Proprio ieri mi sono ritrovato a rivedere con alcuni cari amici una serie di film che ha caratterizzato più di altri la mia infanzia: la saga di Indiana Jones. E come mai – vi starete chiedendo – mi sono ritrovato in una fredda domenica di gennaio a vedere – per l’ennesima volta – una saga vecchia di oltre trent’anni?
Semplice, a questo mondo esistono ancora persone che non hanno avuto mai occasione di emozionarsi con le peripezie del dott. Jones (sigh!) e a questo andava posto rimedio. E allora, eccoci li sul divano a mostrare alla nostra amica (un bacione tesora se mi stai leggendo) quel “qualcosa” che sino all’altro giorno si era persa, perché tutti dovrebbero vedere un film in cui gli eroi prendono a cazzotti dei nazisti!
E dunque, non potevo esimermi in questa rubrica che parla dell’Italia nei videogiochi dal citare Indiana Jones and the Last Crusade, tie-in dell’omonimo film realizzato, da Noah Falstein in collaborazione con David Fox e Ron Gilbert.
Veramente datato, questo titolo presenta al suo interno svariati momenti action – come scontri con i nazisti mutuati dalla pellicola – che possono però essere evitati risolvendo alcuni enigmi, il che se ci pensate per il 1989 (anno della prima pubblicazione del gioco) è qualcosa di quasi impensabile.
Si, lo so che ora siamo tutti abituati a roba come Bandersnatch e dunque diamo per scontata la possibilità di “poter scegliere qualcosa” ma, rifletteteci: quanta roba degli anni ’80 vi viene in mente cosi di primo acchito che contempli, anche solo lontanamente, la possibilità di “scegliere” come proseguire un gioco? Poca, immagino.
Bene!
E allora non deve stupire affatto se all’epoca quest’Avventura Grafica, piccolo “capolavoro” targato LucasArts, riscuotesse successo tra i fan della saga non solo perché permetteva di rivivere le gesta di Harrison Ford, no, ma anche per quella serie di “innovazioni” che il titolo presentava ,quali sezioni del gioco a tempo, modalità di gioco differenti come quella di guidare un aereo e, ovviamente, l’esplorazione di tortuosi labirinti con annessi inseguimenti.
Diavolo, ci sarà pure un motivo se Lara Croft è considerata l’erede spirituale di Indiana Jones e Nathan Drake altri non è che il figlio d’arte di questi ultimi.
Bando però alle ciance e passiamo tosto a illustrare le location italiane che compaiono in Indiana Jones and the Last Crusade. Inutile vi stia a dire che le scelte dagli sviluppatori sono mutuate dalla pellicola, vero, sebbene con qualche concessione videoludica? Ad esempio, l’arrivo di Indy a Venezia dopo l’incontro con il miliardario Walter Donovan in cui gli chiede aiuto nella ricerca del Santo Graal, non si svolge come da copione il molo della Basilica di Santa Maria della Salute quanto piuttosto nella vicina Chiesa di San Barnaba. A noi di Italy&Videogame, ai fini della rubrica, non cambia nulla ma sono certo che a qualcuno di voi è preso un infarto per questa cosa. Ci interessa? No: andiamo avanti.
Grazie ad uno stile pixelloso che fa tanto Prince of Persia (il primo, quello che se lo giocavi in bianco e nero non bevevi le pozioni per paura di tirare le cuoia perché impossibilitato a distinguere i colori), l’archeologo più famoso del mondo viene avvicinato da un contatto un caffè nella piazza davanti la chiesa dove di li a poco entreremo per effettuare delle ricerche… ed ecco all’opera il grande gioco del “cinema”: la chiesa del gioco – come d’altronde quella del film – non ha all’ìnterno alcuna biblioteca quanto piuttosto una bellissima mostra su Leonardo. Ma noi della verità e delle fandonie che ci raccontano a scuola nun ce ne po’ fregà de’ meno e, dunque, in barba a quanto ci ha detto il prof. Jones in una sua lezione poco prima, ci armiamo di improvvisato piccone-paletto e ci diamo giù duro a sfondare tutto, perché “LA X E’ IL PUNTO DOVE SCAVARE“.
Il gioco prosegue, avventurandosi per delle (purtroppo) inesistenti catacombe di Venezia; nella realtà queste non esistono giacché la città risulta costruita sull’acqua, ma l’atmosfera che nel gioco respiriamo vi giuro essere la medesima del film: raggiungeremo la tomba di un antico cavaliere qui sepolto e troveremo quanto necessario a proseguire la nostra avventura verso la terra santa, alla ricerca del Santo Graal… ma questa è un’altra storia che volendo potete approfondire qui, nel pezzo scritto da Mauro Zini per la nostra rubrica #venerdìnostalgia.
Sapete quale è la cosa più bella di Indiana Jones and the Last Crusade? Che quando vi ritroverete a pensarlo lo collegherete con estrema facilità a quello che, con molta probabilità, risulterà essere uno dei periodi più felici della vostra vita, quando eravate bambini, quando bastava poco per esser felici. Quando bastava una frusta, un cappellaccio e una battutaccia a render felice un giovane bimbo che da grande avrebbe tanto voluto fare l’archeologo.
Io archeologo non lo sono mai diventato ma Indy ha contribuito non poco alle mie scelte di vita: forse non sarò come il dott. Jones ma scavare tra vecchi videogames ambientati in italia mi ha fatto tanto sentire come lui: un archeo-videologo in cerca di antichi tesori persi tra le pieghe del tempo.
Buona caccia!
This post was published on 19 Gennaio 2019 17:00
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