Tornato da Lucca Comics & Games 2019 (ne parlo qui) vivevo un disagio unico, da giorni nella casella email giaceva tra i messaggi “Key Red Dead Redemption 2“.
Agognavo questo momento da un anno essendo sprovvisto di Playstation, dopo aver disfatto le valigie installo questo mattone da 114 GB chiamato RDR2.
Fondamentalmente non c’è tanto da dire, ho già detto tutto l’anno scorso con la mia recensione ironica e il mio collega Amerigo con il suo approfondimento, una cosa è certa: per rendere giustizia ad un capolavoro come questo c’è bisogno dell’occhio di un fotografo e nella recensione del mio collega non si coglie appieno la magia di questa pietra miliare.
Prima di parlare di arte e immagine lasciate che mi presenti, per chi non mi conoscesse dal 2009 fotografo eventi in giro per l’Europa e ho fotografato come fotoreporter oltre un migliaio di band, sostanzialmente la fotografia è la mia vita, da più di dieci anni (e scusate la breve flexata).
Beh, che dire.
Ho spulciato a lungo la lista dei credits sperando di trovare un direttore della fotografia ma ho visto solo un numero smisurato di art director, perché? Perché dietro quest’opera ludica/cinematografica sembra di vedere Emmanuel Lubezki ( il genio dietro la fotografia di The Revenant, giusto per citarne uno), le immagini, gli scenari, le cutscene, ogni singolo frame è letteralmente un’opera d’arte.
Al di là delle regole basilari di composizione la cura al dettaglio non è mai lasciata al caso, ogni elemento ha una sua armonia nel paesaggio, le strade, le colline, le foreste e le montagne sono posizionate su schermo in modo armonico e fotograficamente perfetto.
Per i paesaggi la direzione artistica si è palesemente lasciata ispirare ai capolavori dello spaghetti western di Sergio Leone e alla nuova scuola di González Iñárritu e del Django Tarantiniano, infatti girando l’immenso Open World troveremo una narrazione fotografica degna dei nomi prima citati, con paesaggi ad ampio respiro alternati da cutscene ricche di dettagli e inquadrature dinamiche e altamente descrittive.
Per quanto riguarda le scene comprendenti i volti, la mimica facciale e l’elemento umano i creator del gioco si sono ispirati dagli stessi maestri, attingendo a piene mani dai western della prima metà del secolo scorso, i tagli e i close-up delle cutscene sono icone di una fotografia figlia del passato ma che nel nuovo millennio fa ancora scuola.
Se invece dovessimo parlare di fotografia pura e cruda mi viene in mente un solo nome, Ansel Adams. Il più grande fotografo di paesaggio della storia ha richiami costanti in tutto il mondo di RDR2, vi consiglio di guardare una sua gallery o acquistare uno dei suoi libri fotografici per capire a pieno questa mia affermazione.
Girando l’immenso open world ho avuto modo di impugnare la mia macchina fotografica virtuale e immortalare scene e paesaggi di straordinaria potenza visiva, per farlo ho utilizzato la photo mode fornita dal motore grafico stesso. È ricca di feature e opzioni di configurazione per la camera, focale e messa a fuoco.
Ovviamente la modalità avanzata potrebbe avere più funzionalità ma con un po’ di pazienza sono riuscito a tirar fuori il meglio che potevo.
Se dovessi fare criticare gli sviluppatori di Rockstar lamenterei alcune piccole mancante, infatti per avere una photo-mode perfetta bisognerebbe applicare dei Fix alla camera, c’è la possibilità di scelta su 4 focali, un po’ come se ci fosse uno zoom che va dai 24mm ai 35mm. Ok, è una scelta che se ricollegata alle pellicole super-35 può anche avere senso ma per un’esperienza fotografica che si rispetti lascia un po’ il tempo che trova.
Le foto sono state editate leggermente con Lightroom (software di Adobe, sì, quelli di Photoshop) per riuscire a tirar fuori il meglio della qualità delle scene fotografate, buona visione!
This post was published on 9 Novembre 2019 17:17
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