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Speciali

Il mio nome è Bond, James Bond: 007 nei videogiochi

James Bond, alias 007, è uno dei principali protagonisti della cultura pop di ogni tempo e, come altri, ha ispirato decine di videogiochi e giochi analogici in tutto il mondo, quasi tutti collegati alla celebre serie di film iniziata nel 1962.

Un rapporto fertile, che ha dato vita anche a uno degli fps più amati di ogni tempo, quel 007 GoldenEye di Rare entrato letteralmente nella leggenda. Oggi, giorno che sarebbe stato il compleanno di Ian Fleming, autore dei romanzi e racconti sulla spia più famosa del mondo, raccontiamo la storia di questo legame, che si rinnova di film in film (o quasi).

Pronti? Cominciamo!

Gli anni ’80

Anche se la fortuna videoludica di 007 risale al periodo fra gli anni ’90 e i 2000, come nel caso di molti altri personaggi della pop culture (pensiamo a Indiana Jones, o ai protagonisti di Star Wars) il suo incontro con il medium è avvenuto negli un decennio prima.

Si è trattato di un rapporto fatto di trasposizioni ufficiali, ma anche di progetti che “omaggiavano” il personaggio mettendo in scena atmosfere simili a quelle delle sue storie, pur non nominandolo mai in maniera diretta. Fra questi un certo “005”, ma anche un’avventura grafica per ZX Spectrum (Shaken But Not Stirred) che, pur facendo riferimento alla “figura iconica” di Bond, probabilmente non poteva utilizzare nomi sotto licenza.

Shaken But Not Stirred, prima avventura testuale con protagonista 007

E’ solo nel 1983 che Bond fa un ingresso ufficiale nel mondo del videogioco con James Bond 007, un action che per la prima volta poteva portare la serie nei PC e nelle console di tutto il mondo. Un’operazione avvenuta solo un anno dopo un primo tentativo, Octopussy (tratto dall’omonimo film), programmato per il 1982 ma mai uscito.

James Bond 007 (1983)

Nonostante la faticosa partenza, da quel momento l’incontro di 007 col videogioco andò benissimo. Fra il 1983 e il 1989 vennero infatti pubblicati vari titoli sotto licenza (circa sette), che abbracciavano vari generi, dall’action al punta-e-clicca, determinando la vittoria di Bond anche all’interno del videogioco.

Ma il meglio doveva venire.

Sua maestà Goldeneye

La storia del 007 videoludico è una storia fortunata, perché intreccia uno dei più grandi successi cinematografici di tutti i tempi con quello che viene definito come uno dei più importanti esempi di videogioco action di sempre, in grado di influenzare il genere FPS e di scriverne la storia.

007 Goldeneye, sviluppato dalla britannica Rare, è tutt’oggi amato da moltissimi giocatori di vecchia data, tanto da meritare anche un remake nel 2010.

Come tutti i classici, i classici che contano davvero, Goldeneye è un gioco che se visto con la lente dell'”oggi” non sembra dirci molto, ma che all’epoca riuscì a introdurre alcuni elementi di game design poi diventati necessari: l’alternanza di fasi stealth e action, un multiplayer che permetteva di gestire partite con fino a quattro giocatori, ma soprattutto, in onore del fatto che fosse tratto da dei classici del film d’azione, una struttura narrativa fortemente cinematografica.

Certo Goldeneye fu fortunato, anzi forse il più fortunato videogioco tratto da un film: arrivato fra le mani di uno dei team che stava dando un contributo essenziale allo sviluppo del medium (ne abbiamo parlato, in parte, in questa story), venne destinato a mostrare la via da seguire a un’intera generazione di videogiochi, entrando in questo modo nella Storia.

Una cosa è certa: non finiremo mai di ringraziare Rare per ciò che ha fatto e ci ha donato.

Anni 2000: fra antico e nuovo

Goldeneye rappresenta il classico esempio di spartiacque, e tutti possiamo immaginare quanto sia difficile per dei videogiochi legati a un brand “esterno” competere con un loro esponente eccellente. Tuttavia, per quanto nessun altro successivo gioco di 007 sia riuscito a eguagliare l’illustre predecessore in termini di vendite (fatto che portò a un certo punto EA ad attenuare gli sforzi riguardanti quel brand), i successivi giochi di Bond sono comunque stati un ottimo esempio di tie-in.

Tomorrow Never Dies (2002)

Tutta l’epoca di Pierce Brosnan Bond (dal 1995 fino al 2002) è stata infatti caratterizzata da giochi solidi che da Goldeneye avevano preso la capacità di fondere narrazione cinematografica e videogioco per dare al giocatore esperienze ricche di ritmo e gusto cinefilo. Una caratteristica mantenuta sia nei titoli che più avevano pescato da Rare ricorrendo al formato FPS (come The World is not Enough e Angent Under Fire) sia in quelli in terza persona, come 007 Tomorrow Never Dies.

Fra sparatorie furibonde, corse in macchina all’interno di alcuni livelli dedicati (con fiammanti auto sportive ricche di trucchetti bondiani come le mitragliere di bordo) e, soprattutto, il divertentissimo uso dei gadget, i Bond formato videogioco di inizio anni 2000 hanno rappresentato perfette incarnazioni dello stile pulp dei film.

Tanto perfette da meritarsi nel giro di poco tempo anche trame originali che portavano avanti la serie in modo autonomo (i casi di Agent Under Fire, Nightfire o Blood Stone) creando dei veri e propri episodi “d’autore”.

Agent Under Fire (2002)

Non male davvero.

Una menzione d’onore, infine, per Dalla Russia con Amore (2005), versione videoludica del classico anni ’60 con una versione digitale di Sean Connery che non poteva che risultare gustosa da giocare.

Un brand che non si fa sentire da un po’

Il trend positivo è stato proseguito anche in età Daniel Craig con altri onesti esempi di action, ma oggi è un po’ che Bond non si fa vedere nei nostri dispositivi di gioco, forse anche a causa del successo altalenante degli ultimi film.

Scommettiamo che la carriera in pixel del buon Bond non è finita, e che presto o tardi, magari assieme ai prossimi film, arriverà anche un nuovo 007 videoludico.

Quantum of Solace (2008)

Un’altra certezza è che dagli anni ’90 la serie sia riuscita a divertirci e a far rivivere nei nostri pc e nelle nostre console il fascino della spia più glamour del mondo, in tutte le sue dimensioni.

Quale delle sue avventure videoludiche vi ha più intrigato? E quale altra declinazione dell’eroe di Fleming vorreste vedere in versione elettronica?

Intanto, ancora buon compleanno sir Ian, e grazie del bel regalo fatto al mondo dell’intrattenimento.

This post was published on 28 Maggio 2020 12:11

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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