L’appuntamento numero diciassette della Tana dell’Orso torna sulle tematiche del Solitario di Providence: stavolta andremo insieme alla ricerca dei fili conduttori che legano The Elder Scrolls: Online e Lovecraft.
Come sempre partiremo dai collegamenti più evidenti, per poi addentrarci nei meandri dell’ipotetico.
La versione MMO di The Elder Scrolls ci permette di esplorare i secoli che precedono i capitoli single-player più popolari della saga.
La principale timeline di The Elder Scrolls, infatti, può essere riassunta così, con un simpatico arcobaleno:
Ok, non lo farò mai più. Dicevamo, in sostanza ESO è ambientato mille anni prima di Skyrim, e circa 800 anni prima di Oblivion e Morrowind.
A prima vista alcune ambientazioni e parte della trama di The Elder Scrolls: Online possono sembrare spiccatamente lovecraftiani. Ma è davvero così?
Alcuni elementi si rifanno, effettivamente, agli scritti del pioniere dell’orrore cosmico; altri, invece, contrastano con gli stessi in modo assolutamente lapalissiano. Vediamoli insieme.
Ne abbiamo già parlato ad satietatem e forse anche oltre: un vuoto cosmico da cui spunta un ammasso di tentacoli verdastri ricoperti di occhi, che domina su un regno acquatico in cui si raccoglie tutta la conoscenza segreta e proibita.
Sì, il vecchio Hermaeus Mora ha un aspetto che richiama notevolmente quello degli Dèi Esterni, che non vanno confusi con i Grandi Antichi.
In particolare potrebbe trattarsi di una sorta di tributo a Yog-Sothoth, entità incomprensibile per la mente umana, che però oltre a essere un tutt’uno con lo Spazio-Tempo è anche l’essere che tutto vede e tutto conosce.
Se mi passate il termine, una sorta di dio della Conoscenza, se mai ne dovesse esistere uno in un ipotetico pantheon lovecraftiano.
Oltretutto Yog-Sothoth appare come un ammasso di tentacoli e sfere, molto simili agli occhiuti tentacoli di Herma Mora.
Il Principe Daedrico della Conoscenza e della Memoria, nella sua infinita saggezza, assegna una serie di quest al nostro personaggio di The Elder Scrolls Online.
Oltre al nome, Conoscenza Sommersa, anche la trama di questa quest può essere legata abbastanza agevolmente alle tematiche lovecraftiane.
Accettiamo di aiutare i cultisti di un dio esterno, i Primeval Seekers (traducibile come Cercatori Primevi), a intralciare i piani di un’antica entità (un Old One?) che intende utilizzare una conoscenza segreta per sovvertire l’ordine naturale delle cose.
Oppure possiamo tradire i cultisti e allearci con quelli che, in sostanza, sono i cultisti di quest’antica entità a cui poco interessa dei propri devoti, che vengono usati soltanto come sacrificio per l’esclusivo benessere dell’entità.
Una sorta di versione locale di un ipotetico attrito fra Dèi esterni e Grandi antichi, forse?
A parte questo, la vicenda ruota attorno al preservare un’intera biblioteca ricca di conoscenze arcane e segrete, come ci viene ordinato da un dio esterno, o distruggerla per seguire il volere di un’antica entità a cui interessa conservare il territorio sotto il proprio dominio.
Un viaggio nelle rovine di un tempio sigillato dai seguaci non-morti di un antico guerriero celeste, alla ricerca dell’Archivio del Cercatore che, nel corso della quest, scopriamo essere un altare proprio di Hermaeus Mora.
Uno scontro fra gli spiriti di un’antica e bellicosa razza, che servono una delle entità celestiali a guardia del Mondo, e il più o meno involontario agente di una divinità esterna.
Gli sforzi per arginare la corruzione che, come veleno, stilla da uno spirito antico e infetta lentamente e inesorabilmente gli altri guardiani che proteggono il Creato.
Devo continuare?
Il sogno lucido e l’esplorazione dei sogni sono uno dei temi più intimi della poetica di Lovecraft.
Nel corso di questa missione ci imbatteremo in alcuni indizi che dipingono una storia dai toni piuttosto cupi: le vicende che riguardano uno stregone che stermina un intero insediamento silvestre, per salvaguardare un tesoro sepolto al di sotto del villaggio.
La spasmodica ricerca nel sottosuolo di un Tomo Misterioso, la scoperta delle tracce che ci porteranno all’Oghma Infinium, di cui abbiamo già parlato in precedenza e che, in sostanza, è il Necronomicon.
Laghi sotterranei, dedali di buie caverne, antiche rovine ipogee, arcani rituali e un dio indifferente che ci usa per i propri scopi, salvo poi liquidarci –no, non in quel senso– con un tomo particolare: non l’Oghma Infinium – Necronomicon, ma il Discourse Amaranthine che probabilmente si riferisce all’Amaranth, un tema che abbiamo trattato in passato.
Per riassumere con l’accetta, l’Amaranth è lo step successivo al CHIM: mentre quest’ultimo consiste nel rendersi conto di trovarsi nel sogno cosmico di un’entità aliena, senza perdere la coscienza di sé stessi e della propria individualità, l’Amaranth è il sacrificare sé stessi per iniziare a sognare un nuovo sogno – universo in cui, però, non si avrà alcun potere o ruolo, proprio come l’entità che sta sognando l’attuale universo di The Elder Scrolls.
Vi ricorda Azathoth? Sì, anche a me.
Se vi piacerebbe una spiegazione un po’ più approfondita, vi rimando all’articolo su Skyrim e Lovecraft. Se invece volete farvi del male, un po’ come sto facendo io mentre scrivo queste righe alle quattro e mezza del mattino, andate a leggere qualche scritto di Michael Kirkbride, l’autore di buona parte della lore di TES, nell’Imperial Library.
Oltre a essere un peculiare dio folle e una probabile citazione del dio Loki, il trickster norreno, Sheogorath è anche il protagonista di un’interessante serie di quest in ESO.
L’Arci-Mago Shalidor ha stretto un patto con questa divinità; la cosa ovviamente non è andata come previsto, e ora ci tocca aiutare l’Arci-Mago a recuperare tutti i suoi libri arcani che, grazie all’intervento del vecchio Sheo, possono essere letti da tutti tranne che da Shalidor.
L’Arci-Mago chiede, quindi, alla suo assistente di leggerli per lui… ma di nuovo il Principe Daedrico della Follia e del formaggio ci mette il Wabbajack lo zampino, e il nostro personaggio deve scegliere se assecondare il dio pazzo o cercare di salvare l’assistente dalla maledizione daedrica che ora l’affligge.
Se sceglieremo di non andare contro il volere di Sheogorath, verremo ricompensati con una discreta dose di potere (e punti skill), e la povera assistente verrà trascinata, urlante e scalciante, nel reame daedrico della Follia.
Una chicca: lo Sheogorath che incontriamo in Skyrim (ambientato nella Quarta Era) potrebbe essere diverso da quello di ESO (Seconda Era), dato che –secondo alcune teorie– il nostro personaggio giocante di Oblivion (Terza Era) prende il posto dello Shogorath originale.
In Skyrim, quindi, si incontrerebbero due personaggi giocanti: i protagonisti di Oblivion e Skyrim, con due secoli a separarli temporalmente.
La precedente espansione del gioco ci offre un’ambientazione che, fin da subito, mi ha colpito come un qualcosa di spiccatamente lovecraftiano: paesaggi lunari, alieni, costellati da funghi giganteschi e creature immense, lente e gorgoglianti.
Creature mostruose che attendono, in agguato, che qualche incauto investigatore – avventuriero si avvicini abbastanza, per ghermirlo e far sparire per sempre ogni sua traccia.
Un vulcano che nasconde chissà quali segreti (che abbiamo scoperto nel Morrowind originale), cultisti, rovine daedriche, inquietanti villaggi costieri, nebbie oniriche, misteriosi assassini e un’inspiegabile piaga che annienta la forza vitale e la volontà anche dell’essere più potente.
Potrei andare avanti per ore.
In realtà dell’Hist abbiamo già parlato in un precedente articolo: ricordate gli alberi multidimensionali, probabilmente alieni, che viaggiano attraverso lo spazio e se ne infischiano del concetto stesso di tempo lineare?
Quegli alberi strani e misteriosi che influenzano mentalmente e fisicamente gli esseri mortali che vivono nelle vicinanze e/o che consumano la loro linfa vitale. Quegli stessi alberi che risultano incomprensibili e alieni anche a chi ha raggiunto lo stato divino della piena consapevolezza all’interno del sogno cosmico (il CHIM).
Sì, esatto, quegli alberi.
L’espansione Shadows of the Hist si addentra in antiche e impenetrabili giungle, ci fa incontrare tribù di indigeni dalle fattezze animalesche in modo sospetto, ci rende complici di confraternite oscure e ci catapulta in un’avventura all’ombra degli alberi di Hist.
Per non parlare di un dungeon pieno di creature dall’aspetto di orribili aracnidi giganti, ammanicate per di più con un dio esterno: Mephala, il Principe Daedrico dell’Assassinio, del Sesso e dei Segreti.
Come i Seeker e i Lurker dei capitoli single-player della saga di The Elder Scrolls, anche la versione MMORPG ha le proprie creature lovecraftiane.
In questo caso si tratta dei Watcher che, più delle altre creature deadriche, hanno quel je ne sais quoi che proietta subito la nostra mente nelle opere del Solitario di Providence.
Oltretutto, va detto, i Watcher probabilmente sono i figlioletti o i fratellini del caro, vecchio, verdastro Hermaeus Mora di cui parlavamo poc’anzi.
Il piano d’invasione del Principe Daedrico Molag Bal, il dio della Brutalità, del Dominio e e dell’Asservimento, consiste nell’arpionare il mondo con delle Ancore Oscure: catene inter-dimensionali in grado di oltrepassare la barriera tra il mondo e il piano del Caos, in sostanza.
Queste Ancore hanno lo scopo di strappare via Nirn (il mondo) dal piano materiale e trasportarlo in quello di Oblivion.
Insomma, se i daedra non vanno su Nirn, il Nirn va dai daedra.
La versione speculare del mondo materiale, in cui il cielo brucia costantemente, l’aria gelida congela la pelle dei malcapitati, e il terreno è impregnato di acque dall’aspetto decisamente strano.
Il Sottosopra di Stranger Things ma più violento, decisamente più popolato da creature ostili e un po’ meno cupo, in realtà.
La popolazione autoctona non ostile consiste in schiavi a cui è stata strappata l’anima, che lavorano senza sosta per i loro carcerieri daedrici e che, infine, regrediscono sempre di più fino a diventare ferali e mostruosi a causa dei tormenti a cui vengono sottoposti nei secoli.
La regressione animalesca non è una delle tematiche centrali delle opere di Lovecraft?
Sì, lo è. Fidatevi.
Anche di queste creature anfibie abbiamo già parlato. Gli Sload, oltre a poter competere senza troppi problemi per il premio di Razza Più Odiata di Tamriel, sono creature a metà tra la lumaca gigante e il rospo, e hanno un’eccezionale padronanza delle arti negromantiche.
Gli Sload sono legati alla Bibbia dei Deep Ones che troviamo in Oblivion, e -secondo alcune teorie ampiamente diffuse- sono anche coinvolti nella quest A shadow over Hackdirt, sempre di Oblivion, che richiama piuttosto palesemente il celebre racconto di Lovecraft intitolato The shadow over Innsmouth.
In The Elder Scrolls Online, nella zona dell’espansione Summerset, troviamo una versione degli Sload ancor più legata al mare e, probabilmente, ai Deep Ones, gli abitatori delle profondità marine.
Nel Marzo del 2018 alcuni fortunati -e spendaccioni- giocatori hanno potuto acquistare, con valuta reale, un’esclusiva abitazione in ESO. Già, perché nel gioco ci sono varie case acquistabili, arredabili e personalizzabili; una di queste è l’Erstwhile Sanctuary, di cui vi propongo un’immagine piuttosto eloquente.
Oltre a essere inquietante nella sua totalità, non vi sembra che alcuni elementi di quest’abitazione abbiano un qualcosa di strano?
Più fisso quelle forme racchiuse nella roccia, più osservo quelle stalagmiti dall’aspetto alieno, più mi sembra che qualcosa ricambi lo sguardo.
Direi di fermarci qui, a questo punto. Ma prima dobbiamo affrontare una questione fondamentale.
Abbiamo visto come le creature che abbiamo in qualche modo collegato ai Grandi Antichi, e addirittura agli Dèi Esterni in alcuni casi, interagiscano regolarmente con il protagonista.
Certo, senza questo rapporto non staremmo qui a parlarne e il gioco probabilmente sarebbe molto meno interessante, ma questo tipo di interazione cozza notevolmente con la concezione di H.P. Lovecraft.
Questa relazione, oltretutto, non è unidirezionale come quello che potrebbe avere un cultista nei confronti dell’entità adorata, ma è addirittura un do ut des, uno scambio di favori con entità che vivono al di fuori dello Spazio e del Tempo riservati ai mortali.
Non c’è più un orrore esistenziale, quindi, e viene a mancare anche il terrore dell’ignoto: mentre Lovecraft nemmeno descrive gran parte delle creature di cui scrive, e si limita a lasciarle dipingere dalle nostre paure ancestrali, in ESO i mostri si vedono, si combattono e si lootano o, al limite, si può stringere con loro un qualche tipo di accordo.
I mortali non sono esseri insignificanti che zampettano su un pianeta di quart’ordine, in una realtà che non è nient’altro che il sogno di una divinità cieca e idiota, ma sono attori -nemmeno tanto secondari- di intrighi e scontri tra potenze che riconoscono il valore dei loro piccoli agenti armati fino ai denti.
Molti degli esseri mortali di The Elder Scrolls discendono da entità divine e, addirittura, in alcuni casi -nemmeno poi così rari- possono tornare allo status divino.
L’ignoranza della realtà cosmica, poi, non è una benedizione che protegge le nostre fragili menti da una realtà incomprensibile che ci porterebbe alla pazzia: è solo un ostacolo verso la via del Potere.
Alcuni mortali, addirittura, possono rendersi conto di essere nel sogno di Azathoth del Godhead di The Elder Scrolls, e hanno addirittura la possibilità di mettersi a sognare un proprio universo, diventando essi stessi Azathoth Godhead!
Certo, molte creature di The Elder Scrolls Online -e del resto della saga- sono notevolmente lovecraftiane nell’aspetto, e anche alcune tematiche sono ben rese, ma il sostrato fondamentale viene a mancare.
Alcuni temi metafisici possono essere assimilabili a quelli del pioniere dell’orrore cosmico, ma per ottenere una vera corrispondenza bisognerebbe ridimensionare parecchio non soltanto i mortali, ma anche alcune entità della saga.
Ovviamente non sto auspicando che succeda: abbiamo già fior fiore di videogame molto più aderenti alla Weltanschauung lovecraftiana, la sua concezione del cosmo e del suo funzionamento: sto parlando, tanto per citarne uno, del recente Call of Cthulhu.
A proposito di mortali che ascendono allo status divino: Lord Vivec, per cui svolgiamo parecchie quest nell’arco narrativo di The Elder Scrolls Online: Morrowind, è la nemesi delle tematiche lovecraftiane all’interno del gioco.
Non soltanto è un mortale che ha ottenuto poteri divini, ma è anche uno di quelli che è riuscito a raggiungere il CHIM: in un certo senso ha infranto la quarta parete, e quindi un mortale è diventato più potente di Aedra, Daedra e affini.
Ma c’è di più: nel corso dell’espansione Morrowind, Vivec viene indebolito dal cane parlante del Principe Daedrico dei Desideri e dalla Brama di Potere, e viene salvato da un mortale, cioè dal nostro personaggio giocante!
Lord Vivec rappresenta l’anti-Lovecraft per eccellenza, e la cosa mi rende piuttosto grumpy. Ancor più del solito, s’intende. D’altronde questa rubrica non si chiama Tana dell’Orso senza motivo, no?
A proposito di rubriche e tane: se vi siete persi i precedenti articoli sulla saga di The Elder Scrolls, vi ricordo che abbiamo già analizzato TES III: Morrowind, ma anche Daggerfall e Oblivion insieme, e poi Skyrim e il DLC Dragonborn.
Detto questo non resta che salutare la saga di TES, almeno per il momento, e darci appuntamento a Mercoledì prossimo, come sempre.
Bonus: proprio mentre scrivevo quest’articolo, e non è un eufemismo, è stata annunciata l’espansione The Elder Scrolls: Elsweyr. Era destino che oggi si parlasse di The Elder Scrolls!
This post was published on 16 Gennaio 2019 19:52
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