Fin dai primi, incerti e timidi passi di questa rubrica, ho avuto l’intenzione di scrivere di una delle saghe videoludiche più intrise di mitologia in tutta la storia dei videogame, nel bene e nel male; ora, con l’appuntamento numero dodici con la Tana dell’Orso, è giunto il momento di mettere sotto la nostra lente -equipaggiamento standard per l’indagatore dell’occulto– le pesanti catene che legano God of War: Ascension e la mitologia greca.
Ho deciso di partire da God of War: Ascension, pubblicato nel 2013, perché in questo caso preferisco seguire la timeline della storia e non l’ordine cronologico della saga iniziata nel 2005.
E cosa c’è all’inizio di God of War?
Quali sono i motivi che spingono quello che, a tutti gli effetti, è uno tra gli eroi più burberi e orsi che siano mai stati portati sui nostri schermi?
Scopriamolo insieme, partendo dalle fondamenta su cui si regge la saga di God of War, proprio come questo argomento è –almeno nella mia mente, non euclidea ma barbuta anch’essa– una delle pietre angolari di questa rubrica dedicata agli appassionati di mitologia e a tutti i videogiocatori contrari, in linea di massima, al multi-player.
God of War: Ascension
E proprio il multi-player è stato uno dei nuovi elementi introdotti da God of War: Ascension: fin da quel lontano Marzo del 2013, infatti, chi ha una PlayStation 3 può giocare in modalità cooperativa o competitiva a quello che, in sostanza, costituisce un prequel del primo, acclamatissimo God of War del 2005.
Ecco, col senno di poi non avrei dovuto scrivere che la rubrica è dedicata a chi mal sopporta il caos del contesto multigiocatore, visto che questo titolo ruota, in parte, proprio attorno a questo.
Ma bando ai rimpianti! Tanto ormai le Norne le Parche le Moire hanno già decretato che leggerete questo articolo, e non ci si può opporre al destino.
O forse si può? Scopriamolo in un’altra occasione, magari. Pretty please with sugar on top.
Disclaimer: qui di seguito troverete spoiler su parte della saga di God of War, e in particolare su Ascension. Vi ho avvisati.
Il prologo di God of War: Ascension
Ascension è un prequel? Sì, in senso stretto, anche se alcuni dei flashback che vediamo nel resto della saga ci raccontano alcuni frammenti dell’intricata storia del protagonista, Kratos, e dell’antico mondo che funge da sfondo e da palcoscenico.
Già, perché GoW: Ascension apre il sipario a sei mesi di distanza dal casus belli, quando Kratos era semplicemente un tizio. Facciamo un brevissimo riassunto dell’antefatto del prequel, per così dire.
Una scommessa tra dèi che, ovviamente, coinvolge i mortali.
Generale greco e comandante di un’ampia armata, Kratos si ritrova in punto di morte ai piedi del comandante dei Barbari dell’Est: Alrik, un nome spiccatamente germanico (ricordate Alarico, re dei Visigoti?).
In quel momento Kratos implora Ares, dio greco della violenza –e solo parzialmente della guerra, come vedremo più avanti-, cioè in sintesi l’equivalente greco di Marte, e giura di mettersi al suo servizio. Ares ex machina, l’eroe è salvo, urrà, bla bla bla. Ma Kratos ora è incatenato, piuttosto letteralmente, alla volontà del bellicoso dio.
Guerra, morte, razzie, inganni, complotti e dispetti tra gli dèi, finché Ares non pensa bene di architettare un prank ai danni di Kratos: nella sua furia e sete di sangue, il protagonista devasta un tempio di Atena al cui interno, però, c’erano anche sua moglie e sua figlia. C’erano. Le ceneri dei suoi cari gli ricoprono la pelle, e quindi nasce il Fantasma di Sparta.
La trama di God of War: Ascension
Fast-forward, sei mesi dopo. Inizia Ascension. Il nostro Kratos, comprensibilmente, sbrocca a causa dello scherzone di Ares, ma all’epoca non esistevano sindacati che vigilassero sui rapporti tra divinità e mortali, e quindi le Erinni (che nel gioco vengono chiamate Furie come nel mito romano), agli ordini di Ares, lo agguantano per la collottola e lo imprigionano.
Dentro un gigante dotato di cento mani. Sì, a volte è meglio non chiedere, nella mitologia.
Torture, inseguimenti, memorie confuse, combattimenti, combo, puzzle e tanto, tanto sangue.
E a un certo punto del gioco vediamo la Regina delle Furie, Alecto, che si trasforma in… Cariddi.
Sì, la vicina di casa di Scilla. I mostri marini più famosi dell’Odissea di Omero.
Il ruolo fondamentale di Orkos
Le illusioni delle Furie minano la sanità di Kratos, ma nel corso dell’avventura veniamo a sapere che l’attuale Custode dei Patti si chiama Orkos, e ha il compito di far rispettare ai mortali i patti stretti con gli dèi. Ce lo appuntiamo per dopo. Fidatevi.
Orkos tende parecchio verso l’allineamento Legale – Buono, a differenza delle sue madri -per così dire- Legali – Neutrali-marcatamente-tendenti-al-Malvagio. Forse è per questo motivo che ci prende in simpatia e cerca di aiutarci in tutti i modi.
Infatti è grazie a lui che tra oracoli, artefatti, Urobori e viaggi nel tempo, scopriamo anche che siamo capitati nel bel mezzo di un piano sovversivo di scala divina: Ares e le Furie intendono rovesciare l’amministrazione Zeus e prendere il potere sul Monte Olimpo.
Ma come far fuori il Padre degli Dèi? Con l’aiuto di un mortale: il guerriero perfetto, l’unico in grado di accoppare Zeus in persona. Proprio Orkos è stato il primo candidato per questo ruolo, ma è stato scartato da Ares.
Il Custode dei Patti diventa un nostro amicone, ma purtroppo per lui le spire di Ares si avvolgono saldamente attorno al protagonista: per liberarsi dal vincolo del dio della Guerra, infatti, Ares deve prendere proprio la vita di Orkos.
Lo uccide, ma con riluttanza, e poi lo onora con una pira funebre degna di un amico. Incombe un certo senso di tragedia squisitamente greca: non si sfugge al proprio destino, seppure ci si possa sforzare di provarci.
Libero dal vincolo di Ares, Kratos viene assalito dai ricordi delle atrocità commesse, e inizia a fare l’equilibrista sul ciglio del baratro della follia.
Ma con una titanica voglia di prendere a schiaffoni il brutto muso di Ares.
La mitologia greca in God of War: Ascension
Come abbiamo visto, a volte l’interpretazione della mitologia greca in God of War: Ascension parte per la tangente e miscela pantheon diversi, puntate di Supernatural, Mario Brega e pesanti dose di metanfetamine da guerra.
‘Sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma. -Kratos
Vediamo rapidamente le principali figure mitologiche che compaiono in Ascension, o quelle che mi hanno colpito maggiormente.
Kratos vive!
A proposito di Kratos: nel mito greco un Kratos è esistito davvero. Figlio di un titano, Pallante, e della ninfa che dà il nome al fiume Stige, Kratos era alleato di Zeus nella Titanomachia, cioè la guerra tra i nuovi dèi Olimpo e i Titani primordiali.
Nella mitologia greca Kratos ha tre fratelli e sorelle: Nike che personifica la Vittoria (non la nota marca d’abbigliamento!), Bia la Violenza e Zelos l’Ardore, mentre Kratos è l’avatar del Potere.
Kratos, come dicevo, combatte per Zeus e arriva addirittura a incatenare lo stesso Prometeo, Titano Caotico – Buono e incarnazione del progresso, che ruba agli dèi il fuoco per donarlo ai mortali.
Il padre di Kratos, invece, è dall’altra parte del fronte: la dèa Atena, figlia di un mal di testa di Zeus, sconfigge Pallante –che aveva cercato di stuprarla– e si costruisce uno scudo, la famosa Egida, con la sua pelle. Gli aspiranti stupratori si ritengano avvisati.
Insomma, il Kratos del mito non è esattamente uguale a quello del gioco, non è vero?
Orkos e le Erinni / Furie
Le Erinni, per i greci, erano donne alate dotate di capelli di serpenti; nate dal sangue sgorgato dai genitali di Urano, padre dei Titani evirato dal figlio Crono (la mitologia è splatter, lo so), Aletto, Tisifone e Megera avevano il compito di vendicare le violazioni dell’Ordine Morale e i delitti di sangue, soprattutto quelli contro i propri cari.
Proprio le Erinni, inoltre, sono in un certo senso le madrine di Orkos, che nel mito impersona la terribile maledizione che colpisce chiunque pronunci un falso giuramento.
A parte la piccola confusione tra il pantheon greco e quello romano, possiamo dire che God of War, in questo caso, sia rimasto piuttosto aderente al mito, almeno prima di far corrompere le Erinni / Furie dall’ambizione di Ares. Ah, e in God of War le Erinni / Furie nascono dal sangue di Nemesi, ferita da Ourea: Nemesi e Ourea sono entrambe entità primordiali presenti nella Teogonia di Esiodo, ma con ruoli diversi.
Ok, forse non sono stati poi così aderenti alla tradizione mitologica greca.
Ares, il dio della violenza (non della guerra)
Se nel gioco Ares è l’odiato e temuto dio della guerra che complotta per rovesciare Zeus, nel mito greco egli non è il dio della guerra in senso stretto: nel suo portfolio ci sono la sete di sangue e la violenza in battaglia, quindi è più un berserker che uno stratega.
L’aspetto strategico e astuto della guerra, in realtà, è appannaggio della sorella, Atena, che spesso esce vittoriosa dai frequenti scontri tra i due dèi.
Nel gioco come nel mito, Ares è il figlio dello stesso Zeus e di Era, sorella di Zeus (sì, ha sposato il fratello) e dèa del matrimonio, del parto e della fedeltà coniugale. Quest’ultimo aspetto risulta un po’ problematico, visto che suo marito è anche uno dei più infedeli e prolifici dèi di tutti i pantheon del pianeta Terra.
Gli antichi greci reali, inoltre, non si fidavano affatto delle insidie di Ares, a cui attribuivano ogni forma di violenza e di scoppio d’ira, che fosse legata al contesto bellico o meno.
Castore, Polluce e l’Oracolo di Delphi
La figura tragica di Aletheia, cioè l’Oracolo di Delfi (o Delphi), nel mito non c’è; però va detto che aletheia, in greco, significa rivelazione. L’oracolo di Delfi, ad ogni modo, è esistito davvero, e le rovine del relativo tempio sono visitabili ancora oggi.
Il tempio di Delfi, secondo alcuni miti, venne fondato da Apollo stesso; secondo altre fonti, invece, il dio greco del Sole, della musica, delle pestilenze, delle profezie, delle arti e delle scienze, cioè appunto Apollo, dovette strapparlo alle possenti grinfie del drago Pitone, posseduto da Gea, la divinità primordiale della Terra (conosciuta anche come Gaia).
Passiamo a Castore e Polluce: nel gioco sono deformi gemelli siamesi, che hanno usurpato il tempio dell’Oracolo e l’amuleto dell’Uroboro, che conferisce loro poteri sul fluire del tempo.
Nel mito greco, invece, Castore e Polluce sono conosciuti come Dioscuri, proteggono i naviganti dalla furia delle tempeste marine, e -secondo alcune fonti del mito- sono il frutto del peculiare triangolo amoroso tra l’inconsapevole Re di Sparta, sua moglie Leda e Zeus… in forma di cigno. D’altronde i babysitter di Zeus erano satiri e ninfe, non aveva possibilità di venir su diversamente.
Una curiosità: dalla stessa unione, e quindi dalla paternità non proprio scolpita nel marmo, nascono anche Tindaro e la celeberrima Elena di Troia.
La prigione di Kratos
Il nostro eroe viene rinchiuso dalle Erinni in un’enorme prigione dall’aspetto particolare e dalla storia ancora più interessante: non si tratta di una comune costruzione in pietra o altri materiali, ma è stata scavata nel corpo ancora vivo e cosciente di un’entità primordiale: Briareo, uno degli Ecatonchiri (Centimani), figlio di Urano (il Cielo) e Gea (la Terra).
Nel mito greco il gigante Briareo e i suoi due fratelli Cotto e Gige vengono banditi nel Tartaro (l’oscura periferia degli Inferi) dal padre Urano, che ne temeva la forza inimmaginabile nonché le cento braccia e le cinquanta teste sputafuoco di cui erano dotati. I tre Ecatonchiri stringono un patto con Zeus: verranno liberati, e in cambio dovranno combattere per lui nella guerra tra il Monte Olimpo e i Titani.
Lo faranno e saranno decisivi per la vittoria degli dèi olimpici, al punto che Zeus li nominerà guardiani dei cancelli del Tartaro, ma Cotto e Gige verranno meno al loro patto; Zeus, allora, li getterà di nuovo nella loro prigione, e Briareo resterà l’unico gigante a guardia del Tartaro, in cui sono rinchiuse tutte le entità primordiali sopravvissute alla Titanomachia.
Nel Canto XXXI dell’Inferno, inoltre, Dante lo designa come guardiano del Cocito, il lago di ghiaccio che costituisce il Nono Cerchio dell’Inferno; c’è un cameo di Briareo anche nel Purgatorio, nel canto XII, come esempio di hubris (superbia) punita.
Il tema del parricidio
Non è una figura mitologica ma un topos piuttosto comune in tutti i miti, insieme all’incesto –e apparentemente ai rapporti sessuali con i corrispettivi di Zeus trasformato in vari animali-: sto parlando del parricidio. Una delle peggiori tipologie di delitto: un figlio che uccide il proprio padre, spesso per prenderne il posto.
Nel mito greco il parricidio tra dèi è piuttosto comune.
In principio era il Caos.
Dal Caos venne Gea, la Terra e la madre, che generò Urano, il Cielo e il padre.
Dall’unione tra Gea e Urano nacquero i Titani, i Ciclopi e gli Ecatonchiri.
Urano vide che Ciclopi ed Ecatonchiri erano mostruosi (ma potenti), li rifiutò e li rinchiuse nel Tartaro, la parte più oscura e remota degli Inferi. Gea, allora, chiese ai figli rimasti liberi, i Titani, di ribellarsi al padre Urano.
Soltanto il figlio minore, Crono, rispose all’appello della madre: con un vero e proprio backstab evirò il padre e ne usurpò il trono, per così dire. Poi, per buona misura, a quanto pare decise di fare Urano a pezzettini, mentre quest’ultimo lo malediceva, avvertendolo che anche a lui, in futuro, sarebbe stato riservato lo stesso trattamento.
Dal sangue di Urano nacquero le Erinni, come già visto, mentre dal membro tagliato e gettato in mare nacque Afrodite. Ricordate questo dettaglio la prossima volta che, per fare un complimento a una ragazza, le direte «sei bella come Venere».
Ma torniamo a noi. Come si dice: chi la fa, l’aspetti.
Crono si unisce alla sorella Rea, e genera Estia, Demetra, Era, Ade e Poseidone; avendo sperimentato in prima persona il parricidio, e conscio della maledizione del padre, Crono decide di eliminare il problema alla radice: divora tutti i figli, uno per uno.
Rea, che portava ancora in grembo Zeus, su consiglio della madre Gea partorisce di nascosto, e fa divorare a Crono una grossa pietra al posto del pargoletto. Trascorso del tempo, Zeus -ormai diventato grande- sconfigge il padre Urano e gli fa vomitare i figli che aveva divorato, salvando quindi i propri fratelli e le proprie sorelle che, insieme, diventeranno gli dèi dell’Olimpo.
Ma non è finita: Zeus entra in lotta anche con gli altri parenti.
La Titanomachia, infatti, è in sostanza la storia della guerra in famiglia tra Zeus e fratelli contro i loro titanici zietti e il loro padre Crono.
Le vicende di Kratos continuano
Nelle prossime settimane vedremo come prosegue la storia di Kratos nel capitolo della saga immediatamente successivo, cioè God of War: Chains of Olympus.
Vi anticipo che la trama coinvolgerà anche Atlante, e riprenderanno le beghe di famiglia della stirpe di Urano. Atlante, infatti, è nato da Giapeto e Climene, entrambi figli di Urano e Gea; è quindi nipote di Urano e Gea, ma allora è anche cugino di Zeus!
Mi è venuto un mal di testa di proporzioni… titaniche.
Scusate, non ho resistito. Dicevamo? Ah, sì.
Ritroviamo Atlante e il suo albero genealogico piuttosto incasinato anche nel romanzo Percy Jackson e la Maledizione del Titano, di cui -da quel che si sa- non vedremo la trasposizione cinematografica, almeno per il momento.
Un film prequel su God of War?
A proposito di trasposizioni cinematografiche: la mitologia sta tornando a passo di carica sui nostri schermi, sia sotto forma di videogiochi tripla A, sia nelle vesti di film della Marvel e anche di serie TV targate Netflix oppure firmate da CBS / Warner Bros.
Nel 2005 è stato annunciato un film su God of War. Uno degli autori della serie, David Jaffe, ha fatto sapere che del film si sarebbero occupati gli Universal Studios, e che la sceneggiatura in un primo momento era stata affidata a David Self; il ruolo di Kratos era stato proposto niente meno che all’Agente 007 in persona, Daniel Craig, che però ha rifiutato.
Nel 2012 Patrick Melton e Marcus Dunstan, che hanno già lavorato ad alcuni capitoli della saga di L’Enigmista (Saw IV, V e VI), sono stati incaricati di scrivere un adattamento cinematografico della storia di God of War, per cui è stato stanziato un budget di 150 milioni di dollari.
A quanto pare il film, o almeno il primo film di un’eventuale serie, tratterà proprio le vicende di God of War: Ascension che abbiamo visto in questo articolo: si partirà da un Kratos mortale e più umano che vive con la sua famiglia, fino ad arrivare almeno all’intervento divino di Ares sul campo di battaglia.
Per il ruolo di regista, finora, si è detto interessato Steven S. DeKnight, tra i cui lavori figurano titoli come Buffy, Smallville, Pacific Rim – La Rivolta e la prima stagione della serie TV Daredevil; DeKnight, inoltre, ha accarezzato l’idea di affidare l’interpretazione di Kratos a Dave Bautista: il Drax del Marvel Cinematic Universe. Personalmente lo vedrei benissimo nei panni del Fantasma di Sparta.
A questo punto non resta che aspettare l’uscita del film e, nel frattempo, guardare un playthrough completo di God of War: Ascension su YouTube.
La Tana dell’Orso vi dà appuntamento alla prossima settimana.