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Speciali

Rule of Rose | La fiaba dark della piccola principessa

Rule of Rose è un videogioco di genere survival horror uscito nel 2006 in esclusiva su Playstation 2. Sviluppato da Punchline, fu distribuito in Giappone da Sony Computer Entertainment e in Europa da 505 GameStreet. Il titolo ha per protagonista una ragazzina alle prese con gli orrori di un orfanotrofio, abitato da bambine sadiche e disturbate. Rule of Rose fa parte del filone “ragazzina indifesa in fuga da aberrazioni di ogni tipo” molto in voga ai tempi e che annovera giochi simili, come quelli appartenenti alla serie Clock Tower e Haunting Ground.

Il titolo horror protagonista dell’articolo di retrogaming odierno è ricordato soprattutto per l’ondata di critiche e infondate accuse che seguirono la sua uscita. Rule of Rose trovò posto sulle pagine di importanti quotidiani che lo descrissero come un’opera morbosa e depravata, esagerazioni e speculazioni che consegnarono al titolo la nomea di “videogioco maledetto”. Oggi sappiamo benissimo che tutto ciò che si era detto non rappresentava la realtà: il gioco dipingeva sì un mondo marcio e dalla superficie fortemente scabrosa, ma senza raggiungere livelli degenerati e immorali descritti nei salotti dei non addetti.

Rule of Rose è diventato nel suo piccolo un cult tra gli amatori del genere horror pur non esprimendo, anche all’epoca, il meglio del genere né dal punto di vista ludico né da quello tecnico.

Se vi siete persi gli articoli precedenti dedicati al retrogaming potrete ritrovarli comodamente tutti a questo link. Troverete Final Fantasy, Resident Evil, Silent Hill e molte altre chicche raccolte solo per voi!

Rule of Rose | Una fiaba da non raccontare ai bambini

La vicenda ha come setting l’Inghilterra degli anni Trenta e prende inizio con la protagonista, la giovane Jennifer, addormentata sul sedile di un autobus. Qui viene avvicinata e svegliata da un bambino che le porge un quaderno su cui è scritta una storia. Mentre Jennifer è intenta a leggere, il bambino scappa dal veicolo costringendo la protagonista a inseguirlo. È notte e ci sono solo pochi lampioni a illuminare i sentieri: la piccola arriva con gran timore alle soglie di un enorme edificio.

Si tratta dell’orfanotrofio Il Giardino delle Rose, ormai abbandonato… a prima vista. La ragazzina si addentra e nel cortile scorge delle bambine che picchiano con delle mazze qualcosa all’interno di un sacco. Jen partecipa poi a una sorta di rito che assomiglia a un funerale: a questo punto viene catturata per perdere poi i sensi.

Risvegliatasi nello sgabuzzino, Jennifer si libera e si ritrova all’interno dell’orfanotrofio vero e proprio. Esplorando le varie sale, si accorgerà ben presto della strana atmosfera che circonda quel luogo e, soprattutto, delle intenzioni delle bambine che abitano l’edificio. Esse, infatti, sono riunite in una sorta di setta con una gerarchia ben precisa e regole ferree e spesso inumane da rispettare.

La protagonista di Rule of Rose sarà costretta ad assecondare le stranezze delle altre ragazzine per uscire viva da quel posto. Ad aiutarla ci sarà solo Brown, un labrador trovato in una zona remota dell’orfanotrofio.

Le bambine di Rule of Rose sanno essere molto cattive, attenzione.

Il Cavaliere Secchio e il profumo della morte

La caratteristica principale di Rule of Rose, che ha reso affascinante il gioco agli occhi dei fan, è la perenne contraddizione che viviamo in ogni istante mentre esploriamo le stanze dell’orfanotrofio. Contraddizione narrativa e stilistica che porta il giocatore a muoversi in un ambiente decadente, ma in un contesto che fa tutto per legarsi all’universo fiabesco.

Il titolo dei capitoli che compongono la storia sembrano tratti dalla narrativa per ragazzi, da storie che i bambini vorrebbero ascoltare prima di andare a dormire: La piccola principessa, Lo sfortunato campo di trifogli, La principessa sirena, La casa di pan di zenzero, La principessa di pezza. L’interfaccia è giocosa e presenta note e documenti scritti con i pastelli, mentre l’inventario simula il tratteggio di un gessetto su una lavagna.

Per salvare i progressi e avere piccoli indizi quando non si sa cosa fare, basta rivolgersi al Cavaliere Secchio, un manico di scopa con un secchio come elmo. Queste caratteristiche sono legate al mondo delle favole, della fanciullezza e della spensieratezza, ma inserite in un contesto lurido, malinconico e talvolta sadico.

Le altre bambine assumono ruoli e nomignoli da nobildonne, come se fossero partecipanti di un infantile gioco di ruolo, ma i loro comportamenti sono efferati e spietati, i loro atti mirano all’umiliazione di chi è indesiderato. Tra le mura della struttura, inoltre, si nascondono esseri deformi che daranno la caccia a Jennifer, giocattoli animati che possono diventare letali e bambine con il volto coperto da maschere che impugnano enormi forbici.

L’atmosfera si muove continuamente su un filo sottilissimo: Rule of Rose è una fiaba cruenta che mostra sia il lato puro e innocente dei bambini sia quello oscuro.

Le sorelle capra sono i nemici più temibili del gioco

Un fiuto da paura

Rule of Rose era in sostanza un survival horror in cui si dava parecchio spazio all’esplorazione e alla risoluzione di enigmi del tipo “trova oggetto/usa oggetto”. Una grossa mano ci veniva data da Brown, il cane che ci accompagna per tutta l’avventura. Il dolce labrador aveva una funzione anche nei combattimenti, infatti, abbaiando atterriva i nemici e li distraeva mentre noi potevamo darci alla fuga.

Il compito principale di Brown, però, era quello di scovare oggetti utili nello scenario usando il suo sopraffino fiuto. C’è da riconoscere che questa meccanica “rompeva il gioco”, cioè garantiva un tasso di successo del 100 percento. Per tutta la durata dell’esperienza (6-8 ore) era nostra premura mettere sotto al naso di Brown qualsiasi tipo di oggetto per far sì che lui poi trovasse o un utensile simile o una strada per andare avanti.

Gli oggetti chiave non facevano eccezione, quindi, se non ricordavamo dove posizionare un oggetto in nostro possesso, bastava farlo annusare a Brown e poi seguirlo per raggiungere la destinazione, questo praticamente sempre. Stessa cosa per i dolcetti che facevano da medikit: una volta trovato un cioccolatino, Brown scovava qualcosa di simile per noi, in questo modo potevamo riempire l’inventario di zuccherose medicine.

Rule of Rose, difatti, non era un gioco difficile dal punto di vista esplorativo, ma lo era maggiormente quando ci si paravano di fronte nemici abietti. Jennifer era lenta, goffa e con una forza nelle braccia davvero irrisoria e spesso avevamo dalla nostra parte armi di fortuna come forchette e forbici. Questo, però, non era un grosso difetto concettuale (lo era solo dal punto di vista dei controlli visto che la legnosità dei movimenti impediva anche le azioni più elementari), perché il gioco non era concepito per essere giocato nell’attesa di un combattimento, ma sul filo della tensione.

La fuga era sempre la prospettiva migliore, sempre coadiuvati da Brown. Anche in questo Rule of Rose si contraddiceva: la tensione era palpabile, grazie a musiche enfatizzanti e a incontri casuali con i nemici che mettevano molta ansia, ma d’altra parte, il fatto di poter sempre contare sul fiuto di Brown ci consentiva di non preoccuparci troppo del nostro senso dell’orientamento.

Il labrador Brown era fondamentale per distrarre i nemici e soprattutto per trovare gli oggetti nello scenario.

Un cult basato sulle idee

Come recita il titolo qui sopra, Rule of Rose è diventato un piccolo cult del genere horror più dal punto di vista ideale che materiale. Il gioco aveva molte lacune sia tecniche che di gameplay, ma l’ossessione che i media avevano assunto nei suoi confronti, dando inizio a una sorta di caccia alle streghe, l’atmosfera malsana generale e l’idea di essere protagonisti di una fiaba macabra hanno reso questo titolo un gioiello ricercato da collezionisti e appassionati.

La mossa azzeccata di Punchline fu senza dubbio quella di far assumere il ruolo di cattivi a delle bambine e di inserirle in un contesto sudicio in cui ci saremmo aspettati ben altre aberrazioni. Rule of Rose è una di quelle opere in cui davvero ha vinto il fascino del male.

This post was published on 4 Gennaio 2019 11:50

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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