Con Street Fighter – Sfida Finale inauguriamo una nuova rubrica dedicata al mondo del cinema e dei videogiochi. Queste due arti infatti, con il passare degli anni, si sono sempre più avvicinate e intrecciate. Il mondo del cinema ha iniziato ad appoggiarsi con sempre maggior frequenza sulle storie e sui personaggi dei videogiochi, mentre questi ultimi, ormai, hanno delle trame e delle sceneggiature degne delle migliori produzioni cinematografiche. Ma non è stato sempre così. C’è stato un periodo, nei primi anni ’90 in cui i primi tentativi di sfruttare al cinema il successo dei videogiochi diede vita ad una serie di produzioni che definire brutte è riduttivo. Street Fighter – Sfida Finale è probabilmente uno dei punti più bassi mai toccati da questa deriva. Ecco quello che forse non sapete e che probabilmente non sentivate il bisogno di rivangare su questa orrenda produzione.
Street Fighter – Sfida Finale: quando il cinema devasta il videogioco
Siamo nel 1994, sono passati un paio di anni dall’uscita di un altro “capolavoro” tratto dai videogiochi, Super Mario Bros. produzione che merita un articolo a parte e di cui ci occuperemo in separata sede. A Hollywood, sempre in cerca di nuove storie e di nuovi successi, nonostante il clamoroso flop appena sfornato, decidono di non arrendersi, ma di cambiare genere, sfruttando i personaggi e la storia di uno dei picchiaduro più riusciti di sempre, di cui vi abbiamo raccontato nella nostra rubrica dedicata al retrogaming. Per farlo si affidano all’attore action del momento. Jean-Claude Van Damme. Reso celebre da una serie di film sulle arti marziali quali “Senza esclusione di colpi”, “Lionheart” e “Timecop”. La regia viene affidata a Steve De Souza, un vero guru delle sceneggiature action degli anni ’80. Uno che ha partorito film del calibro di “Die Hard”, “Trappola di Cristallo” e “Commando”. Diventa dunque difficile spiegare un prodotto così scadente sotto tutti i punti di vista.
Si potrebbe pensare ad una produzione a basso budget, ma no, non fu quello il caso. La produzione infatti, investì ben 35 milioni di dollari sul prodotto, una cifra niente male per l’epoca, se consideriamo che con un investimento minore è stato realizzato un certo “Speed”. Dunque, l’attore principale famoso c’era, la mente action c’era, il franchise da cui partire c’era, cosa non ha funzionato nella realizzazione di Street Fighter – Sfida Finale? La risposta è semplice, praticamente nulla. Tutto iniziò ad andare a rotoli la sera stessa in cui De Souza fu avvisato dell’arrivo dei dirigenti Capcom in visita ad Hollywood, dando vita ad una serie di catastrofi insensate.
Una sceneggiatura “molto elaborata”
Provate ad immaginare la scena assieme a noi. Siete tra i più famosi sceneggiatori action di quegli anni, e una telefonata vi avvisa che entro un paio di giorni i dirigenti della Capcom arriveranno in cerca di adattamenti cinematografici per il loro videogioco di punta. Voi, ovviamente, non avete nulla di pronto, e passate un’intera nottata a dare vita ad una storia credibile, tratta da un gioco dove sostanzialmente ci si mena e basta. Ne esce così una prima versione con ben 7 personaggi principali, un’impresa già ardua in un periodo in cui era impensabile gestire un grande numero di attori e protagonisti in una storia sola. Siamo lontanissimi dal Marvel Cinematic Universe e dalle produzioni attuali. La Capcom però non lo comprende, e pretende che vengano inseriti TUTTI i personaggi più importanti, stravolgendo un lavoro già approssimativo di suo.
Si narra che nelle istruzioni della Capcom furono inserite tre clausole. La prima fu che il film sarebbe dovuto uscire entro un anno esatto dalla stipula del contratto e che il protagonista avrebbe dovuto essere per forza Van Damme. La seconda è che in un film di 100 minuti, ci sarebbe dovuto essere spazio per tutti i 15 personaggi principali del gioco, regalando ad ognuno di essi qualcosa come 6 minuti circa. La terza è che, in previsione dell’uscita del film di Mortal Kombat, il film non avrebbe dovuto essere incentrato su un torneo di arti marziali. Un’impresa titanica anche per un genio action come il caro De Souza.
Di dittatori e camei
La storia si sarebbe dunque plasmata sulle vicende di dittatori asiatici (Mr. Bison) e dell’eroe americano per eccellenza (Guile) chiamato a salvare i membri di una delegazione umanitaria, tra i quali, guarda il caso, c’è Carlos Blanka, amico fraterno di Guile. Non abbiamo idea di come fosse stato pensato in principio il film, ma il risultato finale, imbottito di personaggi inseriti a forza, fuori contesto e con ruoli improponibili, finì per far deragliare il tutto in un trash insensato. Scopriamo quindi che nella versione cinematografica, Ryu e Ken sono due truffatori!? Che stanno cercando di truffare il mercante d’armi Sagat. Chun-Lì è una reporter, ma in realtà è in cerca di vendetta contro Bison. Mentre Ryu e Ken vengono arrestati per uno scontro con Vega, e vengono utilizzati da Guile per infiltrarsi nella banda di Sagat, che fa affari con Mr. Bison. E già così direi che siamo nella fantascienza spinta.
A tutto questo aggiungete due personaggi come Honda e Barlog inseriti con un pretesto talmente banale da risultare quasi comico, ed ecco i nostri eroi al gran completo nell’introvabile covo del cattivo. Già, il cattivo. Probabilmente, l’unico a salvarsi di tutta la baracca, fu il compianto Raul Julia. Il suo Bison, a conti fatti, era l’unico personaggio davvero credibile, nonostante l’inconsistenza della trama e dei dialoghi, la sua recitazione riuscì a dare al cattivo quello spessore in grado di farlo restare uno dei personaggi più azzeccati di quegli anni.
Una produzione turbolenta
Come se una trama ai limiti del ridicolo non fosse abbastanza, anche la produzione di Street Fighter – Sfida Finale, fu falcidiata da ogni tipo di imprevisto. Nei primi 10 giorni di lavorazione, il ritardo accumulato era vicino alla settimana. Jean-Claude Van Damme, all’apice del successo, era completamente strafatto di coca, e avrebbe poi dichiarato che in quel periodo ne consumava quasi 10g al giorno, una tossicodipendenza da 10.000 dollari a settimana. Anche il piano iniziale di filmare prima i dialoghi, lasciando il tempo agli attori di allenarsi in vista dei combattimenti, fu ribaltato, visto che Raul Julia, unico a salvarsi dal nubifragio generale, si presentò alle riprese ammalato del cancro allo stomaco che ben presto lo avrebbe ucciso.
Le scene di azione furono girate in fretta e furia finché Julia potesse ancora farle, dando vita ad una serie di coreografie di una bruttezza rara. Della personalizzazione degli scontri, con le varie peculiarità dei combattenti, non si intravide nemmeno l’ombra, distruggendo in partenza il poco di buono che la pellicola potesse offrire. Sui dialoghi e sugli intrecci narrativi preferiamo stendere un velo pietoso, per rispetto di chi ha speso tempo e risorse per dare vita ad una cosa del genere. Per rendervi conto di quanto fu approssimativa la produzione, vi basti sapere che l’esplosione finale coinvolse parti di set che non dovevano essere toccate, arrivando molto più vicino agli attori di quanto non fosse previsto. Se andate a riguardare la sequenza finale, potete leggere lo spavento reale sul volto dei protagonisti. Le stesse condizioni di Julia, poi, spinsero la produzione ad eliminare la scena finale con la resurrezione di Bison e l’apertura verso un sequel che, per grazia divina, non ci sarebbe mai stato.
Qualcosa da salvare
Per recuperare sui tempi di produzione, dilaniati da problemi di ogni sorta, De Souza tagliò ancor di più la sceneggiatura, creando dei buchi narrativi totalmente insensati. Dalshim esce da questi tagli totalmente distrutto. Per fortuna (o per sfortuna) tutti i soldi del budget furono spesi per il protagonista, relegando le altre parti ad attori sconosciuti o quasi, che dunque non ebbero da ridire ai continui tagli delle loro parti. Tra di loro c’era anche un’esordiente Kylie Minogue fuori dall’Australia, che ebbe anche una storia con Van Damme. Nonostante tutti questi problemi, Street Fighter – Sfida Finale, incassò quasi 100 milioni di dollari nel mondo, risultando un investimento tutt’altro che fallimentare. Era la testimonianza del potere che i videogiochi avevano sul pubblico, spingendo i fan a spendere tempo e soldi a prescindere dal risultato finale.
Si può dire che Street Fighter, un film brutto sotto ogni punto di vista, con una sceneggiatura che sembrava scritta da un bambino di otto anni, con attori pessimi, e con un Van Damme ai limiti del caso umano, avrebbe sancito definitivamente il successo dei videogiochi al cinema, aprendo le porte di un mondo che negli anni a venire si sarebbe sempre più appropriato delle storie e dei personaggi provenienti dall’universo dei bit.