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Speciali

Google Stadia è una merda | Il punto di vista di Michele

Subito dopo la diretta in cui Google ha dissipato i dubbi su Stadia, nella nostra redazione si è aperta un’accesa discussione tra il partito pro Stadia, molto nutrito, capitanato dal nostro responsabile editoriale Daniele, e quello che ha visto più di una magagna in questo “rivoluzionario” servizio. La seconda fazione era in netta, nettissima inferiorità numerica, ma non per questo arrendevole.

Io, Michele, ho portato avanti le tesi anti-Stadia, non perché sia un criticone a prescindere, anzi, e neanche per paura dell’innovazione. L’ho fatto perché di magagne ne ho viste eccome in quella presentazione. In questo articolo, vi spiegherò i motivi che mi spingono ad affermare che Google Stadia è una merda.

Posizione molto forte, non lo nego, ma io ho questa peculiarità: se prendo una posizione, la difendo con ferocia. Mettiamo in chiaro una cosa, in questo pezzo userò toni aspri, sicuramente più bellicosi rispetto a quelli utilizzati da Daniele nella sua risposta editoriale, perché io, prima di essere un redattore, un giornalista, sono un videogiocatore.

Vi dirò di più, sono un videogiocatore che pensa di pancia e con una spada di fuoco perennemente impugnata. L’articolo sarà diviso in tre sezioni principali:

  1. Esclusive
  2. Abbonamento
  3. Digital divide

Il terzo punto sarà quello più corposo perché la mia tesi verte maggiormente su quelle due paroline inglesi.

Google Stadia: niente hype per Michele

I primi due punti voglio togliermeli di torno il prima possibile perché sono quelli più marginali. Google Stadia ha presentato la sua “non console” senza l’ombra di un’esclusiva. Ora, io so benissimo che manca ancora un po’ alla possibilità di mettere davvero le mani sul loro catalogo di giochi e che, quindi, sicuramente in futuro verranno ufficializzate partnership succose con team di sviluppo di caratura, grazie alle quali le esclusive non mancheranno.

Ma se l’intento di quel direct era far sorgere hype e far venire l’acquolina in bocca ai giocatori, be’, a mio parere hanno fallito miseramente. L’abbonamento per ora ci mette di fronte a una line-up di titoli giocati e stra-giocati, neanche di primo pelo. Io penso che salire sulle spalle degli altri per farsi portare avanti un bel po’ di metri nonostante le gambe funzionino bene, sia una mossa poco lodevole.

Questa mia constatazione, però, e lo ribadisco, è una bazzecola che serve solo a farvi prendere confidenza con l’articolo. Non è la mancanza di esclusive presentate a farmi dire che Stadia è una vera delusione.

Abbonamento sulle prestazioni

Oh, da adesso non si scherza più. L’abbonamento che garantirebbe ai giocatori l’accesso a uno sterminato catalogo di titoli a me sembra davvero una buffonata. Lasciamo perdere il fatto che i giochi vadano comprati a prezzo pieno, ci posso stare, visto che Stadia elimina il prezzo della console o del PC da gaming, ma è la natura stessa della sottoscrizione ad essere ridicola.

Quello di Stadia è un abbonamento sulle prestazioni e, oggi, spacciare per innovativa un’offerta di questo tipo è quantomeno farsesco. Che significa abbonamento sulle prestazioni? Ve lo spiego subito: se la mia connessione internet non soddisfa i requisiti minimi di Stadia, io SONO TAGLIATO FUORI.

Prendiamo il PlayStation Now. Il servizio di Sony non è il modello dell’eccellenza, anzi, diciamocela tutta, è un po’ una chiavica. Ci ho provato a giocare in streaming, volevo assolutamente recuperare Yakuza 4, ma mi è stato praticamente impossibile. Sapete cosa è successo dopo aver constatato che Now non facesse per me? Ho continuato a giocare nella “modalità standard”, cioè scaricando un gioco dallo Store. Non sono rimasto fuori dalla porta.

Google Stadia fa entrare solo chi ha alte prestazioni. Se la nostra connessione non indossa giacca e cravatta, viene presa di peso da un buttafuori e sbattuta fuori a calci. Perché avviene questo? Perché in Italia c’è una cosa molto bellina e simpatica che si chiama digital divide. E arriviamo al punto saliente.

PS5 e Xbox Scarlett mi garantiranno sempre, in un modo o nell’altro, la possibilità di giocare. Con Google Stadia, se non ho copertura, mi attacco.

Digital divide: rispondo alle obiezioni della redazione

Arriviamo al momento clou, quello in cui davvero vi spiego perché Google Stadia mi ha deluso. Per farlo, però, ho bisogno dell’aiuto della redazione, del partito pro Stadia. Ieri sera, nella chat dello staff, ho espresso le mie perplessità su Stadia, scatenando le obiezioni degli altri membri.

Ebbene, qui di seguito inserirò le loro motivazioni e io darò la mia risposta, in modo che voi lettori possiate farvi un’idea più precisa e diretta.

La mia tesi anti-Stadia parte da una massima che, sono sicuro, diventerà un meme all’interno della redazione: “Se anche una sola persona non può usufruire di Stadia per ragioni NON economiche, sarà un grosso fail”. Attenzione, non ho detto per ragioni economiche, ma per ragioni NON economiche. È una sfumatura molto importante che spiego rispondendo alla prima obiezione.

Obiezione #1 – Console e PC costano, creando disparità tra i giocatori

La disparità di cui parlate è ECONOMICA. L’impossibilità ad accedere a console o PC da gaming dipende da un fattore personale, dipende da ME, dalla MIA disponibilità finanziaria. Il digital divide su cui si basa Google Stadia, invece, non dipende da me, ma da un fattore esterno su cui io NON ho facoltà di agire. Le infrastrutture ridicole, l’assenza di reti internet da paese serio e civile e operatori che vendono una Ferrari per poi consegnarti il carretto della frutta non mi consentono di usufruire di un servizio che io ho scelto, potendomelo permettere economicamente, ma che è inarrivabile per cause ESTERNE.

Obiezione #2 – Se la tua connessione non va bene, pazienza, non è obbligatorio avere Stadia

Eh, ma va? Vi svelo un piccolo segreto: anche comprare una console o un PC da gaming non è un obbligo, ma milioni di persone lo fanno perché è una LORO SCELTA. Sanno di potersi permettere quella spesa o di essere in grado di sopportare un sacrificio. Appunto, è una scelta. Con Google Stadia questa scelta ha dei paletti ben precisi e sono quelli imposti sulla connessione in download e in upload. Se non si rispettano queste soglie di sbarramento, la propria decisione di andare su Stadia va a peripatetiche, costringendo a virare su qualcosa che non si vuole.

Obiezione #3 – Non puoi bloccare il processo evolutivo della tecnologia

E neanche lo voglio fare visto che sono a favore, vivo nel 2019 come tutti gli altri. Ma se il processo evolutivo non prende in esame tutte le sfaccettature della realtà a cui vole andare incontro, esattamente di quale evoluzione stiamo parlando? Un’evoluzione a orologeria? Un’evoluzione ad personam? Un’evoluzione per una stretta cerchia di illuminati? E se non le prende in considerazione, anzi, se non riesce a prendere le contromisure a questi ostacoli, è davvero evoluzione o una mera prova di forza che fallisce non appena l’avversario si fa più arcigno?

Obiezione #4 – Il digital divide per il 2025 sarà azzerato… si spera

Testuali parole. Fatemi capire: due ore di discussione e poi gli stessi sostenitori di Stadia ammettono che il digital divide sarà eliminato nel 2025… si spera. E allora ci rivediamo tutti nel 2025, io l’abbonamento lo attivo direttamente quell’anno, mi conviene, no?

Obiezione #5 – Stadia è innovativo perché non occupa spazio

Davvero l’ho letto? Cioè, davvero dovrei preferire Stadia a una console perché salvo 20 centimetri di spazio? “Eh, ma i giochi non occupano solo 20 centim…”, ALT! Vi svelo un altro piccolo segreto: io ho 120 giochi per PS4 e sapete quanto spazio occupano a casa mia? Niente, perché ce l’ho tutti salvati nell’hard disk. Ammazza, che stregoneria! Strano che voi iper-tecnologici esperti di Stadia e di digital divide non sappiate dell’esistenza del digital download e dei dischi esterni.

Obiezione #6 – C’è digital divide anche nella distribuzione elettrica…

… e potresti rimanere senza corrente quindi senza console. Sul serio? Stavamo parlando di digital divide e adesso scendiamo a certi discorsi? Voi dalla finestra vedete Benjamin Franklin che non si raccapezza su come possa catturare l’elettricità dei fulmini? Io no, penso di essere nato in un’epoca diversa. A parte che è fuori tema, questa obiezione non tiene conto che se non avessi elettricità, perché sono un fiero moroso e defraudatore dello stato, non potrei neanche usare Stadia a casa. Il punto a favore di Stadia dov’è?

Obiezione #7 – Il digital divide non è sufficiente per bocciare Stadia

Fatemi capire di nuovo: non posso giudicare Stadia, che basa la sua politica sulla connessione internet, per le gravi mancanze proprio sotto il profilo della connettività, ma le console fisiche possono essere criticate perché occupano spazio fisico? Quali acidi assumete?

Conclusioni

Ho già dato una sbirciata all’articolo di Daniele. Ebbene, ha scritto una grossa mole di dati che evidenziano come Stadia sia il futuro, la vera innovazione che mancava al mondo del gaming. E no, ora non vi dirò che sono scemenze, non sarebbe corretto e, soprattutto, vi direi una cosa falsa.

Ciò che leggerete nell’articolo di Daniele è vero ed è descritto in maniera dettagliata e precisa. C’è solo un piccolo problema: è mera teoria. La pratica dice questo:

Questo messaggio ha già fatto capire a molti che la teoria è una cosa, i fatti sono altri. Io, giocatore che ragiona di pancia, di fegato e di milza, vi dico che con la teoria mi ci pulisc… vabbe’, non mi fate diventar volgare, altrimenti ci bannano da Google News e voi non potreste più leggere certi deliri.

This post was published on 7 Giugno 2019 9:32

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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