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Speciali

[La tana dell’Orso] God of War (2018) e la mitologia norrena – Vol. 1

Con l’appuntamento numero 32 della Tana dell’Orso, la rubrica interamente dedicata alla mitologia nei videogiochi, ci buttiamo a capofitto nella mitologia norrena: vestiremo i (pochi) panni del buon vecchio Kratos, per esplorare i temi mitologici all’interno di God of War (2018).

Avevamo già iniziato a seguire i pesanti passi dell’ex-dio della guerra del pantheon greco, rivolti verso Nord per la prima volta dopo l’apparentemente tragico finale di God of War 3, con l’avventura testuale di God of War: A Call from the Wilds, che funge prequel per il nono capitolo della saga di Kratos.

La mitologia norrena all’interno di God of War 4

Quest’avventura dinamica, pubblicata nell’Aprile del 2018 da SIE Santa Monica Studio esclusivamente per PlayStation 4, presenta una lunga, lunghissima lista di elementi tratti dalla mitologia nordica; cercheremo di individuarli e analizzarli insieme, catturandone almeno i principali e lasciando gli altri all’attenta lente di chi vorrà giocarlo in quest’ottica.

Naturalmente seguiranno spoiler dettagliati e approfonditi su God of War (2018), quindi siatene consapevoli prima proseguire.

Faye, la seconda moglie di Kratos

Oltre al Fantasma di Sparta e a suo figlio Atreus, che abbiamo già incontrato nel prequel di cui si parlava poc’anzi, in God of War (2018) viene introdotto un terzo membro della famigliola norrena di Kratos: la sua seconda moglie Faye, che a quanto pare è già defunta. Dopo la prima moglie Lysandra, madre di Callisto, il nostro Kratos non sembra avere un gran fortuna con le consorti.

«E cos’ha di mitologico questa Faye, una donna mortale?», mi chiederete. Benissimo, cari lettori, siete sempre attenti e in guardia. Non avrebbe nulla del genere, se non fosse che, come scopriamo durante il gioco, in realtà Faye è solo un nomignolo: il suo vero nome è Laufey, e in effetti non è nemmeno una mortale ma una Jotünn, una gigantessa.

Anzi, è (era) addirittura una rinomata eroina dei Jötnar, i Giganti che -in un certo senso- potremmo paragonare ai Titani greci, visto che discendono da Ymir, il primo essere a emergere dal Ginnungagap, il caos primordiale. Laufey la Giusta era conosciuta per i suoi atti di coraggio e generosità, e per la sua strenua opposizione contro la crudeltà degli Aesir.

Se il suo nome vi è familiare, è perché nel mito Laufey è la madre di Loki, il trickster god del pantheon norreno. O magari avete già sentito questo nome nell’Universo Marvel: lì Laufey è il padre di Loki, che ripudia il figlio perché ritenuto troppo piccolo e fragile.

Anche la Laufey di God of War (2018) è piuttosto abile nella manipolazione e nell’inganno: il suo ultimo desiderio non soltanto porta Kratos a legare finalmente con il figlio, ma svela a entrambi una verità che, per motivi probabilmente validissimi, aveva tenuti nascosta per anni.

All’inizio del gioco vediamo che Kratos abbatte alcuni alberi per la pira funeraria della defunta compagna; ebbene, questi alberi erano stati scelti e marchiati da Laufey stessa, e il loro abbattimento provoca l’apertura della barriera magica che proteggeva la sua foresta, e rende nota agli dèi la sua presenza su Midgardr.

Sempre secondo le sue ultime parole, Kratos e Atreus devono mettersi in viaggio per spargere le sue ceneri dal monte più alto dei Nove Regni: dopo lunghe peregrinazioni, i due scopriranno che il monte più alto non è nemmeno in Midgardr ma è in Jötunheim, il Regno dei Giganti, e questo sarà il filo conduttore che regge l’intera trama del gioco.

La morte di Laufey, insomma, mette in moto tutta la storia: Odino invia un suo agente, Kratos e Atreus si mettono in viaggio, i due legano e finiscono per scoprire la vera identità di Atreus. Un’identità che, probabilmente, i più attenti di voi avranno già indovinato, ma torneremo a parlarne nell’ultima parte di questo viaggio.

Intanto possiamo leggere della Laufey del mito nel Gylfaginning dell’Edda in prosa di Snorri Sturluson, risalente al tredicesimo secolo.

Il primo boss affrontato insieme da Kratos e Atreus

Ad ogni modo l’ex-dio della guerra decide di mettere alla prova suo figlio, prima di partire eventualmente per questo ultimo viaggio con le ceneri di Faye.

La battuta di caccia, che sa tantissimo di rito di passaggio e iniziazione, ben presto si trasforma in una boss fight alla God of War: incontriamo un frizzantissimo troll di fuoco, Dauði Kaupmaðr, che prenderemo come scusa per parlare dei troll di questo capitolo.

Nel corso dell’avventura, infatti, incontreremo vari troll, appartenenti a differenti tipologie: di fuoco, di ghiaccio, di pietra, delle foreste, eccetera. Sebbene siano piuttosto aggressivi e in apparenza stupidi, man mano che proseguiamo nel gioco possiamo scoprire che in realtà sono quel che rimane di una civiltà avanzata che abbracciava tutti i Nove Mondi.

Dopo essere stati traditi dagli Aesir, che a quanto pare qui sono i villain della storia, i troll e la loro società sono quasi scomparsi, e i pochi che restano sono regrediti a uno stato barbarico e semi-animalesco. Qualche tribù resiste ancora, come ad esempio quella dei Troll della Pietra, ma anche loro non è che se la passino benissimo.

Nel mito norreno, nonché nell’arte, i troll sono considerati creature magiche e sovrannaturali, come si evince dal termine stesso: in alcuni ceppi linguistici germanici e scandinavi la parola stregoneria si traduce con trolldomr, e trolla significa fare trucchi magici.

In quest’ottica il termine trollare assume tutto un altro significato, non è vero?

A parte questo, il termine spesso include anche gli stessi Jötnar, mentre l’aspetto comunemente attribuito ai troll comprende grosse orecchie pelose, nasi sproporzionati, code e caratteristiche piuttosto primitive e malevoli. Non proprio i Bert, Tom e William (Berto, Maso e Guglielmo) di Tolkien, ma quasi.

Bussano a quest’ora del mattino: chi sarà mai? Andiamo a vedere.

Di ritorno dalla caccia e dallo scontro con il primo troll, Kratos e Atreus fanno la conoscenza di quello che sarà il principale antagonista di questo capitolo.

La loro caratteristica baita viene squassata da una creatura che non vediamo, ma di cui udiamo il possente battito d’ali e il terribile ruggito: sarà un drago? Secondo me è un drago. Uuuh, quanto mi piacciono i draghi.

No, a bussare alla nostra porta è uno sconosciuto, pure abbastanza mingherlino rispetto a Kratos. Sarà un attaccabrighe del luogo. Vediamo che taunta ripetutamente Kratos e addirittura arriva a prenderlo a sberle: ok, è spacciato. Ora PEMM, dritto sulla luna!

E invece no. È Kratos a prenderle sode, e nel corso della lotta questo sconosciuto si lascia scappare alcuni indizi: dice di essere stato inviato da Odino, aggiunge che nulla più ferirlo grazie a un incantesimo di Freya, e conclude affermando di non essere come suo fratello.

Ok, è Baldr. Di sicuro.

Lo rivediamo vivo e vegeto dopo avergli spezzato il collo e averlo gettato in un burrone, quindi forse proprio un semplice mortale non è; più avanti ci viene confermato che, in effetti, si tratta proprio di Baldur: il bellissimo, splendente e perfetto dio della luce e della bontà, figlio di Odino e Frigg / Freya (chiariremo questo aspetto più avanti), nonché fratellastro di Thor e Týr.

Carl Emil Doepler – Guidato da Loki, il dio cieco Höðr scaglia del vischio contro suo fratello Baldr

In God of War è tutt’altro che benevolo e perfetto, ma d’altronde anche nei Gesta Danorum il caro Baldr viene descritto come uno spaccone arrogante e malevolo, sebbene non bisogna dimenticare che Saxo Grammaticus, l’autore dell’opera, scrive da un punto di vista Cristiano, piuttosto critico nei confronti del paganesimo pre-cristiano.

Torniamo a noi. Proprio come nel mito norreno, sua madre Frigg / Freya aveva iniziato a temere per la vita di Baldr / Baldur in seguito a un sogno profetico, e così aveva fatto di tutto per rendere il figlio intoccabile da ogni singola creatura ed elemento del cosmo. Tutto, tranne il giovane, tenero e apparentemente innocuo vischio.

Mentre la versione mitologica vede Frigg che chiede a (quasi) tutte le creature di non far del male al figlio, nel gioco la dèa Freya casta un incantesimo Vanir, che come tale ha un’inevitabile falla: il vischio, appunto.

Jakob Sigurdsson – La morte di Baldr in un manoscritto islandese del XVIII secolo

Anche il Baldur di God of War (2018) è immune a tutto, perfino alle sonore sventole di Kratos, ma questo potere lo rende anche incapace di avvertire qualunque sensazione fisica e nel tempo lo fa diventare psicotico e sociopatico, più che un luminoso dio della benevolenza.

La sua invulnerabilità magica è piuttosto simile a quella di Achille: la versione greca prevede il celebre tendine tallone d’Achille, cioè il punto da cui la madre Teti aveva sorretto il piccolo Achille mentre lo immergeva nelle magiche acque del fiume Stige, mentre quella norrena affida il ruolo a un rametto di vischio, che diventa freccia letale grazie a un inganno di Loki. Teniamolo a mente.

Antoine Borel – Teti immerge suo figlio Achille nelle acque del fiume Stige

Per ora limitiamoci a ricordare che la morte di Baldr, ucciso dal cieco fratello gemello Höd a causa dell’ennesimo raggiro di Loki, e non resuscitato sempre per l’intervento del trickster god, segna l’inizio del Ragnarok, con il Fimbulvetr (il lungo inverno) e tutto il resto. Dopo il Fato degli Dèi, però, il dio luminoso risorgerà e regnerà su un mondo perfetto e in sempiterna armonia.

Lol, risponde Kratos, affilando la sua Ascia del Leviatano.

Un dettaglio: i numerosi tatuaggi di Baldur dovrebbero significare:

  • maledetto, sulla schiena e sulle spalle;
  • io sono la morte, sul pettorale sinistro;
  • le Norne hanno tessuto questo destino, sul basso ventre;

sulla schiena, inoltre, Baldur ha due simboli alchemici legati all’equilibrio e alla neutralità: l’equivalente dell’etere greco, cioè il mezzo attraverso cui si propaga la luce.

Nel gioco viene nominata, un po’ en passant, anche la compagna di Baldur: si tratta di Nanna, che metterà al mondo Forseti, il dio della giustizia e della riconciliazione. Sappiamo però che la maledizione di Baldur rende piuttosto improbabile il concepimento di Forseti, quindi presumibilmente non lo vedremo mai nella saga di Kratos.

I nani – parte 1: Brok e Sindri, fratelli fabbri

E chi è che cita Nanna? Il nano Brok, fratello nonché ex-socio di Sindri. I due formavano una simpatica impresa a gestione familiare, quella dei Fratelli Huldra, ma poi tensioni interne e discordia familiare hanno minato le basi di questa P.M.I, e i due sono ricorsi a vie legali.

Leggermente più mingherlini di quanto me li aspettassi, forse influenzato da altri nani in rapporti eccessivamente amichevoli con un elfo biondo in particolare, i nani di God of War sono naturalmente abili nelle arti della forgiatura e della creazione di artefatti.

Il nano Brok…

Mentre nel gioco possiamo apprendere che sono stati loro a forgiare l’Ascia del Leviatano impugnata da Kratos, e infatti continuano a migliorarne la fattura e gli incantamenti a ogni occasione, anche i nani del mito non sono da meno.

Proprio i fratelli Brokkr e Sindri hanno forgiato molti degli artefatti degli dèi norreni: in una competizione con i Figli di Ivaldi, in sostanza un’impresa concorrente che aveva realizzato la nave di Freyr (Skidbladnir) e la lancia di Odino (Gungnir), nonché le dorate chiome di Sif che erano state tagliate da Loki (poi debitamente punito da Thor, il compagno di Sif), i nostri Brokkr e Sindri si sono rimboccati le naniche maniche e si sono messi al lavoro.

Dalla loro fucina sono venuti fuori il magico anello di Odino (Draupnir), il cinghiale usato come mount da Freyr (Gullinbursti), e un’altra cosuccia da niente: solo Mjöllnir, il celeberrimo martello dell’altrettanto famoso Thor. E a quanto pare anche l’Ascia del Leviatano, almeno nel gioco.

…e suo fratello Sindri.

Un’altra piccola curiosità: durante la creazione di Mjöllnir un tafano punse Brokkr su un occhio, e quindi il fabbro interruppe per un attimo il suo lavoro. È per questo motivo che l’impugnatura del martello risultò più corta del dovuto.

Thor, costretto a impugnare l’arma con una sola mano e non con entrambe, dovette ricorrere a degli speciali guanti di ferro (Járngreipr) e a una cintura magica (Megingjörð) per poter utilizzare il martello in battaglia. Proprio come un qualunque personaggio di D&D deve usare una Belt of Giant Strength e un paio di Gauntlets of Ogre Power per poter equipaggiare l’Hammer of Thunderbolts, come capita anche nel modulo d’avventura di Journey to Ragnarok.

Ah, ovviamente quel pestifero tafano altri non era che l’altrettanto pestifero Loki, che andava a cercare le botte. Ancora una volta.

A proposito delle malefatte di Loki: ricordate il vischio destinato a uccidere Baldur, descritto nel paragrafo precedente? Il nano Sindri dona ad Atreus delle frecce di vischio intrecciato. Hmmm.

La strega del bosco

Una figura che non dovrebbe temere né detestare il vischio, in teoria, è quella della strega. Voglio dire, le streghe maneggiano quotidianamente delle sostanze che farebbero impallidire Walter White, perché dovrebbero dare di matto per del banale vischio?

Eppure è proprio quello che succede quando la Strega del Bosco nota la faretra di Atreus, piena delle frecce donate da Sindri: sbrocca, le afferra e le getta nel fuoco. Ma procediamo con ordine.

Durante il loro viaggio, Kratos ordina ad Atreus di abbattere un cinghiale incontrato per caso.

Pessima idea, Kratos!

Peccato, però, che quel cinghiale sia il pet preferito della Strega del Bosco, che li trasforma in kebab e li mangia senza pane li perdona praticamente subito, a patto che l’aiutino a salvare la vita della bestiola. Non ci sono più le streghe di una volta!

E infatti non si tratta di una strega, almeno non in senso stretto: più avanti scopriremo che quella figura gentile e materna, che vive sotto un albero gigante che cresce su un’immensa tartaruga di nome Chaurli, altri non è che Freya, la dèa norrena della fertilità, della bellezza, della sensualità, della divinazione, della guerra e della morte.

In God of War (2018) la sua figura viene assimilata a quella di Frigg, moglie di Odino, dèa della saggezza e protettrice delle partorienti (proprio come la Era di Zeus), ma d’altro canto sappiamo che derivano entrambe dalla *Frigja protogermanica e spesso vengono confuse l’una con l’altra. Diamo per buona la versione del gioco, suvvia!

Per i Longobardi, tra l’altro, Frigg era la Madre Terra, e in effetti questa Freya emana un certo vibe di Madre Terra: controlla la flora e la fauna, vive sotto terra ed è esperta di arti curative, la Vecchia Via. Oltretutto la tartaruga è uno degli animali sacri di Fjörgyn / Jörð, la Gigantessa che ricopre il ruolo di dèa della terra nonché quello di ex-amante di Odino e madre di Thor. Una Madre Terra equivalente a Gea / Gaia, insomma.

Dicevamo: la Strega del Bosco si rivela essere Frigg / Freya, della stirpe dei Vanir, nonché ex-compagna di Odino e madre di Baldur; come tale ha delle ragioni più che valide per vedere delle frecce di vischio in mano al figlio di Laufey: sono l’unica cosa che può uccidere suo figlio Baldur!

In God of War, inoltre, Freya è stata esiliata e privata dei suoi poteri da Regina delle Valchirie; nel mito, come sappiamo, le Valchirie scelgono la restante metà dei caduti in battaglia con onore, per portarli nel Valhalla di Odino, mentre la prima metà spetta proprio a Freya, che risiede nel palazzo di Sessrumnir e sfreccia sul suo campo di battaglia di Folkvang su un carro trainato da due gatti norvegesi.

Può essere inoltre interessante notare come il Venerdì anglosassone tragga il nome da Frigg (in soldoni Frigg’s day diventa Friday), mentre quello latino si avvicini maggiormente a Freya, spesso assimilata con la greca Afrodite e quindi con la romana Venere (Venerdì).

Infine vorrei ricordare che oltre al cinghiale da battaglia, che richiama anche il Gullinbursti di suo fratello Freyr, tra gli attributi tipici di Freya c’è anche una collana magica donatale dai nani: Brisingamen, di cui abbiamo discusso a lungo in occasione dell’analisi mitologica di Viking: Battle for Asgard.

Un po’ di speculazione: Óðr, Odino e Kratos

Ora seguitemi con attenzione, mi raccomando.

Il grosso cinghiale quasi accoppato da Atreus è, evidentemente, un riferimento a Hildisvini, il cinghiale di Freya che in origine era un mortale di nome Óttar, detto il Semplice, molto devoto alla dèa e a ella molto vicino. Secondo alcuni studiosi, tra cui l’ultimo romantico svedese Viktor Rydberg, questo Óttar non sarebbe che una grafia diversa del più noto Óðr.

Óðr non è presente nel gioco, ma viene presentato nell’Edda in prosa come il marito di Freya; in più di un’occasione viene maledetto dal geloso Odino e trasformato in varie creature mostruose, nel tentativo di alienarlo dalla bella dèa.

Durante una di queste metamorfosi, quella in un enorme serpente marino, il povero Óðr viene ucciso ed è solo grazie all’appello di Freya che viene ammesso nel Valhalla, diventando una figura semi-divina.

Kratos che scappa dalla Guardia Forestale, dopo aver abbattuto alberi a caso.

Egli, però, disprezzava gli altri dèi e soprattutto non seguiva i loro ordini, così venne cacciato dal Valhalla, con sommo dispiacere di Freya, che finì per avercela a morte con Odino e per cercare in lungo e in largo il povero Óðr, esiliato su Midgardr proprio come la Freya del gioco.

Ma chi era Óðr, davvero? Il suo nome significa sia Furia, sia Zelo sia Follia Divina. I Greci avevano delle figure ben precise che impersonavano la Furia, la Forza e lo Zelo, insieme alla Vittoria: si tratta dei figli del Titano Pallante e della ninfa oceanina Stige, e uno di questi figli si chiamava… Kratos.

Anche il nostro Kratos venne ammesso sull’Olimpo grazie all’appello di una dèa, Atena, diventando una figura divina o semi-divina, salvo poi essere sostanzialmente esiliato perché non seguiva gli ordini divini, ma anzi disprezzava (e sterminava) gli dèi dell’Olimpo.

Notate le similitudini tra Kratos e Óðr? A complicare ulteriormente le cose, Óðr potrebbe essere in sostanza Odino stesso, secondo le ipotesi avanzate da eminenti studiosi, filologi e linguisti tra cui John Lindow, Rudolf Simek, Jan de Vries e Stephan Grundy, fra i tanti.

~ Intermezzo ~

Abbiamo speculato abbastanza; per il momento ci basti sapere che la voce di Kratos è quella di Christopher Judge, ossia del Magneto di X-Men: Evolution, che ha lavorato come doppiatore anche nel film d’animazione Dead Space: Aftermath, nel videogame Stargate SG-1: Unleashed e in World of Warcraft: Warlords of Draenor (personaggi di Gorak Tul, Akunda e Sunwalker Ordel).

Invece la voce di Freya, nonché probabilmente il volto, è quella di Danielle Bisutti, che abbiamo visto in serie TV del calibro di Bones, CSI: Miami, Criminal Minds, NCIS, Greys’ Anatomy, Dharma & Greg, The O.C., Due uomini e mezzo e tante altre. Insomma, si può trovare un po’ di God of War ovunque si volga lo sguardo.

A questo punto, come al solito, non resta che darci appuntamento a Mercoledì prossimo, con la seconda parte del viaggio scandinavo di Kratos.

 

This post was published on 15 Maggio 2019 19:21

Pierluigi Michetti

Pierluigi è un abruzzese di 33 anni, cittadino d'Europa e appassionato non soltanto di tutto ciò che sia vagamente fantasy, ma anche di mitologia, rievocazione storica e rasatura tradizionale. Cresciuto a pane, olio d'oliva, videogame di ruolo, letteratura fantasy, lezioni di pianoforte ed heavy metal, studia Scienze Politiche, prima, Pubblicità e Marketing, poi, e a metà della storia si ritrova a fare il copywriter e il redattore. Dopo aver adorato D&D 3.5, Sine Requie, Il Richiamo di Cthulhu e altri titoli meno celebri, si ritrova quasi per caso a sfogliare il PHB e la DMG di D&D 5E, e lì viene risucchiato in un vortice dimensionale senza via di scampo. Dopo aver giocato il Guerriero / Chierico per una dozzina d'anni, attualmente si diverte con un Barbaro in una campagna, fa il DM in una seconda, e gioca (male) un Warlock Legale-Malvagio in una terza, sempre con lo stesso gruppo. In tenera età, armato di un Amiga Commodore 64 e un SEGA Master System II Plus, inizia a esplorare il multiverso videoludico; la vera passione, però, sboccia soltanto con l'arrivo di un Pentium 1 133 MHz. I titoli amati, in ordine sparso: da Age of Empires a Earthsiege 2, da Earth 2140 a Carmageddon, e poi SimCity, SimCopter, i simulatori di volo, Populous, Black & White, Monkey Island, Wolfenstein, BloodRayne, Planescape: Torment, i Baldur's Gate (inclusi i Dark Alliance), Dark Forces, senza dimenticare Ultima Online, World of Warcraft, i due Knights of the Old Republic (giocati più volte di quel che il pudore mi consente di ammettere), Star Wars the Old Republic, i vari Max Payne, i Vampire the Masquerade: Redemption e Bloodlines, Kingdom Come: Deliverance e naturalmente la saga di The Witcher, quella di Dragon Age, i vari The Elder Scrolls (incluso l'Online) e soprattutto quella di Mass Effect, di cui è perdutamente innamorato. Dopo una primissima adolescenza trascorsa in compagnia dei romanzi di Tom Clancy e Bukowski, spicca il volo con gli autori canonici, tra cui Tolkien, G. R. R. Martin, J. K. Rowling, Weis - Hickman, Terry Pratchett, Stephen King, Gemmell, Howard e -in parte- Terry Brooks; attualmente adora la prosa di H. P. Lovecraft ma non tanto la sua poesia, divora Luk'janenko, Sapkowski, Karpyshyn, Zahn e tutto l'Universo Espanso di Star Wars.

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