Ci sono videogiochi che entrano indissolubilmente nei nostri ricordi più lieti pur non essendo dei capolavori. Uno di questi è Rosco McQueen, titolo sviluppato da SCE Liverpool Studio, uscito nel 1997 su Playstation. A molti potrebbe non dire moltissimo, a tanti altri invece sarà già spuntato un sorriso leggendo nome e cognome di un eroe fin troppo sottovalutato. In una classifica dei migliori videogiochi usciti all’epoca, Rosco McQueen non troverebbe posto perché, oggettivamente, non fu un gioco eccellente, anzi, siamo ben lontani dall’eccellenza.
Eppure, chi ha ha avuto la fortuna di giocarci non può fare a meno di ricordarlo con piacere e, perché no, di rituffarsi in quell’avventura, come capitato a me, se in possesso di una copia del gioco. Questo avviene perché il videogiocatore non si bea di sole opere immortali per qualità innegabili e universalmente riconosciute, ma anche di titoli con proprietà meno appariscenti, i quali riescono, però, a soddisfare le personali e intime esigenze ludiche.
Rosco McQueen, pur non avendo un sistema di controlli particolarmente efficace e un gameplay preciso al millimetro, divertiva un sacco, poteva contare su un contesto originale e conteneva un mare di chicche che riuscivano a farci soprassedere su palesi lacune. Riscopriamo insieme, dunque, questo videogioco.
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Il protagonista del videogioco è, manco a dirlo, Rosco McQueen, un fiero ed eroico pompiere. La trama non è proprio nulla di che: un temibile boss della malavita di nome Sylvester Square cerca di soggiogare la popolazione facendo scoppiare incendi in giro per la città, con l’ausilio di un esercito di robot. A noi il compito di fermarlo. Come? Semplice: Rosco è un vigile del fuoco, quindi, l’obiettivo di ogni singolo livello (15 in tutto) è quello di spegnere gli incendi e salvare le persone intrappolate negli edifici.
Il nome del protagonista non è certo un caso. Si tratta di un omaggio a Steve McQueen, attore che nel 1974 interpretò il capitano dei vigili del fuoco Mike O’Halloran, nel film di culto L’inferno di cristallo.
A differenza, però, del capolavoro cinematografico, Rosco McQueen non cala il giocatore in un’atmosfera carica di tensione. Il videogioco adotta un approccio diverso, improntato su una grafica molto colorata, un protagonista dall’aspetto caricaturale e che si atteggia a eroe senza macchia, su un doppiaggio, di cui parleremo dopo, tutto da ridere, con tanto di battutine esilaranti.
Rosco McQueen è un action con molte sezioni platform. Sono proprio quest’ultime le più lacunose, vista la gestione non ottimale dei salti. Il raggio d’azione del salto risulta spesso e volentieri insufficiente per consentire a Rosco di raggiungere zone sopraelevate e piattaforme che, inoltre, tendono a muoversi riducendo al minimo la possibilità di errore. La mancanza di checkpoint all’interno delle missioni mi ha portato più di una volta a feroci scatti d’ira dopo un salto mal calibrato. Gioie e dolori dei videogiochi dell’epoca, soprattutto di quelli non ottimizzati benissimo.
Le sezioni action sono, invece quelle più divertenti e preponderanti, nonché coerenti con il lavoro di Rosco. Come abbiamo accennato, infatti, il nostro obiettivo è spegnere incendi e salvare i civili. I livelli, che si sviluppano anche in verticale, ci portano in una lavanderia, in una serie di appartamenti, in un concessionario d’auto e anche in un salone di bellezza. Rosco, come “armi” primarie, ha una pompa e un’ascia. La prima, ovviamente, serve a spegnere gli incendi, mentre la seconda a distruggere i robot nemici che infestano le ambientazioni e ad abbattere le porte, dietro le quali si celano civili, ulteriori incendi o utili power up.
L’acqua non è infinita, ma deve essere ricaricata raccogliendo “munizioni” sotto forma di bottigliette. Inoltre, non tutti gli incendi possono essere spenti con l’utilizzo della pompa d’ordinanza, data la loro natura più violenta. In questi casi estremi, le fiamme che divampano vanno spente con le bombe d’acqua, oggetti da raccogliere in giro per gli scenari, ma abbastanza rari. Anche l’ascia ha una versione potenziata di colore diverso. Quella standard è rossa, mentre quella speciale è blu. Quest’ultima ha un utilizzo limitato nel tempo e serve a distruggere alcune tipologie di nemici più resistenti e ad abbattere porte di ferro.
Ogni livello è composto da micro-aree da cui non si può uscire se non dopo aver spento tutti gli incendi e distrutto tutti i robot. Altro indicatore a cui bisogna prestare attenzione è quello del livello di calore della stanza: se questo si riempie del tutto è game over. Nei livelli più avanzati, inoltre, potrebbe rendersi necessario dover disinnescare delle bombe. Un timer inizia a scandire un conto alla rovescia: se non troviamo la bomba entro il tempo limite, be’, è game over. Scontato.
Per quanto riguarda i civili, invece, questi non siamo obbligati a salvarli tutti affinché il livello venga considerato completato. Alla fine di esso, però, ci viene reso noto il numero di persone salvate dalle fiamme e quello dei morti. La percentuale che ne deriva determina il nostro livello di “eroismo”.
Il doppiaggio è l’elemento che maggiormente ha determinato questi ricordi felici nei confronti di Rosco McQueen. Noi giocatori italiani abbiamo potuto ascoltare con le nostre orecchie un doppiaggio dei civili che difficilmente dimenticheremo. Questi, infatti, chiedono aiuto a Rosco snocciolando frasi in vari dialetti della nostra penisola. I principali utilizzati sono il milanese e il romanesco.
Se nel primo caso, al massimo scappava un ghigno, in occasione di richieste d’aiuto in romano non si potevano trattenere le risate. Non era raro ascoltare frasi tipo: “A Rosco, sto qquaaa“, “Ao’, c’è puzza de bbruciato, aiutoooo“. Chi curò il doppiaggio italiano di Rosco McQueen merita una stella nella Walk of Game, la controparte videoludica della Walk of Fame (esiste davvero).
Di tanto in tanto, oltretutto, a completare questo capolavoro audio, si sentivano frasi dal significato, diciamo, ambiguo. Un esempio è dato da un’espressione che da piccolo non avevo ben inteso, o almeno, a cui avevo dato un’interpretazione letterale: “Che bell’estintore!“. Non bisogna essere troppo maliziosi per rendersi conto del doppiosenso.
Rosco McQueen fa parte ancora di una di quelle generazioni in cui riuscivamo a divertirci senza fare le pulci allo stile grafico o al gameplay. Un titolo, come già sostenuto, che non è passato alla storia e non lo farà mai e, d’altronde, non siamo qui a fare revisionismo storico.
È giusto così, non siamo di fronte a un gioco rivoluzionario né dal punto di vista tecnico né da quello narrativo, men che meno dal punto di vista ludico. A chi l’ha giocato andava bene così e giocandolo oggi vi posso assicurare che i difetti sono ancora più evidenti.
Ad ogni modo, oggi non tutti i videogiochi possono essere come Red Dead Redemption 2 o God of War. Ieri, non tutti i videogiochi potevano essere Metal Gear Solid o Final Fantasy VII.
This post was published on 23 Novembre 2018 10:00
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