Uno dei trofei che separano il giocatore dal platino di The Sinking City si chiama “Il piacere di scoprire le cose”. È molto semplice da sbloccare, lo si fa quasi all’inizio, non appena si rende disponibile l’intera città di Oakmont, dopo il caso del porto affidatoci da Robert Throgmorton. È necessario cercare per la prima volta un indizio in uno degli archivi della città sommersa.
Il titolo dell’articolo riprende il nome del trofeo perché, nonostante sia un bronzo scontato da ottenere, è emblematico e sintetizza la formula che Frogwares ha creato per la ricerca e l’esplorazione in The Sinking City. Abbiamo già delineato nella nostra recensione i pro e i contro del videogioco e, nonostante sia chiaro a tutti che non si tratti di un gioco eccellente, lacunoso in molti aspetti, soprattutto nel gameplay e, nello specifico, nel gunplay, ritengo sia doveroso soffermarsi su come The Sinking City proponga al giocatore la sua visione di “scoperta delle cose”.
Come possiamo inserire la parola piacere in un titolo lovecraftiano che ha lo scopo di confonderci e debilitare la nostra sanità mentale? Dove mostri sputati dalle viscere della terra di una dimensione arcana cercano di farci a brandelli e gli abitanti ci tratteranno con disprezzo o indifferenza? In effetti, il termine più corretto sarebbe “soddisfazione”, la sensazione di appagamento per aver risolto una situazione ingarbugliata senza che la soluzione ci venisse sbattuta in faccia.
Siamo abituati ad avere sempre sotto controllo l’obiettivo successivo di una missione. Di solito, quando si trova un indizio o si sblocca un evento, la posizione della prossima tappa, che ci farà avanzare nella quest, viene segnata automaticamente sulla mappa. The Sinking City, invece, propone una formula del tutto diversa, non canonica in titoli del genere e nell’epoca attuale e, al primo impatto, destabilizzante.
Sulla mappa abbiamo solo i luoghi di interesse primario (ospedale, stazione di polizia, hotel, biblioteca, etc.), mentre tutte le altre location importanti per la risoluzione del caso sono appuntabili manualmente dal giocatore, il quale ha il compito di scoprire da solo dove recarsi per non rimanere bloccato nelle indagini. Ogni dialogo, ogni nota, ogni deduzione del palazzo mentale può celare un indizio da sottoporre al nostro fiuto. Se un documento ci parla di una persona scomparsa che in precedenza aveva avuto a che fare con la legge, saremo noi a dover inserire il marker dell’indizio sulla mappa cartacea in prossimità dell’archivio del dipartimento di polizia.
Il bello, però, viene quando starà a noi scovare l’edificio giusto avendo solo indicazioni generiche. Non sarà raro leggere indicazioni di questo tipo: “La casa del sospetto si trova all’incrocio tra Lincoln St. e Liberty Road, a sud est di Coverside“. Nessuna iconcina, nessun “gps” sulla bussola posta in alto dello schermo, sarà d’uopo recarsi lì sperando di non aver confuso le strade.
Non è da sottovalutare neanche il fatto che le abitazioni di Oakmont non hanno numeri civici perché, come dice il gioco stesso, “gli abitanti di Oakmont conoscono la propria città e non si preoccupano se è scomodo per gli stranieri”. Il protagonista di The Sinking City deve affrontare un clima ostile nei confronti di chi non è del posto, fatto di diffidenza e in taluni casi di paura degli sconosciuti. Il videogioco di Frogwares ci porta in un contesto ben strutturato da questo punto di vista e coerente con la narrazione lovecraftiana.
La fedeltà con le opere di H.P. Lovecraft è altissima e non sarà raro accorgersi di riferimenti palesi a racconti dello scrittore americano. L’ostilità che molti nutrono verso gli innsmouthers (La maschera di Innsmouth) si riversa su Charles Reed che, nonostante non abbia le peculiari caratteristiche fisiche di un abitante del villaggio costiero tra Newburyport e Arkham, è visto come un ficcanaso e un portatore di guai.
Da rimarcare come lo stesso Robert Throgmorton, con il suo aspetto scimmiesco (per capire da cosa derivi, vi basterà leggere il racconto breve Le vicende riguardanti lo scomparso Arthur Jermyn e la sua famiglia), abbia una forte repulsione nei confronti degli uomini-pesce, poiché il suo aspetto, a differenza loro, sarebbe la prova di alto lignaggio e di sangue blasonato. Non c’è empatia, non esiste riconciliazione tra persone diverse.
Questa situazione ambientale è dunque conforme alle modalità di indagine che Frogwares ha voluto proporre al giocatore: non ci sono aiuti (in modalità Straniero/Facile sono presenti icone sugli indizi, ma nelle altre due difficoltà non ci sono neanche quelle), bisogna cavarsela da soli e la verità è sommersa, proprio come Oakmont.
Se volessimo poi elucubrare in modo energico, potremmo indicare, come altro forte collegamento tra le dinamiche esplorative distintive di The Sinking City e la lore del gioco, gli asset riciclati delle abitazioni. In fase di recensione, il fatto che le case abbiano praticamente due tipi di struttura e di design che si ripetono in loop è stato rimarcato come grosso difetto, ma se volessimo rigirare la cosa? In modo forzato e speculativo, potremmo affermare che gli asset riciclati rappresentano un altro escamotage per mettere in mostra le asperità che Charles Reed deve affrontare per venire a capo della faccenda.
Abbiamo detto che gli abitanti di Oakmont conoscono bene la città e non hanno bisogno di numeri civici per trovare la strada di casa, in barba agli stranieri confusi. Ebbene, e se il piano urbanistico di Oakmont avesse progettato le case proprio in quel modo? Un asset per i poveri e uno per le persone più benestanti, in modo da creare ancor più disparità nella stessa comunità. Un abitante autoctono non andrebbe in confusione, ma uno straniero avrebbe dei déjà-vu e potrebbe credere di essere già stato in quel posto (è successo anche a me, durante il gioco, di uscire un paio di volte da una casa, pensando di averla già esplorata e di aver sbagliato a mettere l’icona sulla mappa).
Agli abitanti di Oakmont però non importa, perché loro la città la conoscono.
Come vedete, quindi, Frogwares è stata bravissima a creare una dinamica di gameplay ben incorporata al comparto narrativo. Il disorientamento del giocatore è quasi totale e rende più complesso districarsi tra documenti sibillini, personaggi diffidenti e la propria mente che fa brutti scherzi. Ed è per questo che in The Sinking City possiamo provare il piacere di scoprire le cose.
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This post was published on 10 Luglio 2019 12:25
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