Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta della mitologia norrena e scandinava in God of War 4, con questo 36° appuntamento della Tana dell’Orso: per chi non dovesse conoscerla, ricordiamo che si tratta di una rubrica settimanale specializzata nell’analisi degli elementi mitologici in videogiochi, giochi di ruolo e -a volte- serie TV.
Invece di proseguire in linea retta, seguendo pedissequamente la trama del gioco, andremo a saltellare un po’ qua è là, soprattutto in quest’ultima parte. D’altronde la storia di God of War (2018) è quasi terminata, e non manca molto al punto in cui ci tuffiamo nell’estrapolazione degli elementi mancanti, da porre sotto la fine lente d’ordinanza del provetto indagatore dell’occulto.
Dopo una prima parte in cui abbiamo introdotto i personaggi principali, dopo una seconda tappa piena di cosmologia norrena, dopo un terzo gradino che ci ha portati a riflettere sull’identità di Atreus e a conoscere alcuni delle creature della mitologia scandinava, e infine dopo un quarto passaggio che, tra un mito minore e una gag relief, ha segnato la fine della main quest di Kratos, ci accingiamo ora a terminare il viaggio intrapreso. Quasi, dai.
Iniziamo, infatti, accompagnando Kratos e Atreus nel loro ritorno da Jötunheim, il Regno dei Giganti: lì hanno sparso le ceneri di Faye / Laufey, seconda moglie di Kratos e madre del giovane Atreus, compiendo le volontà della misteriosa donna. Nel tragitto hanno anche spezzato la benedizione / maledizione di Baldur, per buona misura l’hanno fatto secco e quindi si sono attirati le ire della madre Freya, ma tant’è.
Percorsa a ritroso l’aurea gradinata che li aveva portati a destinazione, i nostri eroi s’imbattono nella testa mozzata di Mímir, il peculiare dio della conoscenza che li ha accompagnati in gran parte del viaggio; l’avevano lasciata con i rappacificati fratelli nani, Brok e Sindri, di cui abbiamo parlato a lungo negli appuntamenti precedenti, ma ora la derelitta divinità decapitata (DDD per chi è nel giro) giace a terra, ancor più sconsolata del solito.
Qui i protagonisti scoprono che il tempo scorre con una velocità diversa nel reame dei giganti, rispetto a quello di Midgardr: mentre per loro sono trascorsi pochi minuti, nelle lande mortali è passato un certo tempo, durante il quale Freya ha fatto visita alla capoccia di Mímir.
Cosa voleva la dèa della fertilità, del sesso, del seiðr, della divinazione e di svariati altri aspetti che abbiamo già ripetuto troppe volte? Bazzecole: soltanto sapere dove Odino / Odhinn avesse nascosto le sue ali da Valchiria badass.
Sì, perché a quanto pare la figlia di Njörd, sorella di Freyr, ex-moglie di Odhinn e madre di Baldur è stata, in passato, anche la Regina delle Valchirie, prima di Sigrun. Immaginate quanto possa essere pericolosa quella che, oltre a essere la più forte tra le Valchirie, è anche la più potente tra gli dèi Vanir? Almeno nel gioco è così, apparentemente.
Le Valchirie del gioco, nove in totale, sono entità che vagliano i morti in battaglia e portano i meritevoli nelle sale del Valhalla. Nel mito, in realtà, le valchirie di Odino ottengono una sorta di seconda scelta: la prima spetta proprio a Freyja, che porta i più valorosi nei campi di battaglia di Fólkvangr, dov’è situato anche Sessrúmnir, il palazzo (o la nave, a seconda delle fonti) della stessa Freyja.
Dopo l’allontanamento di Freya, almeno in God of War 4, l’indispettito Odino nominò Sigrun come leader delle Valchirie, ma inflisse loro anche una terribile maledizione: sarebbero rimaste in forma fisica, uno stato per loro altamente innaturale e inconsueto, corrompendosi nel corso del tempo fino a diventare mostri, in sostanza. Per salvare le sue sorelle, Sigrun le imprigionò in determinate aree dei Nove Mondi, prima di soccombere ella stessa alla maledizione.
Senza l’operato delle Valchirie, nonché senza l’azione della stessa Freya, i morti non vennero più smistati come si deve, e quindi il reame di Helheim divenne un set secondario di The Walking Dead, ed è per questo che durante il viaggio abbiamo sterminato Draugr e affini come se fossimo dei Dragonborn sotto l’effetto di metamfetamine da guerra.
Durante l’incontro con la prima Valchiria, il saggio Mímir aveva espresso una certa sorpresa nel vederla imprigionata, e aveva convinto Atreus (e quindi Kratos, di rimando) a salvarle tutte per evitare che i Nove Mondi si trasformassero in un B-movie con gli zombie. È sempre Mímir, oltretutto, a confidare a Freya che il ciclo della vendetta non può essere spezzato così facilmente. Hmmm.
Dopo ciascuna sconfitta delle Valchirie corrotte, la saggia testa mozzata ci rivela un pezzo della storia delle beniamine di Wagner, che hanno influenzato l’immaginario collettivo fino a confluire nei film del Marvel Cinematic Universe, per non parlare poi dei fumetti.
Sia come sia, veniamo a sapere che soltanto piazzando otto elmi di altrettante Valchirie in quella che, in sintesi, è la loro sala riunioni, potremo evocare l’attuale regina Sigurd. Fatto questo, e accoppata anche la forma fisica della regina, finalmente le Valchirie sono libere di cavalcare verso la loro destinazione, e di compiere il loro dovere sui campi di battaglia.
Il sapiente Mímir, però, ci rivela anche un altro retroscena, che dipinge la mentalità di Odino in un modo molto meno che lusinghiero; l’attuale confusione tra la figura della Vanir Freya e quella dell’Aesir Frigg, talmente diffusa da colpire per davvero persino il nostro mondo e la nostra epoca, va attribuita a una macchinazione del Padre-di-tutto: gli atti degni di nota vengono regolarmente attribuiti a Frigg, sposa di Odino, mentre quelli indegni vengono affibbiati alla sposa ribelle Freya.
Insomma, Odino ce l’ha così tanto con Freya per averlo praticamente ripudiato, che ha sdoppiato la persona dell’ex-moglie, creando un’identità fittizia positiva e riservando alla vera Freya un ruolo negativo o, tutt’al più, appena marginale.
Questa è la spiegazione in-game del problema reale e attuale della distinzione tra la figura divina di Freyja e quella di Frigg, che si sovrappongono notevolmente in quasi tutti gli ambiti e che, secondo gli studiosi, derivano dalla divinità *Frigja protogermanica.
Insomma, Mímir ne sa. Altro che il suo omonimo di World of Warcraft, il metallico Mimiron! Per inciso, quell’infame di Yogg-Saron deve ancora dropparmi la Testa di Mimiron. Evidentemente Kratos ha avuto maggior fortuna.
A questo punto la playlist dei Danheim (Viking / Folk danese, ispirato ai miti nordici) che sto ascoltando in loop, come sempre quando scrivo di mitologia scandinava, mi riporta bruscamente alla realtà con un canto diplofonico accompagnato da grossi timpani da guerra. Alla realtà di God of War 4, intendo.
Per completare la missione relativa alle Valchirie, che è pericolosamente in bilico tra la tipologia Search & Rescue e quella Search & Destroy, siamo costretti a visitare anche il fiammeggiante Regno del Fuoco, Muspelheim, un mondo opzionale ma caldamente (ba-dum tss!) consigliato, e il gelido e nebbioso, ma altrettanto opzionale, Regno di Niflheim.
Niflheim e Muspellheim sono i due Reami primordiali, che contenevano gli elementi puri del Ghiaccio e del Fuoco: un po’ come i Piani Elementali che costituiscono la Grande Ruota del multiverso, che abbiamo conosciuto con le prime edizioni di D&D. Qui, però, la forza degli elementi si è attenuata col tempo, e così possiamo visitare Niflheim senza congelare, e Muspelheim senza evaporare.
Curiosamente, la runa di Muspelheim è Mannaz, che rappresenta l’umanità, e quella di Niflheim è Naudhiz, che simboleggia il fuoco. Se nel primo mondo possiamo affrontare le terribili Sfide di Surtr, nel secondo ci ritroviamo in un labirinto che viene, purtroppo per Kratos, generato proceduralmente, ma che ci permetterà di visitare il Laboratorio di Ivaldi, cioè l’ambizioso nano alchimista che osò opporsi alla potenza degli Aesir.
Le versioni mitologiche di questi due reami si chiamano rispettivamente Múspellsheimr e Niflheimr, e proprio come nel gioco sono mondi elementali di puro fuoco e puro ghiaccio; dall’incontro dei due elementi nacquero i primi esseri viventi: il gigante Ymir e la mucca Auðhumla; furono loro, senza alcun tipo di unione carnale –cosa piuttosto insolita, in ambito mitologico-, a generare i Giganti di Ghiaccio, ma anche gli esseri umani e perfino gli dèi.
Auðhumla, leccando il sale depositatosi su delle pietre ghiacciate, liberò dal loro interno il primo uomo: Bùri. Costui generò una sorta di clone, identico in tutto e per tutti, chiamato Borr; da Borr nacquero Odino, Víli e Vé, e questi uccisero il Gigante primordiale Ymir.
Non vi ricorda la storia della dipartita del Titano primordiale Crono, per mano dei suoi figli Zeus, Poseidone, Ade e quant’altri? Abbiamo già approfondito il tema ricorrente del parricidio primordiale, se ricordate.
Il corpo di Ymir, ad ogni modo, venne trasformato in Miðgarðr, posizionata al centro del Ginnungagap, il vuoto cosmico pre-creazione: la terra è composta dalla sua carne, il cielo dal suo teschio, le nuvole dai brandelli del suo cervello, le montagne dalle sue ossa, le pietre dai suoi denti, laghi e fiumi dal suo sangue, e gli alberi dai suoi capelli.
Ora però arriva il bello: le larve che si nutrivano della sua carne divennero i Nani, e i Nani furono i progenitori degli Elfi. Adesso che l’eterna diatriba tra Elfi e Nani è stata sistemata, determinando la schiacciante superiorità dei Nani, possiamo tornare a God of War (2018).
Dicevamo. Il Mondo di Ghiaccio è reso ancor più inospitale da una nebbia velenosa, probabilmente un effetto collaterale della ribellione di Ivaldi, mentre quello di Fuoco è sostanzialmente deserto: come ci spiega il buon Mímir, secondo la Profezia i Giganti di Fuoco dovranno distruggere Asgard durante il Ragnarök, e il loro leader Surtr porterà a termine questo compito, facendo proseguire il ciclo di distruzione e creazione, pur sapendo che verrà abbattuto da Thor e Odino.
Foreshadowing per il prossimo capitolo di God of War? Probabilmente sì, a giudicare da questo scambio di battute:
Atreus: «Credi che ci saremo anche noi, quando verrà il giorno?»
Mimir: «Io ho visto abbastanza guerre tra gli dèi. Ma tu, fratellino… chi può dirlo?»
Dollari contro fagioli che Surtr sarà un nostro alleato nel probabile God of War 5: Ragnarok, un po’ come i Titani erano (quasi?) alleati di Kratos nella parte ambientata nella mitologia greca.
Il Surtr del mito ha lo stesso compito, che porterà a termine con l’aiuto della sua spada fiammeggiante; durante il suo percorso accopperà persino Freyr, il fratello / amante di Freyja, e finirà per essere abbattuto dagli Aesir, capeggiati da Odino, nel vasto campo di battaglia di Vígríðr, che abbiamo già nominato in relazione alla nave Naglfar.
A proposito di Odino: il buon vecchio Grímnir è, in pratica, l’antagonista sottinteso dell’intera avventura scandinava di Kratos e Atreus, e ha molti punti in comune con Zeus, il suo corrispettivo nel ciclo greco della saga del Fantasma di Sparta.
Proprio come Zeus, infatti, Odino è imparentato con buona parte dei personaggi del gioco: è il padre di Baldur, l’avversario primario del gioco, ma essendo padre di Thor è anche il nonno di Magni e Modi, gli avversari secondari. È l’ex-marito di Freya, madre di Baldur, nonché l’alleata principale di questo capitolo e probabilmente avversaria del prossimo.
In più, proprio come Zeus, l’Odino del gioco apre le ostilità contro Kratos perché in realtà teme lo spartano e il suo curriculum di tutto rispetto da Sterminatore di Dèi. Ma è soprattutto la paura del Ragnarǫk a motivare le azioni più crudeli, efferate e subdole del Padre-di-tutto: il suo fine ultimo consiste nel ritardare il più possibile il Fato degli Dèi, con ogni mezzo.
Anche nel mito scandinavo Óðinn / Wotan è il padre di Baldr e Thor, tra gli altri, ed è sposato con Frigg che, come abbiamo visto in questo stesso articolo, potrebbe essere la stessa Freyja.
La versione del gioco, inoltre, il dio viandante della saggezza, della poesia, della guerra e di tante altre cose, usa dei corvi di ghiaccio, gli Occhi di Odino, per spiare quel che c’è da spiare: una sorta di versione usa-e-getta dei celebri corvi Huginn e Muninn del mito scandinavo.
La sua passione per i segreti e la conoscenza arcana, in effetti, è un altro dei principali motori del dio del gioco: sposò Freyja / Frigg forse più per studiarne da vicino la magia Vanir che per mettere fine al conflitto tra Aesir e Vanir, e si inimicò i Giganti proprio perché cercò di svelare i segreti di Jötunheim, approfittando dei tentativi di mediazione da parte di suo figlio Týr.
Quest’ultimo è figlio di Óðinn soltanto nelle riedizioni dell’Edda in prosa, mentre nell’originale Edda poetica è figlio del gigante Hymir; forse il direttore creativo Cory Barlog ha deciso di omaggiare questa duplice origine di Týr, dio della guerra e dalla giustizia, rendendolo un messaggero di pace ed eguaglianza tra Aesir e Jötnar, in diretta opposizione del genocida Thor?
Per ora sappiamo soltanto che Týr è stato imprigionato, o addirittura ucciso; in realtà secondo alcune teorie Týr non sarebbe altri che lo stesso Kratos: entrambi sono divinità della guerra, entrambi viaggiano in varie aree del mondo e visitano diversi pantheon, entrambi sono amici dei Giganti, entrambi sono in fin dei conti una forza che si oppone al Male, ed entrambi viaggiano nel Regno tra i Regni utilizzando lo stesso artefatto, la Unity Stone.
Potrebbe essere Kratos il dio buono che, secondo Mimir, i Giganti stanno aspettando da tempo? E sarà proprio il tempo, e i viaggi all’interno di esso, a spadroneggiare nel prossimo capitolo di God of War? Non lo sappiamo, ma non vedo l’ora di scoprirlo.
Per quanto mi riguarda, credo che il posto di Kratos all’interno della mitologia scandinava sia già stato ben definito da un murale, ma ne parleremo in dettaglio nel prossimo articolo.
Abbiamo visto due delle varie aree opzionali, cioè i regni del Fuoco e del Ghiaccio. Ce n’è un’altra che è interessante per i nostri intenti: Konunsgard. Si tratta di una roccaforte nanica, presieduta da Re Mótsognir: un nano dagli hobby… peculiari, per così dire. Riassumendo, collezionava bestie e costringeva gli umani che vivevano nel suo regno ad affrontarle, ma a volte coinvolgeva anche dei draghi, per buona misura.
Quando ancora viveva su Midgard, un sogno lo spinse a ideare un’armatura nanica leggendaria, che avrebbe dovuto proteggere la sua gente da una fine terribile. Per questo motivo raccolse la Furia di tre draghi suoi prigionieri, il primo ingrediente, e massacrò un certo numero di innocenti per raccogliere le loro Urla, il secondo elemento necessario per forgiare l’armatura.
Non riuscendo a trovare il terzo elemento, si mise in viaggio e finì per installarsi a Konunsgard, dove per sua sfortuna venne ucciso da alcuni Hel-Walker; ironia della sorte, proprio questo Sacrificio Supremo, cioè la sua morte, era il terzo ingrediente necessario per creare l’armatura definitiva, che ben presto trova posto nell’inventario di Kratos e Atreus.
Possiamo trovare il corpo di Re Mótsognir in un passaggio segreto, situato dietro il trono di Konunsgard.
La figura di Mótsognir è presente anche nel mito scandinavo: nella Vǫluspá viene identificato come il re di tutti i nani, mentre nel Gylfaginning scopriamo che egli è il nano primordiale, mentre il secondo nano a essere creato fu il ben più celebre Durinn.
Fra le altre cose, proprio a Konunsgard troviamo anche alcuni dei Forzieri delle Norne, disseminati un po’ in tutti i Nove Mondi. Non andrò a ricercare il significato dell’archetipo del forziere nelle mitologie del pianeta Terra, nossignore: a tutto c’è un limite. Però possiamo parlare delle Norne: l’equivalente scandinavo delle Moire greche e delle Parche romane.
Mentre in alcune fonti letterarie, come ad esempio il Dialogo di Fáfnir, le Norne sono un gruppo eterogeneo e numeroso di entità superiori, che appartengono sia agli Aesir sia ai Vanir ed altre popolazioni del mito, secondo la Vǫluspá vivono presso il Pozzo di Urd, si prendono cura di Yggdrasill, intagliano rune e, soprattutto, tessono i fili che rappresentano il destino dei mortali e degli stessi dèi.
Nell’Edda in prosa di di Snorri Sturluson le Norne vengono, in un certo senso, assimilate alle Moire e alle Parche; diventano tre donne di età differenti, e cioè:
Ricordano molto le Sorelle del Destino di God of War II: Lachesi, il destino, Cloto, che fila, e l’inflessibile Atropo, che recide. Abbiamo approfondito insieme la questione Moire / Parche, quindi per il momento direi di fermarci qua.
Anche perché, e con questo concludo, per le popolazioni scandinave nulla era davvero eterno, a parte le Norne stesse, e prima o poi tutto sarebbe finito: anche gli dèi avrebbero trovato la morte nel Ragnarǫk. Soltanto alcuni esemplari divini, mortali, animali e vegetali si sarebbero salvati, e i superstiti avrebbero avuto il compito di fondare il nuovo mondo, sorto sulle ceneri di quello precedente.
Nell’attesa che questo avvenga, non posso far altro che darvi appuntamento a Mercoledì prossimo. Sempre ammesso che le Norne / Moire / Parche non abbiano già deciso altrimenti.
This post was published on 19 Giugno 2019 19:07
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