Shadow of Rome è un videogioco sviluppato da Capcom nel 2005 in esclusiva per Playstation 2. L’ambientazione particolare, il gameplay brutale e il contesto ben tratteggiato dell’epoca descritta ne decretarono il discreto successo. Il titolo è ambientato ai tempi dell’Impero Romano, più precisamente durante l’era in cui era al potere la dinastia giulio-claudia, che va dal 27 a.C. al 68 d.C. Era principalmente un action improntato sul combattimento con le tipiche armi dell’epoca, mentre alcune sezioni di gioco prevedevano un approccio stealth con un personaggio giocabile diverso da quello principale.
Il combattimento gladiatorio era il fulcro dell’azione e risultava la meccanica meglio strutturata dell’intera esperienza, poiché, come vedremo, l’intelligenza artificiale nemica, nelle fasi stealth, era a dir poco deficitaria. Nonostante la trama non avesse alcuna velleità di ricercatezza storica, immergeva molto bene nell’atmosfera dell’epoca. Il successo di Shadow of Rome fu dettato, probabilmente, anche da quello ancor più eclatante e clamoroso che ebbe al cinema Il Gladiatore di Ridley Scott, uscito nelle sale nel 2000.
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Avrò la mia vendetta in questa vita o nell’altra
Come abbiamo accennato, Shadow of Rome è un videogioco liberamente ispirato alle vicende tumultuose imperiali dell’era giulio-claudia, pur mantenendo una verosimiglianza storica molto buona. Molti personaggi con cui entravamo in contatto, furono davvero protagonisti della storia romana e delle nostre interrogazioni a scuola. Il gioco, infatti, parte proprio da uno degli eventi principali della storia del tempo: l’uccisione di Giulio Cesare. Come tutti ben sanno, fu una congiura a regola d’arte, ma ciò che nessuno sapeva (perché non è mai avvenuto nella timeline reale) è che ad essere ingiustamente accusato dell’omicidio fu Vipsanio (anch’esso personaggio realmente esistito).
Alla morte di Cesare, infatti, salì al potere Antonio, il quale, come prima mossa del suo mandato, decise di mettere subito a tacere le voci sull’accaduto trovando in Vipsanio il capro espiatorio perfetto. A questo punto, entra in gioco il protagonista di Shadow of Rome, Agrippa, generale dell’esercito rimano e figlio di Vipsanio, che venuto a conoscenza delle accuse rivolte al padre mentre attaccava un avamposto barbaro, fa ritorno a Roma. Qui la situazione è rovente: anche la madre di Agrippa viene condannata a morte e, durante un combattimento con Decio, il nostro protagonista viene sconfitto, ma riesce a salvarsi grazie all’intervento di Claudia, una gladiatrice.
Agrippa, scappato alla morte, viene a sapere da Claudia che la sorte di Vipsanio verrà decretata attraverso un torneo gladiatorio. Agrippa, dunque, si sveste dei suoi panni da generale dell’esercito e diventa lui stesso un gladiatore, con l’intento di vincere il torneo, liberare il padre e vendicarsi dei veri assassini di Cesare.
Al mio segnale, scatenate l’inferno
Siamo arrivati alla disamina del gameplay. Come anticipato, Shadow of Rome era spaccato precisamente in due: da una parte avevamo le preponderanti meccaniche action nei panni di Agrippa, dall’altra le fasi stealth non particolarmente esaltanti, con protagonista Ottaviano. Il cuore del gioco, che lo rendeva meritevole di essere giocato, era rappresentato dai combattimenti nelle arene. Nei panni di Agrippa, divenuto gladiatore per necessità contingenti, avevamo pochi ma ben precisi obiettivi: massacrare qualunque forma di vita ci si presentasse davanti durante il torneo dei gladiatori e avere il favore della folla.
I combattimenti avvenivano in luoghi storici della città di Roma, tra cui il Circo Massimo e l’Anfiteatro Flavio, ed erano cruenti e all’ultimo sangue. C’erano diverse tipologie di sfide, le quali avevano, comunque, un’unica regola in comune: rimanere per ultimi in piedi. Il nostro Agrippa doveva affrontare avversari di ogni tipo, dai più mingherlini ma agili e scattanti ai più grossi armati di mazza chiodata. Le sfide potevano ridursi a scontri 1 vs 1 o a vere e proprie battle royale. Le regole seguivano un canovaccio più o meno solito: si partiva con un’arma che non avrebbe fatto male neanche a un gatto in fin di vita oppure a mani nude con l’obiettivo di rubare qualcosa di maggiormente offensivo e cattivo dalle mani degli avversari; gli altri gladiatori non erano gli unici pericoli, di fatto talvolta nelle arene dovevamo fronteggiare trappole e insidie ambientali come pali appuntiti basculanti. Non mancavano, inoltre, scontri contro bestie feroci, come era d’abitudine ai tempi. Immancabili anche le boss fight contro campioni dell’arena davvero dominanti per la loro mole.
Il gioco era pensato per non avere punti morti, infatti, in molti casi, la tattica dell’attesa non sempre pagava, visto che spesso venivamo presi di mira da più avversari contemporaneamente anche se stavamo sulle nostre, aspettando che i più si facessero fuori a vicenda. Tra l’altro, l’attesa non ci avrebbe garantito il favore del pubblico, la meccanica più interessante di Shadow of Rome. Oltre a dover abbattere tutti i nemici, infatti, l’obiettivo nei combattimenti era quello di diventare i pupilli del pubblico che presenziava al massacro. Per farlo dovevamo mostrare tutta la nostra brutalità. Shadow of Rome era un gioco gore e assai feroce: era in nostro potere tranciare di netto parti anatomiche dei nemici e usarle per aizzare la folla. In basso sullo schermo, era presente una barra colorata che doveva essere riempita, quella rappresentava il gradimento del pubblico.
Ogni azione da noi compiuta valeva dei punti che aumentavano il gradimento degli spettatori. Rimanere passivi, operare sempre le stesse combo, uccidere in modo poco sanguinolento erano tutte azioni che ci facevano perdere il controllo delle masse. E giù di fischi! Uccidere usando armi sempre diverse, usare combo spettacolari e articolate, smembrare i nemici, mostrare un braccio o una gamba al pubblico, invece, erano azioni che andavano a colmare la barra del gradimento. Poteva capitare di non uscire vincitori da una sfida, nonostante il massacro totale dei nemici, perché il pubblico non aveva gradito lo spettacolo.
Il gradimento non era una feature fine a se stessa, infatti, più punti si accumulavano maggiori benefici apportava il trasporto della folla che ci avrebbe aiutato lanciandoci cibo – per rigenerare la salute – e armi più potenti. Agrippa è in difficoltà perché il suo gladio non può nulla contro dieci nemici agguerriti? Stacchiamo un braccio a un avversario, mostriamolo al pubblico in visibilio e dagli spalti sarebbero caduti un maglio o una scimitarra.
Ombra e polvere
Purtroppo Shadow of Rome aveva anche molti punti oscuri, tra i quali ricordiamo delle fasi stealth davvero poco accurate. Il problema è che queste rappresentavano una buona fetta del gameplay, perché Ottaviano era il secondo personaggio giocabile ma era del tutto inabile al combattimento. Il nostro scopo, prendendo le sue redini, era quello di intrufolarci in strutture severamente sorvegliate per trovare le prove dell’innocenza di Vipsanio.
Ottaviano poteva solo nascondersi e sgattaiolare dietro le linee nemiche perché, al primo contatto con un’arma, sarebbe finito a concimare il terreno. Qual era il punto debole del sistema stealth di Shadow of Rome? L’intelligenza artificiale delle guardie.
Possiamo dire senza paura di essere smentiti che l’IA delle guardie fosse da codice penale. Una delle meccaniche fatte nel peggior modo visto su PS2. Per disorientare le guardie bastavano davvero poche mosse: una volta scovato, difficile anche quello, a Ottaviano bastava correre dalla parte opposta per far perdere le proprie tracce. Questo, però, non era ancora niente. Nel caso non avessimo potuto trovare una strada adatta al nostro tentativo di fuga, ci sarebbe bastato salire su una sporgenza o salire al piano superiore di un edificio prendendo le scale. A quel punto l’IA dei nemici impazziva e andava totalmente in tilt. Se anche fossimo stati scorti durante la nostra scalata, le guardie avrebbero comunque smesso di cercarci, creando talvolta degli effetti esilaranti, da film muto.
Un vero peccato, perché se anche il gameplay di Ottaviano fosse stato curato con più attenzione ai dettagli, tutta l’esperienza di gioco ne avrebbe giovato. Shadow of Rome rimane comunque un titolo di spessore che ha saputo interpretare molto bene in chiave videoludica un’epoca affascinante e turbolenta.