Onimusha 2: Samurai’s Destiny è il secondo capitolo di una delle saghe più affascinanti mai apparse su console. Sviluppato da Capcom e pubblicato nel 2002 su Playstation 2, il titolo ci vede impersonare il valoroso samurai Jubei Yagyu alle prese con la dura lotta contro le forze del male guidate dal villain numero uno della saga, Nobunaga Oda.
La serie di Onimusha è stata da parecchi anni ormai abbandonata dalla software house giapponese che ha puntato maggiormente su Resident Evil. Se si esclude la remaster del primo capitolo, Warlords, di cui potete leggere la nostra recensione, il destino di Onimusha è molto simile a quello di un’altra saga di culto di Capcom, Dino Crisis, anche se proprio quella versione rimasterizzata potrebbe essere un buon viatico per vedere un capitolo tutto nuovo. Almeno è quello che speriamo.
Onimusha 2 è da molti l’episodio più apprezzato perché migliora in tutto Warlords senza snaturare la sua struttura originale, come avvenuto in Demon Siege, con l’introduzione della guest star francese Jean Reno tra i protagonisti, e soprattutto Dawn of Dreams, il quarto episodio che aggiunge elementi ruolistici all’avventura.
Riscopriamo insieme Onimusha 2: Samurai’s Destiny.
Se vi siete persi gli articoli precedenti dedicati al retrogaming potrete ritrovarli comodamente tutti a questo link. Troverete Final Fantasy, Resident Evil, Silent Hill e molte altre chicche raccolte solo per voi!
Siamo di nuovo alle prese con i demoni Genma che, dopo aver perso la guida di Fortinbras, il villain da noi sconfitto nei panni di Samanosuke nel primo capitolo, tornano a mettere a ferro e fuoco un Giappone dell’epoca feudale rivisitato per l’occasione. Questa volta sono capeggiati da Nobunaga Oda, il cattivo iconico della saga – tra l’altro, personaggio che fa davvero parte della storia giapponese di quell’era – che mira a conquistare il paese grazie alle sue spietate arti demoniache.
L’esercito infernale distrugge anche i piccoli villaggi e miete vittime ad ogni passo. Tra questi villaggi c’è anche Yagyu che diventa una distesa di sangue e disperazione – la cutscene che mostra l’intero assedio è ancora oggi uno dei miei filmati in game preferiti di sempre. L’unico superstite è Jubei che, nel momento del vile attacco, non era presente. Ritornato a casa e trovato l’accampamento in fiamme, promette di vendicare la sua gente. Viene attaccato da alcuni Genma ancora sul posto – ed è qui che comincia il gioco vero e proprio – e capisce che dovrà lottare contro qualcosa di molto potente.
Durante le prime fasi di gioco, andiamo alla ricerca di una voce femminile che riecheggia e ci invoca – JUBEEEIII – e, trovata la fonte, il protagonista viene accolto da una donna di nome Takajo che gli rivela di essere una oni – una creatura sovrannaturale del folklore giapponese – e sua madre. Questo significa che anche Jubei serba dentro di sé l’enorme potere oni. Viene a conoscenza anche dell’esistenza di cinque sfere create per proteggere gli uomini dai demoni. A lui il compito di recuperarle per sconfiggere Nobunaga (qui mi sembrò palese fin da subito l’analogia con le sette sfere del drago).
Si parte per un’avventura di onore e vendetta.
(credits filmato: Bruno Rabasquinho)
Onimusha 2 è il capitolo che mi ha iniziato alla saga, infatti, recuperai Warlords solo dopo il terzo capitolo. Ero già avvezzo alle saghe Capcom storiche, avendo amato i classici Resident Evil, giocato con trasporto i Dino Crisis e adorato alla follia il primo capitolo di Devil May Cry. Onimusha 2 mi sembrò fin dalle prime battute il gioco perfetto per un fan di Resident Evil e di DMC, perché miscelava le tecniche registiche e ludiche del primo (telecamera fissa, ambientazioni pre-renderizzate, uso delle piantine per curarsi) a quelle stilistiche del secondo.
Il suo gameplay fece quasi da anello di congiunzione: più action di RE, ma meno frenetico e tamarro del gioco di Dante. Ciò che ispirò in me meraviglia fu l’accuratezza nella creazione di un mondo di gioco coerente con l’epoca descritta, anche se in chiave fantasy. Il look dei personaggi, le musiche, il doppiaggio – a tratti eccessivamente teatrale ed esagerato – gli interni delle abitazioni dei villaggi, ogni singolo oggetto dello scenario trasudavano Sol Levante e età di mezzo.
I contenuti attinti dal fantasy completavano l’opera, senza invaderla in modo molesto. Onimusha 2 si presentava in ogni attimo come un action con elementi magici e folkloristici e mai come un puro fantasy con abbozzati rimandi storici e mitologici.
Una delle meccaniche migliori e meglio implementate nel combat system di Onimusha 2 risiedeva nella forza degli elementi infusa nelle armi principali del gioco. Queste avevano un attacco standard e un attacco magico che liberava la furia dell’elemento associato. La mia arma preferita era Buraitou, la katana con il potere del fulmine, ma non erano da meno Hyoujin-Yari, una lancia dal potere di ghiaccio, Senpumaru, un’arma a doppia lama in grado di richiamare fortissime raffiche di vento, Dokoutsui, un pesantissimo martello capace di scatenare terremoti, e Rekka-Ken, lo spadone di fuoco.
Le combo, assistite dalla forza degli elementi, potevano diventare devastanti, soprattutto dopo aver potenziato le armi. In Onimusha 2, infatti, era possibile migliorare armi e armatura con gli orb, anime rilasciate dai demoni sconfitti e che Jubei era in grado di assimilare grazie a un guanto. Gli orb erano di quattro colori, ognuno con una sua funzione: rossi quelli spendibili presso gli specchi di salvataggio per potenziare le armi, gialli quelli curativi, blu che ripristinavano gli MP e viola, più grandi e difficili da assorbire. Raccolto un certo numero di queste sfere viola, Jubei si trasformava in Onimusha, un guerriero oni dalla potenza inimmaginabile.
Tra un dungeon – chiamiamoli pure così – e un altro erano presenti sezioni più tranquille e rilassanti. Durante il corso dell’avventura, Jubei incontra altri personaggi giocabili con cui stringe un’alleanza: Ekei, il pelato maestro delle lance dedito all’ubriachezza, Magoichi, leader del clan Saiga Shu e abile tiratore scelto, il giovane e irriverente ninja Kotaro e la bella Oyu, sorella di Nobunaga determinata a fermare i piani malvagi del fratello.
Con questi personaggi era possibile aumentare il livello di amicizia facendo loro regali. Nei dungeon, infatti, oltre a oggetti importanti per la missione, era possibile trovare oggetti di uso comune come vasi in ceramica, tazze, libri di storia giapponese e tanti altri manufatti che avevano un solo scopo: essere scambiati con gli altri personaggi, i quali poi avrebbero ricambiato offrendoci altri oggetti da scambiare, medicine, frecce, proiettili e tante altre cose utili.
Questi scambi avvenivano nella taverna del villaggio principale di gioco, un luogo sereno, in cui i Genma non venivano praticamente mai avvistati. La particolarità di questa meccanica stava nel fatto che i regali avevano maggior efficacia se legati alle passioni e al carattere del personaggio a cui si volevano offrire. Ekei, ad esempio, apprezzava molto bottiglie di vino o altri liquori, Oyu oggetti prettamente femminili come portagioie o gioielli.
Queste sessioni spezzavano in modo intelligente l’azione, perché offrivano momenti di relax assolutamente fondamentali per prepararsi al meglio agli scontri futuri.
Onimusha 2 è uno dei titoli migliori che potevate trovare su Playstation 2 e, personalmente, ritengo sia uno dei videogiochi più belli mai realizzati. In una mia top ten dei videogiochi di sempre Onimusha 2 è presente e si trova anche in una posizione di alta classifica.
Il titolo Capcom era artisticamente meraviglioso e ancora oggi risulta affascinante da giocare, e non per il filtro nostalgia che distorce la realtà, ma per indubbie qualità stilistiche e per un’atmosfera che pochi altri prodotti ambientati nel Giappone feudale sono riusciti a trasporre.
Noi attendiamo con trepidazione Ghost of Tsushima di Sucker Punch. Che possa essere il suo degno erede?
Rimanete sintonizzati, perché arriverà in queste settimane un articolo dedicato alla mitologia giapponese nella saga di Onimusha.
This post was published on 18 Gennaio 2019 12:25
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