Con questo 37° appuntamento della Tana dell’Orso, concluderemo –e stavolta dico davvero– l’analisi della mitologia scandinava all’interno di God of War, pubblicato nel 2018 per PlayStation 4, e conosciuto anche come God of War 4.
SIE Santa Monica Studio e Sony, perché dovete complicarmi la vita con i nomi e le numerazioni dei capitoli? Non potevamo chiamarlo, che so, God of War: Runes o qualcosa del genere? Bah.
In questo series finale ci concentreremo in un primo momento su alcuni aspetti secondari, diciamo così, che abbiamo finora tralasciato in favore di roba più succosa, per poi concludere con un’infornata di teorie più o meno fondate, che potrebbero darci qualche indizio su dove andrà a parare il prossimo capitolo della saga del Fantasma di Sparta.
Se non avete letto i miei precedenti pezzi sulla mitologia di God of War 4, vi rimando al primo, al secondo, al terzo, al quarto e al quinto articolo della serie.
Per arrivare fino a questo punto, i nostri Kratos e Atreus hanno picchiato, affettato, fulminato, incenerito, congelato e -in generale- sterminato buona parte delle creature dei miti scandinavi, germanici e dell’Europa Settentrionale nella sua interezza. Vediamo insieme alcuni, senza dilungarci troppo.
L’avversario di gran lunga più comune è costituito dal Draugr, che probabilmente gran parte di voi conoscerà già anche grazie a The Elder Scrolls V: Skyrim. Si tratta, in sostanza, di cadaveri rianimati: dei non-morti in grado di combattere e di utilizzare le armi con cui sono stati sepolti.
Nel mito sono fondamentalmente revenant o aptrgangr: più che spettri in sé e per sé, sono i corpi dei guerrieri defunti, ma al contrario dei comuni zombie i draugar sono dotati di trollskap, cioè speciali abilità magiche che spaziano dallo shapeshifting alla divinazione, passando per l’oniromanzia (più o meno) e il controllo del clima.
La loro apparizione era strettamente legata a dei fuochi nei / sui tumuli, che probabilmente non erano altro che fuochi fatui, dovuti alla presenza di metano e altri gas prodotti dalla decomposizione organica.
Al secondo posto troviamo gli Hel-Walker, che infestano il Regno di Helheim e sono resistenti al freddo, e quindi all’Ascia del Leviatano. Gli Hel-Walker di God of War 4 sono di due colori, bianco oppure blu: questa caratteristica, a mio avviso, li fa rientrare nella categoria dei draugar del mito che, come vediamo anche nella Grettirs Saga, possono essere nár-fölr, ossia di un pallore cadaverico, oppure hel-blár, e cioè tra il nero e il bluastro.
Ho accostato revenant e aptrgangr ai draugar, ma nel gioco incontriamo dei veri e propri Revenant: avversari lievemente ostici, che spuntano dalla nebbia e vanno storditi con il Talon Bow di Atreus prima di poter essere danneggiati. Per loro vale quanto scritto finora: sarebbe inutile ripeterlo ancora. Mi limiterò a ricordare che sono potenti nella Forza nel seiðr, e che in soldoni sono i Leshen di The Witcher 3.
Ai Troll abbiamo già accennato nel primo articolo, e poi abbiamo approfondito la questione nel terzo, parlando di Grendel del Ghiaccio e di Grendel delle Ceneri: il riferimento al poema Beowulf è palese, mentre l’aspetto, il comportamento e l’armamentario dei troll di God of War sono un po’ diversi da quelli del mito: ok, sono giganteschi, ma vanno in giro con degli altrettanto giganteschi totem, utilizzano attacchi elementali e hanno zanne giganti ai lati della bocca, un po’ come i troll di World of Warcraft.
Una versione più ignorante dei Troll è costituita dagli Ogre: grossi, possenti e armati di cattive intenzioni. In realtà la figura dell’Ogre, ben presente nella mitologia norrena e in buona parte dei miti europei, deriva dall’Orco del mito romano: mi riferisco a Orcus, il nome del dio degli Inferi assimilato con Plutone e, per estensione, anche il nome degli Inferi stessi.
Non va confuso col greco Horkos, lo spirito semi-divino che punisce gli spergiuri e che abbiamo incontrato in God of War: Ascension.
Non è un caso se Grendel e la merewife del Beowulf siano chiamati anche Orc-néas, cioè spiriti maligni o creature malvagie, che letteralmente significa cadaveri di Orcus. Gli orchi, gli Inferi, Grendel e perfino l’uomo nero del nostro folklore sono strettamente legati da un filo oscuro che attraversa i millenni, insomma.
A proposito di creature che insidiano il sonno: nel corso del gioco incontriamo degli occhi fluttuanti che ci debuffano e sparano dardi magici, e che addirittura prendono il controllo di avversari minori per potenziarli e renderli più temibili. Un po’ come l’Assuming direct control di Mass Effect, in sostanza.
Sono gli Incubi, o Nightmares.
Mentre gli Incubi del mito romano erano la versione maschile delle Succubi, che disturbavano il sonno dei giovani con molestie sessuali e/o un senso di soffocamento, il loro corrispettivo norreno è chiamato Mara o Mare: una donna smunta e pallida, con lunghi capelli neri, una veste da notte e lunghissime unghie affilate.
Il loro comportamento ruota sempre attorno al sedersi sul petto dei dormienti, e probabilmente è legato alla paralisi notturna e al sonno ipnopompico. Infatti già nell’analisi mitologica di God of War: A call from the Wilds, e perfino in quella su The Witcher 3, abbiamo accostato Incubi, Succubi, Mare e affini alla creatura del folklore abruzzese che porta il nome di pandafeche o pantafica.
Kratos contro la pantafica e i mazzamurelli: quello sì che sarebbe un sequel degno di questo nome!
Ok, torniamo seri.
Fra gli avversari disintegrati dai cazzotti di Kratos, ovviamente, non mancano le figure più o meno umanoidi.
I Reaver, ad esempio, sono umani in tutto e per tutto, o almeno lo sono prima di tornare come Hel-Walker. In vita, però, avevano un curioso hobby: erano cannibali, e volevano fare Kratos e Atreus al forno con le patate.
Nell’Edda poetica troviamo l’Atlakviða, cioè il Canto di Atli, in cui viene raccontata una storia parecchio cruenta e venata da cannibalismo involontario, al punto da influenzare buona parte della letteratura moderna, nonché del cinema, delle serie TV e perfino degli anime. Non mi credete? Ora vi riassumo la storia in due parole, e poi vi dico che frutti sono spuntati da queste radici antiche.
Atli, re degli Unni e forse proprio il celebre Attila che tutti conosciamo, invita Gunnarr e Högni, principi dei Burgundi / Nibelunghi nonché fratelli della moglie di Atli, Guðrún. Va ricordato che Guðrún / Crimilde è la vedova dell’eroe Sigurðr / Sigfrido, morto a causa di questioni amorose con la valchiria Brynhildr / Brunilde. Non fate arrabbiare le Valchirie.
Torniamo al Canto di Atli: Guðrún riesce ad avvisare i fratelli che si tratta di una trappola, ma i due s’intestardiscono e decidono di andare comunque. Accade proprio quanto aveva previsto lei, e i due fanno una brutta fine.
La caparbia donna però non si scoraggia: prepara un banchetto per il marito, che se la spassa e mangia di gusto finché non viene a sapere che quelli che aveva nel piatto erano i suoi figli. In seguito Atli viene ucciso dalla moglie, che già che c’era dà fuoco al palazzo e stermina gran parte della corte degli Unni. Ah, i crani dei figli di Guðrún e Atli diventano coppe, da cui la madre beve con viva e vibrante soddisfazione.
La stessa storia viene narrata nella Saga dei Völsungar, che poi viene ripresa nell’Anello del Nibelungo di Wagner, ma anche nei Cavalieri dello Zodiaco (Orion è un discendente di Sigfrido, in pratica) e nella Ragnars saga loðbrókar, cioè proprio la saga di quel Ragnarr Loðbrók che, tra l’altro, ritroviamo nella serie TV Vikings, da guardare con tanto spirito critico.
Ma non è tutto: la vicenda dei Nibelunghi viene ripresa anche da J.R.R. Tolkien in persona, in particolare nel libro La leggenda di Sigurd e Gudrún, pubblicato nel 2009 da suo figlio Christopher.
A proposito di Tolkien: oltre agli orchi / ogre, di cui abbiamo già parlato poco fa, e ai nani / dvergar come Brok e Sindri, nelle opere immortali che includono Il Silmarillon, Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli hanno trovato posto anche i Liósálfar, o elfi della luce.
Gli Elfi Alti, ossia quelli che hanno visto la luce dei Due Alberi di Valinor, vengono chiamati Calaquendi: in breve, una parola Quenya che significa elfi della luce, letteralmente. In God of War 4 esploriamo addirittura il loro reame, cioè il Regno di Alfheim.
Non sappiamo bene come stiano le cose, ma ci basti ricordare che le creature che forgiano i nuovi capelli di Sif, tagliati per scherzo da Loki, vengono chiamati Dvergar e abitano nello Svartálfaheim: sono i Figli di Ivaldi, che hanno realizzato anche Gungnir, la lancia di Odino, e Skidbladnir, la nave di Freyr.
Sì, la questione è complessa e intricata, e i secoli -se non i millenni- non ci aiutano. È leggermente più semplice, invece, il caso dei Traveller, i viaggiatori giganti che gironzolano indossando pesantissime armature, spadoni giganti e -a volte- grossi scudi indistruttibili. In senso letterale: su quegli scudi possiamo leggere l’iscrizione runica ᚢᚾᛒᚱᛖᚨᚲᚨᛒᛚᛖ, che grosso modo significa proprio indistruttibile.
Decisamente più mitologici, o quanto meno folkloristici, sono gli animali più o meno mostruosi che incontriamo durante l’avventura. Partiamo dai lupi, comprensibilmente molto ben rappresentati nei miti dell’Europa Settentrionale.
Dall’iconico Fenrir, talmente gigantesco da poter toccare contemporaneamente il cielo e la terra con le mandibole spalancate, e talmente potente da uccidere addirittura Óðinn, il Padre-di-tutto, a Sköll e Hati, figli dello stesso Fenrir che inseguono rispettivamente il Sole e la Luna e li divoreranno in occasione del Ragnarǫk, passando per l’infernale Garmr, l’equivalente norreno di Cerbero.
Questi sono vargar o warg, che hanno ispirato i Warg cavalcati dagli Orchi di Tolkien, nonché i metalupi di Game of Thrones. Non dimentichiamoci poi di Geri e Freki, pet di Odino al pari dei più celebri corvi Huginn e Muninn, né più in generale dei lupi comuni che pur figurano nei racconti e nelle leggende, più o meno con lo stesso ruolo dei lupi di God of War 4: pericolose bestie assetate del sangue di Kratos e Atreus, spesso agli ordini dei Revenant che abbiamo già esaminato.
Un paragrafo a parte meritano i Wulver: creature umanoidi più o meno bipedi, che vanno in frenzy ululando e attaccandoci a velocità sovrannaturale.
Se da un lato mi vengono subito in mente i Berserkir e la loro trance di furore, dall’altro i Wulver sono creature neutrali o addirittura benevoli del mito gaelico, che potrebbero avere origini mediche più che mitologiche: secondo la studiosa Susan Schoon Eberly, infatti, i cosiddetti Wulver potevano essere semplici umani affetti dalla sindrome di Hunter.
Due tipologie di creature non rientrano esattamente in quella degli animali, quindi le tratteremo a parte.
La prima è quella dei Tatzelwurm: nel gioco sono creature sotterranee che emergono dal suolo e ci sputano, ricordando un po’ i Vermi delle Sabbie di Dune e un po’ i Tremors, mentre nel mito europeo fanno una figura decisamente migliore.
I Tatzelwurm, infatti, sono draghi serpentiformi molto diffusi nella mitologia nordeuropea. Il nome è germanico, ma la loro presenza è attestata nei miti delle popolazioni alpine, in Francia con il nome di arassas e perfino in Sardegna, con il nome di scultone.
Si tratta di lindworm / linnorm, e in questa categoria rientrano anche Níðhöggr, che insidia le radici di Yggdrasill, e Jǫrmungandr, cioè il Miðgarðsormr di cui abbiamo parlato abbondantemente; altre creature di questa tipologia sono presenti anche nelle Gesta Danorum, dove vengono affrontate da Travis Fimmel dall’eroe Ragnarr Loðbrók, nonché nella stessa Saga dei Völsungar a cui ho già accennato: lì il nano Fáfnir, a causa dell’anello di Andvari (presente nel gioco), viene colpito da una maledizione che lo trasforma in un drago-serpente.
Il che ci porta alla seconda categoria di creature mitologiche, forse la più conosciuta, amata e temuta: quella dei draghi veri e propri.
Nel corso di God of War (2019) possiamo incontrarne più d’uno: ad esempio incontriamo e sconfiggiamo il drago femmina Hræzlyr mentre ci dirigiamo verso la Montagna più alta di Midgardr, e altrove possiamo ottenere il Favore di tre diversi Draghi, presi di peso dalla mitologia scandinava:
Questi tre nomi sono molto importanti nel mito, e in particolare nella Saga dei Völsungar: tutti e tre sono nani, figli di Hreiðmarr, Re dei Nani. Per sua sfortuna, Ótr era in grado di mutare forma a piacimento, e proprio come un Druido di D&D adorava trascorrere il tempo in forma animale, in particolare quella di una lontra (otter, in inglese).
Loki -sempre lui- lo scambiò per una vera lontra e lo uccise per ottenerne la pelle, al che ovviamente il Re si adirò e impose un salatissimo guidrigildo; alla fine, per sdebitarsi, il dio dell’inganno fu costretto a cedere l’anello Andvarinaut, sottratto per l’occasione a un altro nano: lo stesso Andvari che salviamo nel gioco.
Fáfnir e Reginn, bramando l’anello, uccisero il padre Hreiðmarr, ma la maledizione dell’avidità colpì il primo, ed egli non volle dividere le ricchezze né l’anello con il fratello superstite. Fáfnir finì per tramutarsi nel drago delle leggende, mentre Reginn si ritrovò a lavorare come fabbro e ad adottare un umano, un tale Sigurðr / Sigfrido che, una volta divenuto eroe leggendario, uccise sia Fáfnir sia lo stesso Reginn.
In sintesi soltanto uno dei tre fratelli nani, Fáfnir, diventò un drago, ma in God of War 4 abbiamo il tris completo in forma draconica.
Se nel terzo articolo di questa serie abbiamo già individuato nell’enorme volatile appollaiato in Helheim la figura di Hræsvelgr, il Gigante – aquila che genera il vento su Miðgarðr agitando le proprie ali, non abbiamo specificato che potrebbe trattarsi proprio dell’aquila leggendaria tra i cui occhi, secondo il Gylfaginning dell’Edda in prosa, siede un altro volatile del mito.
Mi riferisco a Veðrfölnir, il falco che vive tra i rami di Yggdrasill e che, grazie a un piccolo ma determinato intermediario, si scambia costantemente insulti con Níðhǫggr, attorcigliato tra le radici dell’albero cosmico.
E chi sarà mai questo intrepido intermediario?
Lo sboccato scoiattolo Ratatoskr, che zampetta sul tronco dell’albero del mondo e che, nel tempo libero, evidentemente si lascia summonare da Atreus, pur ribattendo con sarcasmo e una predominante vena di volgarità che, lo ammetto, donano un certo spessore al personaggio.
I ben più grossi e quasi altrettanto cattivi Ancients (Antichi), cioè i golem elementali che affrontiamo come mini-boss nel corso del gioco, invece, incarnano il potere del fuoco, del ghiaccio, della pietra e della foresta. Le loro radici mitologiche affondano, come viene specificato nel gioco stesso, nella carne dello Jötunn primordiale Ymir, cioè la stessa sostanza che compone Miðgarðr, come abbiamo visto in precedenza.
Il nano alchimista Andvari cercò di addomesticare uno degli Antichi, e nel processo creò il primo Soul Eater, divoratore di anime: una versione potenziata degli Antichi, costituita da un Ancient privato della sua anima; come dicono i nomi stessi, i Soul Eater e la variante Soul Devourer hanno il vezzo di nutrirsi delle anime delle loro vittime, tra l’altro.
Questa caratteristica li avvicina a Níðhöggr, il drago-serpente a cui abbiamo già accennato e che, nell’aldilà, si nutre dei corpi dei defunti.
Dopo la prima parte della confessione di Kratos ad Atreus, che abbiamo rivisto insieme nella terza di questa serie di articoli, ci aspettavamo che ci fosse dell’altro. E infatti è così, e quasi certamente l’avrete già compreso da tempo; se gli svariati hmmm che ho scritto finora non vi hanno fornito sufficienti indizi, non temete: ora lo scriveremo a caratteri cubitali nel cielo di Ásgarðr.
Visitando Jötunheim, il Regno dei Giganti di Ghiaccio, per spargere le ceneri di Faye dal picco più alto dei Nove Regni, ci imbattiamo in un murale dall’aspetto importante: un punto di svolta nella storia, perché lì apprendiamo le vere identità di Kratos, Atreus e Faye.
Partiamo da quest’ultima. Scopriamo che in realtà la moglie di Kratos e madre di Atreus è una Jötunn, seppur minuta per gli standard della specie: il suo soprannome, infatti, era Nál, cioè ago.
Laufey era l‘Ultima Guardiana dei Giganti, e il suo ritorno presso il Regno degli Jötnar era atteso in concomitanza con l’inizio del Ragnarǫk.
La versione mitologica di Laufey (isola di foglie), presente nell’Edda in prosa, è strettamente legata a suo figlio, di cui parleremo tra poco; Faye, inoltre, era anche una degli ultimi due Giganti rimasti su Miðgarðr: l’altro è l’enorme serpente Jǫrmungandr.
In questo murale troviamo anche lo stesso Kratos, che per i Giganti ha un nome diverso e carico di significato: ᚠᚨᚱᛒᚨᚢᛏᛁ, cioè Farbauti (pericoloso distruttore, oppure fulmine). Oltre a essere uno dei satelliti di Saturno, il Fárbauti del mito non -ovviamente- uno spartano ma è uno Jötunn, ed è sposato con Laufey proprio come nel gioco.
Secondo il Gylfaginning dell’Edda in prosa, dalla loro unione nascono tre figli, uno certo e attestato nella letteratura, e due soltanto ipotizzati e piuttosto nebulosi: gli ultimi due sono Byleistr (forse scatenatore di tempeste) ed Helblindi (forse accecatore di Hel).
Il primo, invece, è molto più celebre, ma facciamo un passo indietro. Kratos confida ad Atreus che Faye aveva scelto un altro nome per loro figlio, ma alla fine la coppia ha optato per quello proposto da Kratos, in onore di Atreus di Sparta: un commilitone dell’ex-dio della guerra, sempre felice e affidabile, che si sacrificò per rovesciare le sorti di una battaglia perduta dagli uomini di Kratos.
Sul murale però leggiamo il nome scelto da Laufey, con cui Atreus è conosciuto presso il popolo dei Giganti: ᛚᛟᚲᛁ, cioè Loki. Sì, il dio dell’inganno, eccetera. E infatti nel mito Loki è figlio di Fárbauti e Laufey, ed è un Gigante egli stesso. Nella casa di Kratos, come sottolineato da r/godofwarsecrets, si possono trovare quattro rune Futhark che, messe insieme, formano proprio la parola Loki.
Come avrete notato, i nomi di quella famiglia divina si riferiscono tutti al fenomeno dell’incendio boschivo: il fulmine (Fárbauti) colpisce le foglie (Laufey) o gli aghi di pino (Nál), e da quest’unione scaturisce l’incendio (Loki); questa almeno è l’interpretazione proposta dal filologo svedese Axel Kock.
Ma torniamo a noi: Loki è ora uno degli ultimi due Jötnar della Terra di Mezzo, insieme al Miðgarðsormr. Proprio l’esistenza Jǫrmungandr ci pone un dilemma: è figlio di Loki e della gigantessa Angrboða, proprio come Hel e Fenrir, e sappiamo che può viaggiare nel tempo grazie ai ceffoni ricevuti nel secondo scontro con Thor, come abbiamo già visto.
Questo significa che, in futuro, Atreus / Loki dovrà incontrare la sua futura moglie. L’altare Jötnar di Jǫrmungandr ci mostra proprio Angrboða che allatta il Miðgarðsormr, quindi è possibile che questa figura femminile faccia la sua comparsa nel prossimo God of War, e che magari non faccia subito la fine che le spetta nel mito, in cui Loki le divora il cuore.
Ma il serpente del mondo cela anche un altro enigmi da risolvere: quando portiamo l’ammalato Atreus da Freya, ad esempio, in lontananza sentiamo riecheggiare il corno che richiama Jǫrmungandr, ma non viene mai svelato chi l’abbia suonato.
Forse un Atreus / Loki venuto dal futuro? D’altronde il Miðgarðsormr accorre in aiuto di suo padre Atreus / Loki durante lo scontro finale con Baldur, Freya e il semi-redivivo Thamur, per poi ritirarsi a leccarsi le ferite, seguito dalla gratitudine di Atreus (e di nonno Kratos, senz’altro).
A proposito di Thor: anche se la sua presenza è percepita indirettamente, nel corso di God of War (2018) non compare mai. Tranne che nella scena post-credits, come se fosse un film della Marvel.
Durante l’avventura, ad esempio, ci viene raccontato che Mjöllnir è stato forgiato dai nani Brok e Sindri (Brokkr e Sindri nel mito), piuttosto pentiti per aver compiuto l’opera, e poi è stato rubato da Thrym, re degli Jötnar, proprio come fa l’altrettanto regale Þrymr della mitologia scandinava.
Entrambi avevano intenzione di ottenere, in questo modo, la mano di Freya, e ad entrambi la cosa si rivolta contro quando Thor, con l’aiuto più o meno volontario della stessa Freya, riesce a intrufolarsi nel palazzo del re e a recuperare il martello magico, con le prevedibili conseguenze: violence ensues.
La violenza gratuita, ad ogni modo, è un po’ il leitmotiv alla base della versione di Thor adottata dal gioco: è proprio lui a pestare quasi a morte suo figlio Modi, per punirlo per la morte dell’altro figlio Magni, ed è sempre Thor, come ci racconta lo spirito di un suo discepolo, ad approfittare senza ritegno dell’ospitalità di una vedova a lui molto devota, prima di ucciderla brutalmente in preda ai fumi dell’alcol.
Apprendiamo anche dello scontro, o meglio degli scontri con annesso paradosso temporale, fra Thor e Jǫrmungandr, ma di questi abbiamo già discusso a lungo; la vera apparizione è soltanto alla fine del gioco, in quello che si rivela essere un sogno di Atreus.
In questa (forse) premonizione, una figura ammantata visita la casa di Kratos e Atreus, evoca una tempesta di fulmini e, quando Kratos fronteggia il visitatore molesto, questi scosta il proprio mantello in perfetto stile western, solo che al posto di un revolver Colt .45 troviamo Mjöllnir, avvolto da scariche di elettricità.
L’accoppiata Thor – Mjöllnir, in sintesi, compie un genocidio degli Jötnar per ordine di Óðinn, e l’impresa riesce quasi completamente. Più avanti nella storia, inoltre, Thor accoppa anche lo Jötunn -travestito da mortale- che si era occupato della fortificazione di Ásgarðr.
Abbiamo già parlato in passato della vicenda del misterioso fabbro, del suo possente cavallo Svaðilfari e della disavventura di Loki con il suddetto, da cui nasce Sleipnir.
Ebbene, nel gioco questo fabbro viene chiamato Hrimthur e viene identificato come figlio di Thamur, il gigante con l’enorme scalpello conficcato nel cranio; in realtà hrimthurs significa soltanto Gigante di Ghiaccio (plurale Hrímþursar), in opposizione ai Giganti di Fuoco o Múspellsmegir.
Apprezzo però lo sforzo linguistico compiuto per dare un’identità a quel gigante fabbro che, nel mito, è senza nome. Da questi dettagli traspare un po’ della passione di Cory Barlog e degli altri autori per la mitologia norrena e scandinava.
Nel gioco, però, apprendiamo anche un dettaglio in più: prima di essere ucciso, il previdente Hrimthur è riuscito non soltanto a sabotare le mura di Ásgarðr, ma anche a confidare i dettagli dell’opera proprio a Freya. Vedremo anche questo aspetto nel prossimo God of War?
Sono abbastanza sicuro che il prossimo capitolo della saga di Kratos riguarderà molto più da vicino il Ragnarǫk: com’era stato previsto, Baldur è morto per mano di Loki e a causa del vischio, e oltretutto il buon Mímir ci avvisa che il Fimbulvetr, il lungo inverno che segna proprio l’inizio del Fato degli Dèi, è appena iniziato in pompa magna.
Probabilmente vedremo Heimdallr suonare nel corno Gjallarhorn, e il gallo Gullinkambi canterà insieme ai suoi colleghi: Fjalar e l’altro gallo del mito, del colore della ruggine, che bazzica il reame di Hel.
Dopo aver terminato il gioco, però, la saggia capoccia del dio della conoscenza ci anticipa anche un altro elemento: se torniamo nel Tempio della Luce di Alfheim portando Mímir con noi, infatti, quest’ultimo ci parlerà di Freyr, fratello e amante di Freya, e lo presenterà come dio degli Elfi della Luce.
Foreshadowing (o fore-lighting, in questo caso?) per God of War 5? Non lo sappiamo per certo, ma è possibile. Il problema è che, almeno nel mito, Fárbauti e Laufey muoiono quando Loki è ancora giovane, e questi viene in un certo senso adottato dagli Aesir, e in particolare da Óðinn, il Padre-di-tutto.
D’altro canto nel gioco Faye è già venuta a mancare, e l’ormai celebre murale di Jötunheim mostra proprio quella che potrebbe essere la morte di Kratos / Fárbauti tra le braccia di un Atreus / Loki ancora adolescente, forse appena più grande di come lo vediamo in God of War (2018).
Se il gioco seguirà il mito, allora Loki e Heimdallr, il dio guardiano, si uccideranno a vicenda. Ho forse appena scritto parte della trama e il possibile finale di God of War 5, anni prima della sua uscita? Lo scopriremo soltanto nell’E3 2020 e quando uscirà il prossimo capitolo della saga.
Sempre sul solito murale di Jötunheim troviamo anche un riassunto delle tribolazioni del pantheon scandinavo che precedono la storia del gioco, con un tocco di foreshadowing del futuro.
In base alla traduzione dell’utente Reddit Kid_Karbon, infatti, il primo gruppo di rune sulla parte di murale coperta dal drappo rosso dovrebbe narrare dell’ossessione di Óðinn per l’arrivo del Ragnarǫk, dei suoi sforzi per ritardarne la venuta e dell’opposizione di Týr; il secondo racconta della creazione di un potente artefatto, probabilmente Mjöllnir, affidato a Thor per aiutarlo nella missione di eliminazione degli oppositori di Óðinn (e quindi gli Jötnar).
Il terzo gruppo dovrebbe parlare del momento di rottura, dell’inizio della crisi, e cioè dell’istante in cui Kratos e Atreus uccidono Baldur, dando via al Ragnarǫk. Le ultime rune, invece, anticipano un possibile trasferimento di energia vitale e divina: forse il sacrificio di un morente Kratos per far sì che il potere di Atreus / Loki finalmente sbocci.
Non è stato forse lo stesso Kratos a dire che permetterebbe al figlio di ucciderlo, se questo significasse salvare la vita di Atreus? Non è che il parricidio primordiale sia il tema centrale della saga di God of War, d’altronde, no? …Oh, wait.
Per ora, come ogni settimana, possiamo soltanto attendere, e darci appuntamento a Mercoledì prossimo con un una nuova uscita della Tana dell’Orso sulla mitologia nei videogiochi.
This post was published on 26 Giugno 2019 20:00
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