Le recenti tragedie accadute in Texas e in Ohio, con la conseguente presa di posizione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a cui abbiamo dedicato un articolo che potete leggere qui, hanno riacceso il dibattito sulla violenza nei videogiochi.
Se un tizio (nove volte su dieci americano) inizia a sparare tra la folla, diventa automatico puntare il dito contro i videogiochi, vero veicolo di tutti i mali del mondo e delle storture della società moderna. Sapete che vi dico? Hanno ragione Trump e tutti quelli che gli vanno appresso: i videogiochi sono davvero troppo violenti e raccontano sempre storie di morte e distruzione.
Non si scappa: chi gioca ai videogame non potrà mai serbare dentro di sé sentimenti come l’empatia e la condivisione, perché non esistono titoli che trattino questi temi. Ecco, dunque, sette videogiochi violentissimi che sarà meglio non far vedere a Trump.
Un videogioco dalla violenza visiva inaudita. Una fiaba macabra che non dona speranza a chi la ascolta. Un padre perde la sua bambina, la “principessa” Aurora, la quale si risveglia in un mondo fatato pieno di insidie e mostri ostili. Sì, è vero, a farle compagnia c’è un lucciolino, una creatura magica in grado di curare le sue ferite e di accecare i nemici, ma fidatevi il gioco è davvero spaventoso. Riconosco altresì che la fanciulla non sarà sola, ma verrà accompagnata nella sua lotta contro il male da amici che darebbero la loro vita pur di salvare la sua, come la giullare Rubella, un topo arciere e un buffo stregone fifone. Non fatevi comunque ingannare, Child of Light è un videogioco che può trasformare una persona in un pericolo pubblico. Il messaggio che vuole veicolare è terribile: la luce sconfiggerà sempre l’oscurità. Inquietante.
Immaginate di perdere l’amore della vostra vita: come vi sentireste? Distrutti, senza più motivazioni per continuare a vivere. Ebbene, in questo pericolosissimo videogioco italiano, il protagonista Carl si vede sottrarre dal destino la propria compagna, l’anima gemella, la dolce June che cade vittima di un incidente stradale. Ormai ridotto su una sedia a rotelle, trova un modo per tornare a quel giorno beffardo e, di conseguenza, trova una nuova ragione per vivere: riportare indietro l’amata. In Last day of June, il giocatore dovrà rivivere in loop l’incidente nel tentativo di evitarlo prendendo di volta in volta decisioni diverse e, spesso, completamente contrastanti tra loro. Questo videogioco vuole rispondere a una domanda? Che cosa siete disposti a fare per amore? Perché, quindi, Last Day of June è pericoloso? Perché insegna a rimettersi in piedi anche quando la terra sotto di noi è sprofondata. Un messaggio che a qualcuno potrebbe dare fastidio.
I temi trattati in GRIS non sono di semplice comprensione, a causa di una narrazione criptica che lascia molto all’interpretazione del giocatore e di una volontà da parte del team di sviluppo di voler far riflettere su argomenti molto delicati. Pazzi! Come si permettono di affrontare tematiche che andrebbero chiuse a chiave in un cassetto o sotterrate in qualche deserto del New Mexico (come le cartucce di E.T. per Amiga)? Un videogioco che parla di depressione e ricerca di se stessi con delicatezza, una colonna sonora da brividi e un comparto tecnico allo stato dell’arte potrebbe confondere, meglio chiudere gli occhi e dare a intendere che questi problemi non esistano, come ogni comunità felice dovrebbe fare.
Due ragazzini partono per un epico e pericoloso viaggio alla ricerca di una cura per il padre malato. Che sconsiderati! Vogliamo davvero insegnare questo ai nostri giovani? I videogiochi vogliono davvero farci credere che sacrificarsi per gli altri sia la soluzione? Sì, perché in Brothers i due protagonisti metteranno al primo posto sempre e comunque la salvezza dell’altro e questo è inaccettabile. Un grande paese deve addestrare i propri giovani ad essere dei self-made men, a non voltarsi indietro, procedendo dritti calpestando tutto e tutti, perché un grande paese non si costruisce da solo. Ma poi, sacrificarsi per una persona più vecchia che ormai ha già vissuto abbastanza? Ma stiamo scherzando? Brothers è un videogioco pericoloso perché distoglie dal vero significato dell’esistenza: dominare su tutto e tutti.
Finché parliamo di indie, quindi di prodotti meno in vista, è ancora accettabile questa imperante violenza nei videogiochi, ma che addirittura un tripla A voglia diffondere messaggi così devianti è intollerabile. Detroit: Become Human ha la presunzione di affrontare temi sociali e lo fa mettendo il giocatore nei panni di un gruppo di androidi che si accorgono di poter provare sentimenti umani. Discriminazione, pregiudizio, violenza ingiustificata delle forze dell’ordine e schiavitù nell’era moderna sono i temi che vengono messi sotto la lente di ingrandimento… oh, ma che si è messo in testa questo David Cage? Certi personaggi non fanno bene al mondo e con essi le loro proprietà intellettuali. Detroit è un gioco nocivo senza se e senza ma.
Bullismo e promiscuità sprizzano da ogni pixel di Life is Strange. Un videogioco non adatto a chi ha una mente facilmente influenzabile a causa dei suoi messaggi che incitano all’odio e al disprezzo della diversità. I personaggi di Life is Strange sono spregevoli, poco empatici e non riescono a provare sentimenti positivi, offrendo al giocatore un’esperienza di gioco poco gradevole, frustrante e a tratti difficilmente digeribile da chi ha già problemi comportamentali. Vivere le vicende di Max e Chloe è un pugno nello stomaco e poi, parliamoci chiaro, una ragazza che frequenta il liceo in grado di manipolare il tempo rischia di mettere strane idee in testa ai giovanissimi.
Due scienziati impiantano, utilizzando un avveniristico macchinario, falsi ricordi nella memoria di poveri vecchietti in punto di morte. A quale infido scopo? Esaudire il loro ultimo desiderio: spegnersi senza rimpianti, con la consapevolezza, anche se indotta, di aver vissuto pienamente, di aver fatto tutto ciò a cui avevano ambito in vita. Una grafica ultrarealistica che ci spiattella in faccia tutta la ferocia e la cattiveria di cui è capace il genere umano, tematiche affrontate con poco tatto e una sequela di scene disturbanti fanno di To the Moon un videogioco per stomaci forti e non adatto a un pubblico giovane che potrebbe risentire della propria sanità mentale.
Avete sicuramente percepito un leggerissimo tono sarcastico in questo articolo. Abbiamo voluto sdrammatizzare un po’ la situazione perché sul tema della violenza nei videogiochi è già stato detto tutto e si continuerà a farlo in futuro, all’ennesima occasione in cui sarà necessario cercare un capro espiatorio, un paravento dietro cui nascondere le mancanze di un sistema che non fa mai mea culpa.
E visto che di fare i seri non ne abbiamo voglia, vi chiediamo di scriverci nei commenti altri videogiochi da non mostrare a Trump a causa della loro brutale “violenza”.
Leggi anche — > Il PEGI non diventerà legge. Facciamo chiarezza.
This post was published on 7 Agosto 2019 9:00
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