iconografico. Il D-Day ha attratto il pubblico perché Spielberg lo ha sdoganato, reso vivo, reso violento ma al tempo stesso spettacolare e cinefilo, perché imbevuto di epica.

Tanto imbottito di epica da renderne perfetta una trasposizione videoludica che permettesse ai giocatori di vivere le stesse atmosfere di Salvate il soldato Ryan, motivo per cui la Dreamworks di Spielberg finanziò il primo episodio di Medal of Honor.

Salvate il Soldato Ryan (1998)

2000: Medal of Honor-Allied Assault

Il primo Medal of Honor è del 1999, e ci vedeva nella veste di un agente segreto dell’OSS impegnato in una serie di missioni di spionaggio nel teatro europeo e africano, una scelta seguita anche dal secondo episodio della serie. Varie missioni di questi due titoli avevano come cornice il giorno dello sbarco in Normandia, ma dal punto di vista dei partigiani e degli agenti segreti U.S.A. che favorirono l’operazione attraverso sabotaggi e missioni di infiltrazione.

Con Medal of Honor-Allied Assault le cose cambiarono, e forse cambiarono nella messa in scena della guerra come evento in un videogioco.

Anche se la maggior parte delle missioni erano ancora concepite come rappresentazioni di operazioni oltre le linee nemiche, la terza metteva in scena una straordinaria raffigurazione dello sbarco a Omaha Beach, una delle cinque spiagge scelte dagli Alleati per l’assalto alla costa francese il 6 giugno 1944

Rivedendolo oggi, l’assalto a Omaha è una serie di eventi scriptati dall’anima lineare che già alla seconda run annoierebbero un giocatore odierno, ma all’epoca si trattava di una delle più complesse e cinematografiche sequenze videoludiche che l’industria avesse mai partorito, con una capacità di riprendere lo stile registico di Spielberg davvero encomiabile.

Call of Duty: come raccontare quel che è già stato raccontato?

Come potrete immaginare, il successo di MoH: Allied Assault e del suo sbarco in Normandia fu straordinario, tanto da favorire l’uscita di Spearhead, la sua prima espansione, che circa un anno dopo Allied Assault ci fece calcare il suolo normanno nei panni di un paracadutista statunitense con l’obiettivo di distruggere alcuni cannoni antierei.

Una storia raccontata dalla miniserie Band of Brothers (sempre di Spielberg), ma destinata anche a fare da scenario alla prima missione del primissimo Call of Duty, uscito nell’ottobre del 2003, titolo che porterà la tecnica narrativa di MoH a nuove vette.

L’assalto a St. Mere Eglise, primo episodio di Call of Duty

Grazie a un gameplay realmente basato sulla simulazione di una squadra d’assalto in azione, a una serie di compagni dotati di nomi, cognomi e volti riconoscibili e di rifiniture nel sistema di shooting, Call of Duty riusciva a dare al giocatore l’impressione di vivere al centro di un racconto videoludico dal lungo respiro, e non in un FPS travestito da film storico.

Ma la vera impresa di CoD nella rappresentazione dello sbarco arrivò con il secondo episodio della serie, uscito nel 2005.

In questo nuovo titolo, Infinity Ward non rinunciò alla tentazione di mettere di nuovo in scena l’assalto americano alle spiagge, ma raccontando un evento molto poco conosciuto di quel giorno, ovvero la cruda scalata alla Poite du Hoc, una imponente scogliera a picco sul mare posta a est di Omaha Beach.

Il risultato è stata una versione assolutamente inedita della raffigurazione del D-Day, mai più raccontata dai videogiochi.

Lo sbarco in Normandia in Call of Duty II

Band of BroEHM volevo dire Brothers in Arms

Ultimo FPS a sfondo bellico della lista non può infine che essere un gioco che all’epoca (2004) mostrò una bella variazione “d’autore” sul tema D-Day: Brothers in Arms: Road to Hill 30, di Gearbox Software.

Brothers in Arms: Road to Hill 30

Pur con parecchie pecche (IA non perfetta e macchinosità di alcune meccaniche), Brothers in Arms riuscì nell’impresa di dimostrare che quella di Call of Duty non era l’unica modalità possibile per giocare la seconda guerra mondiale.

Annullando l’approccio classico del “tour” di varie battaglie e teatri di guerra visto sia in Call of Duty che in Medal of Honor, Brothers in Arms era un titolo ambientato interamente nel corso dei giorni del D-Day, e ci vedeva nei panni di un soldato, il tenente Baker, impegnato ad attraversare le campagne della Normandia.

Grazie a un approccio più tattico, nel quale eravamo chiamati a comandare varie squadre d’assalto della nostra compagnia, e a una sceneggiatura che approfondiva molto di più aspetti come l’orrore della guerra e il senso di perdita di un compagno, BiA dava al giocatore un’esperienza matura, drammatica e artisticamente d’eccellenza, in grado di frantumare la barriera fra gioco e cinema nel senso migliore del termine.

Vi assicuriamo che, al livello umano, BiA riusciva a colpire duro

Company of Heroes

Per concludere, ricordiamo un grande esempio di strategico in tempo reale. Company of Heroes, di Relic Enterteinment (la stessa di Warhammer 40,000: Dawn of War) era un titolo capace finalmente di farci vivere la spettacolarità cinematografica vista negli sbarchi di Allied Assault o Call of Duty 2 in una straordinaria prospettiva a volo d’uccello.

La magnificenza dello sbarco dall’alto

Grazie a una straordinaria veste grafica e artistica e a un gameplay solido, Relic era riuscita a darci davvero la sensazione di giocare un wargame profondo e ricco di rifiniture, capace di entusiasmare gli appassionati di Storia e di dare una versione del D-Day diversa dal solito.

Bene, questi sono quelli che secondo noi sono stati i titoli in grado di trasportarci in quel fatidico 6 giugno 1944 attraverso la forza del videogioco, fra battaglie furibonde, storie eroiche e tanta spettacolarità.

Quali ricordi avete di essi? Anche voi avete passato ore sulle spiagge della Normandia?

Scrivetecelo nei commenti!

This post was published on 6 Giugno 2020 9:15

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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