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Speciali

[La tana dell’Orso] God of War (2018) e la mitologia norrena – Vol. 2

In questo 33° appuntamento della Tana dell’Orso, la rubrica scritta con le rune Futhark ideata appositamente per sviscerare il più possibile la mitologia nei videogiochi e nei giochi di ruolo, affronteremo insieme la seconda parte del viaggio di Kratos.

Nella prima parte dell’analisi della mitologia norrena in God of War (2018), avevamo lasciato il pelato di Sparta -emigrato a Nord- alle prese con la Strega del Bosco, cioè nient’altri che la dèa Freya, che ci dona una bussola – talismano per guidare i nostri passi. Forse è proprio il monile Brisingamen di Freya a fungere da bussola, come in Viking: Battle for Asgard? Non lo sappiamo ma ne abbiamo parlato nel precedente articolo, per cui andiamo avanti.

Il Lago dei Nove

Questa bussola magica ci porta a remare piacevolmente sulle acque placide di un piccolo fiume che, superata una forra pittoresca, sfocia nel celebre Lago dei Nove. Già il nome fa vibrare i nostri sensi di infognati appassionati di robe mitologiche, nevvéro?

Questo Lago si trova più o meno, guarda un po’ il caso, proprio al centro di Midgardr; dopo aver ripassato il principio di Archimede, e aver superato la sincope vasovagale relativa al bestio di cui parleremo più avanti, scopriamo che sulle sue sue coste sono arroccate otto torri particolari, che ci permettono di raggiungere gli altri otto regni del cosmo.

Perché sì, includendo anche Midgardr i regni che compongono il cosmo norreno sono nove, come sappiamo bene. E cosa li sorregge e li unisce, traendo nel contempo il nutrimento da loro?

Yggdrasill, il frassino del cosmo

Nei primi versi della Profezia della Veggente, cioè la Vǫluspá dell’Edda Poetica, leggiamo:

Nove mondi ricordo / nove sostegni / e l’albero misuratore, eccelso, / che penetra la terra.

E poi, appena un poco più avanti:

So che un frassino s’erge / chiamato Yggdrasill, / alto albero asperso / di bianca argilla. Di là viene la rugiada / che cade nella valle, / si erge sempre verde / su Urðarbrunnr.

Il riferimento a Yggdrasill è piuttosto palese: il centro del cosmo, che sorregge e collega i Nove Mondi. Il nostro Kratos ne percorre i rami per spostarsi da un reame all’altro, e grazie alla Unity Stone non si perde nell’oblio che colpirebbe un mortale che osasse compiere lo stesso percorso senza una tale protezione.

Freya, inoltre, indica come una sorta di proiezione di Yggdrasill i portali presenti all’interno dei templi: dei portali che, per l’appunto, hanno la forma di alberi cristallizzati, e che non aspettano altro che la chiave che andrà ad attivarli, come vedremo tra poco.

Oltretutto Kratos può raccogliere la magica rugiada dai rami di Yggdrasill, che aumentano permanentemente le statistiche del personaggio, e con una piccola scintilla può anche far esplodere la linfa cristallizzata del frassino, che mi piace chiamare Ambra di Yggdrasill.

Ma c’è di più: nella Profezia si parla di Urðarbrunnr, cioè la Fonte del Destino: una sorgente incantata, ubicata ai piedi del frassino Yggdrasill. Questa sorgente è non soltanto il posto in cui le Norne stabiliscono il fato di ogni creatura -dèi inclusi-, ma anche il luogo preposto per le quotidiane riunioni degli Aesir.

E cosa c’è nel Lago, se non le statue e i templi degli Aesir, che vengono svelati man mano che il livello dell’acqua si abbassa in seguito alle azioni di Kratos?

Bifröst e altri caselli autostradali

Per viaggiare sulla Highway to Hel(l), abbiamo bisogno di una chiave in grado di aprire i canali che, come c’insegna la Marvel, sono Condensati di Bose-Einstein. E qual è questa chiave, questa sorta di Telepass in grado di aprire i caselli autostradali di Yggdrasill?

Il Bifröst. Che in God of War (2018) non è un ponte ma una reliquia che, una volta caricata con la Luce di Alfheim, permette a Kratos di viaggiare tra i Rami del Frassino del Cosmo. Le Valkyrie sono talmente abili nello sfruttare questo tipo di reliquia, che apparentemente non è unica, da poter imboccare l’autostrada senza passare per il casello del Tempio di Tyr.

Più tradizionalmente, e in modo decisamente più iconico, il Bifröst originale è un ponte-arcobaleno che collega Midgardr ad Asgardr, cioè la Terra al Reame degli Dèi. Questo Ponte degli Aesir è chiamato anche Bilröst, almeno nell’Edda Poetica, e chi lo attraversa si ritrova nella fortezza di Himinbjörg, al cospetto del dio guardiano Heimdallr. Dai, abbiamo visto tutti i film con Thor, sappiamo di cosa stiamo parlando!

Sia come sia, le forze di Muspell distruggeranno il Bifröst / Bilröst durante il Ragnarok, almeno secondo le profezie che riguardano il Fato degli Dèi. Questo ponte, oggi, viene a volte accostato alla strada luminosa che la Via Lattea, la nostra galassia, traccia nei cieli tersi. Pensateci, la prossima volta che scruterete un cielo notturno.

La Luce di Alfheim

Abbiamo nominato brevemente la Luce di Alfheim, in grado di caricare la reliquia Bifröst. Ma che roba è, esattamente? Si tratta delle emanazioni luminose di una fonte di luce situata al centro del reame, che viene contesa tra gli Elfi della Luce e gli Elfi Scuri.

Quando i drow i secondi prevalgono, come nel momento in cui mettiamo piede in Alfheim, questa fonte luminosa viene coperta dalla vegetazione, la luce presente nel mondo si affievolisce, e i cieli si tingono di rosso. Quando invece gli Elfi della Luce prendono il sopravvento, di solito con l’appoggio di Freyr -fratello e amante di Freya, nonché divinità Vanir della fertilità, del raccolto e della pace-, la luce torna a splendere nel mondo, e i cieli di Alfheim ridiventano azzurri.

Nel mito norreno il reame di Alfheim è la Casa degli Elfi, e non viene descritto sostanzialmente in alcuna fonte, o almeno non in quelle che conosco io. Possiamo presupporre, però, che il mondo elfico sia bello e luminoso come gli elfi stessi: quelli di God of War, ad esempio, sono impalpabili, azzurri, sbrilluccicosi. Sì, è una parola che esiste, controllate pure.

Dicevamo: l’Alfheim del mito ospita soltanto gli elfi luminosi, e infatti il reame è chiamato anche Ljosalfheim (regno degli elfi della luce, letteralmente); i cugini oscuri, invece, abitano lo SvartalfheimNiðavellir, e vengono descritti nel Gylfaginning (L’inganno di Gylfi) di Snorri Sturluson. Dagli scritti di Snorri, inoltre, possiamo dedurre che questi Døkkálfar, elfi oscuri, non siano altro che i nani Dvergar.

Questa non è sicuramente l’unica fonte di confusione, in questo ambito: il confine tra Vanir ed Elfi è piuttosto sfumato, e anche nel mito Freyr è intrinsecamente legato sia agli Elfi (della luce) sia ai Vanir. Elfo ci cova? Non lo sappiamo.

Concept art degli Elfi della Luce

Sappiamo invece che Freyr ha una mount epica: Gullinbursti, un cinghiale d’oro che venne forgiato da alcuni nani di nostra conoscenza. Ricordate? Abbiamo discusso di loro e di Gullinbursti nella prima parte dell’analisi della mitologia norrena in God of War (2018). Un po’ d’attenzione, suvvia!

I nani – parte 2: Andvari, l’alchimista

Brok e Sindri, fratelli nani in affari: oltre a Gullinbursti e a Mjöllnir, i due liberi professionisti con partita IVA hanno forgiato anche l’Ascia del Leviatano impugnata dal nostro Kratos.

I due sono gioviali, a modo loro, e aiutano Kratos come possono, ma gli affari sono affari, anche quando si tratta di amici: come ad esempio l’alchimista Andvari, un amico nano indebitato con Brok. È proprio quest’ultimo a farci incontrare l’impunito debitore, e in quel frangente scopriamo che il poveretto si trova in una situazione piuttosto… particolare.

Si è visto costretto a trasmigrare la sua anima all’interno di un anello incantato, uno dei numerosi anelli magici che popolano le saghe norrene, per salvarsi da una sorte ben peggiore. Kratos, che per l’occasione da dio della guerra diventa un agente di riscossione dei tributi, recupera il magico martello di Andvari e lo porta da Brok, salvando così la vita (l’anima, in realtà) dell’alchimista.

L’Andvari del mito norreno è molto più cauto: il nome stesso significa proprio il cauto, e anch’egli possiede un anello magico, Andvaranaut. Quest’anello non contiene la sua anima ma è fonte della sua ricchezza, nonché di buona parte dei suoi guai: Loki lo pesca, letteralmente, mentre il poveretto sguazzava tramutato in un luccio per il proprio diletto, e gli sottrae anello, ricchezze, baracca e burattini.

Insomma, anche qui c’è lo zampino di Loki, in qualche modo. Hmmm.

La liberazione di Mímir

A proposito di gente imprigionata, per causa propria o per maledizione altrui: poco più avanti nella storia, una volta raggiunta la sommità del monte più alto di Midgardr e scoperto che in realtà quella è solo una tappa e non la destinazione, incontriamo una figura enigmatica e piuttosto pittoresca.

Proprio in cima il monte, incastonato -letteralmente- in un albero, c’è il caro vecchio Mímir, che in God of War (2018) è piuttosto diverso da quello del mito. Nel gioco, infatti, prima di diventare il dio norreno della Conoscenza e della Saggezza e di ritrovarsi in quella scomoda posizioneMímir era una sorta di giullare, nella corte di un re lontano.

Come tutti i Bardi giullari, alla fine anche Mímir esagerò e venne cacciato a malo modo; finì per imbattersi nei Nove Regni e in Odino, e si accattivò ingegnosamente le simpatie del Padre-di-Tutti. Fornì a Odino, infatti, un pozzo mistico della conoscenza: un normale pozzo, corretto con una tale quantità di funghi mistici da garantire visioni profetiche persino a un dio. Uno di questi trip allucinogeni finì maluccio per l’All-father, che finì per strapparsi un occhio; per salvare la propria pellaccia, Mímir inventò la storia del prezzo della conoscenza, e Odino abboccò.

Gradualmente accettato nella corte degli Aesir, lì Mímir cercò di lavorare ai fianchi Odino e gli dèi norreni, per riportare la pace tra i Nove Regni e scongiurare l’arrivo del Ragnarok o, quanto meno, ritardarlo il più possibile. Fu lui a combinare il matrimonio tra l’All-father e Freya, nella speranza di rappacificare gli Aesir e i Vanir, e a stabilire un contatto pacifico con i giganti di Jötunheim.

Davanti a noi, però, c’è la testimonianza del fatto che le cose non andarono come previsto: Odino subodorò la cosa, e nel dubbio lo incastonò in un albero, come una pietra dura su una montatura di bigiotteria di discreta qualità.

È curioso notare come, in effetti, il Mímir di God of War potrebbe avere origini celtiche: più avanti nella storia il nostro Atreus troverà uno Sgian-dubh, un coltello che ancora oggi fa parte del costume tradizionale delle Highland scozzesi, insieme al kilt e ai calzettoni, e Mímir sottolineerà come quel coltello provenga dalla sua terra natia, e aggiungerà che anch’egli ne possedeva uno molto simile. L’accento scozzese dell’attore che dona la voce al personaggio, Alastair Duncan, non fa che corroborare quest’ipotesi.

Nel mito norreno, invece, Mímir era uno Jǫtunn estremamente famoso per la sua immensa conoscenza e per la sua profonda saggezza. Odino ritenne che l’onniscienza del gigante fosse utile per i propri fini, quindi si recò a Jǫtunheimr e si abbeverò a Mímisbrunnr, la fonte magica di Mímir, e lì perse l’occhio mancante nella sua iconografia ricorrente.

Anche al Mímir di God of War (2018) manca un occhio.

Secondo altre fonti (pun intended), invece, era un dio degli Aesir, messo a guardia del pozzo della conoscenza; venne decapitato dai Vanir, e poi curato -in un certo senso- da Odino stesso. L’All-father portava con sé la testa mozzata di Mímir, chiedendole consigli e contando sulla sua immensa saggezza e sulla sua conoscenza degli altri Reami.

Quello che fanno Kratos e Atreus, in sintesi, e non è nemmeno la prima volta: alla cintura dello spartano abbiamo già visto le teste di Medusa, Euryale ed Helios.

~ Intermezzo ~

Proprio come aveva cercato di portare la pace tra Aesir e Vanir, il dio della Conoscenza cerca ripetutamente di scaldare i rapporti tra padre e figlio, ma viene imbruttito da un Kratos piuttosto irritato all’idea che Mímir possa svelare ad Atreus, anche solo per errore, il passato del Fantasma di Sparta. O quello dello stesso Atreus, a quanto pare. Hmmm.

Ignorando gli appelli della testa penzolante, che esorta più volte il cocciuto spartano a confidarsi col figlio prima che sia troppo tardi, il terzetto prosegue nel suo cammino, tornando al Lago dei Nove di cui abbiamo parlato poc’anzi.

E qui ci fermiamo, per questa settimana, prima di tuffarci nel Lago dei Nove e scoprire -se non avete giocato God of War (2018)– cos’è che sonnecchiava nel pittoresco laghetto, tra le statue e i templi degli Aesir, per ora sommersi dalle placide acque gelide di Midgardr.

Come sempre, non resta che darci appuntamento a Mercoledì prossimo, con una nuova uscita della Tana dell’Orso, in cui molto probabilmente non riusciremo ancora a concludere il viaggio intrapreso da Kratos e Atreus, secondo le ultime volontà di Faye / Laufey, moglie dello spartano e madre del giovane arciere.

 

This post was published on 29 Maggio 2019 18:37

Pierluigi Michetti

Pierluigi è un abruzzese di 33 anni, cittadino d'Europa e appassionato non soltanto di tutto ciò che sia vagamente fantasy, ma anche di mitologia, rievocazione storica e rasatura tradizionale. Cresciuto a pane, olio d'oliva, videogame di ruolo, letteratura fantasy, lezioni di pianoforte ed heavy metal, studia Scienze Politiche, prima, Pubblicità e Marketing, poi, e a metà della storia si ritrova a fare il copywriter e il redattore. Dopo aver adorato D&D 3.5, Sine Requie, Il Richiamo di Cthulhu e altri titoli meno celebri, si ritrova quasi per caso a sfogliare il PHB e la DMG di D&D 5E, e lì viene risucchiato in un vortice dimensionale senza via di scampo. Dopo aver giocato il Guerriero / Chierico per una dozzina d'anni, attualmente si diverte con un Barbaro in una campagna, fa il DM in una seconda, e gioca (male) un Warlock Legale-Malvagio in una terza, sempre con lo stesso gruppo. In tenera età, armato di un Amiga Commodore 64 e un SEGA Master System II Plus, inizia a esplorare il multiverso videoludico; la vera passione, però, sboccia soltanto con l'arrivo di un Pentium 1 133 MHz. I titoli amati, in ordine sparso: da Age of Empires a Earthsiege 2, da Earth 2140 a Carmageddon, e poi SimCity, SimCopter, i simulatori di volo, Populous, Black & White, Monkey Island, Wolfenstein, BloodRayne, Planescape: Torment, i Baldur's Gate (inclusi i Dark Alliance), Dark Forces, senza dimenticare Ultima Online, World of Warcraft, i due Knights of the Old Republic (giocati più volte di quel che il pudore mi consente di ammettere), Star Wars the Old Republic, i vari Max Payne, i Vampire the Masquerade: Redemption e Bloodlines, Kingdom Come: Deliverance e naturalmente la saga di The Witcher, quella di Dragon Age, i vari The Elder Scrolls (incluso l'Online) e soprattutto quella di Mass Effect, di cui è perdutamente innamorato. Dopo una primissima adolescenza trascorsa in compagnia dei romanzi di Tom Clancy e Bukowski, spicca il volo con gli autori canonici, tra cui Tolkien, G. R. R. Martin, J. K. Rowling, Weis - Hickman, Terry Pratchett, Stephen King, Gemmell, Howard e -in parte- Terry Brooks; attualmente adora la prosa di H. P. Lovecraft ma non tanto la sua poesia, divora Luk'janenko, Sapkowski, Karpyshyn, Zahn e tutto l'Universo Espanso di Star Wars.

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