Mick Gordon è una specie di pazzo geniale al servizio della musica dei videogiochi. I suoi lavori con Doom 2016 gli hanno fatto vincere svariati premi, dai The Game Awards ai DICE Awards passando anche per delle nomination non da buttare ai Bafta.
Doom 2016 è lontano dall’essere il suo primo lavoro; il nostro ha dalla sua un curriculum niente male con sul groppone le soundtrack di giochini come Killer Instinct o Wolfenstain: The New Order/The Old Blood. Soltanto l’incontro con il Doomguy metterà insieme tutti i tasselli necessari affinché avvenga la creazione di quella che è una delle pietre miliari della musica videoludica moderna.
Prima di arrivare a parlare di BFG Division o di Hell On Earth facciamo qualche passo a ritroso e andiamo a capire cosa rende la musica di Gordon diversa dal resto del metal che viene inserito nei videogiochi.
Botte da orbi.
Mick Gordon è uno che si è palesato nel mercato dei videogiochi mainstream firmando in solitudine la maggioranza delle tracce che compongono la colonna sonora di Killer Instict, il picchiaduro principale di quella che all’epoca era la nuova console Microsoft.
Nelle canzoni di Killer Instict già possiamo trovare fin da subito alcune delle caratteristiche definiranno in maniera granitica lo stile di Gordon:
È importante sottolineare come praticamente tutto il lavoro di Gordon si appoggi sull’utilizzo delle chitarre a sette e otto corde, lo staple tipico del chitarrismo Djent insieme al costrutto ritmico fatto di tempi dispari, note stoppate e sincopazioni a tutto andare.
Pezzi come Warlord ad esempio mostrano perfettamente alcune di queste capacità, creando dei veri e propri breakdown in corrispondenza dei chorus. Questi drop sono modulati sui suoni delle sopracitate chitarre a otto corde, opportunemente processate ed accompagnate da arrangiamenti tanto pomposi quanto caratteristici.
Gordon ha dimostrato di saperci fare anche quando si tratta di mettere via la chitarra e passare ad altri strumenti. Touch Me And I’ll Break Your Face è un perfetto esempio di questo tipo di paradigma; un pezzo dove Gordon ha preso gli stilemi della Dubstep (all’epoca in fase di popolarità calante) e li ha mischiati ad un pezzo pop, per un risultato assolutamente eccitante.
Mick Gordon ha smesso di collaborare alla colonna sonora di Killer Instinct dopo la fine della seconda stagione, a metà 2015. Le motivazioni sembrano essere legate al serrato ritmo produttivo a cui il creativo era sottoposto e agli altri impegni che Gordon aveva con altre aziende.
Tra questi troviamo anche un certo videogioco di Id Software di cui andremo a parlare a breve.
Il successo di Mick Gordon è arrivato quando da Killer Instinct è passato a musicare il reboot del più importante sparatutto di tutti i tempi, di uno dei più importanti fenomeni culturali degli anni novanta, della sublimazione delle idee di una manica di scalmanati riuniti sotto l’egida di ID Software.
Doom è il terzo tentativo per Gordon di lavorare con una proprietà intellettuale di Bethesda/Id Software ed è senza dubbio il più riconosciuto a livello globale. Dimostrata la mestieranza attraverso lo sviluppo della colonna sonora dei due capitoli di Wolfenstein all’epoca usciti (con tanto di collaborazione con Fredrik Thordendal, padre putativo del Djent in uno splendido pezzo) Gordon si mette subito al lavoro per dare un sottofondo sonoro degno di tal nome alla mattanza demoniaca.
Nell’intervista realizzata all’epoca da Bethesda Gordon ha spiegato come si è approcciato all’impianto compositivo: armato di chitarre a molte corde e dotato di antichi sintetizzatori sovietici (sic!) il creativo ha iniziato a ragionare sul come costruire un suono che diventasse immediatamente riconoscibile per tale videogioco ed è arrivato alla stesura di una procedura per raffinare le proprie idee.
Tutte le canzoni di Doom 2016 partono dal comparto ritmico, spesso debitore del djent più cinetico e dal retrogusto Thrash Metal (Metallica, Megadeth, Slayer e compagnia cantante); una volta stabilito quello Mick Gordon inizia ad aggiungere a tale strato sempre più sapore con chitarre e accorgimenti melodici, cambiando le timbriche, aumentando il numero di corde e saturando il saturabile.
Il colpo di classe finale, l’habanero infernale (come è stato descritto in sede di intervista) viene dato da un dettaglio che alla fine caratterizza la canzone in mezzo alle altre, dando alla maggioranza delle tracce della colonna sonora una chiara identità uditiva.
Il caso più emblematico è forse quello di BFG Division, una delle migliori canzoni mai scrittura durante la storia dei videogiochi. Il primo minuto di crescendo elettronico, con i synth che si ululano a vicenda lascia spazio ad un drop purulento, marcescente, dotato di una chitarra abissale che canta (chiaramente) l’inno del demonio e accompagnato da un doppio pedale indiavolato il giusto.
E lì, mentre le pareti delle chiese crollano ed il gorgo di magma sotto i piedi dell’ascoltatore diventa più chiaro, compare come un fulmine nell’inferno il colpo di genio. Un sibilo, una specie di voce infernale inizia a cantare la sua melodia; un sintetizzatore agonizzante si mette lì a dare qualcosa da fischiare, qualcosa che ti stamperà per sempre la canzone nel cuore.
Hellwalker è un altro pezzo perfettamente in grado di mostrare al mondo il talento mostruoso di mister Gordon. Il pezzo è un altro di quelli con un minuto di introduzione, un crescendo sinistro e silenzioso che lascia lo spazio ad un incedere ciondolante, ad una camminata determinata e malsana.
L’esplosione arriva poi verso il secondo minuto, con la comparsa di una chitarra abominevole il cui suono sembra provenire dall’abisso più infinito. Mick Gordon ha raccontato in un suo panel alla GDC che l’ispirazione per i suoni del pezzo gli è venuta ripensando all’arsenale storico di Doom. ricordata la presenza della motosega il musicista ha campionato suoni di differenti tipologie di motoseghe e li ha mixati a quelli delle chitarre ultraribassate, al fine di ottenere l’effetto desiderato.
Fast forward al 2020, anno dell’uscita di Doom Eternal. Dai comunicati stampa sappiamo che Gordon per la registrazione di questa colonna sonora ha puntato in alto ed ha messo insieme un coro di voci metal, in grado di cantare utilizzando tecniche vocali distorte come il growl o lo scream (che solitamente sono il riferimento di generi come Death o Black metal).
Doom Eternal esce e la critica grida sin da subito al miracolo, qui su Player.it crediamo che Doom Eternal sia l’unico gioco a sfondare la classica votazione in decimi per attestarsi su cifre impossibili come il 666/10.
La colonna sonora del gioco non fa assolutamente eccezione e si dimostra ancora una volta di qualità incredibile, caratterizzata a più riprese da idee geniali e da un talento quasi demoniaco nella composizione e nella sonorizzazione di scene.
Il coro metal citato in apertura al paragrafo fa capolino in svariate tracce del gioco, raggiungendo l’apice in pezzi assassini come Gladiator dove le parole KAR EN TUK vengono ripetute allo sfinimento in modo indiavolato. Nella lore del gioco KAR EN TUK non è altro che la traduzione in qualche lingua misteriosa dell’inglese RIP AND TEAR, tracciando un collegamento tra il passato del brand ed il radiossimo presente.
Il pezzo stesso è un concentrato di ultraviolenza sonora: la ritmica di Gladiator è marziale, timbricamente più vicina ad un piano sintetizzato (e distorto oltre ogni umana concezione percussivo che ad altro.
Dopo aver ripetuto decine di volte il mantra sopra descritto il pezzo esplode in un riff dalla potenza di un eruzione, basso e distorto oltre ogni limite, trasformandosi altre volte in differenti versioni di sé stesso, in differenti racconti di cosa voglia dire RIP AND TEAR.
Creatures Of Nekravol è un altro pezzo perfettamente in grado di descrivere cosa possa voler dire dare battaglia ai demoni direttamente da uno dei fulcri dell’inferno. Il pezzo è caratterizzato da un inizio al fulmicotone, con una chitarra ipercinetica (di chiara estrazione thrash metal) che viene accompagnata da un sibilo sintetizzato e che esplode in un botto devastante.
Mick Gordon per cinque minuti tiene il giocatore sulle spine, alzando ed abbassando il livello di tensione, esplodendo in dei drop pesanti come buchi neri, alzando polveroni fatti di bassi e sintetizzatori.
Il pezzo che però più di tutti ha fatto breccia sul cuore di chi, tastiera alla mano, sta scrivendo questo articolo (sconclusionato ma pieno d’amore, ci tiene a dirlo) è però quello più ibrido. Slayer has entered the facility è suonato in un momento incredibilmente gasante della storia principale, con il nostro protagonista alle prese con un piano assolutamente folle che prevede di cambiare per sempre la faccia del sistema solare.
Nel fare questo Gordon decide di accompagnare il giocatore mischiando sintetizzatori acidi a dei beat lontanissimi dal metal, con un incedere rapidissimo e violentissimo. Le distorsioni non sono più applicate sulle chitarre ma sui sintetizzatori, i richiami sonori sono stavolta al mondo dei rave e di certa techno mitteleuropea.
Il punto di non ritorno viene raggiunto con il drop, quando a 1.23 minuti la distorsione prende il sopravvento ed il suono del drop diventa saturo di morte e distruzione, con risultati paragonabili ad un colpo di BFG sparato in pieno volto. Più la struttura del pezzo si dipana e più fanno capolino i sample industrial e le sincopi djent, più il pezzo si allunga più la produzione si allarga e più il tessuto si diluisce. Mick Gordon finisce per prendere l’ibrido djentronico di The Algorithm e lo mette di sfondo ad cannone satellitare che spara contro ordate demoniache.
Mick Gordon ha sparato la colonna sonora di Doom Eternal talmente in alto da rendere difficile la concorrenza degli avversari durante il corso di questa (e della prossima) generazione. Il Doomslayer, l’inferno, la mattanza e la rabbia hanno finalmente un suono ben definito; Doom Eternal non è solo un videogioco incredibilmente soddisfacente da guardare, tra motore grafico e gameplay, ma è una vera e propria esperienza da vivere con le cuffie addosso; una di quelle che ti disarciona e ti fa salivare per la potenza, una di quelle che ti disorienta per la potenza.
Noi non vogliamo spoilerare niente ma vi assicuriamo che il combattimento con il boss finale, complice anche la colonna sonora, è la perfetta rappresentazione di ciò che comunemente chiamiamo “sabba infernale”.
This post was published on 29 Marzo 2020 22:22
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