In questo 27° appuntamento della Tana dell’Orso, la rubrica dedicata principalmente alla mitologia nei videogiochi, proseguiamo il viaggio di esplorazione del mito greco in God of War 3: un percorso iniziato Mercoledì scorso, con la prima parte di quest’analisi.
È iniziata la Seconda Titanomachia, dopo che Kratos ha utilizzato i suoi neo-acquisiti poteri da “Doc” Emmett Brown per agguantare i Titani per la collottola, al tempo dell’originale guerra fra Titani primordiali e dèi dell’Olimpo, e portarli nel presente. Le cose si mettono male, Kratos si stufa di essere usato come pedina usa-e-getta (riciclate, piuttosto!) e si ritrova a combattere una guerra su due fronti.
L’ex-dio della guerra uccide uno dopo l’altro Poseidone, Ade, Elio, Ermes, Era, Efesto, Eracle, Piritoo e una pletora di personaggi e creature del mito greco, e dopo essersi goduto un viaggio negli Inferi prosegue nella sua ascesa dell’Olimpo verso il vero oggetto della sua vendetta: Zeus, suo padre.
Lungo la strada chi incontriamo? La radiosa, sensuale, raggiante, sensuale, mezza nuda e sensuale (l’ho già detto sensuale?) Afrodite, che si intrattiene amabilmente con le sue due ancelle.
Sì, gli sviluppatori hanno sottolineato in tutti i modi possibili che la sensualità della dèa dell’Amore risulta piuttosto esasperata: c’è un motivo ben più valido dell’ovvio fan service, e lo scopriremo verso la fine di questo articolo.
Con il simpatico trio, in realtà, Kratos ha più di un incontro: passa e ripassa in quella camera come se non avesse nient’altro da fare. Ah, Kratos brighella!
Ricordiamo che in God of War (2005), il primo capitolo in ordine di pubblicazione, Afrodite ci ha aiutati e non poco, incantando la testa di Medusa per renderla un’arma; oltre a questo, in God of War III è proprio la dèa a indirizzarci verso suo marito Efesto, e inoltre c’è anche la possibilità di… intrattenersi con lei, mentre le ancelle si godono lo spettacolo.
E nel frattempo infrangono la quarta parete.
Ancella bruna [guardando in camera]: Questo è decisamente vietato ai minori.
Ancella bionda [guardando in camera]: Vi prego, mandate a letto i bambini!
Ancella bruna: Lui sta per… per gli Dèi! Perché tutto il divertimento spetta sempre ad Afrodite?
Ancella bionda: Come la invidio! Quando sarà il nostro turno?
Ok, in realtà stiamo giocando a un Leisure Suit Larry ambientato nell’antica Grecia.
Forse perché Kratos -comprensibilmente- ha una cotta per la dèa dell’Amore, o magari perché nutre nei sui riguardi una certa gratitudine, Afrodite non viene aggiunta alle tacche sulle lame dello spartano. La tacca viene segnata sulla cintura, in un certo senso, ma tant’è.
Finite le battute scontate, torniamo seri!
Nella mitologia greca, come abbiamo già visto in passato, Afrodite nasce dai genitali di Urano, evirato dal figlio Crono; lo stesso atto violento del figlio contro il padre, però, genera anche le Erinni, i giganti e le ninfe del frassino. Come si concilia questo background cruento con la versione di Afrodite che incontriamo in God of War?
Non si concilia, e infatti nella saga di Kratos la nostra cara Afrodite è figlia di Zeus e Dione; quest’ultima, a sua volta, è figlia di Urano e Gea, quindi in sostanza Afrodite passa alla generazione successiva, seguendo la stessa genealogia divina che poi ritroviamo anche nell’Iliade. Non zia di Zeus, quindi, ma sua figlia.
La questione si complica quando si identifica Dione con la Grande Madre, visto che come tale era venerata nel santuario di Dodona (oggi Dodoni), in Grecia; di norma la Grande Madre è individuata nella figura di Gea / Gaia. Allora potremmo tirare in ballo anche Inanna, Ishtar, Astarte e compagnia cantante, ma l’abbiamo già fatto, ancora e poi ancora, quindi a ‘na certa anche bastah.
E le due sollazzevoli signorine? Sono un’invenzione di Santa Monica Studio (cioè Sony)? Giammai! Si tratta di Peitho e Paregoros, figlie del Titano Oceano e ancelle di Afrodite! Che dite, gli sviluppatori erano a conoscenza della cosa, o hanno inserito le due ancelle come uno spudorato fan service, così come la povera Principessa di Poseidone? Hmmm.
La dèa dell’Amore ci indirizza verso il povero Efesto, il dio del fuoco e delle fucine che, però, nella saga di God of War è l’incarnazione del concetto di cornuto e mazziàto.
In realtà abbiamo già parlato del dio dei nani fabbri, ma a questo punto veniamo a sapere che Efesto non è sempre stato il mostro che vediamo ora: è figlio di Zeus ed Era, quindi è un fratellastro di Kratos.
È stato lui, inoltre, a forgiare il Guanto di Zeus, un artefatto divino che il padre degli dèi uso per incatenare i Titani nel Tartaro, e che in Chains of Olympus (appunto, le Catene dell’Olimpo) il nostro Kratos usa per accoppare Persefone e incatenare nuovamente il povero Titano Atlante alla Colonna del Mondo.
Efesto ci racconta che Zeus l’ha imprigionato negli Inferi il giorno in cui tutto è cambiato: quello in cui Kratos ha aperto il Vaso di Pandora ed ha abbattuto Ares. Quel giorno il relativamente benevolo Zeus è come impazzito: ha pestato e maledetto Efesto, rendendolo l’essere deforme che vediamo dinanzi a noi, e lo ha separato dalla moglie Afrodite e dalla figlia Pandora. Hmmmmm.
Anche nel mito greco, d’altronde, Efesto è figlio di Zeus ed Era; in quel contesto, però, il rapporto travagliato ce l’ha con sua madre. Era lo gettò dall’Olimpo, azzoppandolo e rendendolo brutto e deforme, e solo con un certo ingegno e una punta di cattiveria Efesto riuscì a farsi accettare tra gli dèi dell’Olimpo.
Proprio come in God of War III, inoltre, Efesto è sposato con Afrodite, ma quest’ultima lo tradisce abitualmente con… Ares, il dio della guerra, tanto che Efesto si infuria e si ritira nelle viscere dell’Etna, in Sicilia. Insomma, prosegue il leitmotiv, il tema ricorrente, di Kratos che prende il posto del suo ex-mentore Ares in tutto e per tutto.
Sia come sia, Efesto si dichiara pronto ad aiutarci, ci manda a recuperare un oggetto, che ci permetterà di proseguire nel nostro cammino. In realtà, però, Efesto spera di mandarci incontro a morte certa, così da preservare il suo segreto, come vedremo più avanti.
In sostanza il buon Efesto, con la scusa di recuperare la Pietra di Omphalos, ci manda nel Tartaro a confrontarci con una nostra vecchia conoscenza: il Titano Crono, figlio e uccisore di Urano.
Ma noi nel primo God of War avevamo già esplorato il Tempio di Pandora, ancora oggi incatenato alla titanica schiena di Crono, ed è proprio da lì che era stato portato via il Vaso di Pandora, quindi ben sappiamo che lì non c’è nulla che ci riguardi. Crono, però, la pensa diversamente: oltre a dare a noi la colpa della presunta morte di Gea / Gaia, infatti, Crono ci ritiene responsabili anche per la sua prigionia.
Il Titano ci racconta che dopo il nostro exploit con il Vaso di Pandora, infatti, Zeus è come impazzito e ha rinchiuso il Titano nelle profondità del Tartaro, dove l’abbiamo trovato attualmente. Sì, non è la prima volta che ci parlano di un radicale mutamento del carattere del padre degli dèi in seguito all’apertura del Vaso. Hmmm.
Dopo un lungo ed estenuante combattimento, Crono agguanta Kratos e lo ingoia, come fece con gli altri dèi dell’Olimpo e come aveva intenzione di fare anche con Zeus.
Mentre quest’ultimo si limitò a far vomitare il padre per liberare i suoi olimpici fratelli, Kratos opta per una misura più radicale: prima lo sventra, poi gli fa un piercing al mento, e infine gli infilza la capoccia con la Spada dell’Olimpo.
Nel corso di questo delicato intervento di calcolosi alla cistifellea, l’improvvisato chirurgo Kratos s’imbatte in un calcolo biliare con una storia leggendaria: la Pietra di Omphalos.
Si tratta proprio della pietra che il Titano Rea fece ingoiare a Crono al posto del figlioletto Zeus, e che in realtà non avrebbe avuto motivo di trovarsi lì: quando Zeus riuscì, con uno stratagemma, a far vomitare Crono così da liberare Poseidone, Ade e gran parte dei futuri dèi dell’Olimpo, a rigor di logica anche la Pietra sarebbe dovuta volare fuori.
A questa pietra, però, è legata anche un’altra storia: per individuare per bene il centro della superficie della Terra, Zeus fece partire due aquile nello stesso momento, una da un’estremità del mondo e una dall’altra. Le due aquile viaggiarono alla stessa velocità, e si incontrarono finalmente nei cieli sopra la città di Delfi.
Zeus scagliò una pietra, e nel punto esatto in cui questa toccò il suolo venne fondato l’Oracolo di Delfi, cioè il celebre tempio di Apollo situato al centro della Terra: l’ombelico del mondo. E infatti Omphalos significa proprio ombelico, in greco antico. Jovanotti freebooter.
Nella Grecia antica c’erano diverse rappresentazioni dell’Omphalos, la cui più famosa naturalmente era posta nel tempio di Apollo a Delfi… proprio quello della Pythia di cui abbiamo già parlato nel precedente articolo, cioè il personaggio di Aletheia di God of War: Ascension.
Tutto torna, e anche Kratos –leggermente alterato– torna da Efesto, con la Pietra di Omphalos e parecchie cattive intenzioni. Il dio fabbro è piuttosto sorpreso del fatto che lo spartano sia sopravvissuto, e -forse per ingraziarselo- si offre di forgiarli una nuova arma leggendaria, usando proprio la Pietra di Omphalos.
Probabilmente Kratos non si sarebbe lasciato fuorviare, ma Efesto decide di fugare ogni dubbio cercando di fulminare Kratos. Grosso errore. Anche Efesto viene aggiunto al carniere dello spartano, che ora può aggiungere al proprio arsenale anche l’arma forgiata dal fabbro divino: la Nemesis Whip.
Una chicca: l’aura verde che circonda la Nemesis Whip è, con ogni probabilità, un tributo alla Pietra di Crono che vediamo sia in Xena: la principessa guerriera sia in Hercules: the legendary journeys.
A proposito di artefatti divini e creature leggendarie: nel corso della sua ascesa all’Olimpo, il nostro Kratos incontra -e stermina– diverse creature del mito.
Una di queste è la Chimera, che incontriamo due volte: una versione glaciale in God of War: Ascension, durante la nostra visita al Tempio di Delfi, e una fiammeggiante in God of War III, mentre Elio infastidisce Perses, il Titano dei Vulcani.
La Chimera è un cocktail di leone, capra e serpente, ed è figlia di Tifone ed Echidna proprio come l’Idra, Cerbero e gran parte del bestiario mitologico sterminato dallo spartano.
Se l’eroe greco Bellerofonte, con l’aiuto di Pegaso, la uccise gettandole del piombo nelle fauci sputa-fuoco, così da provocarle un’indigestione di ardente metallo fuso, Kratos è più un tradizionalista: le strappa uno dei corni caprini, e la impala col suddetto.
Un’altra creatura mitologica estinta per mano di Kratos è Skorpius, la Regina degli Scorpioni che incontriamo nel Labirinto di Dedalo, di cui stiamo per parlare.
Nel mito Skorpios / Scorpius è uno scorpione gigante inviato sulla Terra da Gea / Gaia per fare la festa al gigante Orione, figlio di Poseidone e della Gorgone Euriale (che abbiamo affrontato in God of War 2) che, per qualche motivo, aveva minacciato di sterminare la fauna terrestre.
Secondo altre fonti, invece, lo scorpione leggendario viene inviato da Artemide o da suo fratello Apollo, per ragioni di gelosia.
Nell’uno e nell’altro mito, comunque, entrambe le entità vengono trasformate in costellazioni da Zeus, e anche nel cielo i due sono nemici giurati: quando Orione è nel cielo non vediamo Scorpione, e viceversa. C’è da dire che per i greci la costellazione dello Scorpione includeva anche quella della Bilancia, che in soldoni formava le chele dello scorpione celeste.
Dopo aver affrontato Skorpius, comunque, Kratos giunge finalmente a destinazione, mentre per noi arriva il momento di parlare del Labirinto di Dedalo e, finalmente, del Vaso di Pandora.
Innanzitutto rinfreschiamoci la memoria: Kratos apre il Vaso di Pandora per assorbirne il potere, così da poter sconfiggere Ares. Cosa che puntualmente fa.
In secondo luogo, Scrigno di Pandora (Pandora’s Box) è una traduzione errata: il termine originale greco è pithos, cioè giara; purtroppo nel 1508 Erasmo da Rotterdam, traducendo la storia di Pandora narrata da Esiodo, confuse pithos e pyxis, e la Giara di Pandora divenne uno Scrigno oppure una scatola o, nel migliore dei casi, un Vaso.
Naturalmente non sono io a voler correggere Erasmo da Rotterdam, ma Dora ed Erwin Panofsky nel loro libro Pandora’s Box.
Raccogliendo gli indizi che troviamo in giro, parlando con le statue bronzee che incontriamo nel corso di tutto il gioco, e soprattutto dialogando con Efesto (prima di fargli la pelle), riusciamo a ricostruire la tragedia di Pandora.
La figlia di Efesto è, in realtà, un costrutto animato, nato dalla Fiamma dell’Olimpo e destinato a tornare a essa. Venne adottata da Efesto, che provò senza successo a replicare questo costrutto, e il fabbro dell’Olimpo si affezionò così tanto a lei da ingannare Zeus, prima, e Kratos, poi.
Ma procediamo con ordine: Efesto forgiò il Vaso di Pandora per ordine di Zeus, con l’obiettivo di contenere i Mali generati dalla prima Titanomachia. Tutti i metalli si rivelarono inadeguati all’arduo compito, e così il fabbro dell’Olimpo utilizzò un potere superiore anche a quello degli dèi: no, non le Moire / Parche, ma la Fiamma dell’Olimpo, che vaporizza qualunque creatura la sfiori.
Dalla stessa Fiamma dell’Olimpo venne creata anche Pandora, una chiave in forma di ragazzina. Efesto però si affezionò a lei, e decise di non menzionarla: convinse il padre degli dèi a custodire il Vaso – Scrigno sulla schiena di Crono, che così si ritrovò a vagare nel deserto con un tempio legato sul groppone.
Ad ogni modo, nella saga di God of War il padre degli dèi viene a conoscenza di Pandora, e dopo l’apertura dell’omonimo Vaso (!) la rinchiude nel Labirinto di Dedalo.
Un Dedalo incatenato nel suo stesso labirinto da Zeus, dopo l’apertura del Vaso di Pandora (again). Dedalo è inizialmente ignaro della dipartita del figlio Icaro, avvenuta per mano di Kratos in God of War II, ma quando ci vede con le sue ali capisce immediatamente, e gli si spezza il cuore.
Kratos, a ogni buon conto, gli spezza anche tutto il resto, triturandolo nei meccanismi del suo stesso Labirinto. Che, per inciso, è identico alla struttura rappresentata nel film Cube – Il cubo, uscito nel lontano 1999.
Cammina cammina, lo spartano recupera Pandora e, nonostante una certa riluttanza da parte di Kratos a cui la ragazza ricorda sua figlia Calliope, nonché a discapito dell’intervento di Zeus in persona, Pandora finisce per sacrificare sé stessa, tornando alla Fiamma dell’Olimpo.
Mentre Zeus giace stordito dall’esplosione che ne deriva, Kratos finalmente apre di nuovo il Vaso di Pandora… e lo trova vuoto. Fail.
Qui siamo un po’ in contrasto con il mito di Pandora, che abbiamo già approfondito in passato: nella mitologia greca Pandora è stata la prima donna, creata da Efesto per ordine di Zeus. In Pandora vennero infuse tutte le Virtù del mondo, ma Zeus le affidò un Vaso che conteneva tutti i Mali, con il discutibile intento di punire i mortali per il furto del fuoco compiuto da Prometeo.
Pandora e il suo consorte, il Titano Epimeteo (fratello di Prometeo) che abbiamo visto trapassato da Poseidone nella scalata all’Olimpo, finirono per aprire il Vaso, contaminando tutti i mortali con i summenzionati Mali, ma lasciando al suo interno la Speranza. Che però finora in God of War non abbiamo incontrato. Hmmm.
Riassumendo possiamo dire che, secondo il mito greco, il genere femminile sia stato creato come punizione per gli uomini. Sì, c’è una certa vena misogina, ma non è affatto superiore a quella che vede la figura di Eva tradire la fiducia di Dio e, quindi, causare la cacciata dal Paradiso Terrestre dei nostri progenitori biblici, Adamo ed Eva.
La demonizzazione della figura femminile compare in molti sistemi mitologici e in svariate religioni, da quelle mesopotamiche a quelle odierne che tutti conosciamo: ne abbiamo parlato per Vampire: the Masquerade, anche più di una volta, e il tema ritorna anche in Darksiders 2.
Come abbiamo già detto, il piano di Zeus alla base della creazione del Vaso di Pandora, almeno nel mito, riguardava la punizione dei mortali per il furto del fuoco da parte del Titano amico dei mortali, Prometeo.
In God of War, invece, il mito greco viene rovesciato: i Mali generati dalla Titanomachia sono una minaccia sia per i mortali sia per gli stessi dèi, quindi vengono rinchiusi nel Vaso – Scrigno finché un mortale, Kratos, li libera aprendo il contenitore una prima volta. Questi Mali si diffondono nel mondo, ora liberi di infettare i mortali e, inevitabilmente, anche gli dèi.
Già, perché nemmeno loro sono immuni, e più e più volte ci viene indicato che proprio l’atto di aprire il Vaso ha modificato il carattere degli dèi, esasperandone le pulsioni e pervertendone il comportamento. Ecco, infatti, che:
Zeus, il padre dell’Olimpo, viene infettato da Paura, Ossessione e Tradimento: la stessa Paura che spinse Urano a cercare di impedire la nascita dei propri figli, Crono a evirare il padre e a divorare i suoi stessi figli, e Zeus a imprigionare nel Tartaro i suoi avversari o presunti tali, tra cui Crono ed Efesto, e a cercare più volte di uccidere il figlio Kratos.
Il comportamento degli dèi, quindi, è così esasperato e irrazionale a causa dei Mali. Gli unici che sembrano immuni, a quanto pare, sono le Sorelle del Fato (cioè le Moire / Parche), in quanto sono un potere superiore anche agli dèi dell’Olimpo, così come Thanatos (la Morte) e, in parte, i Titani Primordiali tra cui Gea / Gaia.
Ci siamo dimenticati di una dèa, però: Atena, che in vita sembrava immune ai Mali ma che, dopo la sua morte e la sua ascesa a un’esistenza superiore, si dimostra particolarmente vulnerabile all’Avidità e all’Egoismo, tanto da dichiarare -nel finale- di voler prendere il posto di Zeus.
Nel mito greco, però, Pandora chiude il Vaso omonimo prima che l’ultima entità presente al suo interno, la Speranza, riesca a sfuggire; si dovrà aprire il contenitore una seconda volta affinché Elpis, figlia del Titano Nyx e personificazione dello spirito della Speranza, riesca a diffondersi nel mondo.
E chi mai avrà il coraggio, oppure la più totale mancanza di buon senso, di aprire una seconda volta il Vaso di Pandora?
[Slowly grinning.]
Dopo un lungo, lunghissimo percorso, le cui pietre miliari sono rappresentate dalle morti degli dèi dell’Olimpo e delle creature del mito greco e romano, Kratos finalmente giunge al cospetto di suo padre: Zeus.
I due sono lì lì per suonarsele di santa ragione, forse chiarendo una volta per tutte il proprio punto di vista. Un po’ come una classica madre italiana, Zeus ci dice che così come ci ha fatti, ci può distruggere abbastanza facilmente, quando all’improvviso sbam! Rispunta Gea / Gaia, armata d’ignoranza e cattive intenzioni.
La Madre dei Draghi Titani eccetera eccetera, in realtà, non è morta: in tal senso i Titani sono stati un po’ boccaloni, visto che l’avevano a morte con Kratos per niente, o quasi. Ingrati. Pizze e schiaffoni, e Zeus e Kratos si rifugiano dentro Gea / Gaia, entrando da una ferita inflitta da uno dei lovecraftiani Ippocampi di Poseidone.
C’è qualcosa di stranamente appropriato in questo: il cerchio della vita ha avuto inizio da Gea, almeno per quanto riguarda gli dèi e i mortali, e il ciclo si chiuderà al suo interno, per l’esponente di una delle due categorie.
Padre e figlio si affrontano all’interno della nonna / bisnonna / trisavola / è complicato, vicino al suo cuore; ed è proprio il cuore della Madre che dà forza ai due combattenti, volente o nolente, finché Kratos non trafigge Zeus e lo inchioda al cuore stesso, causando la morte del Padre degli dèi e della Madre dei Titani.
O forse no.
Kratos si risveglia tra i resti di Gea / Gaia e, a fatica, estrae la Spada dell’Olimpo dal cadavere martoriato di Zeus.
Una voce si leva dal corpo martoriato del figlio di Crono e Rea: lo spirito del padre degli dèi è ancora vivo e vegeto, e attacca Kratos con tutta la forza scaturita dallo spirito della Paura.
Il brutale assalto fisico e mentale priva Kratos della sua indomita forza di volontà, e lo vediamo soccombere: la furia dello spartano lascia il posto alla disperazione, e il buio cala nella mente del Fantasma di Sparta. Una luce, però si accende nell’oscurità: è lo spirito di Pandora, che adesso alberga dentro di noi.
In un certo senso possiamo dire che Pandora sia il tentativo di Kratos di riempire il vuoto sanguinante nel suo cuore, dove prima si trovava la sua famiglia. Un vuoto che sembrava destinato a sembrare ancora più vuoto, quando la ragazzina è saltata tra le fiamme, ma che forse è stato riempito con qualcos’altro.
Pandora ci aiuta a navigare nell’oscuro oceano della disperazione (la mancanza di speranza, letteralmente), e grazie a lei abbattiamo gli stessi spettri che Ares usava per controllare lo spartano. In Kratos ora si accende la fiamma della speranza, o meglio: la Speranza.
Già, perché in sostanza possiamo dedurre che la Pandora nella nostra mente non sia nient’altro che Elpis, lo spirito della Speranza, finalmente liberato dal Vaso di Pandora quando Kratos lo ha aperto la seconda volta.
Grazie alla Speranza lo spartano torna in sé e in pratica casta Respingi Non-Morti a cazzotti: scaccia la Paura a suon di pugni, e nel contempo devasta anche lo spirito -e il corpo- di Zeus. Kratos uccide a mani nude il Padre degli dèi, nonché il suo stesso padre, perpetrando il tema del parricidio nella famiglia primordiale e olimpica.
Il regno degli dèi dell’Olimpo è finito.
In una sorta di tardivo deus ex machina, la nuova forma astrale di Atena compare per congratularsi con Kratos, ma quasi immediatamente gli ordina di consegnarle il potere che lo spartano ha trovato nel Vaso di Pandora. Il tessssoooooroh.
Kratos un po’ fa il finto tonto, un po’ forse non ha capito davvero, e quindi Atena si inalbera e scatta lo spiegone.
È vero che al tempo degli Dei dell’Olimpo, dei signori della guerra e dei re che spadroneggiavano su una terra in tumulto, i Mali della Titanomachia erano stati rinchiusi nel Vaso di Pandora; è anche vero, però, che come misura di sicurezza, Atena stessa aveva inserito nel Vaso l’arma più potente del mondo: la Speranza.
L’intento di Atena era quello di counterare i Mali, contrastandoli con un potere positivo per garantire la salvezza di dèi e mortali; ora però Atena, che secondo la nostra ricostruzione è stata corrotta dall’Avidità e dall’Egoismo, pretende che Kratos le restituisca il potere della Speranza, così che la dèa possa ricostruire un mondo ormai purificato dal Caos Elementale scatenato dalla morte degli dèi dell’Olimpo e dei Titani primordiali.
A quel punto Atena ha una sorta di epifania, d’improvvisa illuminazione: quando i Mali, liberati alla prima apertura del Vaso e cioè quando Kratos uccise Ares, hanno infettato gli dèi dell’Olimpo, il potere della Speranza si è fuso con l’anima di Kratos.
Ecco perché il Fantasma di Sparta non ha mai vacillato, non è mai indietreggiato e ha continuato il suo viaggio di redenzione e vendetta contro gli dèi e contro il Fato.
Ora che Pandora / Elpis l’ha aiutato a bandire i propri spettri, che erano la causa delle terribili visioni che lo tormentavano, Kratos ha iniziato a perdonare l’oggetto primario del proprio odio: sé stesso. La rabbia inizia a svanire, e il potere della Speranza emerge in una caratteristica fiamma blu, che richiama la Fiamma dell’Olimpo di Pandora.
Riassumendo, la Speranza è passata da Atena a Pandora, e da Pandora a Kratos, che la usa per bandire la Paura e sconfiggere Zeus.
Ogni precedente possessore della Speranza, però, è morto in un modo particolare: si è sacrificato, affinché la Speranza continuasse a esistere. Atena si è sacrificata per salvare Zeus e preservare l’Ordine dal Caos, mentre Pandora ha immolato sé stessa così da permettere al Caos, rappresentato da Kratos, di abbattere l’Ordine corrotto personificato da Zeus.
Ora Atena pretende ancora una volta che Kratos le consegni la Speranza, ma lo spartano ne ha abbastanza degli dèi e dei Titani: si getta sulla Spada dell’Olimpo, sacrificando sé stesso affinché la Speranza non sia più appannaggio di uno o di pochi, ma si diffonda tra i (presumibilmente pochi) mortali sopravvissuti al Caos Elementale.
Atena, furiosa, gli strappa la Spada dell’Olimpo dalle viscere, poi ringhia che lo spartano l’ha delusa profondamente; il Fantasma di Sparta le risponde che non le deve più nulla, e attraverso il (tra)foro nel corpo di Kratos vediamo Atena che si allontana, sdegnata. Poco dopo il Fantasma di Sparta si accascia al suolo, senza vita ma finalmente in pace con sé stesso.
Il pantheon olimpico è stato distrutto, così come gran parte dei Titani rimasti, delle creature leggendarie e dei mortali stessi, almeno quelli dell’area ellenica.
Da un lato sappiamo che Afrodite e le sue ancelle dovrebbero essere ancora vive, forse non più così prese dalle loro attività di squadra, mentre dall’altro non si sa nulla della sorte di Morfeo, il silente alleato di Persefone in Chains of Olympus, né di Artemide, la dèa della caccia che ci aveva affidato la Spada di Artemide nel primo God of War e presumibilmente anche in God of War: Betrayal.
Non abbiamo notizie neppure di Eos, la dèa dell’Alba che abbiamo incontrato in Chains of Olympus; già in quel capitolo, però, ci viene riferito che con la temporanea sparizione di suo fratello Elio lei aveva iniziato a perdere i poteri e a svanire, quindi figuriamoci ora che Elio è stato decapito da Kratos.
Dopo i titoli di coda, un po’ nello stile adottato dal Marvel Cinematic Universe, c’è l’aggancio per il prossimo capitolo della saga: sì, perché vediamo che dove giaceva il corpo esanime di Kratos ora c’è una lunga scia di sangue, che si perde oltre il bordo di una vicina scogliera, scenograficamente affacciata sul nuovo Caos Primordiale.
La scena ricorda il suicidio dello spartano in God of War e i tentativi effettuati più o meno consapevolmente negli altri giochi, ma c’è un dettaglio che non ci si può lasciar sfuggire: l’inquadratura si allarga, e notiamo che la pavimentazione marmorea, ancora bagnata dal sangue del sacrificio di Kratos, riporta l’enorme effigie di una fenice che spicca il volo.
E la fenice, si sa, rinasce dalle proprie ceneri, come (forse?) vedremo nel capitolo successivo: God of War (2018), ambientato nelle terre nordiche.
L’autore di God of War (2005), David Jaffe, nel corso di una vecchia edizione del San Diego Comic-Con ha spiegato a grandi linee una trama alternativa per God of War 3: dopo la morte di Zeus, il nostro Kratos si sarebbe trovato a dover fronteggiare il pantheon egizio e gli dèi norreni, combattendo al fianco dei Titani e degli dèi olimpici sopravvissuti per decidere una volta per tutte quali divinità avrebbero regnato sui mortali.
Nel finale, però, lo spartano e i corrispettivi campioni delle altre due religioni si sarebbero messi in viaggio seguendo una particolare luce nel cielo, diventando di fatto i Magi e dando inizio alle religioni monoteiste che perdurano ancora oggi.
L’idea sembra abbastanza ridicola e priva di fondamento, vero?
Eppure nel sancta sanctorum del Tempio delle Moire / Parche possiamo trovare tre murales piuttosto evocativi.
Il primo mostra la Titanomachia, non sappiamo se la prima (quella originale) o la seconda (quella provocata da Kratos), con due figure, in ombra e più piccole delle altre, che si affrontano in combattimento (forse erano Kratos e Deimos, in origine?).
Il secondo ci fa vedere un unico sopravvissuto che torreggia sui cadaveri di Titani e di quelli che sembrerebbero dèi e mortali.
Nel terzo vediamo tre figure nel deserto, che osservano le stelle nel cielo.
Ditemi voi se non vi sembra una raffigurazione dei Magi della tradizione biblica.
Ora seguitemi: e se la morte degli dèi e dei Titani primordiali non fosse altro che il preludio per l’avvento dell’Era degli Uomini?
Gli oceani che si innalzano provocando inondazioni e diluvi forse universali (Poseidone), il sole che si oscura (Elio), le locuste e le malattie che flagellano le creature viventi (Ermes), e le anime dei morti vagano per il mondo (Ade), non potrebbero essere riferimenti alle Piaghe d’Egitto descritte nel Libro dell’Esodo?
Ci sarebbero anche la morte dei primogeniti, soprattutto divini e titanici, e la pioggia di fuoco e grandine (la Tempesta di ghiaccio di Borea e il Fuoco liquido di Ade, ad esempio).
Forse i Nephilim della Genesi non sono nient’altro che gli dèi e gli eroi dell’antichità, spazzati via dal Diluvio e dal cataclisma da cui emergeranno le fondamenta della civiltà ebraica, di quella cristiana e di quella islamica?
Concludo con un tocco di ulteriore speculazione, che spero non sconfini nel becero complottismo: God of War 3 è stato pubblicato il 16 Marzo, cioè March 16th o 03/16 nel formato statunitense.
Giovanni 3:16: Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.
Il passo biblico, poi, prosegue così:
Dio infatti non ha mandato il proprio Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
L’essere figlio di Zeus, nonché la redenzione, la catabasi (viaggio negli Inferi) e il sacrificio di Kratos assumono tutto un altro significato in quest’insolita ottica cristiana, non è vero?
In fondo la fenice coperta dal sangue di Kratos potrebbe essere anche una colomba, magari quella che nel mito biblico riporta il rametto d’ulivo a Noè, simboleggiando la fine del Diluvio Universale, e l’inizio di un’era di pace per gli uomini.
Ricordate? Il Noè del mito fa volare una colomba per tre volte, così come sono tre le morti di Kratos: infilzato da una colonna scagliata da Ares in God of War (2005), ucciso da Zeus in God of War II, e infine il suicidio in God of War III.
Lascio a voi ulteriori riflessioni e speculazioni, e la Tana dell’Orso vi dà appuntamento, come sempre, per Mercoledì prossimo.
This post was published on 4 Aprile 2019 19:15
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