Ci troviamo, finalmente, nel periodo storico e culturale in cui non è più necessario cominciare gli articoli dedicati all’industria videoludica con una lunga parabola su come esistano prodotti con una profondità ed una cura dell’estetica, un intreccio della trama e un rapporto con lo spettatore tali da poterli considerare prodotti artistici.
L’industria si è sviluppata così tanto, per farla molto breve, che esistono software house in grado di produrre un ventaglio di proposte artistiche (ma anche stilistiche, produttive e perchè no? politiche) slegate dai canali di distribuzione tradizionali. Ma non devo dirlo a voi, lettori di Player.it, faccio queste poche righe per tutti quelli a cui capiterà di leggere questo articolo senza nessun contesto della scena: la storia che voglio raccontare, dopotutto, è più per quelli che non credono che un videogioco possa essere un’esperienza che ti segna nel profondo toccando corde dell’anima che non sapevi di avere.
Ma è anche una storia di politica, una fotografia di una società lontanissima dalla nostra e spesso stereotipata, una metafora fortissima di tutti i rapporti familiari e delle famiglie disfunzionali, una metafora del mondo dello spettacolo e delle sue idiosincrasie.
Questa è la storia di Devotion, il gioco made in Taiwan della Red Candle sparito recentemente dalla piattaforma Steam.
Partiamo dall’inizio.
In un gioco di una casa di produzione indipendente di Taiwan c’è un easter egg particolare ed innocuo, totalmente scollato e decontestualizzato dalla trama, che prende in giro il Presidente del Partito Comunista Cinese Xi Jinping. Il gioco, caricato su Steam, è un horror game in pieno stile asiatico: prima persona, avventura punta e clicca, enigmi che ripercorrono avvenimenti della trama e dei “BUUUUUUU!” infilati ad arte fatti dai fantasmi.
Poco dopo l’arrivo di questo particolare su internet nei vari gameplay americani, in tempo due giorni il gioco viene rimosso dalla piattaforma (americana anche quella) dove era caricato il gioco. Seguono scuse ufficiali della Software house.
Premessa: in Cina c’è un Partito Comunista totalitario che fonda gran parte del suo potere sul controllo dei dati personali e sulla paura, divieti e veti in ogni dove. Per protestare contro questa situazione, spesso gli attivisti si scambiano tramite la loro versione governativa di Facebook e Instagram l’immagine di… Winnie Pooh. O battute sul miele. Si, il tenero orsetto con principio di diabete data la somiglianza col Presidente, è diventato un simbolo della libertà d’espressione. In Cina non solo è vietata la sua immagine ma anche gli ideogrammi che compongono il suo nome. Nel gioco si trova un riferimento proprio a quegli ideogrammi, niente di serio ma tanto da far allertare il Partito e… chiedere ad un altro paese (l’America? Taiwan? Minacciare la House?) di rimuovere l’intero gioco. Che stava andando anche benino, insomma: la Red Candle era appena uscita con un bel gioco sempre horror ma a scorrimento, molto critico sui regimi totalitari ed uno spaccato sociale molto forte sulla condizione adolescenziale del paese.
Non mi ha interessato molto, all’inizio. Non è il mio genere, quello delle storie horror.
Però ero curioso: coi videogiochi si può fare politica. Non solo tramite ironia o parodie, e conoscendo la Red Candle mi sono messo a vedere alcuni video di gente che giocava al gioco (attualmente irreperibile, correggetemi se sbaglio).
E sono rimasto folgorato.
Questo gioco non è un gioco. È un pugno nello stomaco.
È un film d’autore multimediale ed interattivo, un horror in cui il paranormale permea ogni cosa ma non è la cosa che fa più paura.
Sostanzialmente interpreteremo uno sceneggiatore a fine carriera, in un appartamento modesto e malconcio. La moglie e la figlia, scopriamo già nelle prime scene, non ci sono più.
E qui inizia il mistero. Che fine hanno fatto? Perché la casa sembra infestata?
Ma il gioco non si limita a questo. Ti mette davanti ad una struttura di piani temporali sovrapposti e visioni lisergiche: si può cambiare il passato? Cosa abbiamo fatto?
Ovviamente, in pieno stile dei giochi horror di questo tipo, più si va avanti nella trama e più si scopre, tramite enigmi e documenti trovati in giro durante le nostre azioni nel passato e nel presente, che la storia di questa disgregazione familiare è cupa e terribile.
Più andremo avanti in questo incubo ad occhi aperti, fronteggiando i demoni del nostro passato e l’intreccio malsano della nostra famiglia, più si farà grande il vero orrore: Scopriremo piano piano che l’unico modo per uscire da questa situazione è affidarsi e affidare la nostra famiglia ad un santone e ad una religione opprimente e che richiede sacrifici e… devozione.
Da cui il titolo del gioco.
Se non vi siete interessati o incuriositi, ecco la vera profondità che vi attaccherà al muro.
Devotion è una scusa per parlare della superstizione e dell’assolutismo, parla della pericolosità di affidare il proprio futuro a truffatori o entità misteriose (siano esse divinità o governi totalitari). Mentre girovagheremo per ambienti perfettamente ricostruiti per riassumere il degrado e lo sfaldamento progressivo della nostra famiglia e sanità mentale, mentre verremo invischiati in scene di una tenerezza inaudita e un senso di colpa per un rapporto tra padre e figlia degenerato, mentre assisteremo alle furiose litigate e gesti infimi tra marito e moglie, mentre vivremo la crisi creativa da professionista del mondo dello spettacolo con le proprie ansie e paure, perderemo sempre di più l’idea di star giocando ad un horror (se non per le scene “de sangue” o quando il feticcio terribile o il fantasma di turno non ti acchiappa). Anzi, scorderemo di star giocando.
E vi dirò di più: il gioco ha una serie di registri stilistici talmente vari che non ci renderemo conto di star giocando ad un gioco, ma a più giochi. Red Candle è riuscita a racchiudere in spazi claustrofobici una varietà di ambienti e di emozioni che non avrei mai pensato di provare. (vi spoilero solamente una scena naif ambientata in un libro di favole, tenerissima, che poteva benissimo essere un gioco a se per quanto era interessante il concept, e una scena da viaggio spirituale che termina con un gesto apotropaico che mi ha fatto venire la nausea) E lo stavo solo vedendo giocato, pensate. Pensate giocarci.
Stiamo vivendo un incubo, e sappiamo esserlo, ma allo stesso modo la parte più spaventosa è la realtà. E io vi giuro, dopo aver fatto e visto cose terribili, venuti a conoscenza di cosa abbiamo fatto e ci hanno fatto in passato, tutti gli spaventi e i conati di vomito e straniamento, gli ultimi 10 minuti di gioco e tutti i titoli di coda sono stati, forse, la cosa più potente che abbia mai visto negli ultimi anni.
Un gioco può essere arte, può essere politica.
Perché questo fa l’arte: io mi sono sentito in colpa per cose che non avevo nemmeno fatto. Per quanto non sembri, il gioco è una metafora di avvenimenti reali e che succedono in continuazione (pensate solo a Scientology o, appunto, al Partito Comunista Cinese a cui i cittadini devono affidare tutto in cambio di salvezza). E’ una metafora di come i rapporti si deteriorano anche se stai facendo di tutto per sanarli, è una metafora del grido d’aiuto di centinaia e centinaia di bambini o adolescenti delusi da un’educazione ostentatamente retrograda.
Io non so se in breve tempo la Red Candle rimetterà il gioco su Steam, o se addirittura abbiano subito pressioni o abusi (o peggio, conoscendo come i regimi trattano i dissidenti)… però vi consiglio davvero di andare a cercare il modo per vivervi questa esperienza.
E iniziamo a pensare come l’ingerenza di Stati dittatoriali per motivi di mercato e di accordi internazionali influiscono non solo più sulla politica nazionale ma anche internazionale.
Parlatene, parliamone sui Social. Sembra poco, ma una gemma così brillante nel fango della dittatura, che denuncia in questo modo religione e genitorialità, tabù persino nel mondo occidentale, non deve andare sprecata.
Per me i ragazzi di Red Candle sono degli eroi. E dovremmo non farli sentire soli.
This post was published on 4 Marzo 2019 14:09
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