La rubrica della Tana dell’Orso diventa maggiorenne, in un certo senso: siamo arrivati all’appuntamento numero diciotto, e stavolta andremo a osservare più da vicino gli elementi che uniscono God of War: Ghost of Sparta e la mitologia greca.
Avevamo lasciato Kratos proprio alla fine del primo God of War, pubblicato nel 2005: il generale spartano è riuscito a portare a termine la propria vendetta, infilzando Ares a dovere e diventando egli stesso il nuovo dio della Guerra, non prima però di aver tentato nuovamente il suicidio e di essere stato salvato –again– dalla dèa Atena.
Ebbene, ora la storia prosegue con God of War: Ghost of Sparta, il primo sequel di God of War che incontriamo nel nostro cammino all’interno della saga di Kratos.
Questo capitolo è stato pubblicato nel 2010 per PlayStation Portable, e poi di nuovo nel 2011 per PlayStation 3. Pronti, partenza, via.
Va premesso, intanto, che questo sequel si posiziona tra il primo God of War (2005) e il capitolo successivo, God of War: Betrayal.
Fresco di nomina, Kratos deve ancora ambientarsi nel suo nuovo ufficio da dio della Guerra: deve capire a chi può delegare, chi deve salutare per forza, chi fa la spia al capo, dove sono i distributori automatici, eccetera.
D’altronde il pantheon dell’Olimpo rientra nel settore pubblico, e i ritmi sono un po’ diversi rispetto a quando lavorava come contractor privato per Ares.
La questione si complica, però, a causa delle visioni che si ostinano a tormentarlo: Kratos continua a vedere sua madre e suo fratello, entrambi morti molti, molti anni prima.
A queste si aggiungono le solite visioni di sua moglie e sua figlia, cioè quelle che lo assalgono ancora nonostante le promesse degli dèi nel capitolo precedente, che poi si sono rivelate infondate.
A Kratos rode, e anche parecchio, quindi parte in un viaggio alla scoperta delle proprie origini: il pelato di Brazzers più famoso dell’Olimpo decide di iniziare dalle basi.
In provincia della leggendaria Atlantide, nonostante i delicati (e sensati, col senno di poi) tentativi di dissuasione messi in atto da Atena, e nonostante il pacato diverbio con il mostro omerico Scilla, veniamo a scoprire che la madre di Kratos, Callisto, non è morta ma è viva e vegeta; lo stesso vale per Deimos, il fratello dello spartano asceso allo status divino.
Ma non è tutto: in A Secret Revealed, un video non-canonico sbloccabile in God of War (2005) e poi riutilizzato in Ghost of Sparta, scopriamo più o meno anche l’identità del padre di Kratos.
Ok, qui non si riesce a capire il nome pronunciato, ma nel video originale il nome di Zeus veniva scandito chiaramente, e anche qui ne è rimasta la labiale. In seguito anche Atena conferma la cosa, quindi possiamo fidarci.
Callisto, a quanto pare, in passato ha militato tra le innumerevoli schiere delle amanti di Zeus. Innumerevoli schiere.
Dall’unione tra dèi e mortali di solito nascono i Nephilim. No, quello è Darksiders, pardon.
Invece in Grecia –al tempo degli dèi dell’Olimpo, dei signori della guerra e dei re che spadroneggiavano su una terra in tumulto (cit.)– da questo tipo di unione nascono gli eroi, e infatti Callisto mette al mondo Kratos e Deimos.
Proprio quest’ultimo è stato agguantato per la collottola e imprigionato dal dio della Morte. Ade? No, quello è il dio dell’Oltretomba. Il dio della Morte è, letteralmente, la Morte: Thanatos.
Dopo la grande rivelazione e l’assegnazione della main quest, Callisto si trasforma in un mostro che Kratos abbatterà, seppur con una certa riluttanza, donando quindi la pace a sua madre.
Forse la trasformazione è stata causata da una maledizione di Zeus? Una sorta di dispositivo di sicurezza, come ad esempio “Se Callisto dovesse cantare, diventerà una specie di troll.”
Il cammino di Kratos ora volge verso il tempio di Ares a Sparta, ma prima deve riuscire a sfuggire di nuovo alle fauci di Scilla.
Naturalmente lo spartano prevale, lascia Atlantide e s’imbatte in Thera, un esemplare femminile di titano. Due chiacchiere, un po’ di minacce, Kratos la infilza con le Spade di Atena, e nel farlo la libera, provocando di fatto l’eruzione del vulcano in cui era imprigionata.
O forse l’eruzione viene causata dalla capoccia di Scilla –tornata alla carica una terza volta– che Kratos, per buona misura e forse per liberarsi dell’insistente mostro, impala su una coclea gigante che fa(ceva) parte del meccanismo che preserva(va) Atlantide.
E dire che avevamo già incontrato –e accoppato– la vicina di casa di Scilla, Cariddi, nel prequel God of War: Ascension di cui abbiamo già parlato in un altro articolo!
Insomma, eruzione spettacolare, Kratos si cimenta in un rocket jump leggendario, e atterra sull’Isola di Creta, distante svariati chilometri. “So jump, much Kratos, wow”.
I nostri passi ci portano su una catena montuosa che, volendo, potremmo identificare come il Monte Taigeto di Sparta, su cui -secondo la leggenda, smentita nel 2007– venivano abbandonati i bambini deformi o comunque ritenuti non adatti alla vita spartana.
Nel gioco non è così: scopriamo infatti che queste montagne sono il luogo in cui i giovani spartani si sottoponevano a un rito di passaggio per diventare uomini. Credo che ci si riferisca alla Krypteia, che avveniva in campagna e non sui monti, e che consisteva nel sopravvivere da soli e ai danni della popolazione ilota (cioè gli schiavi di proprietà dello Stato). Ma torniamo al gioco.
Su questi monti incontriamo Erinni; no, non le Erinni, ma una sola creatura. Anche perché, se ricordate, le Furie / Erinni sono cadute sotto le Lame del Caos in God of War: Ascension.
L’Erinni di Ghost of Sparta, invece, è una soltanto, ed è la figlia di Thanatos, il dio della Morte.
Dopo un combattimento molto scenico e svariate acrobazie aeree, infilziamo anche Erinni, ma non prima di scoprire qualche informazione in più su Deimos, imprigionato proprio da Thanatos.
Ci incamminiamo verso le porte di Sparta, e arriva il più che prevedibile flashback.
Grazie a questa analessi (flashback, appunto), entra ufficialmente in scena la profezia del Guerriero Marchiato, a cui abbiamo già accennato nell’articolo su God of War (2005).
Era stato predetto che un guerriero marchiato avrebbe causato la caduta degli dèi dell’Olimpo, e per una serie di buffi motivi questa figura venne individuata in Deimos, che aveva una strana voglia sulla fronte e su un occhio.
Ares e Atena si recarono a Sparta e rapirono Deimos; Ares colpì Kratos, causandogli la celebre cicatrice, e Deimos venne sbattuto nel reame della Morte (Thanatos), cioè l’equivalente del Purgatorio cristiano.
Per onorare la memoria del fratello, Kratos si dipinse sulla pelle la stessa sagoma della voglia di Deimos, e in quel momento iniziò il suo destino. Possiamo dire che siano stati proprio Ares e Atena a rendere Kratos il Guerriero Marchiato, con le loro azioni.
Una vera e propria profezia che si autoavvera, insomma: se non fosse stato profetizzato l’arrivo del Guerriero Marchiato, Deimos non sarebbe stato rapito, e Kratos se ne sarebbe stato buono buono. Forse.
Ora, invece, Kratos visita il tempio di Ares, si scontra con il proprio passato –piuttosto letteralmente-, e trova la chiave per il regno della Morte.
Nel tempio del suo predecessore, inoltre, il novello dio della Guerra scopre che la porta per il reame di Morte (Thanatos) si trova proprio nell’Atlantide di cui ha causato la distruzione.
Lungo la via di ritorno, però, Kratos s’imbatte in Mida: il re della leggenda, che trasforma in oro tutto quel che tocca. Kratos lo agguanta e lo getta nella cascata di lava che ostacolava il suo cammino: la lava diventa oro, Mida è libero dalla sua maledizione, e Kratos può passare fischiettando.
In breve, dopo varie peripezie lo spartano raggiunge Atlantide, usa la chiave e, finalmente, si ricongiunge con Deimos. Che però non è poi così contento di rivedere il fratello.
Degne di nota sono le parole che Deimos rivolge a Kratos, che sono praticamente identiche a quelle pronunciate due anni prima dal Grand Apothecary Putress nella Battaglia del Wrathgate di World of Warcraft. Non mi credete?
In WoW:
«Did you think we had forgotten? Did you think we had forgiven?» – Putress
In GoW:
«Did you think I would forget? Did you thing I would forgive?» – Deimos
Dicevamo, Kratos viene pestato di brutto, e Deimos è lì lì per trasformare il nostro eroe in un delicatissimo purè di spartano frollato.
No, non quei Guerra e Morte. Ancora?! No, non sto parlando di Darksiders e dei Cavalieri dell’Apocalisse! Un po’ d’attenzione, su.
Dicevo, proprio mentre Kratos sta per lasciare questa valle di lacrime, Thanos Thanatos interviene e, per vendicare la propria figlia Erinni uccisa dallo spartano, decide di accoppare Deimos davanti agli occhi del fratello.
Kratos però non ci sta, salva Deimos, e i due fratelli, insieme, fronteggiano la Morte in persona.
Già perché Thanatos, essendo la personificazione della Morte, è in sostanza il dio più antico. Egli svela a Kratos che ci sono forze antiche [Lovecraft intesifies] che muovono i passi del novello dio della Guerra, e che lo spingono a provocare la caduta dell’Olimpo. Detto questo, la Morte attacca. E uccide Deimos.
Grosso errore.
Kratos va in berserk e prende a schiaffoni la Morte in persona, uccidendo Thanatos.
«[…] e col volgere di strani eoni, anche la Morte può morire.» – H.P. Lovecraft
Torniamo in cima alla solita rupe, i Suicide Bluffs, e là ritroviamo una vecchia conoscenza del primo God of War: il Grave Digger, cioè il Becchino. O, come mi piace chiamarlo, The Undertaker. Se avete mai guardato un po’ di wrestling, probabilmente starete già sentendo le campane a morto.
Troviamo anche una fossa appena scavata, in cui deponiamo il corpo senza vita di Deimos. In quel momento Kratos accarezza ancora una volta l’idea del suicidio, ma stavolta non cede alla tremenda depressione che lo attanaglia.
Il Becchino ci rivolgerà delle parole enigmatiche, prima di scomparire, dicendoci che ora siamo diventati Morte, il Distruttore di Mondi.
Hmmm.
Kratos usa il solito portale per tornare all’Olimpo e, indossata l’armatura del dio della Guerra, si prepara all’assedio di Rodi.
Il caro vecchio Becchino, però, rientra in scena: stavolta porta il corpo di Callisto. La madre di Kratos viene deposta in un’altra tomba, vicina a quella di Deimos, ma tra le due c’è una fossa vuota: il Becchino, in modo spiccatamente ominous, ci fa sapere che ora ne manca soltanto uno.
Come per gli altri capitoli della saga di Kratos, anche in Ghost of Sparta abbondano figure, leggende, creature e tematiche della mitologia greca, riportate più o meno fedelmente.
Vediamo qui di seguito gli aspetti nuovi, introdotti in questo sequel, che non abbiamo quindi già analizzato negli articoli relativi agli altri titoli della saga.
Per quanto riguarda Atlantide, va detto che non c’entra nulla il titano Atlante, che abbiamo già incontrato in God of War: Chains of Olympus. Il nome, infatti, deriva da un altro Atlante, figlio di Poseidone e di Clito, una nativa dell’isola di Atlantide.
Secondo il mito e la letteratura dell’antica Grecia, Atlantide era una potenza navale che proveniva da oltre le Colonne d’Ercole, cioè dall’Oceano Atlantico oltre lo Stretto di Gibilterra, probabilmente; in più sappiamo che era in conflitto con Atene e che aveva conquistato buona parte dell’Africa e dell’Europa occidentale, tra i novemila e i diecimila anni prima della nascita di Gesù Cristo.
L’Atlantide del mito greco è stata identificata con svariati territori del nostro pianeta:
Tra le altre possibili ipotesi d’identificazione avanzate nel corso dei secoli, ricordiamo la Spagna, il promontorio dell’Argentario in Toscana, la Sicilia e in particolare Siracusa: proprio come l’Atlantide del mito, infatti, la città sicula rappresentava una potenza navale con colonie in Africa, è vicina a un vulcano attivo (l’Etna), ed era rivale di Atene.
Dopo aver affrontato l’Idra in God of War (2005) e aver fronteggiato Cariddi in Ascension, in Ghost of Sparta ci ritroviamo più volte alle prese con la sorella Scilla.
Proprio come Cariddi, la Scilla del mito era un mostro marino localizzato nello stretto di Messina, come sappiamo anche dell’Odissea di Omero e dalle Metamorfosi di Ovidio: mentre Cariddi era in agguato sul lato siciliano, Scilla dimorava sulla sponda calabrese dello stretto.
In origine Scilla era una ninfa marina, che faceva tranquillamente il bagno vicino Messina quando venne trasformata dalla gelosa Circe nel mostro marino che tutti conosciamo.
La creatura del mito aveva sei teste di cane, sorrette da lunghi colli tentacolari, ognuna dotata di tre file di denti acuminati. In più Scilla aveva lunghe zampe serpentine, e una coda da squalo. Un autore latino, invece, tale Gaio Giulio Igino, ne dà una descrizione molto più simile a quella del boss che compare in GoW: Ghost of Sparta.
Scilla ha qualche riferimento anche nel cinema: dalla doppia bocca a matrioska, che ricorda quella dello Xenomorfo di Alien, fino alle somiglianze con la creatura mostruosa di Cloverfield, con tanto di prole – MiniMe che aiuta il genitore nel combattimento.
Nella mitologia greca non esiste un titano con questo nome, o almeno così mi sembra dopo svariate ricerche, ma -come abbiamo già visto- il Titano Thera imprigionato all’interno di un vulcano attivo è un ovvio riferimento all’isola di Santorini, che in greco antico si chiamava proprio Thera.
Proprio l’eruzione di quel vulcano, come dicevamo poc’anzi, potrebbe essere stata la causa della distruzione della civiltà Minoica di Creta, dando origine al mito di Atlantide.
Due curiosità: la prima è che Thera è la prima a menzionare Gaia, che vedremo in God of War II; allo stesso modo vedremo anche le Sorelle del Fato, cioè le Moire / Parche, che vengono menzionate per la prima volta da Thanatos sempre in Ghost of Sparta.
La seconda è che potrebbe trattarsi di un riferimento al fuoco di Prometeo: Kratos acquisisce il potere del fuoco dopo aver attaccato e liberato il titano incatenato nell’isola – vulcano, mentre Prometeo viene incatenato a uno scoglio per aver rubato il fuoco agli dèi e averlo donato ai mortali.
Secondo alcune fonti si tratta di Midas, un re della Frigia adottato da Gordio e Cibele. Il padre adottivo era un re frigio non ben identificato, visto che i re di Frigia prendono alternativamente il nome di Mida e Gordio; la madre, invece, era la Grande Madre Idea, divinità dell’Anatolia che rappresenta la Natura, e che viene identificata con Rea, la madre degli dèi dell’Olimpo.
Le Metamorfosi di Ovidio ci raccontano di questo re che, per aver riportato a casa il satiro Sileno, tutore del dio Dioniso, ottenne proprio da quest’ultimo la possibilità di esprimere un desiderio. Come nella miglior tradizione ruolistica, però, a Mida mancavano quei tre o quattro punti in Saggezza necessari per non mettersi nei guai.
Il re chiese un potere peculiare: trasformare in oro tutto quel che toccava. Ottenne quel che chiese, ma ben presto si accorse che davvero tutto quel che toccava si trasformava in oro, anche acqua, cibo e perfino persone care.
Dioniso s’impietosì e revocò lo scriteriato Wish castato espresso da Mida, che continuò a vivere felice e contento… almeno finché non si mise nei guai con il meno misericordioso Apollo. Ma questa è un’altra storia.
Un’altra curiosità: proprio dal padre di Mida, pare, deriva il nome del celebre nodo gordiano, talmente intricato e inestricabile che chiunque fosse stato in grado di scioglierlo sarebbe diventato re dell’Anatolia (la Turchia, in sintesi). Ricordate chi fu l’unico a sciogliere il proverbiale nodo di Gordio? Nient’altri che Alessandro Magno, che lo tranciò a metà con la sua spada.
Sì, perdonatemi il gioco di parole a dir poco barbino. Non lo farò più, promesso.
Tànato o Thanatos, nel mito greco, è la personificazione della Morte, proprio come in Ghost of Sparta. A seconda delle fonti nasce da Nyx (Notte) o Erebo (Oscurità), o dall’unione di queste due divinità figlie del Caos Primordiale, ed è il fratello gemello del dio del Sonno, Hypnos. Nel mito l’albero genealogico si fa un po’ confuso, devo dire.
Nella saga di God of War, e in particolare in Chains of Olympus, i rapporti di parentela sono decisamente più netti: nel gioco veniamo a sapere che Hypnos si unisce a Nyx e genera Morfeo, Caronte e le Moire / Parche.
Ricapitolando, il nemico principale di Ghost of Sparta, Thanatos, è lo zio di Morfeo, uno degli avversari di Chains of Olympus, ma è anche lo zio di Caronte (che affrontiamo sempre in Chains of Olympus) e delle Sorelle del Fato, che vedremo in GoW II.
Insomma, nella saga di God of War, come d’altronde anche nel mito greco, rimane sempre tutto in famiglia. Il che ci porta a…
Dulcis in fundo: nei contenuti bonus di God of War: Ghost of Sparta è nascosta una chicca che va assolutamente approfondita.
Dopo aver sbloccato tutti gli oggetti nel Tempio di Zeus, otteniamo la Pala del Becchino e quindi il costume del Becchino stesso, utilizzabili nella modalità Arena. Fin qui tutto normale.
Selezionando questo costume nel menu di scelta dei personaggi da usare nell’Arena, però, il gioco ci riserva una sorpresa: all’inizio del combattimento il Becchino pianta con forza la pala nel terreno, e un’enorme saetta colpisce il personaggio, rivelandone la vera forma.
A quel punto scopriamo che il Becchino non è altri che Zeus, il padre degli dèi dell’Olimpo, nonché padre di Kratos stesso!
Come personaggio giocante, Zeus utilizza la Spada dell’Olimpo, che era già presente nel multiplayer di God of War: Ascension e che vedremo decisamente più da vicino in God of War II e III, e il Guanto di Zeus che Kratos impugnava in Chains of Olympus.
Riassumendo tutto, ribadisco che la saga di God of War è una gigantesca lite di famiglia: prima Urano e Crono, poi Crono e Zeus, infine Kratos e Zeus, ma anche Kratos e Ares, Atena e Ares, eccetera. Come nel mito greco, il filo conduttore è lo scontro generazionale: nonni contro figli contro nipoti, e i mortali sono il cane che fa gli occhioni teneri sotto il tavolo.
Per il momento Zeus ci guarda le spalle, e infatti è proprio il Becchino a pronunciare una frase che, alla luce di questa scoperta, assume un’altra sfumatura di significato:
«Atena non è l’unica divinità che ti tiene d’occhio, spartano.»
È proprio Atena, inoltre, a confermare il rapporto di parentela che lega Kratos e gli dèi dell’Olimpo.
Dopo i prequel God of War: Chains of Olympus, pubblicato nel 2008, e God of War: Ascension, uscito nel 2013, dopo God of War (2005) e in seguito alle vicende narrate dal capitolo analizzato in questo articolo, i passi di Kratos volgono verso il leggendario assedio di Rodi.
Il novello dio della Guerra troverà finalmente il proprio posto nel mondo, sia tra gli dèi, sia tra i mortali, sia tra i Titani?
Lo scopriremo nei prossimi appuntamenti della Tana dell’Orso, con il capitolo successivo della saga di Kratos che, già soltanto dal titolo, si preannuncia ominous: God of War: Betrayal.
This post was published on 24 Gennaio 2019 17:23
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